Odiare la Propria Vita (2)
Lasciate che vi dia tre esempi biblici di uomini che odiarono la propria vita in accordo alla Parola di Dio in Luca 14:26. Primo, Zaccheo (Luca 19:1-9). Egli diede metà dei suoi beni ai poveri e promise un rimborso fino a “quattro volte tanto” a tutti coloro che aveva derubato durante il suo lavoro di esattore delle tasse (Luca 19:8). Zaccheo è un ottimo esempio di uno che ha odiato la sua vita per quanto riguarda il denaro perché, come Cristo insegna, “non potete servire a Dio e a mammona” (Matteo 6:24).
Secondo, si consideri il cieco di Giovanni 9. Gesù lo guarì e lo salvò. A seguito del suo rifiuto di rinnegare Gesù, venne scomunicato dalla sinagoga (Giovanni 9:34-35). Anche costui fu un uomo che odiò la sua vita in senso biblico.
Un terzo esempio è quello di Giasone di Tessalonica in Atti 17. Egli ospitò Paolo e Sila in casa sua (7), cosa per la quale venne accerchiato e accusato davanti ai capi della città (6-8), e costretto a pagare una multa per mantenere la pace (9).
Cosa penserebbero le persone se dovessimo seguire Cristo e la Sua Parola nelle nostre vite? Nelle nostre famiglie? Nelle nostre chiese? Come reagirebbero se dovessi obbedire la Signore più fedelmente? Molti non lo gradirebbero. Essi ci accuserebbero di essere estremisti e bigotti. Tuttavia, la paura dell’uomo, inclusa la paura di perdere popolarità, è un laccio (Proverbi 29:25).
Cosa accadrà quando, con l’avvicinarsi della fine verremo “odiati da tutte le genti a causa del mio nome [di Gesù]?” (Matteo 24:9)? Come ci comporteremmo se dovessimo essere incarcerati per amore di Cristo? L’apostolo Giovanni scrive: “essi l’hanno vinto [il diavolo] per mezzo del sangue dell’Agnello e per mezzo della parola della loro testimonianza; e non hanno amato la loro vita, tanto da esporla alla morte” (Apocalisse 12:11). Alcuni dei santi di Dio vengono martirizzati fisicamente. Tuttavia, in linea di principio, il martirio è per tutti i cristiani.
Vediamo cose simili sul posto di lavoro o a scuola. Possiamo prendere un cattivo voto all’università a causa delle nostre vedute cristiane. Siamo esclusi da diversi lavori perché la società e i datori di lavoro calpestano il quarto comandamento. Oppure, il nostro essere cristiani può non farci ottenere una promozione.
Odiare la propria vita non è solo un suggerimento o una raccomandazione, ma si tratta di una necessità. “Se uno viene a me e non odia … perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14:26). Colui che non odia se stesso può essere il discepolo di un falso Cristo o di una chiesa apostata, ma Cristo stesso dice che non può essere Suo discepolo.
Odiare la propria vita è richiesto non solo agli anziani o ai cristiani più maturi, oppure ai membri più zelanti della chiesa. È una chiamata necessaria diretta a tutti i credenti. È importante anche che i non convertiti capiscano questa verità in quanto è bene per loro calcolare il costo del discepolato (Luca 14:28).
Il commando di Cristo riguardante la necessità di odiare la propria vita deve essere onorato non solo nelle nostre chiese, ma in tutte le chiese cristiane. Ogni chiesa che non insegna e che non mantiene la verità secondo la quale i suoi membri devono odiare le loro vite, si è già incamminata verso l’essere una chiesa falsa, se non lo sta addirittura già diventando.
Queste non sono parole mie. Si tratta della Parola di Gesù Cristo stesso: “Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli, fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo” (Luca 14:26). Inoltre, Gesù non dichiarò questo comando sottovoce a un numero ristretto di credenti selezionati, anzi, Egli lo proclamò alle “grandi folle”, alle quali Gesù si “rivolse” e alle quali proferì queste parole, faccia a faccia (25).
Questo requisito del discepolato non è un qualcosa di arbitrario e senza senso. C’è anzi una potente coerenza nel perché una persona debba odiare la propria vita per essere un discepolo di Cristo. Propongo qui tre punti. Primo, la nostra salvezza è una salvezza dal peccato, da quello originale e da quello attuale, e odiare i propri peccati fa certamente parte dell’odiare la propria vita. Secondo, salvezza significa essere sotto la signoria di Cristo, colui che affermò di non avere altri discepoli all’infuori di coloro che odiano le proprie vite. Terzo, la cittadinanza nel regno di Dio include una radicale negazione di sé stessi. Infatti, Gesù comandò: “Ma cercate prima il regno di Dio” (Matteo 6:33).
Inoltre, dobbiamo ricordarci che Cristo odiò la Sua stessa vita in quanto si assoggettò ad una nascita miserabile e accettò di essere disprezzato e rigettato, sputato e malmenato, per poi essere condannato e crocifisso, sia dal Suo popolo (i giudei) che dal mondo dei pagani rappresentato dai romani. Il Signore lo fece perché ci ha amato “fino alla fine” (Giovanni 13:1). Egli morì al nostro posto, portando la punizione che spettava a noi per i nostri peccati, “il giusto per gl’ingiusti, per condurci a Dio” (1 Pietro 3:18). In tal senso, il discepolo è un apprendista (Luca 14:26), un apprendista presso Cristo, uno che imita “l’uomo dei dolori” (Isaia 53:3)!
Cari lettori, voi potete comprendere tutto ciò dalla vostra esperienza personale, sia per quanto riguarda il diventare cristiani che il rimanerlo. Quante numerose opportunità avete avuto di ritornare nel mondo, o alla vecchia religione pagana, o nella chiesa apostata, tutte soluzioni che avrebbero reso la vita più semplice? Eppure, per grazia di Dio, avete detto “no!”, no alla famiglia e agli amici e ai nemici, no a voi stessi e alla vostra stessa vita.
Luca 14:26 descrive una delle caratteristiche principali di un vero cristiano: qualcuno che odia la sua stessa vita. Un credente è qualcuno che odia la sua vita in quanto egli ama Gesù Cristo, colui che lo ha salvato dalla distruzione e che gli ha donato la conoscenza di Dio.
Questa è una buona notizia per te, o credente tribolato! Nonostante i tuoi peccati e la tua debolezza, nonostante le tue difficoltà, tu sei un discepolo di Cristo. In Luca 14:26, Gesù Cristo stesso ci dice: siate incoraggiati e perseverate! Rev. Stewart
Calcellati dal Libro Della Vita
Un fratello chiede: “Siccome noi calvinisti crediamo che Dio ha predestinato alcuni alla vita eterna e altri alla dannazione, a gloria della sua ricca misericordia e della sua giusta potenza (Romani 9:22-23), cosa intende dire Dio quando parla di alcuni che sono stati cancellati dal Suo libro, o dal libro della vita?
A seguire, I tre passi biblici ai quali il lettore si riferisce: “Mosè dunque ritornò dall’Eterno e disse: «Ahimè, questo popolo ha commesso un grande peccato e si è fatto un dio d’oro. Ciò nonostante ora, ti prego, perdona il loro peccato; se no deh, cancellami dal tuo libro che hai scritto!». Ma l’Eterno rispose a Mosè: «Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro!”(Esodo 32:31-33).
“Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio, e davanti ai suoi angeli” (Apocalisse 3:5).
“E se alcuno toglie dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dal libro della vita dalla santa città e dalle cose descritte in questo libro” (Apocalisse 22:19).
Gli arminiani amano servirsi di questi ed altri passaggi simili al fine di dimostrare la loro terribile dottrina della perdita della salvezza dei veri credenti. Mi ricordo di quando parlai con una signorina che era stata cresciuta nell’arminianesimo. Mi disse che aveva accettato Cristo almeno sei volte e di essere stata battezzata tre volte, e questo perché si era sviata ogni volta che aveva accettato Cristo, sebbene fosse stata sincera nel suo ravvedimento.
Tali sciocchezze sono confutate dalla Scrittura in Giovanni10:27-30, il passo che convinse la signorina suddetta che non ci può essere alcuna perdita della salvezza da parte dei veri credenti. “Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti; e nessuno le può rapire dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo uno»”. Un altro passo del genere si trova in Filippesi 1:6: “essendo convinto di questo, che colui che ha cominciato un’opera buona in voi, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù”. La negazione arminiana della perseveranza dei santi ruba il figlio di Dio del suo conforto.
L’espressione “libro della vita” si riferisce al libro che Dio ha scritto e che contiene i nomi di tutti gli eletti. È stato scritto prima della fondazione del mondo (Apocalisse 13:8; 17:8). Il nostro amico che ha posto la domanda ha ragione nel dire che questa espressione si riferisce alla dottrina dell’elezione eterna. Tuttavia, dobbiamo ricordarci che si tratta di un’espressione figurativa. Non dobbiamo intenderla secondo criteri terreni, come se Dio avesse davvero sulla sua mensola un libro che riporta i nomi di tutti coloro che salva, un libro che consulta ogni tanto per ricordarsi di chi debba essere salvato. L’espressione rappresenta una maniera molto figurativa per riferirsi alla verità dell’elezione sovrana, la dottrina secondo la quale Dio ha determinato dall’eternità in Cristo chi fa parte del Suo popolo e chi invece no.
I riferimenti biblici a Dio che cancella qualcuno dal Suo libro della vita sono espressioni usate dal punto di vista della chiesa nel mondo. Generalmente parlando, la chiesa, quella che ha i marchi della vera chiesa (Confessione Belga 29), è composta dagli eletti. Tuttavia, nella chiesa ci sono coloro che, sebbene sostengono di essere eletti e di avere i loro nomi scritti nel libro della vita, sono invece assenti da tale libro.
Così Mosè, in quanto figura veterotestamentaria di Cristo mediatore del popolo di Dio, dice a Geova di volere così fortemente che il Suo popolo vada in cielo tanto da essere disposto ad andare all’inferno pur di raggiungere questo scopo. Ciò è, ovviamente, impossibile, ma questo evento ci mostra la grandezza della cura di Mosè per il popolo di Dio. Si tratta di una grande confessione da parte sua e che pochi ministri, se non nessuno, ardirebbero pronunciare. Mosè non andò all’inferno per il popolo: Cristo lo fece!
Quando Dio evidenzia gravi peccati che sono stati commessi o che potrebbero essere commessi da qualcuno nella chiesa, Egli accompagna la descrizione di questi peccati con il seguente avvertimento: “Coloro che fanno queste cose verranno cancellati dal mio libro”. Ciò significa che i loro nomi non sono mai stati nel libro, perché costoro non sono eletti; il fatto è che costoro proclamano di essere eletti e ritengono di essere sulla via del paradiso. Essi sostengono di avere i loro nomi scritti nel libro della vita. Tuttavia, costoro impareranno che i peccati che commettono li depriveranno del paradiso e che non sono mai stati figli di Dio. Questa terrificante minaccia è proclamata a quegli empi che sono sulla via della giusta punizione nell’inferno e ai quali, pertanto, gli viene comandato di ravvedersi.
È questo il significato del testo. La dottrina dell’elezione è un grande conforto per il figlio di Dio. Nonostante ciò, sapere che i nostri nomi sono scritti nel libo della vita non ci rende negligenti e profani. Anzi, ci fa cadere sulle ginocchia in umile gratitudine verso la ricca misericordia del nostro Padre celeste verso di noi, in Cristo. Prof. Hanko
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Canoni di Dordt V, Sulla perseveranza dei santi.
6. Dio infatti, che è ricco in misericordia, per l’immutabile proposito dell’elezione, non toglie mai interamente dai suoi lo Spirito Santo, neanche nelle tristi cadute, e non lascia che scivolino al punto di cader fuori dalla grazia dell’adozione, dallo stato di giustificazione, o che commettano il peccato a morte, o contro lo Spirito Santo, e che, essendo totalmente abbandonati da Lui, si precipitino nell’eterna rovina.
7. In primo luogo, infatti, in queste cadute [Dio] conserva in essi questo suo seme immortale, dal quale sono rigenerati, affinchè non perisca o sia rimosso. Inoltre, attraverso la Sua Parola e Spirito, certamente ed efficacemente li rinnova a ravvedimento, affinchè si dolgano sentitamente secondo Dio dei peccati commessi, ricerchino ed ottengano, mediante la fede, con cuore contrito, la remissione nel sangue del Mediatore, percepiscano nuovamente, riconciliati, la grazia di Dio, adorino mediante la fede le Sue commiserazioni, e di lì in seguito compiano più diligentemente la loro salvezza con timore e tremore.
8. Non è quindi né per i loro meriti, o forze, ma per la gratuita misericordia di Dio che ottengono di non cadere totalmente dalla fede e dalla grazia, e di non rimanere o perire definitivamente nelle cadute. Ciò, per quanto concerne loro stessi, non soltanto potrebbe accadere facilmente, ma accadrebbe anche indubbiamente; per quanto concerne Dio, invece, non può assolutamente accadere, e neppure può il Suo consiglio mutare, la Sua promessa venir meno, la vocazione secondo il Suo proposito esser revocata, il merito, l’intercessione, e la custodia di Cristo esser resa vana, né il sigillo dello Spirito Santo esser vanificato o obliterato.
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