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CR News – Ottobre 2012  •  Volume XIV, n. 6

La spiritualità di Dio (3)

La verità della spiritualità di Dio (Giovanni 4:24) ci pone una santa chiamata. Primo, la spiritualità di Dio è il colpo mortale ad ogni idolatria. Mentre l’unità di Dio evidenzia il primo comandamento: “Non avrai altri dèi davanti a me.” (Esodo 20:3), la spiritualità di Dio è la base per il secondo comandamento: “Non ti farai scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non le servirai, perché io, l’Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso che punisce l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, e uso benignità a migliaia, a quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.” (4-6)

Ogni idolatria pagana è proibita. L’uomo deve adorare il Creatore e non alcuna creatura (Romani 1:23-25). Anche idoli “cristiani” sono proibiti, come le statue Cattolico Romane, o le immagini di qualcuna delle Persone della Santa Trinità o anche le icone orientali Ortodosse di Cristo. Non è bene dire, “Noi non adoriamo la rappresentazione fisica. Noi adoriamo unicamente Dio attraverso di esse.” I pagani dicono esattamente la stessa cosa!

Secondo, la spiritualità di Dio significa che tutta l’adorazione deve essere spirituale e interiore. Questo è lo stesso insegnamento di Cristo in Giovanni 4:24: “Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità.” Il secondo uso della parola “spirito” si riferisce allo spirito dell’uomo. È richiesta una adorazione che non sia ipocrita ma sincera, vera e genuina. Essa deve essere un’adorazione spirituale che sorga dal nostro spirito o cuore così che noi intendiamo ciò che diciamo. Per questo, i nostri spiriti umani necessitano dello Spirito Santo, perché noi siamo totalmente peccatori in noi stessi e Lui solo può operare le grazie e le virtù necessarie in noi.

Per esprimerlo in maniera leggermente diversa, una fede viva è necessaria, perché essa è il potere interiore che ci rende veramente capaci di adorare l’unico e vero Dio. La fede ha a che fare con realtà invisibili e spirituali rivelate nella Parola, e “senza fede è impossibile piacergli, perché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6). Così la nuova nascita è essenziale per la vera adorazione perché la rigenerazione genera fede, senza la quale non possiamo lodare e servire l’Altissimo.

Commentando Giovanni 4:24, J. C. Ryle scrive, “L’importanza del grande principio che soggiace a questo verso e a quello precedente non potrà mai essere sopravvalutato. Ogni insegnamento religioso che tenda a deprezzare l’adorazione dal cuore, e a trasformare il Cristianesimo in un servizio meramente formale, o che tenda a riportare ombre, cerimonie e riti Giudaici, e ad introdurli nella adorazione Cristiana, di fronte a questi versi eccezionali  è quanto di più non scritturale e degno di riprovazione.”

Terzo, la spiritualità di Dio significa che tutta l’adorazione deve essere regolata in accordo alla Parola di Dio. Come nostro Signore dice, la nostra adorazione deve essere non solo “in spirito”, ma anche “in verità.” “Cosa vuole Dio nel secondo comandamento? Che in nessun modo noi raffiguriamo Dio con immagini, né dobbiamo adorarlo in alcun altro modo che Egli non abbia comandato nella Sua Parola.”

Siccome Dio è spirito e noi siamo peccatori, noi siamo la cecità stessa per quanto riguarda come dobbiamo adorare Dio. Come disse nostro Signore, “ciò che è grandemente stimato tra gli uomini è cosa abominevole davanti a Dio” (Luca 16:15). Così il Dio che e’ puro spirito scrive la Scrittura tramite il Suo Santo Spirito per rivelare quale adorazione egli approva.

Questo è chiamato il principio regolatore dell’adorazione. Il principio regolatore insegna che l’adorazione della chiesa deve includere la preghiera Cristiana, i due sacramenti (battesimo e Cena del Signore), offerte, il canto dei Salmi ispirati (Salmo 95:2; Colossesi 3:16) e specialmente la predicazione. Nella fedele proclamazione del vangelo, Gesù Cristo “è stato prima ritratto davanti agli occhi come se fosse stato crocifisso fra voi” (Galati 3:1, Diodati). Il Cristo incarnato, crocifisso e risorto ci rivela e ci conduce a conoscere ed adorare l’Iddio spirituale (Giovanni 1:18; 14:6), perché Egli è la manifesta immagine dell’Iddio invisibile (Colossesi 1:15; Ebrei 1:3).

La Confessione di Fede di Westminster da una trattazione più ampia degli elementi biblici dell’adorazione in accordo al principio regolatore: ” La lettura delle Scritture con pio timore, la retta predicazione e l’ascolto coscienzioso della Parola, in obbedienza a Dio, con comprensione, fede e riverenza, cantando i salmi con la grazia nel cuore; come pure, la dovuta amministrazione e il degno ricevimento dei sacramenti istituiti da Cristo, sono tutte parti del normale culto religioso a Dio: e inoltre i giuramenti religiosi, i voti, i solenni digiuni, e i ringraziamenti in occasioni speciali, i quali, nei loro diversi momenti e stagioni, devono essere usati in una maniera santa e religiosa” (21:5).

Ora ritorniamo alla donna Samaritana in Giovanni 4. Qui il Salvatore le insegnò che una adorazione accettabile non è una questione di luoghi “sacri” (quali monte Gherizim o Gerusalemme) o un posto con una connessione fisica con i padri della chiesa (come il pozzo di Giacobbe). Specialmente nell’era del nuovo Testamento, queste cose sono, nel migliore dei casi, irrilevanti: “Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede” (23).

Il Signore Gesù istruì la donna Samaritana che la vera e accettabile adorazione deve essere “in spirito” (proveniente dal cuore) e “in verità” (in accordo alla Parola di Dio) e perciò deve essere offerta da qualcuno che cammini in obbedienza. Così, uno non può vivere in adulterio (come la donna Samaritana) e portare a Geova il sacrificio di lode. Coloro che entrano alla corte di Dio con adorazione devono avere mani innocenti e cuori puri (Salmo 24:4).

Cristo dichiara a noi e alla donna Samaritana che l’Iddio Trino cerca tali persone per essere adorato (Giovanni 4:23). Questo non deve essere inteso in senso Arminiano, come se Dio desiderasse e cercasse di fare del Suo meglio per convertire tutti (così fallisce miserabilmente riguardo la maggior parte delle persone). Piuttosto, in quando Dio assolutamente sovrano, Egli cerca efficacemente, e cioè, desidera avere e perciò crea tali adoratori, così come Cristo fece con la donna Samaritana in quel giorno memorabile a Sichar presso al pozzo di Giacobbe. Rev. Stewart


Il Canto nell’Antico Testamento

Un lettore del Portogallo chiede, “Anche le persone dell’Antico Testamento cantavano i Salmi, oppure questo era solo per i Leviti?”

Leggiamo nella Bibbia degli angeli che cantano alla creazione (Giobbe 38:7), ma il fratello chiede specificamente riguardo a esseri umani. Il canto è sempre stato una parte dell’adorazione che gli uomini danno a Dio. In particolare esso era una parte dell’adorazione divina del tempio. Ma sembra dai dati della Scrittura che il canto non fosse confinato all’adorazione corporativa di Geova; né era limitata ai Salmi, perché c’era qualche occasione nella quale lodi ispirate erano cantate per celebrare recenti opere portentose di Dio.

Mosè e i figli d’Israele cantarono un cantico dopo la loro liberazione dagli Egiziani presso il Mar Rosso (Esodo 15:1-19). La congregazione stessa cantava e il cantico fu dato nel momento in cui cantarono. In seguito, Miriam la profetessa condisse le donne nel ballo e nel canto dello stesso cantico (20-21).

Barak e Debora, che non erano Leviti, cantarono un cantico in occasione della distruzione dei Cananei in Giudici 5. È dubbio se Barak e Debora cantarono in duetto; probabilmente composero il cantico e condussero l’Israele vittorioso nel cantarlo.

In 1 Samuele 18:6-7. leggiamo che le donne cantarono un canto di trionfo per celebrare l’uccisione dei Filistei da parte di Saul e Davide. È rimarchevole che donne siano poste nei tre esempi di canto appena citati: Miriam e le donne al Mar Rosso, Debora e le donne “da tutte le città d’Israele” (6) – non solo le città Levitiche.

Al tempo dell’erezione del tempio, la musica divenne molto più prominente e assunse una forma più definita. Davide, che organizzava l’opera nel tempio, inoltre designò musicisti professionisti per l’adorazione di Dio. Lui e i musicisti scrissero i Salmi per essere usati nell’adorazione nel tempio.

Cito qualche breve estratto dalla Zondervan Pictorial Encyclopedia of the Bible, ed. Merrill C. Tenney, vol. 4 (Grand Rapids, MI: Zondervan, 1975), pp. 314-315:

“Nei resoconti nei libri delle Cronache, i quali danno le statistiche dei ministri del Tempio, 4.000 dei 36.000 Leviti scelti da Davide per il servizio del tempio erano musicisti (1 Cronache 15:16; 23:5). Questi erano “cantori con strumenti musicali, arpe, cetre e cembali per alzare suoni di gioia.’”

“… Il coro consisteva in un minimo di venti cantori maschi adulti, mentre non vi erano limiti per il loro numero massimo. I cantori servivano di età compresa tra i trenta e i quaranta anni con un precedente periodo di addestramento di quattro anni.

“… Sebbene buona parte della performance musicale doveva essere stata lasciata ai cantori preparati e ai musicisti, la congregazione era anche essa musicalmente coinvolta.”

Sebbene i Salmi furono scritti specialmente per i Leviti nell’adorazione di Dio nel tempio, essi erano anche da essere cantati dagli individui di tutte le tribù, come gli uomini che salirono a Gerusalemme per celebrare le feste del pellegrino (Salmo 120-132). Molti dei Salmi sono scritti in prima persona singolare e sono, perciò, la confessione personale di un figlio o di una figlia di Dio che espande il suo spirito dinnanzi a Dio.

Inoltre, non è difficile immaginare che Davide, che era della tribù di Giuda, scrisse il Salmo 23 quale giovane uomo mentre era fuori tra i pascoli con la sua lira prendendosi cura delle pecore di suo padre. Né è difficile immaginare Davide scrivere le parole di alcuni dei suoi Salmi come se stesse cercando di trovare un luogo sicuro per nascondersi quando Saul stava attentando alla sua vita.

Quindi sembra ragionevole assumere che i Salmi, quando furono scritti, erano i cantici che Israele cantava, sia nell’adorazione del tempio sia nelle devozioni familiari o private con Dio.

Quando nostro Signore mangiò la sua ultima Pasqua con i Suoi discepoli e quando sostituì questa festa dell’Antico Testamento con la Cena del Signore, leggiamo che essi cantarono un inno (Matteo 26:30). L’inno che cantarono non è quello che noi oggi intendiamo con “inno”, ma era il canto dei Salmi 113-118. L’Ultima Cena fu di certo compiuta nei giorni dell’Antico Testamento, perché il Nuovo Testamento non giunse fino a che Cristo non ebbe finito la Sua opera dando la pienezza dello Spirito alla Sua Chiesa a Pentecoste. Tuttavia, questo cantare di Cristo e dei Suoi discepoli, molti dei quali probabilmente non erano Leviti, era dal Salterio dell’Antico Testamento, ed era effettuato al di fuori dei riti del tempio.

Molti credono che le diverse espressioni ispirate in Luca 1-2 siano da cantare: il Magnificat di Maria della tribù di Giuda (1:46-55), quando imparò che avrebbe portato il Messia, ed è simile alla preghiera di Anna quando le fu donato un figlio (1 Samuele 2:1-10); la profezia del sacerdote Levita Zaccaria quando fu liberato dal suo mutismo (Luca 1:67-80); la lode degli angeli sul pendio di Betlemme alla nascita di Cristo (2:13-14).

Nel Nuovo Testamento, lo Spirito è dato a tutti i santi, e il canto è una parte importante di una vita spirituale che lo Spirito opera in noi. Tutti devono cantare: uomini e donne, bambini e adolescenti, così come gli adulti.

Paolo, un Beniaminita (Romani 11:1; Filippesi 3:5) e Sila cantarono “lodi” a Dio nella prigione di Filippi (Atti 16:25) – Salmi che i due impararono nei loro primi giorni. Senza dubbio il canto era una parte dell’adorazione pubblica, perché Paolo dice ai santi in Efeso e in Colosse di cantare per la potenza dello Spirito e con la grazie nel loro cuore – e di farlo l’un l’altro (Efesini 5:19; Colossesi 3:16).

Tutto il canto non è limitato all’adorazione corporativa, perché Giacomo da consigli personali e ispirati, ai santi quando ci insegna a cantare i Salmi quando siamo felici (Giacomo 5:13).

Il canto è un meraviglioso dono di Dio. Noi possiamo esprimere tutto quello che giace nei nostri cuori nel canto in una maniera che è impossibile da esprimere altrimenti. Il canto ha sempre intorno a sé e esprime sempre emozioni santificate che danno genuinità alle nostre espressione dei vari aspetti della nostra salvezza. Noi gridiamo a Dio per aiuto nella difficoltà;  noi imploriamo perdono quando pecchiamo; ci meravigliamo con timore per le meraviglie della creazione di Dio e per il miracolo della nostra stessa salvezza; noi alziamo le nostre voci in lode e ringraziamento a Colui che risiede in alto. Il canto può fare questo in una maniera che la prosa non può fare. Esso è un grande dono. Cantiamo con intendimento alla gloria di Dio (Salmo 47:7)! Prof. Hanko


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