I Salmi Contro la Grazia Comune (4)
Rev. Angus Stewart
Dopo aver considerato il Salmo 5 e 11 di Davide, Salmo 73 di Asaf e Salmo 92, un cantico “per il Sabbath,” ritorniamo ad un salmo Davidico, il Salmo 69, specialmente i versi 20-28.
Tutti concordano che il Salmo 69 è un salmo messianico. Verso 9a (“lo zelo della tua casa mi ha divorato”) è citato in Giovanni 2:17 in riferimento alla prima purificazione di Gesù del tempio. Verso 9b (“gli oltraggi di chi ti oltraggia sono caduti su di me”) è citato da Paolo in Romani 15:2 in connessione alle sofferenze di Cristo. Verso 25 (“La loro dimora divenga una desolazione, e più nessuno abiti nelle loro tende”) è citato da Pietro in Atti 1:20 contro Giuda, che tradì Gesù. Verso 21 è accennato in tutti e quattro i racconti evangelici della sofferenza di Cristo alla croce (Matteo 27:48; Marco 15:36; Luca 23:36; Giovanni 19:28-30).
Leggiamo le stupefacenti preghiere di Cristo a Dio (Salmo 69:22-28). “Sia la loro mensa un laccio davanti a loro, e la loro prosperità una trappola” (22). Qui non c’è grazia comune! Le buone cose materiali di cibo e bevande che sono servite alla “mensa” non sono date ai reprobi nell’amore; esse sono date nel giudizio di Dio come un “laccio” e una trappola (22). Gesù prega per la cecità spirituale dei Suoi nemici reprobi: “Si offuschino i loro occhi, così che non vedano più, e fà che i loro lombi vacillino continuamente” (23). Il Salmo 69:22-23 è citato in Romani 11:9-10.
Il Salmo 69 oppone la libera offerta, che esprimerebbe un presunto desiderio di Dio di salvare i reprobi. Al verso 24, Cristo prega che gli empi siano puniti all’inferno: “
Riversa su di loro la tua ira e li raggiunga l’ardore del tuo sdegno.” Al verso 27, Gesù prega affinché essi non siano giustificati e perdonati: “Aggiungi questa colpa alla loro colpa, e non giungano mai ad aver parte della tua giustizia.” Al verso 28, nostro Signore prega affinché non abbiano parte nel libro del paradiso: “Siano cancellati dal libro della vita e non siano iscritti fra i giusti.” Le preghiere di Cristo sono solo a favore degli eletti: “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi” (Giovanni 17:9). Quanto ai reprobi, le preghiere di Cristo sono solo contro di essi (Salmo 69:22-28).
Come il Salmo 22, il Salmo 69 è un canto della croce. Le richieste di Cristo a Dio (22-28) vengono proprio dopo i versi dove Cristo è stato accusato dai Suoi nemici (19:20), lasciato senza conforto (20) e dissetato con aceto sulla croce (21). Questo passaggio insegna la dottrina biblica e Riformata della redenzione pericolare. Proprio perchè Gesù prega per la distruzione dei reprobi (22:28) incluso Giuda (25; Atti 1:20), mentre Egli era sulla croce, Egli non mori per tutti. Mentre Egli sopporta l’ira di Dio contro i peccati del Suo popolo, Cristo oppone la nozione che Dio vuole salvare tutti (Salmo 69:23-24, 27-28). Mentre soffriva agonie infernali al posto della Sua chiesa, Cristo ebbe perfino tempo per pregare contro gli empi reprobi ed opporre l’errore della grazia comune (22). Quindi il Salmo 69 insegna la redenzione particolare di Cristo, l’intercessione particolare e la grazia particolare solo per gli eletti. E mostra perfino Cristo pregare contro la grazia comune e la libera offerta mentre è crocifisso (22-28).
Il solo modo per conoscere le benedizioni e l’amore di Dio è tramite la fede in Gesù Cristo. A causa della caduta, la razza umana è sotto la maledizione di Dio. Grazie alla Sua efficace, salvifica morte sulla croce, il Signore sopportò la maledizione di Dio per il Suo popolo così che la benedizione di Dio va a quelli che sono in Cristo. Qualsiasi dottrina di un amore di Dio o di una benedizione di Dio per i reprobi, non solo nega la perfetta giustizia di Dio—perchè, come può Dio amare e dir bene di peccatori reprobi e totalmente depravati?—ma inoltre sminuisce la gloria di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato. Solo Cristo media l’amore e la benedizione di Dio ai credenti! Così, la filosofia che Dio ama e benedice persone al di fuori di Gesù Cristo attacca il vangelo. Se Dio davvero li ama—e il Suo amore è divino: eterno, immutabile e potente—di certo Egli non permetterà loro di perire all’inferno. Così i sostenitori della grazia comune, specialmente coloro che vanno più in fondo su questo punto, stanno insegnando sempre di più che vi è un senso in cui Gesù morì per tutti o perfino che Cristo morì efficacemente per ogni singolo uomo. Credendo in un amore di Dio per tutti e una croce per tutti è sempre di più suggerito, ed anche affermato, che coloro che rimangono in altre o in nessuna religione possono infine essere salvate.
Il valore canonico del libro dei Salmi è quello di essere il libro dei canti della chiesa, un libro di adorazione, devozione, lode e preghiera in modo che noi eleviamo i nostri cuori e le nostre voci in melodia a Dio. Il Salmo 5 e 11 insegnano un odio di Dio per alcuni ed oppongono un odio di Dio per tutti. Chi canterebbe questo? Salmo 73 e 92 sono contro la nozione che le buone cose che Dio dona ai reprobi provengono da un amore divino per loro. Molti non vorrebbero adorare l’Altissimo usando queste parole ispirate. Salmo 69 contiene le preghiere di Cristo sulla croce contro la grazia comune e la libera offerta. Tristemente, questa Parola di Dio nel libro ispirato di canti della chiesa offende molti che si professano Cristiani.
Tu adori Dio cantando questi Salmi? Davide lo faceva. Asaf lo faceva. La chiesa nell’Antico Testamento e nel Nuovo Testamento lo faceva. Molte chiese fedeli lo fanno tutt’ora. Tuttavia, molti sminuiscono i Salmi e specialmente quei Salmi che stiamo qui considerando. Questi Salmi ucciderebbero la cosiddetta adorazione di molte chiese professantisi Cristiane. La prima eresia nella moderna, evangelicale, non-ispirata innodia è quella di un universale amore di Dio. La maggior parte dei libri di inni ne sono pieni. John e Charles Wesley scrissero i loro inni per promuovere l’Arminiano amore universale di Dio e per attaccare la predestinazione. L’innario della Free Presbyterian Church of Ulster, una chiesa fondamentalista, è trivellato di idee Arminiane (www.cprc.co.uk/articles/freepresbyterianhymnal/) e la maggior parte degli innari usati altrove, anche in Italia, è anche peggio. Quando una chiesa si svia, i Salmi sono prima minimizzati e poi per lo più ignorati; così vengono introdotti gli inni Arminiani, progettati per presentare un dio più “carino” e accogliente e per far sentir bene le persone. Ritorniamo ai Salmi e alla loro umiliante presentazione della gloria di Dio e della Sua sovrana, particolare grazia in Gesù Cristo in contrasto alla grazia comune e alla libera offerta.
Giobbe: Storia o Allegoria? (2)
Prof. Herman Hanko
Uno dei nostri lettori chiede: “Il libro di Giobbe è una storia vera o un allegoria?” Nelle ultime News, ho difeso la storicità del libro di Giobbe e ho notato l’importante commentario e l’importantissima applicazione pratica di Giacomo 5:11 per noi nella nuova dispensazione. Ma dobbiamo avere anche una visione d’insieme del libro, se dobbiamo apprezzare questa Parola di Dio.
Giobbe soffrì come pochi santi sono chiamati a soffrire. Egli perse tutto ciò che possedeva, compresi i suoi dieci figli e, in un certo senso, sua moglie, perché lei non gli offrì mai una sola volta una parola di conforto ma non fece altro che incrementare la sua tortura. Fu colpito da pustole a tal punto che la sua atroce sofferenza lasciò senza parole per una settimana intera perfino i suoi tre amici. Tutto ciò è presentato nel libro come proveniente dalla mano di Dio. Certo, Satana lo procurò nel suo odioso disprezzo di Dio e di Giobbe, ma il diavolo non poteva fare nulla se non ciò che l’Altissimo gli consentì di fare. Lo stesso Giobbe riconobbe che tutto veniva da Dio.
I tre amici di Giobbe lo tormentavano con i loro discorsi lunghi, talvolta sarcastici e sempre crudeli perchè essi accusavano erroneamente Giobbe di essere afflitto così terribilmente perché aveva peccato gravemente—cosa che lo stesso libro mostra chiaramente essere falsa (Giobbe 1:1, 8). Il loro peccato fu così grande che Giobbe dovette fare degli speciali sacrifici per loro altrimenti sarebbero andati all’inferno per quello che avevano detto (42:7-9).
Nelle sue reazioni nell’agonia della sua sofferenza, Giobbe stesso non disse sempre ciò che è giusto. A volte egli peccò, per esempio quando maledì il giorno della sua nascita (3:1-26). Ma un punto Giobbe continuò a sottolineare lungo tutta la sua sofferenza: Egli non sapeva perchè Dio gli mandò tali grandi afflizioni, ma sapeva che venivano da Dio. Come evidenziò Lutero, dei sacrifici dovettero essere fatti per i tre amici di Giobbe, ma nessun sacrificio dovette essere fatto per le parole sbagliate di Giobbe, perchè Giobbe credeva nella sovranità di Dio in modo assoluto.
Il peccato di Giobbe fu anche che egli voleva sapere da Dio il motivo della sua sofferenza. Egli implorò Dio di farglielo conoscere. In effetti, egli insistette che se solo avesse saputo avrebbe potuto sopportare tutto. Voleva convocare Dio al banco degli imputati, per così dire, e chiedergli di dargli un resoconto delle motivazioni della sua sofferenza (23:1-9). Ma egli ci dice che non riusciva a trovare Dio, non importa dove egli cercasse.
Ancora, come Giacomo 5:11 ci ricorda, Giobbe si distinse per la sua pazienza. Dovremmo ricordare che la pazienza è l’abilità spirituale di resistere sotto “la potente mano di Dio” (1 Pietro 5:6). E farlo senza critica, lamentela o ribellione.
Con pazienza, Giobbe fece alcune confessioni notevoli. All’inizio della sua prova “Giobbe si alzò, si stracciò il suo mantello e si rase il capo; poi cadde a terra e adorò, e disse: «Nudo sono uscito dal grembo di mia madre e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato e il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore». In tutto questo Giobbe non peccò e non accusò DIO di alcuna ingiustizia” (Giobbe 1:20-22).
Perfino quando volle convocare Dio al banco dei testimoni aggiunse ancora, “Ma egli conosce la strada che io prendo; se mi provasse, ne uscirei come l’oro.” (23:10). In una sofferenza come quella che sopportò, la sua pazienza brillò attraverso una volenterosa sottomissione alla via di Dio: “Ecco, uccidami egli pure; sì spererò in lui” (13:15).
Infine, c’è l’energica e profondamente commovente confessione di speranza di Giobbe nel suo Salvatore. Dopo aver tristemente elencato tutte le sofferenze che fu chiamato a sopportare da parte di quelli che sostenevano di essere suoi familiari e amici (19:1-29) e dopo che, con intensità quasi insopportabile, ebbe implorato che gli fosse mostrata pietà (19:21-22), egli confessò la sua speranza con tale certezza che voleva le sue parole preservate per sempre nella pietra (come infatti lo furono in una maniera anche più permanente quando Dio ispirò infallibilmente questo meraviglioso libro): “Ma io so che il mio Redentore vive e che alla fine si leverà sulla terra. Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, nella mia carne vedrò Dio. Lo vedrò io stesso; i miei occhi lo contempleranno, e non un altro. Il mio cuore si strugge dentro di me” (19:25-27).
Si racconta la storia di una prova in Inghilterra per un’interpretazione del Messia di Händel. La soprano stava cantando questa aria toccante “Io so che il mio Redentore vive” quando il direttore tristemente la fermò. Con uno sguardo perplesso sul suo volto, chiese “Tu credi quello che stai cantando?” Lei rispose, “Si, lo credo.” E il direttore replicò “Allora cantala in quel modo.” Non c’era nell’intera orchestra un solo occhio asciutto, così prosegue la storia. La meravigliosa confessione di Giobbe non ha cessato di commuovere le anime del popolo di Dio e di portare loro conforto quando si sono trovate vicino alla morte.
La risposta di Dio a Giobbe è affascinante e potente—e spiega in modo approfondito cosa realmente è la pazienza nella vita del credente. Il riassunto delle parole di Dio a Giobbe è, se posso dirla schiettamente: “Giobbe, ma chi ti credi di essere? Davvero credi di poter convocare il sovrano Creatore e Sostenitore del cielo e della terra al banco dei testimoni che tu hai allestito? Io sono sotto nessuna obbligazione di spiegarti cosa faccio. Tu sei meno di un granello di polvere e Io sono l’Iddio infinito. Non ho bisogno di darti conto delle mie azioni. E’ sbagliato da parte tua, terribilmente sbagliato, domandare che io lo faccia.”
Quale fu la reazione di Giobbe? “Riconosco che puoi tutto, e che nessun tuo disegno può essere impedito. Chi è colui che offusca il tuo consiglio senza intendimento? Per questo ho detto cose che non comprendevo, cose troppo alte per me che non conoscevo. Deh, ascolta, e io parlerò; io ti interrogherò e tu mi risponderai. Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora il mio occhio ti vede. Perciò provo disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere” (42:2-6).
La grande verità del libro di Giobbe è che Dio fa quello che vuole nelle vite del Suo popolo, anche portandogli grande sofferenza. Ma Egli ha pietà di noi nella nostra sofferenza e ci fa soffrire così perchè questo è il solo modo affinchè possiamo essere salvati. Impariamo da Giobbe che “il fine [cioè, il proposito] del Signore” è quello di mostrarci la Sua grande misericordia che ci salva dalla nostra miseria (Giacomo 5:11), specialmente la miseria del nostro peccato, e portarci a Lui nell’eterna relazione pattale attraverso Cristo, il Quale difenderà la nostra causa davanti agli empi nella resurrezione generale. Tutto ciò che ho scritto su questo meraviglioso libro di Giobbe è vero perchè la narrativa di Giobbe documenta storia vera.
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