Herman Hoeksema
(Capitolo 57 di: Herman Hoeksema, Righteous by Faith Alone: A Devotional Commentary on Romans [Giusti per Sola Fede, un Commentario Devozionale a Romani], ed. da David J. Engelsma, Reformed Free Publishing Association, MI, USA, 2002; traduzione italiana: Francesco De Lucia)
Romani 9:10-13
E non solo questo, ma quando Rebecca anche ebbe concepito da uno solo, cioè da Isacco nostro padre;
(perché quando i figli non erano ancora nati, né avevano fatto alcun bene o male, così che il proposito di Dio secondo l’elezione rimanesse fermo, non da opere, ma da colui che chiama;)
Le fu detto: “Il maggiore servirà il minore.”
Come è scritto: “Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù.”
Dobbiamo ricordare la questione e la risposta che l’apostolo sta trattando, secondo il contesto. La questione è se la Parola di Dio non ha avuto effetto, o, come leggiamo letteralmente, se la Parola di Dio è “caduta a terra” [v. 6]. Questa questione era affrontata dall’apostolo perché faceva riferimento ad un preciso fatto storico. Questo fatto storico è la reiezione di Israele come nazione e l’evidente reiezione di migliaia di Israeliti per quanto riguarda il regno dei cieli. Era divenuto evidente che migliaia delle persone a cui era giunta la promessa non ricevettero la promessa, la salvezza, ma andarono in perdizione.
Nei riguardi di questo accadimento l’apostolo aveva assunto un’attitudine molto umile. Essa deve essere anche la nostra attitudine. Non possiamo assumere un’attitudine altezzosa nei riguardi di coloro che sono perduti come se noi fossimo migliori di loro. Al contrario, dobbiamo assumere l’umile attitudine che l’apostolo esprimeva quando diceva: “Ho un gran peso ed una continua tristezza nel mio cuore. Perché io desidererei di essere maledetto e separato da Cristo per i miei fratelli, miei parenti secondo la carne” [vv. 2-3].
In questa attitudine l’apostolo fronteggiava la questione se la Parola di Dio è caduta a terra.
A questa questione, l’apostolo risponde: “No, la Parola di Dio non è caduta a terra.” Ma la Parola di Dio, la Parola della promessa—”Io stabilirò il mio patto tra me e te e la tua discendenza dopo di te nelle loro generazioni per un patto eterno, per essere un Dio a te, e alla discendenza dopo di te”—non concerneva tutti i figli di Abraamo secondo la carne. Si riferiva soltanto ai figli della promessa. Non tutti i figli naturali di Abraamo erano anche figli della promessa, e quindi non tutti quelli che sono di Israele, sono Israele.
L’apostolo ha dimostrato che la promessa non apparteneva a tutti i figli naturali di Abraamo. Citando un esempio dell’Antico Testamento, egli dice: “In Isacco sarà chiamata la tua discendenza.” Abraamo aveva altri figli; non in Ismaele, ma “in Isacco sarà chiamata la tua discendenza.” Cioè, la promessa non deve realizzarsi nella linea di Ismaele e delle sue generazioni, ma nella linea di Isacco e le sue generazioni.
Ora l’apostolo indica un altro esempio nell’Antico Testamento. Egli fa un’altra illustrazione per corroborare il fatto che non tutti i figli di Abraamo sono anche figli della promessa; o, per applicare questo alla nuova dispensazione, non tutti i figli dei credenti nel Nuovo Testamento sono anche figli della promessa. C’è una doppia discendenza. E, come già era divenuto evidente al tempo di Isacco, diviene evidente in modo ancora più chiaro e convincente in Esaù e Giacobbe. Questa seconda illustrazione, per come è trattata nel testo, indica la ragione o la base della distinzione che Dio fa nella discendenza di Abraamo. Questa base è il proposito di Dio secondo l’elezione.
Un’Elezione Personale
Questa seconda illustrazione, che l’apostolo cita dall’Antico Testamento per provare che la Parola di Dio non è caduta a terra nel momento in cui non tutti i figli di Israele sono salvati, è più forte, è più potente della prima illustrazione. Esaù e Giacobbe erano nati dagli stessi genitori. Per quanto riguarda la prima illustrazione, l’obiezione potrebbe essere che Ismaele difficilmente potrebbe essere chiamato discendenza di Abraamo, perché non proveniva da Sarah, la madre della promessa. Ma ciò non può essere detto di questa seconda illustrazione. Esaù e Giacobbe provenivano entrambi dagli stessi genitori, ed entrambi i genitori erano genitori della promessa.
La seconda illustrazione è più potente anche perché Esaù e Giacobbe erano gemelli. Essi erano intimamente relazionati l’uno all’altro. Erano nati nelle stesse condizioni. Entrambi ricevettero la stessa cura e lo stesso allevamento. Entrambi avevano gli stessi privilegi pattali. Da un punto di vista naturale non vi era alcuna differenza tra di loro.
La seconda illustrazione è più potente anche perché, strettamente parlando, Esaù avrebbe dovuto essere preferito a Giacobbe, perché Esaù era il primogenito.
Infine, questa seconda illustrazione dice di più rispetto alla prima perché l’apostolo fa riferimento qui al proposito sovrano di Dio nel fare distinzione tra Esaù e Giacobbe: “(perché quando i figli non erano ancora nati, né avevano fatto alcun bene o male, così che il proposito di Dio secondo l’elezione rimanesse fermo, non da opere, ma da colui che chiama;) Le fu detto: ’Il maggiore servirà il minore’.” A Rebecca fu detto che il maggiore avrebbe servito il minore. Rebecca era un bellissimo esempio di madre del patto. Quando ella si trovò in una situazione peculiare, andò al Signore. Ella chiesa al Signore: “se è così, perché mi trovo in questa condizione?” La risposta che ricevette dal Signore fu: “Due nazioni sono nel tuo grembo, e due tipi di popoli saranno separati dalle tue viscere; ed un popolo sarà più forte dell’altro popolo, e il maggiore servirà il minore” [Genesi 25:22-23]. L’apostolo cita solo l’ultima parte, cioè che il maggiore servirà il minore. Ciò non può significare che la nazione maggiore servirà la nazione minore. Può soltanto significare che il figlio maggiore servirà il figlio minore. A quello che aveva il diritto di primogenitura, non fu concesso questo diritto. Dio avrebbe stabilito il Suo patto non con il maggiore ma con il minore. Apparteneva al diritto di nascita che chi era il primogenito potesse governare sui fratelli minori. Quindi, quando Dio disse a Rebecca: “il maggiore servirà il minore,” Egli voleva dire che il maggiore avrebbe preso il posto del minore, che il minore avrebbe preso il posto del maggiore, e che Dio avrebbe concesso la Sua promessa al minore.
Ciò fu detto a Rebecca, spiega l’apostolo, così che il proposito di Dio secondo l’elezione potesse rimanere fermo. Il proposito di Dio è quello che Egli ha in mente per sempre. E la Sua mente non cambia mai. E’ quanto Dio ha in mente col proposito di realizzarlo. Quello che Dio ha in mente in questo caso è la promessa. Quella promessa Dio si propose di realizzarla non in Esaù, ma in Giacobbe. Quando, quindi, l’apostolo dice che il maggiore servirà il minore così che il proposito di Dio secondo l’elezione rimanesse fermo, il significato è che Dio aveva in mente di realizzare questa promessa secondo la regola dell’elezione. Quando è detto a Rebecca: “Il maggiore servirà il minore,” il significato è che la promessa deve essere realizzata in Giacobbe perché questo è il proposito di Dio.
Ciò è rafforzato dalla citazione da Malachia [1:2-3]: “Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù.” E’ spesso detto che questo amore ed odio nei confronti di Giacobbe ed Esaù non si riferisce all’amore e all’odio sovrano di Dio, ma il significato è evidente. Quando Dio disse a Rebecca che il maggiore avrebbe servito il minore, Egli le rivelò il Suo proposito. Ancora, questo proposito è in armonia con il fatto che Dio amò Giacobbe ed odiò Esaù. I commentatori hanno cercato di indebolire questa Parola di Dio. Un commentatore l’ha fatta significare: “Ho amato Giacobbe, ed ho amato anche Esaù, soltanto che in un modo differente e in minor misura.” Una tale interpretazione non è degna di essere confutata.
L’interpretazione popolare è questa: “Ho amato Giacobbe, ed ho amato un pò meno Esaù.” Questi interpreti fanno appello alla Scrittura, e dicono che la parola odio ha questo significato nella Scrittura. Essi argomentano che quando Cristo dice. “Se non odiate padre, o madre, o fratello a motivo di me, non potete essere miei discepoli.” [Luca 14:26], il significato è: “Se non li amate meno di me.”
Ma comprendere così l’insegnamento di Cristo è errato. Il Signore chiaramente insegnò che se uno non può odiare padre, madre, o fratello a motivo di Lui, non può essere Suo discepolo. Potrebbe verificarsi che qualcuno sia rigettato da padre, madre, e fratello, e sarà abbandonato da loro. Se in quel momento cerca di mantenere il loro amore, se egli non può odiarli, non può essere un discepolo di Gesù. Non vi è alcuna relazione che un discepolo possa intrattenere che sia in conflitto con la sua relazione con Gesù Cristo. “Odiare” non significa “amare di meno,” ma “odiare.”
Questo è il significato di odiato in Romani 9:13. Il significato è: “Ho amato Giacobbe con un amore che me lo fa accettare. Ed ho odiato Esaù con un odio che me lo fa rigettare.” Enfatizzo questo perché queste verità sono il cuore della chiesa.
Questa elezione è un’elezione personale di Giacobbe ed una reiezione personale di Esaù. Molti a cui piace evadere la dottrina dell’elezione e della riprovazione contendono che l’amore di Giacobbe e l’odio di Esaù non sono un’elezione e riprovazione di persone, ma di nazioni. Dio scelse la nazione di Israele e rigettò Edom. Non farebbe differenza se questa fosse la corretta interpretazione. Si supponga che il testo insegnasse che Dio accettò la nazione di Giacobbe e rigettò la nazione di Edom. Che differenza farebbe? Edom è tutti i cittadini di Edom, e tutti sono al di fuori della salvezza di Dio. E’ chiaro che questa interpretazione non esclude le persone, perché il verso 11 dice che Dio pronunciò la Sua Parola di amore e di odio prima che le persone fossero nate.
L’interpretazione che per Giacobbe ed Esaù si vuole dire nazioni non tiene. L’apostolo non sta considerando nazioni, ma individui. Egli sta facendo la domanda: “Perché migliaia di Israeliti non ricevono la salvezza di Dio? La Parola di Dio è caduta a terra?” La risposta non è che Dio fece distinzione tra nazione e nazione, ma che Dio fece preferenza tra persone e persone nella discendenza di Israele. E’ un’elezione personale.
Ciò non implica che Dio scelse un numero arbitrario e rigettò un numero arbitrario. Piuttosto, Dio aveva in mente da prima una chiesa, il corpo di Cristo. Egli aveva nella Sua mente da prima un corpo in cui Cristo dovesse divenire manifesto. Come Dio ordinò il corpo, così ordinò quanti membri dovessero essere in questo corpo. Ogni membro di questo corpo è stato determinato. Proprio come io non determino quanti membri avrà il mio corpo, così l’uomo non determina quanto membri vi saranno nel corpo di Cristo.
Ma questo non è tutto riguardo all’elezione della chiesa. Dio non solo determinò il numero, ma Egli determinò anche la posizione di ogni membro nel corpo. Non ogni Cristiano ha la stessa posizione.
Ed ancora, Dio non solo determinò il numero e la posizione dei membri, ma ordinò anche chi tra i figli degli uomini dovesse entrare a far parte di quel corpo, e chi non. E’ stato l’eterno proposito di Dio che non tutti siano membri del corpo di Cristo.
Tutto questo è il significato di “Ho amato Giacobbe ed ho odiato Esaù.” Con Giacobbe Dio realizzerà la Sua promessa secondo il Suo proposito, e non lo farà con Esaù.
Un’Elezione alla Salvezza
Altri obiettano che l’elezione di Romani 9 non è un’elezione alla salvezza. Voi dovete ricordare che per l’uomo, per la carne di peccato, questa è una dottrina dura. La ragione è che noi pensiamo di Dio sempre in modo sbagliato. Ciò non meraviglia, o sì? Ricordate, l’uomo mente sempre riguardo a Dio. Ogni qualvolta un uomo comincia a parlare di Dio, comincia a mentire su di Lui. Quando non facciamo dire a Dio cosa Egli è e chi Egli è, noi mentiamo su di Lui, perché l’uomo è un peccatore e non vuole Dio. Questo è il motivo per cui egli obietta alla dottrina dell’elezione e riprovazione. Non vi è dottrina in cui diviene più manifesto il fatto che Dio è Dio.
Per questo motivo, quindi, alcuni dicono che l’apostolo non sta parlando di un’elezione alla salvezza, ma di un’elezione che riguarda alcuni privilegi temporali. Essi non accetteranno la dottrina dell’elezione e riprovazione per quanto riguarda la salvezza.
Si supponga che questa interpretazione fosse corretta. Farebbe qualche differenza? Farebbe qualche differenza dire che Dio secondo il Suo sovrano proposito determini di dare ad uno e non ad un altro, tutti i privilegi teocratici? Ciò significherebbe che Dio stabilirebbe il Suo patto con, che Egli darebbe la Sua Parola a, e che conferirebbe tutte le benedizioni del patto su Giacobbe e non Esaù. O, se desiderate, significherebbe che Dio stabilisce la Sua chiesa con Giacobbe, non con Esaù. Significherebbe che Dio determinò che Esaù vivesse e morisse senza la Parola di Dio. Se Esaù è escluso dai privilegi teocratici, è escluso dalla salvezza.
Ma l’apostolo non sta parlando di privilegi teocratici. Egli non è dispiaciuto che così tanti non ricevettero i privilegi teocratici. Piuttosto egli è ripieno di tristezza perché così tanti sono perduti. Egli sta trattando la questione che così tanti sono separati da Cristo.
Come deve essere spiegato questo?
La Parola di Dio è caduta a terra?
No. Questa è la spiegazione: “Ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù.” E se ci rivolgiamo a Malachia [1:4] troviamo che l’odio di Dio di Esaù significa che gli Edomiti sono il popolo contro il quale il Signore ha indignazione per sempre. Dio determina il Suo popolo.
Un’Elezione Sovrana
Dio fa questo in modo sovrano. Anche contro questo sono state sollevate obiezioni. E’ difficile eliminare la dottrina dell’elezione e riprovazione dalla Scrittura. Quindi, essi dicono che Dio scelse alcuni e rigettò altri perchè Egli previde chi Lo avrebbe e chi non Lo avrebbe amato. Questa è la dottrina dei sostenitori del libero arbitrio.
Ancora, che differenza farebbe se fosse così? Si supponga che io predicassi che Esaù fu conosciuto da Dio dall’eternità come un fornicatore, e che Giacobbe come uno che Lo avrebbe amato. Che differenza farebbe? Se Dio vide Esaù eternamente come una persona malvagia, non lo vide allora eternamente all’inferno? E se Dio vide eternamente Esaù come un malvagio, e quindi perduto, Dio non intendeva dargli la promessa? Dio intendeva quindi che Cristo morisse per quelli che sapeva che sarebbero stati perduti?
Tuttavia, la dottrina del libero arbitrio è falsa. Con questa veduta non si salva Esaù, ma si perde Dio. Si ascolti la Scrittura: “quando i figli non erano ancora nati, né avevano fatto alcun bene o male, così che il proposito di Dio secondo l’elezione rimanesse fermo, non da opere, ma da colui che chiama” [Romani 9:11-13].
Sovranamente, con una ragione che è solo in Dio, senza riguardo ad opere, senza riguardo al fatto di chi essi sono, Dio pone gli uomini tutti davanti a Sé, akuni come vasi preparati per la distruzione ed altri come vasi preparati per la salvezza. Poi Egli concepisce tutti i mezzi per realizzare questo proposito.
Per quanto riguarda l’aspetto pratico, alcuni accusano che se Dio determinasse chi sarà salvato e chi no, non abbiamo niente per gli empi. La mia risposta è: “Ha qualcuno qualcosa per gli empi?” Essi dicono: “Sì, se si ravvede.” Io dico: “Se si ravvede, io ho molto di più per lui. Se si ravvede egli è stato eletto, e quindi sarà sicuramente salvato. Ma se non si ravvede, chi ha qualcosa per gli empi?”
Praticamente, questa dottrina ci insegna ad umiliarci. “Non è da colui che vuole, né da colui che corre, ma da Dio che mostra misericordia” [Romani 9:16]. La conclusione è questa: “Colui che si gloria, si glori nel Signore” [I Corinzi 1:31].