Jason Kortering
La morte possiede un dardo terribile.
Chiunque di voi si sia raccolto attorno al letto di morte di un caro avrà percepito questo. E’ un momento terrificante quando siete chiamati ad essere presenti alla morte di qualcuno.
Cose strane accompagnano spesso l’agonia del morire. Forse alcuni di voi sono stati testimoni personalmente della morte di un caro che solleva una fievole mano verso il cielo e cerca di descrivere gli angeli che sono presenti o lo splendore celeste che vedono. Non infrequentemente questa visione di splendore evoca un grido di entusiasta anticipazione da parte del morente. Presto si ode l’ultimo respiro e le forze della morte l’afferrano. Una persona una volta attiva, che respirava, che parlava, che amava, giace freddamente silenziosa nella morte.
In un tal momento la questione della vita dopo la morte grida urgentemente per ottenere una risposta. Giobbe chiese: “Se un uomo muore, vivrà ancora?” (Giobbe 14:14). Si va semplicemente a dormire dopo la morte? La morte è la fine di tutta l’esistenza? Si lascia questa vita per iniziare il godimento di una vita migliore?
Queste domande divengono urgenti per due ragioni.
L’interesse nella vita dopo la morte non viene per mera curiosità, ma piuttosto desideriamo sapere cosa accade ai nostri cari che si dipartono da questa vita. Se il vincolo di amore è stato stabilito in Gesù Cristo, desideriamo sapere se i nostri fratelli o sorelle dipartiti continuano a godere di quel vincolo di comunione con Cristo oppure no. Anche questo interesse non è centrato semplicemente nella persona. Il nostro interesse non si limita al benessere di un nostro caro, il motivo principale della nostra domanda è questo: continuano a vivere alla gloria di Dio o no? Noi sappiamo che lo scopo della vita qui è centrato nella lode e nella gloria di Dio, similmente ci chiediamo se Dio sia glorificato nella morte dei Suoi santi oppure no.
Perfino allora, non possiamo divorziarci personalmente da questo interesse nella vita dell’aldilà. Noi sappiamo che moriremo. La sola eccezione vale per coloro che saranno sulla terra quando Cristo ritorna (I Tessalonicesi 4:16-17). Noi desideriamo sapere per noi stessi cosa possiamo aspettarci al momento della nostra morte.
Le promesse di Dio sono chiare e sicure su questo punto. Quando consideriamo le verità Scritturali su questo soggetto, è nostra preghiera che chiunque legge possa giungere alla stessa conclusione dell’Apostolo Paolo in I Corinzi 15:55-57: “Oh morte, dove è il tuo dardo? O tomba, dov’è la tua vittoria? Il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge. Ma grazie siano rese a Dio, che ci dà la vittoria attraverso il nostro Signore Gesù Cristo.”
L’immortalita’ Dell’anima
Siamo abituati a parlare abbastanza liberamente della dottrina dell’immortalità dell’anima. Se consultiamo il dizionario ci troviamo di fronte ad una definizione simile a questa: “Immortalità: esenzione dalla morte o annichilimento, termine dell’esistenza, eterno, come l’immortalità dell’anima.”
Questa definizione indica che il nostro pensiero ed “usus loquendi” di questa parola è stata condizionata completamente dalla filosofia greca. Secondo i greci “immortalità” fa riferimento semplicemente all’esistenza continuata dell’anima dopo la morte. Il prof. Berkhof spiega questa veduta e contende che la Bibbia usa il termine in questo modo:
“Immortalità nel senso di continua o interminabile esistenza è anche ascritta a tutti gli spiriti, inclusa l’anima umana. E’ una delle dottrine della religione, o filosofia naturale, che, quando il corpo è dissolto, l’anima non prende parte alla sua dissoluzione, ma ritiene la sua identità come un essere individuale. Questa idea dell’immortalità dell’anima è in perfetta armonia con quanto la Bibbia insegna sull’uomo, ma la Bibbia, la religione, e la teologia, non sono interessati primariamente a questa immortalità puramente quantitativa e incolore, alla mera esistenza continuata dell’anima” (Systematic Theology, p. 672).
La Bibbia parla di immortalità come mera esistenza continua? Primo, la Bibbia parla di Dio come immortale: “Ora al Re eterno, immortale, invisibile, a Dio il solo saggio, sia onore e gloria per sempre, Amen” (I Timoteo 1:17). Similmente in I Timoteo 4:14-16: “Che tu osservi questo comandamento senza macchia, irreprensibile, fino all’apparizione del nostro Signore Gesù Cristo che a suo tempo mostrerà che è il benedetto e solo Potentato, il Re dei re, e Signore dei signori, che solo ha immortalità, che dimora nella luce che nessun uomo può approcciare, che nessun uomo ha visto, né può vedere, al quale sia onore e potere eterno. Amen.” Secondo, la Scrittura usa la parola “immortale” come una descrizione riguardante il credente solo una volta: “Perché questo corruttibile deve rivestire l’incorruzione, e questo mortale deve rivestire l’immortalità. Così quando questo mortale avrà rivestito l’immortalità, allora si verificherà il detto che è scritto, La morte è ingoiata nella vittoria” (I Corinzi 15:53-54).
Da questo deve divenire immediatamente chiaro che la parola “immortale” non può e non deve essere applicata agli empi al di fuori di Gesù Cristo. La parola stessa, athanasia, significa al di fuori della portata della morte, senza morte. La Parola di Dio certamente non descrive l’empio come senza morte. Proprio l’opposto è vero. Già nel principio del tempo fu dato l’avvertimento: “Il giorno che tu mangi del suo frutto di sicuro morirai” (Genesi 2:17). Questo è accaduto realmente quando Adamo ed Eva mangiarono del frutto proibito: “Quindi, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e la morte per mezzo del peccato, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato,” (Romani 5:12). Il carattere di questa morte è descritto per noi dal Salmista: “Perché ecco, coloro che sono lontani da te periranno, tu hai distrutto tutti coloro che si allontanano da te prostituendosi,” (Salmo 73:27). Questo è parafrasato per noi nel Salterio: “Vivere separati da Dio è morte, è buono vedere la Sua faccia.” Questa stessa idea ci è presentata in I Pietro 3:12: “la faccia del Signore è contro coloro che fanno il male.” Questo si applica sia al corpo che all’anima degli empi che sono al di fuori di Gesù Cristo. Durante tutta la loro esistenza e anche oltre, essi muoiono e affondano sempre di più nella morte. La morte fisica porta loro una più grande misura di separazione da Dio. L’apostolo Giovanni parla di una seconda morte per il non credente: “ed il diavolo che li ha ingannati fu gettato nel lago di fuoco e zolfo, dove sono la bestia e il falso profeta, e saranno tormentati giorno e note per sempre … e la morte e l’inferno furono gettati nel lago di fuoco. Questa è la seconda morte” (Apocalisse 20:10, 14). Deve essere evidente che il termine “immortalità” non può essere applicato agli empi al di fuori di Cristo. Le loro anime non sono immortali, esse sono morte e passano in uno stato più profondo di morte continuamente, fino all’inferno.
Solo i figli di Dio sono immortali. Le loro anime sono immortali e i loro corpi devono rivestire l’immortalità. Essi sono liberati dalla potenza della morte attraverso Gesù Cristo che è “la risurrezione e la vita,” (Giovanni 11:25). In principio questa vita è infusa nel figlio di Dio quando Dio lo rigenera, Giovanni 3:3. Questa rinascita ci libera dal potere del peccato e della morte. “Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il suo seme rimane in lui, ed egli non può peccare, perché egli è nato da Dio” (I Giovanni 3:9). E’ la vita di Cristo che ci pone in una relazione con Dio: “Perché gli occhi del Signore sono sui giusti e le sue orecchie sono aperte alle loro preghiere” (I Pietro 3:12). Nella potenza di questa vita noi cerchiamo Dio: “Cercate il Signore mentre può essere trovato, invocatelo mentre egli è vicino, che l’empio abbandoni la sua via, e l’uomo ingiusto i suoi pensieri, e che ritorni al Signore, ed egli avrà misericordia di lui, e al nostro Dio, perché egli perdonerà abbondantemente” (Isaia 55:6-7). Questa infusione di vita in noi è chiamata la prima risurrezione e attraverso di essa noi guardiamo avanti alla risurrezione finale di corpo ed anima nella vita a venire: “Beato e santo è colui che ha parte alla prima risurrezione, su un tale la seconda morte non ha potere, ma essi saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui mille anni … ed io vidi i morti, piccoli e grandi stare davanti a Dio … ed il mare diede i morti che erano in esso, e la morte e l’inferno consegnarono i morti che erano in essi … Ecco il tabernacolo di Dio è con gli uomini” (Apocalisse 20:6, 12-13; 21:3).
Perche’ la Morte Fisica per il Credente?
Il peso di questa domanda può essere apprezzato solo comprendendo appropriatamente la natura della morte. Che sia enfatizzato dall’inizio che la morte non è naturale. Siccome viviamo nella sfera della morte diveniamo condizionati ed accettiamo la morte come qualcosa di ordinario. Ci aspettiamo di morire, è l’inevitabile fine di tutti gli uomini: “E’ stabilito per gli uomini di morire una volta, ma dopo questo il giudizio” (Ebrei 9:27). La morte è sotto la direzione del nostro Dio Sovrano. Egli soltanto prende la vita. Infatti si può perfino dire che quando Dio ha realizzato il Suo proposito con l’uomo, Egli lo colpisce e così lo libera attraverso la morte fisica per farlo entrare nella sua dimora eterna.
Cristo Gesù ha liberato il Suo popolo dalla maledizione della morte. In quanto perfetto Sommo Sacerdote Egli ha sacrificato il Suo sangue sulla croce come il pagamento per i peccati dei Suoi eletti: “Perciò in tutte le cose gli era necessario essere reso simile ai suoi fratelli così che potesse essere un misericordioso e fedele sommo sacerdote nelle cose che pertengono a Dio, per fare riconciliazione per i peccati del popolo” (Ebrei 2:17). Attraverso il sangue dell’espiazione, Cristo ha redento completamente il Suo popolo dalla morte, Egli ha rimosso la maledizione per sempre, I Corinzi 15:55-57.
Perchè il credente deve passare attraverso la morte fisica? Da ciò che abbiamo detto sopra comprendiamo che la morte non è una punizione per il figlio di Dio. Anche la maledizione della morte fisica fu rimossa da Cristo. Dobbiamo porre la morte fisica nel contesto del proposito di Dio per tutte le cose. L’intera terra è sotto la maledizione della morte. Ciò include tutta l’umanità, Romani 3:23, e l’intera creazione, Romani 8:22. E’ il proposito di Dio salvare il Suo popolo liberandolo dalla maledizione della morte. Il tempo è il mezzo nel quale Dio dispiega il Suo perfetto consiglio. Ciò ci indica che la piena realizzazione di ciò che è eterno deve attendere la fine del tempo, I Corinzi 15:25-28. Quindi la nostra intera vita è un passaggio attraverso la valle dell’ombra della morte, Salmo 23:4. La morte fisica è il mezzo che Cristo usa per separarci dalla sfera della maledizione quando il nostro proposito sulla terra è terminato, e per liberare la nostra anima ad un più alto stato di gloria per attendere la riunione del corpo nella risurrezione. La morte per il credente non è una maledizione, piuttosto è la serva di Cristo che libera a vita eterna, II Corinzi 4:16.
Lo Stato Cosciente di Beatitudine
Non vi deve essere un solo dubbio nelle nostre menti che il credente entri, immediatamente al momento della morte, in un cosciente stato di gloria.
Per rendere ciò chiaro dobbiamo esporre la fallacia di ciò che è comunemente chiamato “sonno dell’anima.” Secondo questa veduta l’anima diviene incosciente dopo la morte ed è svegliata nella risurrezione. I proponenti di questa veduta cercano supporto dalla Scrittura facendo riferimento a testi che descrivono la morte come un sonno: “Ma noi non vorremmo che foste ignoranti fratelli, a riguardo di coloro che sono caduti addormentati, così che non siate tristi, come gli altri che non hanno speranza” (I Tessalonicesi 4:13). Oppure: “Quanto a me, io contemplerò la tua faccia in giustizia, io sarò soddisfatto, quando mi sveglio, con la tua sembianza” (Salmo 17:15). Similmente Pietro cita dal Salmo 16: “Perchè tu non lascerai la mia anima all’inferno, né permetterai che il tuo Santo veda corruzione” (Atti 2:27). Da questi testi essi osservano che nell’esempio di coloro che furono risuscitati dai morti e riportati in vita, nessuno ci descrisse o relazionò niente concernente la beata vita di cui fecero esperienza dopo la morte. Essi prendono letteralmente le parole di Gesù a riguardo di Lazzaro: “Il nostro amico Lazzaro dorme, ma io vado, così che possa svegliarlo dal sonno” (Giovanni 11:11). Oltre a queste evidenze, ragionano che è impossibile per un’anima funzionare in questa vita senza un corpo, e ciò deve essere anche vero dopo la morte. E’ irrazionale immaginare che un’anima possa essere attiva e cosciente senza un corpo, essi dicono.
In risposta a queste conclusione da parte degli Anabattisti e dei Russelliti [sono i “Testimoni di Geova” che seguono gli insegnamenti di Charles Taze Russell, il fondatore di questo culto, nel 1879—N.d.T.], e tutti coloro che seguono questo ragionamento, sosteniamo che dovunque la Scrittura parli della morte come un sonno, lo fa semplicemente dal punto di vista del corpo. Un attento studio dei testi che parlano della morte come un sonno rivela che in ogni esempio il riferimento è all’aspetto fisico della morte. Ciò è abbastanza in armonia con la realtà. La forza della morte fisica è paragonata ad un sonno, il corpo giace dormiente, in oblio di tutto ciò che lo circonda, per essere posto a riposare ed essere risuscitato nella risurrezione. Di qui il seppellimento del corpo è descritto come un essere seminato in corruzione, ma essere risuscitato in incorruzione, I Corinzi 15:42. Riguardo a quelli che furono risuscitati dai morti e ritornarono in questa vita, non dobbiamo far altro che ricordare che queste erano eccezioni e non possono con alcun ragionamento essere prese a regola. Dio aveva un proposito speciale col risuscitare Lazzaro, e può ben essere che Dio preservò la sua anima in uno stato dormiente mentre aspettava di ritornare in questa vita. Sarebbe contrario alla giustizia di Dio se ordinasse che costoro dovessero ricevere un assaggio della gloria celeste e poi ritornassero alla sfera della morte solo per poi morire di nuovo.
La Scrittura fornisce prova abbondante del fatto che i credenti aspettano una glorificazione immediata alla morte. Anche se non possiamo scandagliare questo miracolo, cioè in che modo un’anima possa esistere coscientemente senza un corpo, tuttavia noi crediamo che per Dio ogni cosa è possibile.
Paolo scrisse ai Filippesi: “Secondo la mia fervida aspettazione e la mia speranza, così che in niente io mi debba vergognare, ma che con tuta franchezza, come sempre, così ora anche, Cristo sarà magnificato nel mio corpo, che sia per mezzo della vita o della morte. Perché per me vivere è Cristo, e morire è guadagno” (Filippesi 1:20-21). Asaf dichiara la stessa fiducia in Salmo 73:23-24: “Tuttavia io sono continuamente con te, tu mi hai preso per la mano destra. Tu mi guiderai col tuo consiglio e dopo mi riceverai alla gloria.” Cristo Stesso espresse questa fiducia quando disse al malfattore: “Oggi tu sarai con me in paradiso” (Luca 23:43). Entrambi sarebbero entrati in questo cosciente stato di gloria, perché il paradiso è descritto per noi ulteriormente in II Corinzi 12:2-4: “Io conobbi un uomo in Cristo oltre quattordici anni fa (se nel corpo, non so dirlo, o se sia fuori del corpo, non so dirlo, Dio sa), preso al terzo cielo … egli fu preso in paradiso, ed udì parole indicibili, che non è lecito ad un uomo pronunciare.” Questo ovviamente era il trono stesso di Dio. Giovanni ebbe una visione nell’Isola di Patmos e vide: “le anime di coloro che furono decapitate per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio” (Apocalisse 20:4), ed esse non stavano dormendo, ma “vissero e regnarono con Cristo mille anni.” Ciò descrive questo periodo presente in cui il vangelo è predicato e la chiesa è radunata. Non vi è dubbio che ogni credente possa aspettarsi di svegliarsi ed “essere ancora con te” (Salmo 139:18), al momento della sua morte fisica.
Per quanto glorioso possa essere questo stato cosciente, non è la gloria finale. Perfino allora la chiesa non è ancora completa, perché sorge il grido: “Quanto a lungo, Oh Signore, santo e vero, non giudicherai e vendicherai il nostro sangue su quelli che dimorano sulla terra?” (Apocalisse 6:10). Attendendo la risurrezione del corpo e il raduno della chiesa completa, questi santi in cielo guardano avanti ad un giorno migliore quando “Dio asciugherà tutte le lacrime dai loro occhi … perché le cose di prima sono passate via. E Colui che sedeva sul trono disse: ‘Ecco, Io faccio tutte le cose nuove’” (Apocalisse 21:4-5).
Punizione per Gli Empi
Vi sono alcuni, e cioè i Cattolici Romani, che dicono che perfino i figli di Dio possono aspettarsi di fare esperienza di una sofferenza cosciente dopo la morte. Dicono questo nella loro dottrina del purgatorio. La sola prova Scritturale che essi portano si trova in I Corinzi 3:13, 15: “L’opera di ogni uomo sarà resa manifesta, perché il giorno la dichiarerà, perché sarà rivelata dal fuoco, ed il fuoco proverà l’opera di ogni uomo di che sorta sia … se l’opera di qualcuno sarà bruciata egli soffrirà perdita, ma lui stesso sarà salvato, tuttavia come attraverso il fuoco.” La loro veduta è che attraverso il battesimo siamo liberati dal peccato originale, per mezzo dell’eucaristia siamo liberati dai peccati mortali, e per mezzo della penitenza e del purgatorio siamo liberati dai peccati veniali (peccati della carne, non direttamente contro la legge di Dio). Secondo questa concezione vi deve essere un processo santificante dopo la morte. La loro prova tuttavia non è valida, non più del loro riferimento a II Maccabei 12:42-45, che è un libro Apocrifo. Il riferimento ad I Corinzi non parla nemmeno di un fuoco letterale sulla persona, ma piuttosto di un rifinimento analogo a quello per mezzo di un fuoco, e questo alla fine del mondo. La dottrina del purgatorio nega la sufficienza del solo sacrificio completo di Cristo che ha coperto tutti i nostri peccati una volta per tutte, Ebrei 9:25-26.
Gli empi impenitenti che sono al di fuori di Cristo sono gli unici che faranno esperienza di sofferenza cosciente al momento della loro morte fisica. La parabola dell’uomo ricco e di Lazzaro rende questo chiaro: “Anche l’uomo ricco morì e fu sepolto, e all’inferno egli sollevò i suoi occhi essendo in tormenti e vede Abraamo lontano e Lazzaro nel suo seno,” Luca 16:22-23. Proprio come Lazzaro godette immediatamente di beatitudine cosciente, così in contrasto il ricco fece esperienza di agonia cosciente.
L’empio non può trovare alcun conforto in qualche annichilimento dopo la morte. I giusti giudizi di Dio rimarranno fermi per l’eternità. Quando Dio dice all’anima che pecca che essa morirà, ciò avrà luogo in uno stato temporaneo di sofferenza e discenderà in uno stato di più profondo dolore dopo il giudizio, quando tutti gli empi “andranno all’inferno, nel fuoco che non sarà mai estinto, dove il loro verme non muore, ed il fuoco non si spegne” (Marco 9:43-44).
La Nostra Dimora Personale
Notate che il soggetto di questo capitolo è: “La nostra vita dopo la morte.” Ciò la rende personale. Non è prima di tutto un’idea astratta di vita dopo la morte, ma personalmente la mia e la nostra vita dopo la morte.
Questo è estremamente importante per tutti coloro che prendono seriamente la Parola di Dio. Vi è uno stato di cosciente sofferenza o gioia che attende ogni uomo al momento della morte fisica. All’interno della dimora della gioia, il popolo di Dio solleva il loro cuori in lode al Dio della salvezza e cantano: “Degno è l’Agnello che fu ucciso di ricevere potenza, e ricchezze, e sapienza, e forza, e onore, e gloria, e benedizione” (Apocalisse 5:12). All’interno della dimora dei sofferenti, vi è pianto e stridore di denti, Matteo 24:21.
Vi è solo una via per raggiungere lo stato della gloria cosciente, e questa è la via di Dio della salvezza in Gesù Cristo. Nessun uomo può entrare, perché tutte le nostre opere sono malvagie, noi siamo per natura: “violatori di patto, senza affezione naturale, implacabili, senza misericordia, che conoscendo il giudizio di Dio che coloro che commettono tali cose sono degni di morte, non solo le fanno, ma hanno piacere in coloro che le fanno” (Romani 1:31-32): La via della salvezza è la via della perfetta giustizia realizzata dal nostro Signore Gesù sulla croce, Efesini 2:1-10.
Confessate a Lui i vostri peccati, ravvedetevi della vostra via malvagia, ed udite la voce di Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed aggravati, ed Io vi darò riposo” (Matteo 11:28). Quel riposo è ai piedi della croce dove Egli ha meritato il cielo per tutti i Suoi.
Siccome Cristo dimora in noi, gridiamo trionfalmente: “Io sono crocifisso con Cristo, tuttavia vivo, tuttavia non io ma Cristo vive in me, e la vita che io ora vivo nella carne la vivo per la fede del Figlio di Dio che mi ha amato e diede se stesso per me” (Galati 2:20). In quella vita noi non moriremo mai, Giovanni 11:26.
Dite questo, e di sicuro potete affermare con convinzione: “Oh morte, dov’è il tuo dardo, Oh tomba, dov’è la tua vittoria? … Grazie siano a Dio che ci dà la vittoria attraverso il nostro Signore Gesù Cristo” (I Corinzi 15:55, 57).