Herman Hoeksema
Quella concernente il patto eterno di Dio è un’eredità peculiarmente Riformata, anche più della dottrina della sovrana predestinazione. La ragione di ciò, forse, è che nella teologia Riformata, in modo particolare, è posta una forte enfasi sull’ auto-rivelazione e sulla gloria di Dio come essente il fine ed il proposito di tutte le opere di Dio, e, inoltre, perchè è nella relazione del patto di Dio con l’uomo che Egli si rivela in modo speciale in tutta la bellezza delle Sue perfezioni, nella Sua vita stessa di Dio Triuno. La verità dell’elezione eterna è stata spesso denominata “cor ecclesiae,” ovvero il cuore della chiesa. Si può dire però, d’altra parte, che la dottrina del patto ha a che fare col cuore stesso della religione, perché nella relazione pattale il Dio Triuno ci riceve nella Sua propria famiglia, ci accoglie nel suo seno, ci apre il Suo cuore, cammina e parla con noi, ci chiama e tratta come amici, così che possiamo conoscerlo, confidare in Lui, amarlo con tutto il nostro cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente e la nostra forza, e servirlo in qualità di Suoi amici. Nella relazione pattale Dio dimora con noi, e noi con Lui: il tabernacolo di Dio è con gli uomini!
Tuttavia, il fatto che questa relazione vivente di amicizia da parte di Dio nei confronti dell’uomo sia la concezione propria e l’essenza del patto non ha ricevuto la dovuta ricognizione. Di solito, il patto è stato compreso come un accordo tra Dio e gli uomini, oppure la sua essenza è stata vista nella promessa: “Io sarò il vostro Dio.” Esso è stato descritto come una via di salvezza, come un mezzo per raggiungere un fine, piuttosto che come il cuore della vera religione, come la più alta auto-rivelazione del Dio triuno, come la realizzazione ultima del proposito di Dio nella salvezza. Il principale proposito di questo breve trattato è dimostrare che è proprio quest’ultima la concezione che si dovrebbe avere del patto di Dio presentatoci nella Sacra Scrittura.
A causa dello sviluppo piuttosto tardo della verità concernente il patto, le confessioni Riformate hanno poco da offrire che possa esserci d’aiuto nel definire l’idea della relazione pattale. E’ fatta menzione del patto in connessione al battesimo e alla salvezza degli infanti. Il Catechismo di Heidelberg dichiara che gli infanti “proprio come gli adulti, sono inclusi nel patto e nella chiesa di Dio,” e, quindi, essi devono “per mezzo del battesimo come segno del patto, anch’essi essere ammessi nella chiesa cristiana, ed essere distinti dai bambini dei non credenti come fu fatto nell’antico patto o testamento per mezzo della circoncisione, al posto della quale il battesimo è istituito nel nuovo patto” (D. & R. 74). Similmente, la Confessione Belga esprime la convinzione che i figli dei credenti “dovrebbero essere battezzati e sigillati col segno del patto, come i bambini in Israele erano in precedenza circoncisi, in base alle stesse promesse che sono fatte ai nostri bambini” (Art. 34). La Forma per l’Amministrazione del Battesimo parla di un “eterno patto di grazia,” il cui stabilimento Dio il Padre “testimonia e sigilla a noi” per mezzo del santo battesimo; essa descrive il patto come composto di due parti, e la nostra parte consiste in questo: che siamo “obbligati a nuova obbedienza, cioè, che rimaniamo fedeli a questo unico Dio, Padre, Figlio, e Spirito Santo, che confidiamo in Lui, e Lo amiamo con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutta la nostra mente, e con tutta la nostra forza, che abbandoniamo il mondo, crocifiggiamo la nostra vecchia natura, e camminiamo in una nuova e santa vita.” Essa poi descrive il santo battesimo come “un sigillo ed un’indubbia testimonianza del fatto che noi abbiamo un eterno patto di grazia con Dio.” Infine, i figli dei credenti sono detti essere battezzati come “eredi del regno di Dio e del suo patto.” Tutto questo, senza dubbio, è significativo, e, tuttavia, non ci offre alcuan definizione del patto.
Una maggiore approssimazione ad una definizione della relazione pattale la troviamo nella più tarda Confessione di Westminster. In essa troviamo menzionato il patto di Dio con Adamo, che la Confessione descrive come qualcosa di aggiunto alla relazione della creatura umana con Dio, e come “un patto di opere, nel quale la vita fu promessa ad Adamo, ed in lui alla sua posterità, a condizione di perfetta e personale obbedienza!” Essa parla anche del patto di grazia come un secondo patto “nel quale egli liberamente offre ai peccatori la vita e la salvezza per mezzo di Gesù Cristo, richiedendo da parte loro fede in lui così che essi possano essere salvati” (VII:1-3).
Qui, dunque, ci imbattiamo nella nozione che il patto è qualcosa di addizionale e secondario, un mezzo per raggiungere un fine, un modo per ottenere la vita, un espediente per conquistare la salvezza. E fin da allora questa è divenuta la prevalente concezione del patto. Per evitare di dare a questo saggio l’apparenza di un trattato teologico, mi tratterrò dall’offrire al lettore delle citazioni dagli scritti dei teologi che provino la veridicità di questa affermazione. Fatto sta che, generalmente parlando, il patto di Dio è definito come un mezzo per raggiungere un fine, e non come il fine stesso. Occasionalmente, è vero, si trova qualche barlume di una nozione del patto più profonda e ricca: l’idea espressa è che la relazione tra le tre persone nella Santa Trinità è la base ultima della relazione pattale, e che, nel patto, Dio parla con l’uomo come un amico col suo amico. Tuttavia, questa verità non è mai elaborata e portata alla sua coerente conclusione. Il patto di Dio con l’uomo è sempre un mezzo per raggiungere un fine, una via di salvezza, ma non è, in se stesso, il fine più alto.
Le definizioni fornite nel passato possono differire nei dettagli, ma la nozione prevalente rimane la stessa. Alcuni enfatizzano che il patto è un accordo, un’alleanza; altri vi scorgono l’idea principale nella promessa; altri ancora lo descrivono come un modo in cui Dio salva il Suo popolo. Alcuni parlano soltanto di “parti,” altri insistono che vi sono in modo definito due “parti contraenti” nel patto. Conformemente a questo, alcuni vedono il patto come strettamente unilaterale, stabilito da una parte soltanto: Dio solo realizza e mantiene il patto. Altri insistono che è bilaterale: è un accordo che è realizzato per mezzo del consenso di entrambe le parti contraenti: Dio e l’uomo. Altri ancora vorrebbero che il patto fosse unilaterale, stabilito da Dio solo, in origine, ma bilaterale nelle operazioni: Dio soltanto stabilisce il patto ma, dopo che esso è stabilito, l’uomo diviene in esso una parte contraente. Secondo alcuni, il patto è stabilito con Cristo, altri lo chiamano un accordo tra Dio e gli eletti, altri ancora preferiscono descrivere le parti contraenti come il Dio offeso e il peccatore offensore. La nozione comune, tuttavia, a ognuna di queste definizioni, è che il patto sia, essenzialmente, un accordo tra Dio e gli uomini, e gli elementi principali sono sempre la promessa della vita eterna e la condizione di fede ed obbedienza.
Contro questa presentazione dell’idea del patto di Dio possono essere sollevate serie obiezioni. La più seria e fondamentale di esse è che l’uomo non può realmente essere una parte contraente in relazione al Dio vivente, perché Dio è Dio, è Colui che è infinito, eterno, auto-esistente, perfettamente sufficiente. Egli è il Signore, il Creatore sovrano dal Quale, attraverso il Quale, e per il Quale sono tutte le cose. Non vi è nessuno accanto a Lui. L’uomo, invece, è una mera creatura che deve al suo Signore e Creatore la sua intera esistenza, tutto quello che è e che ha, il suo intero essere, con corpo e anima, mente, volontà e forza, con tutti i suoi poteri, talenti e possessioni, in ogni relazione ed in ogni momento della sua vita. Dio è eternamente la Fonte straripante di ogni bene, e l’uomo è eternamente la creatura dipendente e bisognosa, che deve attingere da quella Fonte. Dio è l’autosufficiente IO SONO, l’uomo è costantemente e completamente dipendente da Lui. Come potrà egli allora assumere la posizione di una parte contraente in relazione al suo Dio? Quale obbligo potrebbe accollarsi accanto a quello già incombente su di lui senza alcun accordo speciale, e cioè quello di amare il Signore suo Dio con tutta la sua forza? Può l’adempimento di questa solenne obbligazione divenire mai una condizione per più alti favori e più ricche benedizioni?
L’uomo non può portare niente a Dio, perché la terra nella sua interezza è del Signore. Suoi sono l’oro e l’argento, e il bestiame su mille colline. Egli non può fare niente per Dio, il Quale è assolutamente autosufficiente. Tutto il bene che l’uomo ha è un dono di grazia, di libero e sovrano favore da parte del suo Dio. Perfino il privilegio di poter amare e servire il suo Creatore è un dono della bontà divina, per la quale deve ringraziarlo. Come può dunque la relazione tra questo Signore, che è assolutamente sovrano, e questa creatura, completamente dipendente, essere o diventare mai un accordo con condizioni e stipulazioni reciproche? Come può mai l’uomo meritare la vita eterna, o, per dirla tutta, meritare qualsiasi cosa da Dio, adempiendo certe condizioni? Forse che io stabilisco un accordo col verme che striscia ai miei piedi? O può un uomo che mi deve mille dollari reclamare nuovi favori dopo che mi ha pagato il suo debito? Come, dunque, può il granello di polvere che è l’uomo mai assumere la posizione di una parte contraente in relazione a Dio, e meritare speciali favori e benedizioni, pagando a Dio quello che già gli deve? La relazione tra Dio e l’uomo non può mai realmente essere quella di un accordo tra parti contraenti, con reciproche stipulazioni, condizioni, e promesse!
I teologi Riformati hanno sempre avvertito il peso di questa obiezione. Essi di solito provano ad affrontarla dicendo che questo modo di fare da parte di Dio con l’uomo è dovuto al suo libero e condiscendente favore e grazia. Per mezzo di questa grazia libera e sovrana l’uomo è posto nella posizione tale da poter divenire una parte contraente con Dio, ed accordarsi con Lui, o acconsentire ad un accordo secondo il quale egli sarebbe capace di ottenere un qualche tipo di bene più alto, anche la vita eterna, adempiendo certe condizioni ed obblighi.
A questo, però, noi obiettiamo che Dio non può rinnegare Se Stesso, e che è proprio questo ciò che Egli dovrebbe fare se ponesse la creatura nella posizione di una parte contraente in relazione a Se Stesso. Riverentemente parlando, Dio non può condiscendere all’uomo in modo tale da conferirgli la prerogativa di fare delle stipulazioni, o di meritare qualsiasi cosa da parte Sua adempiendo certe condizioni stipulate. E’ vero, la dichiarazione della legge “fai questo e vivrai” è immutabile, perché l’obbedienza è la sola via per ottenere e fare esperienza del favore di Dio, e nel Suo favore è la vita. Ma questo non può mai essere audacemente interpretato come se implicasse che, adempiendo il suo obbligo di obbedienza nell’amore di Dio, l’uomo potesse rendersi degno di ciò che nella Scrittura è chiamato “vita eterna.” In verità, “come in tutti i patti vi sono contenute due parti” così anche nel patto di grazia è lo stesso, ed è la nostra parte nel patto quella di amare il Signore nostro Dio con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra mente, con tutta la nostra anima, e con tutta la nostra forza.
Ma si badi bene, prima di tutto, che con “parti” non si vuol dire “parti contraenti,” e, in secondo luogo, che la nostra “parte” non è una condizione perché possa adempirsi anche la “parte” di Dio, ma piuttosto essa è il frutto di quest’ultima, la nostra reazione al patto di Dio come creature razionali, morali: Dio sovranamente ed incondizionatamente realizza il Suo patto con noi, ed in virtù di ciò noi siamo messi in grado di fare la nostra “parte.” Egli ci dà la vita eterna, e in virtù della potenza di quella vita eterna noi lo amiamo.
Inoltre, nelle Scritture non leggiamo mai di un tale accordo tra Dio e l’uomo, in cui Dio farebbe certe stipulazioni che l’uomo accetta, e che, adempiendole, si rende degno della “vita eterna.”
Non vi è niente nella rivelazione scritturale concernente l’uomo nello stato di giustizia che suggerisca una tale relazione tra Dio ed Adamo.
Che vi fosse, in ogni caso, una tale relazione tra Dio e l’uomo prima della caduta è divenuta una nozione ricorrente nella dottrina Riformata. La relazione è conosciuta come il “patto d’opere.” Questo patto, secondo la veduta tradizionale, consisteva di una promessa, una condizione, ed una punizione. La promessa era la vita eterna per Adamo e la sua posterità. La condizione era perfetta obbedienza, messa alla prova per mezzo del comandamento probatorio di non mangiare dall’albero della conoscenza. La punizione era la morte. Questi erano gli elementi e i termini dell’accordo che si suppone che Dio abbia stipulato con Adamo.
Le obiezioni che possono essere sollevate contro questa veduta sono numerose. Prima di tutto, sia notato che in nessun luogo nei primi tre capitoli della Genesi le Scritture parlano di un accordo reciproco, mutuo, tra Dio ed Adamo. Al contrario, è Dio che agisce durante tutto il racconto, e Lui soltanto. E’ Lui che crea l’uomo e che lo pone nel giardino di Eden. E’ Lui che pianta l’albero della conoscenza del bene e del male. E’ Lui che dà il comandamento: “non ne mangerai.” Questo comandamento non è in alcun modo contingente al consenso di Adamo. Egli si trova semplicemente sotto questa legge. In secondo luogo, la nozione che Dio promise ad Adamo “la vita eterna” è una pura invenzione, un pigmento dell’immaginazione. Le Scritture non lo suggeriscono nemmeno. La nozione è dedotta dalla punizione con la morte con cui Adamo era minacciato in caso di disobbedienza. E’ argomentato che, dal momento che la morte era la punizione per la disobbedienza, ne consegue che la “vita eterna” era la promessa implicata, a condizione di obbedienza.
Ma questa deduzione è falsa. Può essere concesso che Adamo non avrebbe sofferto la morte, se fosse rimasto fedele. Ma ciò è interamente differente dal dire che avrebbe raggiunto il più alto stato della gloria celeste che nella Bibbia è chiamato “vita eterna.” Egli sarebbe semplicemente stato confermato nel suo stato terrestre. Inoltre, posiamo tranquillamente affermare che ciò che la Bibbia chiama “vita eterna” è uno stato di gloria e di beatitudine, una forma di comunione col Dio vivente, che Adamo non poteva mai raggiungere. Per questo c’è bisogno dell’incarnazione del Figlio di Dio, è questa la base, e la sua centrale realizzazione è nella risurrezione di Gesù Cristo dai morti. Inoltre, quando sarebbe stato preso Adamo in quella gloria celeste? Dopo che l’intera razza umana sarebbe stata generata e l’intera creazione sarebbe stata glorificata con lui? Basti dire, comunque, che nessuna promessa di “vita eterna” fu data, né avrebbe potuto essere data, al nostro primo padre in paradiso.
E nemmeno l’altra forma del patto di Dio, comunemente conosciuta come “patto di grazia,” è mai presentata nelle Scritture come un accordo. Uniformemente la Bibbia enfatizza che Dio stabilisce il Suo patto. Immediatamente dopo la caduta, Dio rivela il Suo proposito di mantenere il Suo patto nella ben nota sovrana dichiarazione: “E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno” (Genesi 3:15). Questo stabilimento del patto non dipende per niente dal consenso dell’uomo.
A Noè, sia prima che immediatamente dopo il diluvio, Dio dichiara che Egli stabilirà il Suo patto con lui e la sua discendenza (Genesi 6:18; 9:11). Il patto è di Dio, e Lui soltanto lo stabilisce. La medesima espressione è impiegata per illustrare lo stabilimento del patto di Dio con Abraamo: “Io stabilirò il mio patto” (Genesi 17:7). Ed è in questa stessa maniera che esso è presentato attraverso tutte le Scritture. Attraverso Isaia Dio dichiara al Suo popolo: “Io stabilirò con voi un patto eterno” (Isaia 55:3). In tutto il libro di Geremia egli dice: “stabilirò un nuovo patto con la casa d’Israele” (Geremia 31:31), e questo passaggio è applicato al patto della nuova dispensazione in Ebrei 8:8-10.
Che il patto non sia un mutuo accordo, e che sia invece stabilito da Geova soltanto, è anche chiaramente rivelato nella visione registrata in Genesi 15:9. Abraamo riceve il comando di prendere vari animali sacrificali, di dividerli a metà, e di porre i pezzi in due file l’una di fronte all’altra. Geova quindi, sotto i simboli di una fornace fumante ed una torcia ardente, passa in mezzo ai pezzi. Il significato del rituale di passare attraverso le metà degli animali sacrificali doveva essere ben noto ad Abraamo. Esso era un atto simbolico che esprimeva l’inviolabile ratificazione di un patto. La parte che passava nel mezzo degli animali divisi esprimeva, con quel gesto, la promessa che avrebbe piuttosto affrontato la morte piuttosto che violare il patto. Ma mentre nel caso di un patto tra gli uomini entrambe le parti nel patto sarebbero passate attraverso le metà degli animali sacrificali, esprimendo in questo modo l’inviolabilità del patto dipendente dalla fedeltà di entrambi, nella visione di Genesi 15 il Signore soltanto passò attraverso di esse, indicando che Lui è la Sua propria parte, e che Lui soltanto stabilisce e mantiene il Suo patto.
A questo potremmo aggiungere che il patto non potrebbe mai essere stabilito con i credenti ed i loro figli nelle loro generazioni, se esso fosse un accordo la cui ratificazione dipende dal consenso dell’uomo, o da qualsiasi condizione che l’uomo dovesse svolgere. Gli infanti non possono adempiere alcuna condizione. Essi non possono agire come una parte contraente in un patto. Se, dunque, il patto è stabilito con loro, non quando essi crescono, ma dall’infanzia, esso non può essere condizionato, non è un accordo. Dio soltanto determina chi sarà accolto in esso. Esso è basato soltanto sulla Sua fedeltà. Dio è fedele! Questa è la sola ragione per la quale il patto è inviolabile. Esso non può essere rotto. E’ un patto eterno.
Inoltre, il fatto stesso che le Scritture presentino il patto di Dio come un patto eterno milita contro la nozione che esso sia un mezzo per ottenere un fine, una via di salvezza. “Io stabilirò con voi un patto eterno” (Isaia 55:3). “Io stabilirò con loro un patto eterno” (Isaia 61:8). “Farò con loro un patto eterno: non mi ritirerò più da loro, facendo loro del bene, e metterò il mio timore nel loro cuore, perché non si allontanino da me” (Geremia 32:40). “Stabilirò con loro un patto di pace: sarà un patto eterno con loro” (Ezechiele 37:26). Così il Signore aveva detto ad Abraamo: “Io stabilirò il mio patto … sarà un patto eterno” (Genesi 17:7). Ora, una via non è eterna, ma giunge ad un termine quando la destinazione è raggiunta. Un mezzo non è eterno, perché quando ciò che è causato o effettuato con esso è realizzato, ha adempiuto il suo proposito. Un patto eterno è duraturo. Non è una via, ma piuttosto è la destinazione. E’ il fine stesso.
Questo patto, duraturo per ogni eternità, è il tabernacolo di Dio con gli uomini. Esso può essere definito come quel vincolo vivente ed intimissimo di comunione tra Dio ed il Suo popolo in Cristo che assume la forma di un’amicizia. Per amicizia intendiamo una relazione di comunione intima di amore che esiste tra persone, sulla base della più alta eguaglianza possibile, per mezzo di una distinzione personale. Gli amici non hanno segreti. Essi si conoscono l’un l’altro, ed entrano l’uno nella vita dell’altro. Ciò è possibile solo sulla base dell’eguaglianza. Dall’altro lato, la vera amicizia è comunione reciproca. Gli amici si supplementano l’un l’altro. Essi formano un’unità, un tutto. Dunque, le parti che rendono possibile l’esistenza di un vincolo di amicizia devono essere distinte personalmente. Se fossero identiche, ognuno sarebbe autosufficiente. E quindi, perché si stabilisca un legame d’amicizia ci deve essere distinzione personale, sulla base di un’uguaglianza ed affinità al più altro grado possibile.
L’idea del patto di Dio è espressa sinteticamente col termine “amicizia.” Nel Suo patto, Dio è l’Amico-sovrano dell’uomo, l’uomo è il Suo amico-servo. Nel Suo patto, Dio rivela Se Stesso all’uomo, e l’uomo lo conosce; Dio apre a lui il Suo cuore, ed egli gusta che il Signore è buono; Dio porta l’uomo nella Sua casa, ed egli dimora con Lui, si consacra a Lui, lo serve e lo glorifica, e prende diletto nell’osservare i Suoi precetti. Il patto di Dio è la vera essenza della religione!
Che questa idea del patto è basata sulle Sacre Scrittura non è qualcosa difficile da dimostrare. In paradiso Dio rivela Se Stesso ad Adamo e gli parla come un amico fa col suo amico, ed Adamo conosceva Dio nel fresco del giorno. La prima creazione è concentrata in paradiso, la casa di Dio; il paradiso ha il suo centro nell’albero della vita, sacramento del patto di amicizia di Dio, e il tutto si concentra nell’uomo, il servo nella casa di Dio. L’intera creazione terrestre ha il suo centro etico nel cuore dell’uomo, e attraverso quel cuore tutta la creazione si trova nel cuore di Dio! Adamo era l’amico di Dio.
Dei primi santi leggiamo che essi camminavano con Dio, un termine che denota intima comunione ed amicizia (Genesi 5:22; 6:8). Di essi leggiamo che parlavano con Dio, e che Dio rivela loro il Suo consiglio, non nascondendogli niente (Genesi 6:13; 9:9; 18:17). Abraamo è chiamato l’amico di Dio (Isaia 41:8; Giacomo 2:23). A Mosè il Signore parlava come un amico col suo amico (Esodo 33:11), ed il Signore lo incontrava faccia a faccia.
Inoltre, l’idea del patto è simbolizzata nel tabernacolo ed il tempio, i quali raffigurano la verità che Dio dimorerà col Suo popolo sotto un solo tetto. Ed è ben risaputo che la relazione pattale tra Dio ed Israele è presentata come una relazione matrimoniale, la più intima di tutte le relazioni umane, e che la trasgressione del patto è chiamata adulterio.
La medesima verità si trova nel Nuovo Testamento. Conoscere Dio è la vita eterna (Giovanni 17:3). La più alta realizzazione del popolo di Dio in Cristo è espressa nelle parole della preghiera sacerdotale di Cristo: “Io in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità” (Giovanni 17:23). La chiesa è il tempio del Dio vivente ed ha la gloriosa promessa: “Io abiterò in loro, e camminerò in loro; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo” (II Corinzi 6:16). Alla tavola della comunione i credenti sono ospiti di Dio, ed è nella Sua casa che essi mangiano e bevono.
E la culminazione, la più alta e finale realizzazione del proposito salvifico di Dio è espresso nelle parole: “Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Ed egli abiterà con loro; e essi saranno suo popolo e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio” (Apocalisse 21:3). Nella nuova Gerusalemme il popolo di Dio camminerà nella luce della gloria di Dio, e vedrà il suo volto (Apocalisse 22:4). Il patto eterno di amicizia di Dio sarà stato realizzato nella sua più alta, celeste e perfetta bellezza!
La base più profonda di questa relazione pattale è Dio Stesso, perché Dio è un Dio di patto, anche a prescindere da qualsiasi relazione con la creatura. Egli è il Triuno. Egli è uno in Essere, ma tre in Persone. Nell’unica essenza divina, le tre Persone sono assolutamente eguali. Esse sono una in natura, in mente e volontà, una in tutte le perfezioni essenziali ed etiche della Deità, in eternità ed immensità, in indipendenza ed immutabilità, in conoscenza, sapienza e potenza, in santità, rettitudine e giustizia, in amore, grazia e bellezza. In infinita perfezione, le tre Persone della Trinità entrano l’una nella vita dell’altra. Tuttavia, esse sono distinte personalmente, ed ognuna delle tre Persone possiede il Suo proprio nome: Padre, Figlio, e Spirito Santo. E ancora, nel loro essere tre esse costituiscono un’unità, un’unione esclusiva. Nessuna quarta persona potrebbe mai avere un posto in quella adorabile comunione.
E sulla base di quell’assoluta eguaglianza essenziale per mezzo della distinzione personale, le tre Persone della Deità vivono un’ eterna e perfetta vita di amicizia. Il Padre conosce ed ama il Figlio, da Se Stesso, nello Spirito; il Figlio conosce ed ama il Padre, attraverso Se Stesso, nello Spirito; lo Spirito Santo conosce ed ama il Padre, attraverso il Figlio, in Se Stesso.
La vita pattale di Dio Stesso è la base ultima di ogni relazione pattale tra Dio e la creatura, perché Dio rivelerà e glorificherà Se Stesso. Essa è il movente divino in ognuna delle Sue opere al di fuori di Se Stesso. Egli si è proposto di rivelare Se Stesso nella Sua adorabile vita di amicizia pattale, e anche quello, nel suo più alto grado possibile, e sul più alto piano possibile, stabilendo il Suo patto d’amicizia col Suo popolo.
E quindi, Egli predestinò un popolo, e lo ordinò ad essere reso conforme all’immagine di Suo Figlio. Ciò perché, come abbiamo detto, la relazione di amicizia pattale presuppone una base di somiglianza e di eguaglianza nel più alto grado possibile. Per formare un popolo del genere, che fosse perfettamente e, creaturalmente, nel più alto grado possibile conforme all’immagine di Suo Figlio, Egli determinò il Suo eterno consiglio. Egli li concepisce, li vede e li ama con un amore eterno. A capo di quel popolo, concepito nell’eterno beneplacito di Dio, sta Cristo, Figlio di Dio nella carne, e Signore glorificato e risorto. Egli è l’Amico-servo per eccellenza nel patto di Dio. In Lui la somiglianza con Dio è realizzata nel più alto grado possibile.
Cristo non è, per così dire, un ripensamento di Dio, ma nel Suo consiglio è il Primogenito. La salvezza non è un’opera di riparazione, ma la realizzazione del patto eterno di Dio passando per la profonda strada del peccato e della grazia. Non il primo mondo, ma la nuova creazione, di cui il Signore risorto è il Capo, e in cui il tabernacolo di Dio sarà con gli uomini, è l’obiettivo, il proposito di Dio dall’eternità. Tutto il resto è un mezzo, appartiene alla via per raggiungere quell’obiettivo. E siccome tutte le cose nel nuovo e celeste mondo a venire si concentrano nel glorificato Figlio di Dio nella carne, e tutte le cose sono create per Lui, noi ripetiamo che, nell’eterno beneplacito, il glorificato, risorto Cristo è il primogenito di ogni creatura. In Lui Dio vuole rivelare e realizzare la gloria del Suo patto eterno.
Questo è il significato di quel meraviglioso passaggio in Colossesi 1:15-19: “Egli è l’immagine dell’invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura, poiché in lui sono state create tutte le cose, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili: troni, signorie, principati e potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli stesso è il capo del corpo, cioè della chiesa; egli è il principio, il primogenito dai morti, affinché abbia il primato in ogni cosa, perché è piaciuto al Padre di far abitare in lui tutta la pienezza.” Cristo, il primogenito dai morti, il Signore risorto, è il principio, l’obiettivo, il Primogenito di ogni creatura!
Centralmente, dunque, è con Lui che Dio stabilisce il Suo patto eterno. Che ciò sia vero è chiaro dalle Scritture. Si leggano ad esempio passaggi come II Samuele 7, Salmo 2, 34, 110, insieme a vari passaggi dai profeti, e ci si convincerà quanto biblica sia questa concezione. Ma la gloria del patto di amicizia di Dio, centrato nel Signore risorto, deve risplendere in una moltitudine di persone, la chiesa glorificata. Egli deve essere il primogenito tra molti fratelli. Quindi, Dio ordina tutti gli eletti, e li dà a Cristo. In Lui essi sono scelti. Secondo la Sua immagine essi devono essere conformati, così che il patto benedetto di amicizia possa essere riflettuto in e stabilito con milioni di milioni di figli di Dio, e dunque tutto possa ridondare all’abbondante lode di Dio.
E c’è di più: a questo Cristo glorificato e alla Sua chiesa sono date tutte le cose in cielo e in terra, perché Cristo è il capo del cielo e della terra. In Lui, in qualità di capo, tutte le cose devono essere raccolte insieme, così che l’intera creazione possa essere una sola gloriosa casa di Dio, che abbracci ogni creatura, e tutte le cose possano servire l’uomo nuovo in Cristo, così che egli possa servire il suo Dio. E a quel fine glorioso, quella finale, celeste realizzazione del patto di Dio che tutto abbraccia, tutte le cose nel tempo sono strettamente subordinate e rese susservienti: la creazione e la caduta, il peccato e la morte, le potenze delle tenebre e la rivelazione della grazia di Dio in Gesù Cristo nostro Signore. Tutte le cose devono servire la più alta realizzazione dell’eterno patto d’amicizia di Dio.
Dunque tutte le cose sono concepite nell’eterno consiglio di Dio.
Tuttavia, nella realizzazione di questo consiglio di Dio nella storia abbiamo l’ordine inverso. Chi appare per primo sulla scena non è Cristo, ma il primo Adamo. Noi notiamo quest’ordine: la creazione, la caduta, il peccato, la morte, la maledizione—e in merito a questo la rivelazione di Cristo, l’incarnazione, la crocifissione, la risurrezione, e la glorificazione del Figlio di Dio, la redenzione e la perfezione finale nella gloria celeste.
Quindi, nel primo paradiso vediamo la prima, terrena realizzazione del patto di amicizia di Dio. E questo patto non era un accordo stabilito con Adamo qualche tempo dopo la sua creazione, né era per lui una via d’elevazione alla più alta gloria della vita eterna, ma era la relazione vivente di comunione ed amicizia in cui Adamo si trovava con Dio, dal momento della sua creazione, ed in virtù del suo essere dotato dell’immagine di Dio. Perché anche per questa prima relazione pattale c’era una base d’eguaglianza nell’uomo, stabilita nel fatto che l’uomo fu creato ad immagine e somiglianza di Dio. Vi era una somiglianza creaturale di Dio in Adamo. Egli fu dotato di vera conoscenza di Dio, così che lo conosceva nell’amore, in perfetta giustizia, lo conosceva ed amava per fare la volontà di Dio, e nella completa santità della sua intera natura, così che consacrava se stesso con tutta la sua forza e con l’intera creazione al Dio vivente. Al livello della sua vita terrena egli godeva della benedetta comunione di Dio, l’amicizia del Suo patto.
Tuttavia, l’uomo “in onore, non lo comprese, e non ha riconosciuto la sua eccellenza, ma si è volontariamente sottomesso al peccato, e di conseguenza alla morte e alla maledizione, dando ascolto alla parola del demonio” (Confessione Belga, Art. 14). Egli violò il patto di amicizia di Dio, e si alleò con il principe delle tenebre, il nemico di Dio. E così divenne l’oggetto della feroce ira di Dio. Egli divenne soggetto alla morte e alla corruzione, perverso in tutte le sue vie, un esule lontano dalla casa di Dio. L’immagine di cui egli fu dotato si trasformò nel suo esatto contrario, la sua luce divenne oscurità, la sua giustizia divenne perversione e ribellione contro il Dio vivente. Adamo, l’amico di Dio, divenne il nemico di Dio, ed in lui l’intera razza umana, di cui lui era capo, padre e radice, decadde dalla Sorgente del bene, e divenne una razza di violatori del patto. E non vi era alcuna via d’uscita da parte dell’uomo. Ritornare nella comunione di amicizia di Dio divenne umanamente impossibile. La porta fu chiusa.
Ma ciò che è impossibile per l’uomo è possibile a Dio. Egli aveva provveduto qualcosa di migliore per noi: la perfezione eterna del Suo patto di amicizia in Cristo. Adamo violò il patto di Dio, ma Dio lo mantenne. Ed Egli immediatamente rivelò il Suo patto per come è stato eternamente stabilito nel Figlio di Dio fatto carne, crocifisso e risorto, il Signore glorioso, perché Egli annunziò lì e sul momento che Egli avrebbe messo inimicizia tra il diavolo e la donna, e tra le loro rispettive discendenze, e che la causa della Discendenza della donna, la causa del Suo patto eterno, avrebbe avuto la vittoria.
La realizzazione di questo patto avrà luogo, nella storia, lungo la linea dell’elezione. E lo scenario per la rivelazione di questo patto è l’intera creazione. L’uomo è soggetto alla morte temporale, separato dall’albero della vita. La concezione da parte della donna è motivo di grande dolore per lei, così che Cristo possa venire presto. Il suolo è maledetto, e la terra produrrà spine e triboli. Non soltanto l’uomo mangerà il suo pane col sudore della sua fronte, ma mangerà e berrà anche la sua propria morte. E la creazione intera è stata sottoposta a vanità, così che ogni genuina cultura da parte signore caduto della creazione è impossibile. Ma sullo sfondo di questo scenario Dio rivela il Suo patto benedetto, e in quell’oscurità Egli fa penetrare la luce della Sua promessa, la luce che risplende dal volto del Signore risorto, negli eredi della promessa, riempiendoli di essa nella speranza.
Questo patto è rivelato a Noè e la sua discendenza, come un patto che ha il fine di abbracciare l’intera creazione. E l’arcobaleno nelle nuvole è il segno della liberazione finale dell’intera creazione gemente. Questo stesso patto è rivelato ad Abraamo, l’amico di Dio, ed il padre dei credenti, come un patto che si adempie lungo la linea delle generazioni, ma che include, nonostante questo, tutte le nazioni della terra. Questo patto è rivelato al Sinai, anche se è esso è contenuto all’interno della legge, così che il peccato potesse abbondare, e che i figli della promessa, sotto il tutorato della legge, potessero guardare con speranza al termine della legge nel Cristo che doveva venire.
E anche se, durante tutta l’antica dispensazione, tutte le potenze delle tenebre si uniscono contro il santo patto di Dio e cercano di distruggere la santa discendenza prima che il Cristo di Dio potesse venire nel mondo, nella pienezza dei tempi Dio realizza il Suo patto, in modo centrale, nell’incarnazione del Figlio di Dio. La base di quel patto è stabilita nella giustizia, per mezzo della perfetta obbedienza dell’Amico-servo di Geova, attraverso il sangue del Nuovo Testamento. La gloria di quel patto è realizzata centralmente nella risurrezione di Gesù Cristo dai morti e nell’esaltazione del Primogenito di ogni creatura alla destra di Dio.
Attraverso lo Spirito del Signore risorto, dimorante nella chiesa, quel patto di amicizia è realizzato spiritualmente nei cuori di tutti gli eletti, quando essi nascono a nuova vita, e chiamati per mezzo del vangelo fuori dalle tenebre e nella luce meravigliosa di Dio. Ora essi tutti lo conoscono, dal più piccolo al più grande di loro, perché la Sua legge è scritta nei loro cuori. E la loro chiamata è vivere secondo il principio della nuova vita che è in loro, e rappresentare la causa del Figlio di Dio nel mezzo di un mondo che giace nelle tenebre.
Non tutto, ancora, è realizzato. Aspettiamo la rivelazione della meraviglia della grazia di Dio, alla luce della Sua promessa, perché il Figlio di Dio deve essere rivelato dal cielo. Ancora una volta Dio introdurrà il Suo Primogenito nel mondo, ed allora il patto di Dio sarà giunto a perfezione. Le cose vecchie passeranno, ed Egli renderà ogni cosa nuova. I nostri corpi mortali saranno resi come il gloriosissimo corpo del Figlio di Dio, la creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio, e tutte le cose saranno rese adatte per la gloria del Signore risorto. La nuova Gerusalemme scenderà giù dal cielo da Dio, e il tabernacolo di Dio sarà con gli uomini. E Lui camminerà con loro, ed essi vedranno il Suo volto, conoscendolo come essi stessi sono stati conosciuti, e gusteranno e dichiareranno che il Signore è buono!