Robert C. Harbach
Ricapitolazione: La Legge Prima del Sinai
Abbiamo messo in evidenza che la legge di Dio dal principio della storia è lo standard col quale gli uomini devono vivere, e questo fin da prima che la legge di Mosè fosse rivelata. Molto presto nella storia, Giobbe già conosceva la legge. Ma C. I. Scofield nega che “la legge allora era conosciuta.” Egli dice: “Sarebbe stato impossibile, in una discussione concernente l’intero spettro riguardante il peccato, il governo provvidenziale di Dio, e la relazione dell’uomo a Lui, evitare ogni riferimento alla legge se essa fosse stata conosciuta” (Scofield Reference Bible , p. 569). Ma senza dubbio a quel tempo la legge era conosciuta, in quanto qualsiasi “discussione concernente l’intero spettro riguardante il peccato” non poteva esservi senza far riferimento alla legge. Scofield, quindi, erra, nel sostenere che questo libro “evita ogni riferimento alla legge” perché “fu scritto certamente prima che la legge fosse data” (ibid.).
Abbiamo visto quanto difettato è questo modo di pensare in vista del fatto che Israele aveva la legge prima che di essere formalmente posta su tavole al Sinai (Esodo 13:9; 16:4, 28-29). Inoltre, il libro di Giobbe fa frequente riferimento alla legge di Dio! Ciò è evidente nella confessione di Giobbe riguardante le sue trasgressioni (31:33), che egli non nascose come Adamo. Essendo vero che “dove non vi è legge non vi è trasgressione,” (Romani 4:5), la legge allora deve essere stata conosciuta da Giobbe. L’iniquità, inoltre, è un male che Giobbe confessò, ma, d’altra parte, negò anche alcune forme di iniquità di cui non era colpevole (Giobbe 31:3, 11, 28). Il nuovo Testamento spiega l’iniquità come l’assenza di legge, come mostrerà una comparazione di Salmo 32:2 con Romani 4:7 (nel greco). Ma in che modo Giobbe poteva parlare di crimini di iniquità che meritavano la punizione, non solo da parte di giudici terreni, ma del Giudice, se la legge di Dio non ebbe fatto la sua comparsa fino a Mosè? Ma dal momento che il giudizio e la giustizia di Dio erano conosciuti (8:3, 37:23), allora anche la Sua legge deve essere stata conosciuta. Giobbe, in un periodo molto precedente a Mosè, imparò i suoi alti principi di giustizia da nessun’altra fonte che la legge morale di Dio! Questo è letteralmente affermato nel suo libro quando egli dichiara: “Non ho nascosto le parole del Santo” (6:10), “né mi sono tratto indietro dal comandamento delle Sue labbra, ho stimato le parole della Sua bocca più del mio cibo necessario” (23:12). A Giobbe fu anche consigliato: “Ricevi, ti prego, la legge dalla Sua bocca, e riponi le Sue parole nel tuo cuore” (22:22).
L’Errore Dispensazionalista: La Legge Morale Soltanto per Israele
Ora procediamo a trattare brevemente l’errore dispensazionalista che insegna che la legge morale fu data soltanto alla nazione di Israele. Abbiamo già mostrato in qualche misura dalla Scrittura che la legge era in auge prima che vi fosse una nazione giudaica. Basti un’altra sola Scrittura chiara: “Ora noi sappiamo che qualsiasi cosa la legge dica, lo dice a coloro che sono sotto la legge, affinchè ogni bocca possa essere fermata, e tutto il mondo divenga colpevole davanti a Dio” (Romani 3:19). La legge è rappresentata come parlare: essa “dice” e non: “disse,” cioè, essa è sempre un pronunciamento ispirato, che del continuo comanda e proibisce. E’ diretta a coloro che sono sotto di essa, ed questi ultimi sono “ogni bocca,” “tutto il mondo.” Colpevole e condannato davanti alla legge è tutto il mondo perché tutto il mondo è responsabile di osservare la legge. Qui vi è una condanna globale dell’intera razza umana, nessun singolo eccettuato. Su quale base? Sulla base della legge, e quindi la condanna universale si basa sulla legge sotto cui si trova “tutto il mondo.”
Più specificamente, desideriamo esaminare l’errore del Dispensazionalismo che insegna che i Cristiani non sono in alcun senso sotto la legge, la quale quindi non è la loro infallibile regola di fede e condotta. Forse questa serie sul Dispensazionalismo provvederà direttamente o indirettamente qualche illuminazione che dissiperà la nebbia la nebbia di confusione che questi errori portano e che la fa aleggiare nella mente di molti per anni. In quel caso, è mio dovere in quanto insegnante della Parola quello di “rimuovere la pietra d’inciampo dalla via del Mio popolo” (Isaia 57:14).
Come Sono Liberati i Gentili dalla Legge se non Erano Sotto di Essa?
Naturalmente, i dispensazionalisti hanno dei testi preferiti che gli piace citare a supporto delle loro teorie antinomiane. Essi quindi faranno riferimento a “Quindi, fratelli miei, voi anche siete divenuti morti alla legge mediante il corpo di Cristo … Ma ora siamo liberati dalla legge” (Romani 7:4, 6) e a: “Perché attraverso la legge sono morto alla legge” (Galati 2:19). Passaggi come questi sono supposti mostrare che la legge non ha niente a che fare col Cristiano e che il Cristiano non ha niente a che fare con la legge. Ma questi passaggi stessi della Scrittura a cui ci si appella negano apertamente ciò che si vorrebbe sostenere per mezzo d’essi, e cioè che nessuno tranne la nazione di Israele era sotto la legge morale. Perché i Cristiani Romani (Gentili) furono “liberati dalla legge” se non furono mai sotto di essa? Essi non erano mai stati posti sotto la legge cerimoniale. Ma la legge morale, presa nella sua più ampia estensione, fu manifestata a tutta l’umanità, sia Giudeo che Gentile, così che la volontà di Dio a nessuno era completamente sconosciuta (Romani 1:19; [2:14-15]). Esser morti alla legge ed esser stati liberati da essa fa riferimento alla sua punizione, non ai suoi precetti. Nel contesto di questo capitolo Paolo si riferisce esclusivamente alla legge morale, e testimonia che in essa egli si diletta (7:22).
“I Gentili … non hanno la legge” (Romani 2:14) “Il peccato non avrà dominio su voi perchè voi non siete sotto la legge, ma sotto la grazia” (6:14). “A coloro che sono senza la legge, come senza la legge (essendo non senza legge a Dio, ma sotto la legge a Cristo), così che possa guadagnare coloro che sono senza legge” (I Corinzi 9:21). Perché leggiamo che il Cristiano “non è sotto la legge” e tuttavia è “sotto la legge?” Nel senso inteso in Romani 6 nemmeno i santi dell’Antico Testamento erano sotto la legge. Noi non siamo sotto la legge in quanto rappresentati dal primo Adamo, perché siamo liberati dalla legge quanto alla sua maledizione (Galati 3:13), ma non quanto alle sue richieste. Noi siamo liberati dalla legge quanto alla sua potenza di condanna (Romani 3:19), ma non quanto ai suoi precetti (Salmo 119:93). I Gentili erano senza legge nel senso che non avevano una rivelazione scritta da Dio e non è stata mai imposta loro, o nemmeno suggerita, la legge cerimoniale. Quando Paolo era in mezzo ad essi non si conformava alla legge cerimoniale giudaica. In questo senso egli era senza legge. Ma in ogni tempo egli si conformava alla legge morale di Dio. Egli non agì mai come se fosse senza legge a Dio, perché era sotto la legge a Cristo. Quando in mezzo ai Giudei, egli non si faceva un problema del fatto di doversi conformare alla legge cerimoniale, in quanto non vi era alcun principio che stava trasgredendo. Ma quando nel mezzo di Cristiani Gentili, rifiutava di conformarsi a tali regole, non per una sola ora. L’intera razza umana aveva la legge fin dal principio, ma trasgredì. Anch’essi “hanno conosciuto Dio” (Romani 1:21) e così possedevano la verità (e quindi la legge: Salmo 119:142; [Romani 2:14-15]), ma la ritennero nell’ingiustizia (v. 18) perché non gli piacque di ritenere Dio nella loro conoscenza (v. 28).
Quando prestiamo un attento sguardo ai Dieci Comandamenti, non è forse evidente che, Cristiano o meno, non è giusto avere nessun altro dio se non Dio? Non è in armonia con la grazia che il Cristiano non può avere alcuna immagine scolpita o prostrarsi ad alcuna? E’ al di sotto dello spirito del Vangelo proibire il nominare il nome di Dio invano? E’ legalismo richiedere il mantenere santo il giorno di Sabbath? La legge di onorare i genitori è stata cancellata dalle epistole? Le leggi che proibiscono l’omicidio, l’adulterio, il rubare e il concupire non raccomandano se stesse alla coscienza di qualsiasi uomo onesto [e non sono forse riassunte e non annullate in “ama il tuo prossimo come te stesso,” secondo Romani 13:8-10—N.d.T.]? Se non si ha la medesima attitudine che Davide aveva nei confronti della legge di Dio nel Salmo 119, non si è nemici di Dio? Sì, e della propria carne e sangue e anche dello Stato.
Grazia e Legge non in Conflitto: un’Eterna Volontà Morale di Dio
Gesù Stesso aveva quest’attitudine. Egli non insegnò mai che la legge doveva essere accantonata, o che il suo standard perfetto dovesse essere abbassato. Egli assicurò alla chiesa del nuovo patto: “Non pensate che sono venuto a distruggere la legge o i profeti, Io non sono venuto per distruggere, ma per adempiere. Perché in verità vi dico fino a che cielo e terra passino, non una iota o una piccola particella passerà dalla legge in alcun modo, fino a che sia tutto adempiuto” (Matteo 5:17-18). Cristo è il grande profeta della legge, ma ciò non Lo smentisce quale il più grande predicatore della grazia divina. Perché la grazia non abroga la legge, né lo fa la fede, perché “per fede stabiliamo la legge” (Romani 3:31). Grazia e legge sono aspetti della verità che hanno le loro differenti enfasi, ma che tuttavia sono in perfetto accordo. E’ un errore pensare che le due sono nemiche giurate. L’idea distrugge l’unità della Parola Di Dio. Mosè, il mediatore veterotestamentario della legge, dimostrò la benedetta consonanza tra legge e grazia quando offrì il sacrificio e spruzzò il sangue del patto sul libro della legge e sul popolo del patto! Il sangue sparso di Cristo armonizza in modo perfetto la legge con la grazia, perché la mano forata di Cristo sostiene la legge. Non vi è conflitto tra Mosè e Cristo. Gesù qui insegnò anche che la legge è sia immutabile che eterna. Cielo e terra non rimangono semper idem, essi passano via. Ma la legge è immutabile e perpetua. L’erba si secca, il fiore appassisce, ma la Parola del nostro Dio dura per sempre, il che significa nell’Antico come nel Nuovo Testamento, la legge quanto il Vangelo. Cristo non venne per annullare la legge, ma per magnificarla e renderla onorevole.
Nessuno può negare che il Salmista penetrò meravigliosamente, grazie a Dio, il mistero della morte di Cristo, ma egli vide anche che questa morte salvifica non avrebbe in alcun modo abrogato la legge di Dio. “La Tua giustizia è una giustizia eterna, e la Tua legge è la verità. La giustizia delle Tue testimonianze è eterna. Riguardo alle Tue testimonianze io ho saputo da tempi antichi che Tu le hai fondate per sempre. La Tua Parola è vera dal principio, ed ognuno dei Tuoi giusti giudizi dura per sempre” (Salmo 119:143, 144, 152, 160). “Tutti i Suoi comandamenti sono sicuri, essi rimangono stabili per sempre” (Salmo 111:7-8). Il nostro Signore manifestò una tale santa gelosia per la Sua santa legge che non soltanto avvertì che “chiunque quindi violerà uno di questi minimi comandamenti, e insegnerà così agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli,” (Matteo 5:19), ma anche che “il Signore siede Re per sempre” (Salmo 29:10) ed eseguirà quindi la giustizia contro coloro che non vogliono essere governati dalla Sua legge: “Ma quei Miei nemici, che non volevano che io regnassi sopra loro, portateli qui ed uccideteli davanti a Me” (Luca 19:27). Per il significato di “sarà chiamato minimo nel regno” vedasi Isaia 9:14-16, e si provi a leggere i versi di nuovo, però partendo da Isaia. Ma dal passaggio di Luca sopra citato impariamo che il vero carattere della rigenerazione e della conversione, un cambiamento da ribelli a schiavi che amano, è di chi dice: “Io mi diletto nella legge di Dio nell’uomo interiore” (Romani 7:22).