Ron Hanko
Siccome la disciplina Cristiana è una cosa così importante, nella Parola sono stabilite attente regole per essa, specialmente in Matteo 18. Queste regole sono essenziali.
Per un motivo: come abbiamo notato, la disciplina ordinariamente inizia con l’ammonizione privata. Quando qualcuno ha peccato contro di noi o ci ha offeso, ci è richiesto di andare da lui ed indicargli il suo peccato, e non come prima cosa renderlo noto alla chiesa.
Vari aspetti di questa disciplina privata richiedono la nostra attenzione. Primo, quando trattiamo privatamente col peccato, è al peccatore stesso che deve essere detto, non ad ogni altra persona. Dire a tutti i peccati di altri è esso stesso il peccato della maldicenza o pettegolezzo ed è un male mortale nella chiesa (Proverbi 26:20-26). Questa è la ragione per cui Gesù dice in Matteo 18:15: “Digli la sua colpa tra te e lui soltanto.”
Secondo, è la persona che è stata offesa che ha l’obbligo primario di andare da chi ha peccato (v. 15). Fin troppo spesso nel nostro orgoglio e rabbia noi attendiamo che la persona che ha peccato venga da noi, ed il risultato è che non siamo riconciliati ad essa.
Terzo, il rimprovero deve essere fatto con umiltà ed amore. In Matteo 18 Gesù chiama “fratelli” i santi che hanno peccato. In II Tessalonicesi 3:15 ci è detto che perfino uno che è stato scomunicato deve ancora essere ammonito “come un fratello.” Troppo spesso il nostro fallimento di guadagnare un fratello è dovuto al modo in cui gli facciamo notare i suoi peccati.
Solo se il peccatore non riceverà l’ammonizione e non si ravvedrà la cosa deve essere sottoposta all’attenzione di altri, ma non con maldicenza. Il peccatore deve essere approcciato nella presenza di testimoni (Matteo 18:16; Numeri 35:30), che pure hanno l’obbligo, se sono convinti che ha peccato, di ammonirlo (Matteo 18:17).
La cosa è portata alla chiesa, che funziona attraverso i suoi anziani ordinati, solo se il peccatore continua impenitente. Allora, alla fine, egli è scomunicato, sia per il peccato che ha commesso che per il suo rifiuto di ravvedersi. Questa scomunica, come la parola stessa suggerisce, include il suo essere escluso dalla tavola del Signore, ed infine dall’essere membro e dalla comunione della chiesa.
E’ buono notare, anche, che la Scrittura parla di ammonizioni, non di una singola ammonizione. L’amore richiede che deve essere concessa ogni opportunità per il ravvedimento. Nell’ammonire, il peccatore deve, per quanto possibile, essere risparmiato, specialmente se si ravvede (II Corinzi 2:5-8). Così la Scrittura dice che l’amore copre il peccato, non per nasconderlo in modo che non sia affrontato, ma per risparmiare al peccatore un’innecessaria vergogna e disonore, se possibile (Giacomo 5:19-20).
In pochi casi, tuttavia, la Scrittura indica che il peccato deve essere immediatamente e pubblicamente rimproverato. Così Paolo trattò Pietro (Galati 2:11-14), probabilmente a motivo della posizione prominente di Pietro nella chiesa. Due casi sono dati in I Timoteo 5:20: lì dove la persona ha peccato davanti a tutti, cioè, pubblicamente; e lì dove la persona è un leader nella chiesa (Paolo sta parlando qui specialmente di anziani).
In questi modi i peccati saranno affrontati nella chiesa e non la distruggeranno. Il nostro santo Dio in questo modo non sarà beffato, ma glorificato nella chiesa, ed i peccatori saranno salvati.
(“The Way of Christian Discipline,” un capitolo tradotto da: Doctrine According to Godliness [Grandville, Michigan, USA: Reformed Free Publishing Association, 2004], pp. 254-255)