(Da: The Standard Bearer, Volume 80, n. 10)
Prof. David J. Engelsma
La certezza è essere sicuri della propria salvezza.
In quanto Padre della Sua famiglia umana in Gesù Cristo, Dio vuole che tutti i Suoi figli abbiano certezza. Non è la Sua volontà che soltanto molto pochi dei Suoi figli, i Suoi “migliori e più cari amici,” come i Puritani ed i loro seguaci oggi chiamano questi pochi favoriti, ottengano la certezza della salvezza.
L’editoriale precedente ha dimostrato dalla Scrittura che Dio vuole che tutti i Suoi figli abbiamo e godano della certezza.
Certezza nella D&R 1 del Catechismo di Heidelberg
Che Dio voglia che tutti i Suoi figli abbiamo la certezza della loro salvezza è la gioiosa e vincolante dottrina delle “Tre Formule di Unità,” le nostre confessioni Riformate. Sulle labbra di ognuno che crede il vangelo della grazia per come esposto nel Catechismo di Heidelberg, esso pone con fiducia la seguente confessione:
[Il mio unico conforto in vita e in morte è] Che io, con corpo ed anima sia in vita che in morte, non son mio, ma appartengo al mio fedele Salvatore Gesù Cristo, che col Suo prezioso sangue ha pienamente pagato per tutti i miei peccati, e mi ha redento da ogni potere del diavolo; e mi preserva così che senza la volontà del Padre mio che è nei cieli neppure un capello può cadermi dal capo, sì, così che tutte le cose devono cooperare alla mia salvezza. Pertanto, per mezzo del Suo Santo Spirito, egli inoltre mi assicura della vita eterna, e mi rende di cuore volenteroso e pronto d’ora innanzi a viver per Lui [enfasi del traduttore].
Questa è certezza. Colui che confessa ciò non ha dubbio a riguardo del suo appartenere a Gesù Cristo, perchè la sua certezza è sicurezza operata in Lui dallo Spirito Santo. Questa certezza non è una certezza dubbiosa, una certezza che non sarebbe affatto certezza.
La certezza della D&R 1 del Catechismo è certezza della propria salvezza personale. Non è meramente certezza che Gesù è un Salvatore. Non è meramente certezza che Gesù ha soddisfatto per i peccati di alcune persone. Non è meramente certezza che Gesù sarebbe in grado di salvarmi, nel caso un giorno dovessi ottenere la sicurezza che Lui è il mio Salvatore. Una tale certezza non vale niente. Satana ha questa certezza.
Colui che confessa la prima risposta del Catechismo è certo che “io” stesso personalmente appartengo a Gesù Cristo, che Gesù Cristo è il “mio” Salvatore, che Cristo è morto per soddisfare per tutti i “miei peccati” e per liberare “me” dal potere di Satana, così che ogni cosa deve servire la “mia salvezza,” e che Cristo “mi assicura della vita eterna.” Appartenere a Gesù Cristo è il “mio unico conforto.”
Questa certezza è una realtà nella coscienza di colui che confessa la D&R 1 del Catechismo. Egli non esprime una speranza desiderosa di acquisire questa certezza nel futuro. Non sta pronunciando un ideale a cui tutti dovrebbero mirare ma che difficilmente qualcuno nella chiesa, incluso me stesso, mai ottiene. Egli non sta promettendo di cercare la certezza, fino a che poi (forse) la ottiene.
Spiegare la prima domanda e risposta del Catechismo in questo modo (come devono fare coloro che seguono i Puritani nel restringere la certezza solo a pochi amici speciali di Dio nella chiesa) è torcere la confessione in modo violento.
“Qual è il tuo conforto?” è la domanda. “Quale il conforto che tu personalmente realmente hai e di cui godi?” Ed il membro vivente della congregazione Riformata, ogni membro vivente della congregazione, risponde dichiarando ciò che è vero di lui per lo Spirito di Cristo: “io ho conforto.” “Io appartengo al mio fedele Salvatore Gesù Cristo.” “Io sono certo che Cristo ha ‘pienamente soddisfatto per tutti i miei peccati’.” “Gesù Cristo ‘mi assicura della vita eterna’.”
E’ possibile che un figlio di Dio che crede giunga così tanto sotto il potere del dubbio peccaminoso, per un periodo, da perdere la sua certezza della salvezza, e da non poter fare sua propria la D&R 1 del Catechismo. Le ragioni di questa malattia spirituale, come anche la cura, le considereremo in seguito in questa serie di articoli. La chiesa Riformata ha compassione verso questo membro nella predicazione. Se la triste condizione di questo membro giunge all’attenzione del pastore e degli anziani, come dovrebbe se essa continua per un qualche tempo, il pastore e gli anziani devono essere pietosi e pazienti, molto pietosi e pazienti, con questa anima ammalata.
Ma la presenza in una congregazione Riformata di uno o due pecore malate non è lo stesso di una chiesa piena di membri, molti di loro adulti che sono cresciuti nella chiesa dalla loro nascita, che, come loro stessi ammettono, non hanno, e non hanno mai avuto, la certezza della salvezza. Costoro non possono confessare la D&R 1 del Catechismo. Se essi la ripetono, recitano meramente delle parole significative come reciterebbero qualsiasi altro documento di interesse generale, come ad esempio il Gettysburg Address [di Abraham Lincoln], oppure stanno mentendo. D&R 1 non è la loro confessione. Essi non sanno che appartengono a Cristo. Non hanno fiducia che Egli morì per loro. Cristo non li assicura della vita eterna mediante il Suo Spirito. Ad essi manca il solo conforto. Se sono uomini e donne onesti, quando la prima domanda del Catechismo è letta ad alta voce in chiesa una domenica mattina, essi dovrebbero replicare con angoscia nella loro anima “Io non ho il solo conforto di appartenere a Gesù, e quindi non ho affatto conforto, nessun conforto in vita e nessun conforto in morte.”
Chi è a confessare prontamente la sua certezza nella D&R 1 del Catechismo lo rende chiaro il Catechismo stesso nei successivi Giorni del Signore. E’ il credente che sta parlando in D&R 1. E’ l’uomo, donna, o bambino in cui Dio ha operato la vera fede, così che lui o lei crede tutte le cose promessegli/le nel vangelo e confida in Gesù Cristo per la remissione del peccato (Giorno del Signore 7). E’ ogni credente che parla in D&R 1. Il Catechismo non sa niente di una restrizione della certezza a pochi credenti favoriti, per lo più vecchi e dai capelli grigi, dopo che hanno vissuto nel dubbio per molti anni.
Colui che parla con fiducia della sua certezza in D&R 1 è identificato già nella D&R 1: l’uomo, donna, o bambino che conosce i suoi peccati e miserie, in che modo può essere liberato da quei peccati e miserie, e in che modo esprimerà gratitudine a Dio per una tale liberazione.
La certezza della salvezza di D&R 1 del Catechismo appartiene ad ogni membro vivente della chiesa. Dal momento che, come insegna la D&R 74 del Catechismo, i figli dei credenti sono inclusi nella chiesa, anche i figli e i giovani di pii genitori hanno la certezza della loro salvezza e sono in grado di confessare la domanda e risposta d’apertura del Catechismo. In verità, Ursino ed Oleviano scrissero il Catechismo specialmente per il beneficio dei bambini e dei giovani di patto. Sulle labbra dei bambini e dei giovani di patto, come loro propria confessione veritiera, questi ministri Riformati posero le parole della D&R 1.
Certezza nel Resto del Catechismo
D&R 1 governa il resto del Catechismo di Heidelberg. D&R 54 fa confessare ad ogni credente liberamente che lui è e rimarrà per sempre un membro vivente della santa cattolica chiesa di Cristo. Questa è certezza che egli è salvato: radunato, difeso, e preservato dal Figlio di Dio mediante il Suo Spirito e Parola e possedente “vera fede.” Questa è certezza che egli persevererà in vita e gloria eterna: “sempre rimarrò” un membro della chiesa. Questa è certezza dell’elezione di Dio nell’eternità: Perché la chiesa è “scelta a vita eterna,” ed essere membro della chiesa è essere tra coloro che sono scelti. Conoscere se stessi come un membro della chiesa è conoscere se stessi come uno degli eletti.
Ogni credente ha questa certezza (tale è il punto di vista del Catechismo), e la ha in virtù della fede.
Che Dio vuole la certezza di tutti i Suoi figli è espressamente affermato nella D&R 86 del Catechismo. E’ la graziosa, Paterna volontà di Dio che tutti i Suoi figli eletti che Cristo ha redento possano “essere … certi della nostra fede dai suoi frutti.” Per realizzare questa graziosa volontà, Cristo rinnova ognuno di loro, in modo che essi fanno buone opere come frutti della fede. Lo Spirito usa queste buone opere per assicurare ognuno di loro della sua fede: Dove si trovano i frutti della fede, lì deve essere la fede che produce questi frutti. Certo che egli ha una vera e vivente fede, ognuno dei redenti e rinnovati figli è certo della sua salvezza, perché la promessa è che chiunque crede è, e sarà, salvato.
Il precedente editoriale ha messo in evidenza che il modo di rivolgersi a Dio della Preghiera modello, “Padre nostro,” rivela la volontà di Dio che tutti i Suoi figli abbiano la certezza del Suo amore Paterno per loro, che è la certezza della salvezza. Questa certezza della salvezza, senza la quale uno non può pregare e non può “provare a pregare,” si trova per tutta la spiegazione del Catechismo della preghiera modello nei Giorni del Signore 45-52. Aver fiducia che Dio è divenuto nostro Padre in Cristo, che è la fiducia di essere salvati, è il “fondamento della nostra preghiera” stesso (D&R 120).
Certezza nella Confessione Belga e nei Canoni
La Confessione Belga ed i Canoni di Dordt sono uno col Catechismo nell’insegnare che Dio vuole la certezza per tutto il Suo popolo, e che la dà loro. In questi credi Riformati vi sono un numero di affermazioni che esprimono che tutti i credenti hanno, e dovrebbero avere, la certezza della salvezza. L’Articolo 23 della Confessione Belga afferma che l’ubbidienza di Cristo, che è la base della giustificazione che ogni credente ha mediante la sua fede in Cristo, è “sufficiente … per renderci sicuri, allontanando dalla nostra coscienza la paura, l’orrore e lo spavento, per avvicinarci a Dio.” L’Articolo 24 avverte che se fondiamo la nostra salvezza sulle nostre buone opere “saremmo sempre nel dubbio e sballottati qua e là senza alcuna certezza.” L’implicazione è che quando fondiamo la nostra salvezza soltanto sull’opera di Cristo per noi, come fa la fede, non siamo nel dubbio, ma abbiamo certezza della nostra salvezza. L’Articolo 33 insegna che mediante i sacramenti Dio opera “interiormente nei nostri cuori” cioè, nei cuori di tutti i credenti che usano i sacramenti in ubbidienza al comando di Cristo per “ratificare [i.e. confermare] in noi la salvezza che ci comunica.”
Uno dei propositi principali dei Canoni di Dordt è salvaguardare per i credenti Riformati la certezza di cui li priva l’eresia Arminiana. I:12, benchè riconosca con uno spirito pastorale che alcuni lottano per un tempo col dubbio e che la forza della certezza, come la forza della fede stessa, non è la stessa per tutti, dichiara che “di questa eterna ed immutabile loro elezione a salvezza, gli eletti … sono resi certi.” Tutti sono resi certi della loro elezione a suo tempo. Nella Reiezione degli Errori 7 del primo capo, i Canoni insistono che questa certezza dell’elezione è “certezza” e ripudiano come assurda la nozione di “una certezza incerta.”
Canoni V:9 dichiara come gloriosa verità del Vangelo e dottrina Riformata ufficiale che “I veramente credenti,” tutti i veri credenti, “possono esser certi e lo sono” che sono salvati al presente in Cristo e che persevereranno nella fede a vita eterna. Questa certezza è “certezza.” I veri credenti sono certi del perdono dei loro peccati, di essere membri viventi della chiesa, e della vita eterna.
I Canoni rigettano come errore qualsiasi insegnamento che in alcun modo nega o minaccia questa sicurezza da parte di tutti i veri credenti. Un tale insegnamento introduce di nuovo “i dubbi dei papisti,” nella chiesa Riformata. Questo è particolarmente vero dell’insegnamento che la certezza è riservata per pochi, favoriti santi che la godono per una “rivelazione speciale e straordinaria.” “Rivelazione speciale” include esperienze mistiche, una voce diretta dal cielo, uno strano evento nella propria vita di tutti i giorni, ed aprire la Bibbia a caso su un testo che si suppone sia significativo (Canoni V, Reiezione degli Errori 5).
Certezza, non un Problema
Ciò che spicca così preminentemente nelle Tre Formule di Unità a riguardo della certezza, e che non può quindi essere trascurato, è che la certezza dei credenti è un dato di fatto dato per scontato. (Così che nessuno fraintenda, questo dare per scontato la certezza del credente è l’indubbia convinzione della fede a riguardo della fede). Contro il diniego Arminiano di qualsiasi certezza della salvezza, i Canoni devono argomentare per la certezza, ma i Canoni vedono anche la certezza della salvezza come una normale esperienza per tutti coloro che credono di cuore il vangelo della grazia.
La certezza non è un problema speciale per le “Tre Formule di Unità.” Mancanza di certezza da parte di molti membri di chiesa non è un qualcosa che richiede peculiare attenzione mediante i credi e che virtualmente controlla la predicazione e l’insegnamento della chiesa. Un dubbio diffuso e radicato nella chiesa non richiede ogni tipo di distinzione tra i membri di chiesa, specialmente la distinzione tra pochi membri che sono “i migliori e più cari amici” di Dio che non hanno dubbio, e la maggioranza che dubitano della loro salvezza.
Leggendo anche solo superficialmente le confessioni, è perfettamente ovvia a chiunque la verità che “io,” “me” e “noi” che parlano o di cui si parla nelle confessioni sono persone che hanno certezza. Esse sono certe di ogni cosa. Esse sono certe della Scrittura, della Trinità, della creazione, degli angeli e dei diavoli, della caduta, dell’incarnazione, della giustificazione, della chiesa, e del paradiso e dell’inferno. Esse sono anche certe della loro salvezza, che Dio “ci” ha eletti, che Cristo ha reso soddisfazione “per noi,” che “noi” abbiamo fede, che la provvidenza governa ogni cosa per “il nostro beneficio,” e innumerevoli altre simili espressioni che usano la prima persona e pronomi personali.
Questi “io,” “me,” e “noi” sono i credenti. Essi sono semplicemente i credenti. Essi sono credenti e niente di più, non vecchi credenti, non credenti con grande fede, non credenti che hanno lottato ed operato eroicamente per anni per essere in grado alla fine di parlare di certezza come fanno le confessioni, e certamente non credenti che presumono di aver avuto esperienze speciali.
Questa innegabile caratteristica dei credi sulla certezza è parte e parcella della fondamentale verità evangelica che Dio salva i Suoi eletti mediante la sola fede.
Coloro che insegnano che “credere è facile” sono sfidati dai dubitatori Riformati a riguardo della loro confessione che tutti i credenti hanno ed hanno diritto ad avere certezza, piena certezza. Loro dicono che delle opere devono essere aggiunte, l’opera di dubitare in modo agonizzante, l’opera di cercare ardentemente la certezza, ogni tipo di opera che rende degno colui che cerca di ricevere la certezza, degno di divenire uno dei “migliori e più cari amici” di Dio, le opere di dubitare, cercare e lottare per essere degni per molti anni.
Al che le confessioni Riformate rispondono con la testimonianza del Vangelo della grazia: per sola fede.
Di certo, la certezza è rara e preziosa.
E’ rara e preziosa come la fede stessa di cui la certezza è un elemento essenziale.
E questo è il punto.