Prof. David J. Engelsma
(Da: The Standard Bearer, Vol. 80, n.9)
Dio vuole la salvezza di tutti i Suoi figli eletti. Egli vuole anche che tutti i Suoi figli abbiano la certezza della loro salvezza. Egli vuole che essi abbiano la certezza della loro salvezza appena sono salvati, e vuole che essi continuino ad avere questa certezza fino al loro ultimo respiro. La certezza della salvezza è una parte integrale della salvezza stessa.
La volontà di Dio che tutti i Suoi figli godano della certezza della loro salvezza è un aspetto del Suo amore paterno in Cristo per tutti loro.
Questa volontà di Dio non è assoluta e senza qualifiche, in modo che non lasci mai spazio per l’interruzione di questa certezza, per esempio, quando i figli di Dio soffrono ciò che i Canoni di Dordt chiamano “tristi cadute” nel peccato (Canoni, V:6). Né questa volontà di Dio esclude periodi in cui l’esperienza della certezza è più debole. Né questa volontà di Dio impedisce al diavolo di affliggere i figli di Dio con i dardi infuocati del dubbio, perfino sul loro letto di morte. A queste difficoltà nella vita del credente, aventi a che fare col dubbio, ritorneremo in seguito in questa serie sulla certezza.
Ma queste istanze di incertezza sono le eccezioni, non la regola. Esse sono anormalità nella vita spirituale dei santi, non la normale esperienza. Esse sono ferite gravi afflitte dai nemici della fede, ovvero il peccato e Satana, e non il modo di vivere proprio della fede.
Dio vuole che, in mezzo a tutte le incertezze di questa vita terrestre, noi siamo certi della nostra salvezza. Egli vuole questa certezza per tutti i Suoi figli, non solo per pochi selezionati favoriti. Egli vuole la certezza per coloro salvati di recente, come per i veterani nella vita Cristiana. Egli vuole la certezza per il Cristiano debole, come per quello forte. Egli vuole la certezza per quelli di poca fede, come per quelli che hanno una grande fede. Egli vuole la certezza per colui che è santificato poco, come per il più santo dei santi. Egli vuole la certezza per il figlio di patto nella sua infanzia e gioventù, al principio stesso del pellegrinaggio, come per i nonni anziani, che vedono la patria celeste solo poco distante.
“Soltanto i Suoi migliori e più cari amici”
La verità che Dio desidera che tutti i Suoi figli abbiamo la certezza della salvezza condanna l’insegnamento sulla certezza che prevale nelle chiese Riformate pesantemente influenzate dal Puritanesimo e dal pietismo. Questo insegnamento, a cui si è fatto riferimento nei precedenti editoriali, afferma che soltanto pochi dei figli di Dio arriveranno alla “piena certezza,” cioè, alla certezza, della loro salvezza. Inoltre, questo insegnamento dice che perfino quei pochi che arrivano alla certezza devono combattere col dubbio per molti anni fino a che alla fine la raggiungono.
Secondo questa dottrina, molte persone Riformate credono il Vangelo e mediante la loro fede sono certe che la Bibbia è la Parola di Dio e che Cristo è il Salvatore. Esse hanno perfino fiducia in Lui per la loro salvezza. Tuttavia, a loro manca la certezza. Essi dubitano. Dubitano della loro salvezza. Dubitano della morte di Cristo per loro. Dubitano che Dio li ama. Dubitano che andranno in cielo quando muoiono. La spiegazione, secondo le loro chiese, è che la certezza è soltanto per pochi Cristiani. E perfino questi pochi favoriti acquisiscono la certezza soltanto operando per un lungo periodo di tempo per ottenerla.
Descrivendo la concezione Puritana, che Packer stesso sposa e che ha influenzato ministri e chiese Calvinisti in Olanda, Gran Bretagna, e Nord America, J. I. Packer ha scritto:
“La piena certezza” è una rara benedizione, perfino tra gli adulti [credenti] essa è un grande e prezioso privilegio, non conferito indiscriminatamente. “La certezza è una misericordia troppo buona per i cuori della maggior parte degli uomini … Dio la darà soltanto ai suoi migliori e più cari amici.”
Dopo la fede e la conversione, secondo questi Puritani e i loro moderni discepoli, il convertito non ha certezza. Egli non dovrebbe aspettarsi di averla. Lo Spirito deve darla, e “finchè lo Spirito non lo faccia … [il credente] non ha certezza; il che, dicevano i Puritani, sembra verificarsi con la maggior parte dei Cristiani (J. I. Packer, “The Witness of the Spirit: The Puritan Teaching,” in Puritan Papers, vol. 1 [P&R, 2000], pp. 20-21).
Tale concezione della vita ed esperienza Cristiana passa per grande spiritualità in alcuni circoli.
Sulla base del Vangelo e delle confessioni Riformate, io giudico questa concezione della certezza un pernicioso errore. Essa disonora Dio, Che è un tenero Padre verso tutti i Suoi figli, non soltanto verso pochi favoriti. Essa è distruttiva del conforto di molti del popolo di Dio che languiscono in un oscuro dubbio a motivo di questo insegnamento. Esso crea chiese Riformate e Presbiteriane che non differiscono di una virgola dalla Chiesa Cattolica Romana e dalle assemblee Arminiane, perché tutte, similmente, sono ripiene di membri che professano di credere la Bibbia e di confidare in Cristo, ma che non possono essere certi della loro salvezza.
L’insegnamento che soltanto pochi credenti hanno la certezza divide la congregazione tanto efficacemente e disastrosamente quanto la dottrina di due battesimi. Qui, vicini a Dio, alla tavola del Signore, si trova l’elite spirituale, “i migliori e più cari amici” di Dio. Più in là, lontani da Dio, è il resto, la maggioranza, non meramente degli amici meno cari, ma, per quanto essi stessi ne sappiano, dei nemici di Dio.
Questa dottrina della certezza manda molti all’inferno, perchè il dubitare la promessa di Dio che questa dottrina instilla, nutre, ed incoraggia è incredulità. E l’incredulità condanna.
Qualsiasi sia il modo in cui questa dottrina della certezza può aver trovato ingresso nelle chiese Riformate, esso è un elemento alieno al corpo della verità Riformata. Essa può ben essere una dottrina Puritana, ma non è dottrina Riformata. La fede Riformata non tollera, per anni, intere vite e generazioni, e molto meno promuove, il dubbio. La fede Riformata dà conforto, certezza, sicurezza. Una chiesa Riformata non è una congregazione di persone che dubitano. E’ una congregazione di credenti e i loro figli di patto, che in virtù dello Spirito di Gesù Cristo, senza scetticismo, senza dubbio, possono confessare che possiedono il conforto di appartenere a Gesù Cristo (Catechismo di Heidelberg, D&R 1).
Certezza in Quanto Volontà del Padre
Secondo la dottrina Puritana della certezza, Dio vuole che la maggior parte dei Suoi figli vivano molta, se non tutta, la loro vita dubitando della loro salvezza. Cioè, Egli desidera che essi vivano nel dubbio del Suo amore paterno per loro. Questa è una tremenda condizione spirituale, perché è il terrore dell’odio di Dio.
Questa dottrina diffama la Paternità di Dio.
E’ la volontà di Dio, in quanto il buon Padre celeste, che tutti i Suoi figli conoscano il Suo amore per loro. Dalla Paternità di Dio in Gesù Cristo provengono non soltanto la benedizione della salvezza dei Suoi figli, ma anche il beneficio della certezza che i Suoi figli hanno della loro salvezza.
Vi è forse qualche padre terreno, specialmente un padre Cristiano, a cui piace far passare la maggior parte dei suoi figli una gran parte della loro vita nel dubbio se egli sia o meno loro padre? Vi sono dei genitori Cristiani che vogliono che la maggior parte dei loro figli vivano tutta la loro vita nella paura che i loro genitori li odiano e sono inclini a distruggerli? Vi sono dei genitori Riformati il cui piacere è che la maggior parte dei loro figli sono a tal punto paralizzati dalla paura che non osano nemmeno cenare coi loro genitori?
Non è piuttosto vero che più di ogni altra cosa noi padri terreni vogliamo che tutti i nostri figli siano perfettamente certi che essi sono i nostri figli, che essi sono amati da noi con un amore paterno e sono benvenuti nella nostra comunione? Non facciamo in modo che questo sia loro noto fin dalla loro nascita?
E’ Dio meno Padre di noi?
Dobbiamo realmente supporre che il Padre celeste dimostra una tale estrema parzialità da dare solo a pochi dei Suoi figli favoriti la fondamentale benedizione di far loro conoscere il Suo amore per loro? Dobbiamo veramente supporre che Egli lascia tremare il resto nel dubbio che Egli li odia e probabilmente li dannerà?
Quanto poco sensato per Dio realizzare l’opera della salvezza per tutti i Suoi figli, ma poi lasciarne molti, se non la maggior parte, in costante dubbio di ciò, ovvero di questa salvezza! Dio non vuole semplicemente la nostra salvezza. Egli vuole anche che siamo assicurati di essa, in modo che essa ci fa del bene, in modo che, conoscendola, Lo amiamo, ringraziamo, serviamo, e glorifichiamo.
Dio ha reso noto nella Scrittura che la certezza del Suo amore, e quindi la certezza della loro salvezza, è la Sua volontà Paterna per tutti i Suoi figli. Egli pone sulle labbra di ognuno dei Suoi figli, cioè, ognuno che per la Sua grazia crede in Lui in Gesù Cristo, una preghiera che comincia così: “Padre nostro, che sei nei cieli” (Matteo 6:9). Implicito in questo modo di rivolgersi a Dio è che chi prega conosce Dio come suo Padre a motivo di Gesù Cristo. Questa è la certezza della propria figliolanza e salvezza. Non si può conoscere Dio come proprio Padre senza conoscere se stesso come figlio di Dio.
Se qualcuno dubita della sua salvezza, egli dubita che Dio è il suo Padre celeste. E se dubita che Dio è suo Padre, non può pregare. Per lui, intraprendere l’attività di pregare sarebbe ipocrisia. Confidare che Dio è nostro Padre in Cristo, cioè, la certezza che noi siamo salvati, è la fondazione stessa della preghiera (Catechismo di Heidelberg, D&R 120). Soltanto questa preghiera è accettevole a Dio, ed udita da Lui, cioè quella in cui chi prega ha la ferma fiducia (in tedesco “festen grund”) che, nonostante la sua propria indegnità, Dio udrà di certo la sua preghiera (Catechismo di Heidelberg, D&R 117).
A chiunque Lo teme, deboli e forti, giovani e vecchi, bambini e canuti, Dio dà il Salmo 23 come sua propria confessione: “Il Signore è il mio pastore.” Dire questo, dal profondo del cuore, ovviamente, è avere la certezza della salvezza.
A riguardo di tutti gli eletti, vivificati, credenti membri della chiesa, in qualsiasi stadio del loro sviluppo spirituale, l’apostolo dice in Efesini 3:12: “In [Cristo Gesù nostro Signore] abbiamo libertà ed accesso con fiducia per la fede di lui.” L’apostolo include i figli di patto e i giovani, che egli riconoscerà come membri della chiesa al capitolo 6, versi 1-3, allo stesso modo dei loro genitori.
Non è stato affatto l’aspetto meno serio del grave errore dei Puritani riguardante la certezza, come non è l’aspetto meno serio dell’insegnamento dei loro moderni discepoli, il fatto che, di regola, essi riservarono, e riservano, la certezza per le persone anziane. La certezza giunge soltanto con l’età, di solito l’età avanzata. Ai figli ed ai giovani della chiesa viene insegnato a vivere nel dubbio della loro salvezza. Come risultato essi vivono nel dubbio, in un dubbio terrificante.
Che audace assalto alla Paternità di Dio e che contraddizione della Sua Parola di patto!
Il Padre di patto dice, nel Vangelo e nel battesimo dei figli: “Io sono il Dio in Gesù Cristo dei credenti e dei loro figli.” I ministri Puritani di fatto dicevano ai figli: “Dio non è il vostro Dio, almeno quando siete bambini, e molto probabilmente non fino a che diventiate uomini e donne anziani. Se Egli è il vostro Dio, non potete conoscerlo come tale. Dovete quindi vivere nel terrore di Lui.”
Questa non era soltanto falsa dottrina a riguardo della certezza, ma era anche peccato contro il patto. Negare la certezza ai figli dei credenti è connesso alla falsa dottrina del patto che vede i figli di patto dei credenti, battezzati, come non salvati fino a che non ricevano una “esperienza di conversione.”
Secondo Ebrei 10:19, ogni uomo, donna, e figlio che confida soltanto nell’unico sacrificio di Cristo, rinunciando alle cerimonie dell’Antico Testamento e ad ogni opera umana, ha libertà di entrare nel luogo santissimo. Questa è una gran libertà, perché il luogo santissimo è dove il Dio santo dimora. Ognuno che confida soltanto in Gesù Cristo è esortato non ad acquisire la piena sicurezza della fede, ma ad avvicinarsi a Dio nella piena sicurezza che ognuno di loro ha già. Ognuno di loro ha questa libertà e certezza in virtù della sua fede in Gesù Cristo e in virtù di questa fede soltanto: “in piena certezza di fede.”
In Ebrei 10:19 e a seguire, l’apostolo non sta parlando a pochi selezionati nella congregazione, forse alcuni degli uomini e delle donne anziane che hanno combattuto per cinquanta o sessant’anni e faticato duro tutto questo tempo per ottenere la certezza. Ma egli parla a tutti coloro che professano Cristo e la fede Cristiana con un cuore sincero.
Non vi è bisogno di elaborare ciò che è perfettamente chiaro nell’intera Bibbia: la volontà di Dio per tutti i Suoi figli è che essi godano della certezza della loro salvezza. Il proposito stesso di I Giovanni è che tutti coloro che credono in Gesù Cristo conoscano la loro salvezza. “Queste cose vi ho scritto a voi che credete nel nome del Figlio di Dio, affinchè sappiate che avete la vita eterna, e che crediate nel nome del Figlio di Dio” (I Giovanni 5:13).
Dio vuole che sappiamo che siamo salvati, che abbiamo la vita eterna.
Chi può e deve sapere questo? Soltanto i “migliori e più cari amici” di Dio? Soltanto pochi favoriti tra gli eletti, redenti e rigenerati figli e figlie di Dio?
Il Dio di I Giovanni è molto più Paterno e grazioso dei predicatori Puritani ed i loro moderni discepoli.
“Voi che credete nel nome del Figlio di Dio!” Ognuno che crede nel nome del Figlio di Dio!
Tu credi in Gesù Cristo per come Egli è presentato nel Vangelo delle Scritture? Allora tu hai la vita eterna! Sii assicurato di questo! Sii assolutamente certo di questo!
Non lasciare che alcuno ti derubi di questa conoscenza. Che derubino le tue possessioni, la tua libertà, la tua reputazione, qualsiasi cosa che sia terrena, se così deve essere! Ma non la conoscenza che Dio è tuo Padre a motivo di Cristo e che tu sei il Suo amato figlio o amata figlia!
Non lasciare che Satana ti derubi della tua certezza.
E nemmeno il tuo ministro Riformato.
E non la teologia dei Puritani.