Non giudicare! (3)
In Matteo 7, il Signore Gesù lancia un pungente avvertimento contro il giudicare peccaminoso: “Non giudicate, affinché non siate giudicati. Perché sarete giudicati secondo il giudizio col quale giudicate; e con la misura con cui misurate, sarà pure misurato a voi” (1-2). Con ciò intende incitare in noi un sano timore per l’Iddio Onnipotente e intende farci evitare il peccato di giudizio malvagio. Le parole di Cristo sono intese per farci evitare questa iniquità. Coloro che giudicano peccaminosamente saranno giudicati da Dio e non semplicemente da un uomo. E saranno giudicati da Dio più strettamente. Lo saranno in accordo al giudizio con il quale essi hanno misurato gli altri (1-2). Se pensi che il tuo peccaminoso giudicare gli altri sia giusto, in futuro riceverai un assaggio della tua stessa medicina!
Cristo va avanti continuando a sottolineare il peccato di ipocrisia: condannare qualcuno per un male nel quale noi stessi siamo coinvolti, oppure condannare qualcuno per un peccato quando noi stiamo facendo anche peggio di loro! “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Ovvero, come puoi dire a tuo fratello: “Lascia che ti tolga dall’occhio la pagliuzza”, mentre c’è una trave nel tuo occhio? Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello” (3-5). La nostra chiamata è quella di ravvederci e tornare indietro dai nostri peccati (specialmente quando sono evidenti) per poi aiutare (e non attaccare) il nostro fratello con il suo peccato (che spesso non è così maligno quanto il nostro).
Come giudica Dio in questa vita coloro che giudicano peccaminosamente gli altri? Egli li fa abbondare in questo peccato, così che ne siano coinvolti sempre di più, e in più aree. Il passaggio scritturale in questione ha a che fare con il comportamento di coloro che, sebbene pretendendo di essere cittadini del regno dei cieli, giudicano peccaminosamente il comportamento di un altro fratello. Successivamente, la domanda sorge nella mente di coloro che giudicano peccaminosamente i fratelli: “Perché dovrei avere comunione con persone cattive come queste?” Poi, a meno che non si ravvedano, costoro lasciano la chiesa. A volte coloro che nei loro cuori e con le loro parole giudicano malignamente i fratelli e le sorelle, si trovano a dover essere sottoposti alla disciplina di chiesa. Inoltre, se qualcuno giudica peccaminosamente un fratello nella congregazione, anche i loro figli (raccogliendo il peccato dei loro genitori) spesso lasciano la chiesa una volta cresciuti.
Infatti, nel giorno del giudizio, sarà mostrato che i giudici peccaminosi non erano nemmeno credenti! La loro incapacità di amare i fratelli o di essere caritatevoli verso di loro indica che sono stati estranei alla misericordia di Dio nella croce di Cristo.
La Scrittura dichiara che “dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte nel corpo in base a ciò che ha fatto, sia in bene che in male” (2 Corinzi 5:10). Nel “dobbiamo” sono inclusi non solo gli increduli ma anche Paolo e Timoteo (1:1), i membri della chiesa in Corinto e tutti i credenti. Tra le cose “cattive” che abbiamo fatto ci sarà anche il nostro giudicare peccaminoso!
Perciò, amiamoci piuttosto l’un l’altro come Cristo ci ha amato (Giovanni 13:34) e non giudichiamo peccaminosamente. Confidiamo inoltre che la nostra punizione appartiene al passato, alla croce dove Cristo mori “giusto per gl’ingiusti, per condurci a Dio” (1 Pietro 3:18)! Rev. Stewart
Salomone Ha Approvato l’Omicidio?
Il testo legato a questa domanda si trova in 1 Re 3:16-28. Il passo è ben noto. Due prostitute, che a quanto pare vivevano insieme, avevano un figlio ognuno con il quale dormivano la notte. Accidentalmente, una di esse si corica sul suo bambino, uccidendolo. Svegliandosi e accorgendosi dell’accaduto, costei sostituisce il suo bambino con quello dell’altra prostituta con la quale viveva.
Al mattino, la seconda prostitute vede il bambino giacere morto affianco a se e nota che non è il suo, e si accorge anche che il bimbo vivo dell’altra donna era effettivamente il suo. Ma la questione non poteva essere risolta riguardo a chi fosse realmente la madre, perché entrambe affermavano di esserlo.
Così portarono la vicenda davanti a Re Salomone per decidere. Salomone ebbe il problema di determinare quale donna fossa la vera madre del bimbo.
Ora, la domanda è: “Salomone era disposto a togliere la vita al bambino [e perciò trasgredire il sesto comandamento]? Oppure stava violando il nono comandamento, ‘Non farai falsa testimonianza contro il tuo prossimo’”?
Sembra che colui che ponga la domanda assuma che Salomone sia colpevole di almeno uno di questi due peccati, perché egli commando che gli si fosse data una spade e si preparò a tagliare il bambino in due e spartirlo alle donne. Il bimbo sarebbe morto se avesse fatto ciò, ma egli avrebbe mentito se non avesse avuto intenzione di uccidere il bambino. In entrambi i casi, secondo questo ragionamento, egli stava peccando.
I lettori ricorderanno che le reazioni delle due prostitute alla proposta di Salomone furono opposte: una concordò con Salomone di tagliare il bambino a metà; l’altra pregò Salomone di non farlo, ma di darlo all’altra donna. Avrebbe preferito che qualcun altro avesse il bambino piuttosto che vederlo morire. E dalla sua risposta, Salomone capì che costei era la vera madre e che l’altra donna stava mentendo.
Personalmente dubito fortemente che Salomone fosse colpevole di peccato. Al contrario, l’evento è riportato nella Scrittura così che i popoli potessero avere un esempio della saggezza di Salomone donatagli da Dio. La narrazione si conclude con queste parole: “Tutto Israele seppe della sentenza pronunciata dal re e temette il re perché vedevano che la sapienza di DIO era in lui per amministrare la giustizia” (3:28).
Quello di Salomone è uno bellissimo e sorprendente esempio di saggezza. Egli non aveva alcun modo di scoprire chi fosse la vera madre. A quel tempo non c’era alcun test del DNA. Come poteva capire chi stesse mentendo e chi invece fosse sincera? Siccome entrambe le donne non avevano alcuna reputazione, un appellarsi a testimoni non avrebbe aiutato a determinare la verità, e questo perché non è che una di esse fosse una donna malvagia, nota per le sue fornicazioni e vita sregolata, mentre l’altra era una madre pia ed esemplare d’Israele. Erano entrambe prostitute. Come poteva Salomone andare alla radice della questione?
Salomone propose l’unica soluzione in grado di rivelare le vere intenzioni delle due donne. Una donna che ruba il figlio di un’altra è sintomo di una donna bramosa e dominata dall’invidia. E chi è bramoso e dominato dall’invidia è anche una persona che è incline a dire, “Se io non posso averlo, allora voglio che anche gli altri non possano averlo.”
Dall’altro lato, una madre, avendo avuto nel suo stesso grembo un bambino, ha un legame con suo figlio che è unico. Al parto, essa ha dato vita al suo bambino ed è quasi morta nel farlo. Vede la sua vita in quella di suo figlio. Se il bimbo muore, parte di lei muore con lui, perché egli viene da lei. La saggezza di Salomone lo ha condotto alla unica sola soluzione: appellarsi alla natura peccatrice dell’una e agli istinti naturali dell’altra.
Era apparentemente vero che nessuna delle donne era una donna pia: erano entrambe prostitute e vivevano vite di prostituzione. La domanda non è chi delle due fosse una vera credente e chi no. La domanda era semplice: ch sta mentendo e chi dice il vero? La saggezza di Salomone fu straordinaria.
Nel capitolo successivo, la saggezza di Salomone è descritta come essere più grande della saggezza di ogni uomo sulla faccia della terra (4:29-34). 1 Re 4:33 dice, “Parlò degli alberi, dal cedro del Libano all’issopo che spunta dal muro; parlò pure degli animali, degli uccelli, dei rettili e dei pesci.”
In altre parole, la saggezza di Salomone si estendeva all’intera creazione. Egli aveva intuizioni uniche sulle creature create da Dio. La sua saggezza si estendeva oltre lo spirituale verso la creazione naturale, ma sempre alla luce della verità di Dio.
Si estendeva anche all’uomo – come è chiaro dai Proverbi. Egli conosceva il cuore dell’uomo e perché l’uomo faceva quel che faceva.
Avevo un professore al seminario che sembrava essere molto ingenuo riguardo le cose intorno a lui. Tuttavia, c’erano momenti nel coso dove istruiva nei quali iniziava a divagare dall’argomento. Il perché lo facesse, non ricordo. Sr fosse a causa di una domanda di uno studente o semplicemente perché era impegnato con qualche questione e parlava di ciò che aveva in mente, non so dirlo. Ma in questi intermezzi occasionali, egli parlava della natura umana e del perché le persone sono quello che sono. Io ne ero affascinato. Mi insegnò cose sulla natura umana che ho poi usato nel mio ministero pastorale e che continuano ad affascinarmi ancora oggi. Egli conosceva l’uomo, l’uomo creato, caduto e quello ricreato. Egli faceva osservazioni profonde che non avevo mai sentito prima e che non ho mai più ascoltato fino ad oggi.
La saggezza di Salomone era proprio così in questo aspetto: essa includeva una comprensione dell’intero mondo di Dio. Ma Salomone conosceva anche cos’era una natura depravata e una persona redenta. Questa era la saggezza che risolse il problema di chi fosse la vera madre del bambino presentatogli.
Ammiriamo e seguiamo, quindi, ostro Signore Gesù Cristo, “sapienza di Dio” (1 Corinzi 1:24), Colui che è “più grande di Salomone” (Matteo 12:42), “in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza” (Colossesi 2:3)! Prof. Hanko
La Salvezza del Giovane Ricco Capo
Matteo, Marco e Luca riportano tutti la toccante scena nella quale un benestante capo religioso, probabilmente tra i venti e i trenta anni, chiamato di solito il giovane ricco, viene da Cristo inginocchiandosi e chiedendogli come ottenere la vita eterna.
La buona notizia è che il Signore “amò” il giovane ricco (Marco 10:21)! Costui è in buona compagnia, insieme con Giovanni, il discepolo amato; Lazzaro, Maria e Marta (Giovanni 11:5); il lebbroso credente (Marco 1:41); e tutti i figli di Dio di tutte le epoche e terre. “Le grandi acque non potrebbero spegnere l’amore” (Cantico dei Cantici 8:7), e quanto di più questo verso vale per il profondo, immutabile, onnipotente amore di Dio in Gesù Cristo dal quale né cose presenti né future, niente in vita o in morte, niente nell’universo, nemmeno Satana o il peccato, “potrà separarci” (Romani 8:38-39)! Tutti colore che Gesù ama, Egli li ama “fino alla fine” (Giovanni 13:1), perché Egli “è lo stesso ieri, oggi e in eterno” (Ebrei 13:8)!
Cristo amò il giovane ricco, nonostante costui si considerasse giusto in sé e amasse il denaro (Marco 10:20, 22). Gesù lo ha amato prima della fondazione del mondo, quando Egli morì alla croce per i suoi peccati (Giovanni 10:15; 15:13), quando Egli rinnovò la sua mente e il suo cuore all’eternità. Nella sua stupenda grazia, il Figlio di Dio amò il giovane ricco capo (e tutto il Suo popolo) “di un amore eterno; per questo” lo attirò a Lui “con benevolenza” (Geremia 31:3). Per amore di questo giovane, Cristo gli parlò del suo amore peccaminoso per il denaro, chiamandolo a ravvedimento. E il giovanotto andò via, come Gesù gli aveva comandato, contando quanto gli costava (Marco 10:21-22). Il suo dolore e la sua tristezza infatti non erano mondane ma consistevano in una “tristezza secondo Dio infatti,” quella che “produce ravvedimento a salvezza” (1 Corinzi 7:10).
Come spiegò Gesù, è “difficile,” addirittura “impossibile” per l’uomo, e per un giovane ricco entrare nel regno di Dio, perché siamo così inclinati a confidare “nelle ricchezze,” ma “ogni cosa è possibile a Dio” (Marco 10:23-27)! Il nostro Dio, l’Iddio dell’impossibile, diede un figlio a Sara, una donna sterile di novanta anni, e a suo marito centenario, Abrahamo (Genesi (18:14); riportò indietro Israele dalla cattività Babilonese (Geremia 32:17) e fece concepire alla vergine Maria e portare l’incarnato Figlio di Dio (Luca 1:37)! Egli può e fece l’impossibile nel convertire il giovane ricco, così come ha fatto per molti come lui, sia prima che fino ad ora!
Quello sguardo d’amore che il Salvatore gettò sul giovane ricco circa duemila anni fa (Marco 10:21; Salmo 4:6), quest’ultimo continua ad ammirarlo in paradiso nel viso del Cristo glorioso che lo amò e diede Sé stesso per lui (Galati 2:20). Quale stupenda grazia e che stupenda salvezza per tutti coloro che lasciano i propri peccati e confidano in Cristo solo e non nelle proprie opere o ricchezze! Rev. Stewart
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