Prof. Herman C. Hanko
(Da: The Standard Bearer, Volume 49, n. 16-17)
La testimonianza Cristiana è un soggetto di considerevole interesse ai giorni nostri. Vi sono varie ragioni per cui ciò accade. Una di queste è che vari movimenti hanno enfatizzato questo aspetto della chiamata del Cristiano molto fortemente. Mi riferisco a movimenti come Campus Crusade, Giovani per Cristo, ed altri simili con i loro rispettivi programmi. Di fatto, ciò è enfatizzato così tanto che sta divenendo gradualmente un sostituto della predicazione del vangelo.
Questa discussione è stata portata avanti nelle chiese. Vi è stato, per esempio, una discussione di recente affrontata in alcuni giornali evangelici e riformati sul soggetto della testimonianza provocatoria in cui uno scrittore si è spinto fino ad affermare: “La testimonianza provocatoria è l’essenza stessa della vita Cristiana.” Questo, tuttavia, è soltanto uno degli esempi di tante discussioni del genere che sono svolte.
Assumendo che la Scrittura di fatto di chiami tutti i credenti ad essere testimoni nel mondo, la discussione è stata portata avanti anche nelle nostre Chiese. E la domanda sorge naturalmente: Come possiamo essere testimoni?
Che questa sia davvero la nostra chiamata è chiaro da passaggi come Isaia 43:10, 12: “Voi siete i miei testimoni, dice il Signore, e il mio servo che io ho scelto, così che possiate conoscere e credere me, e capire che io sono, prima di me non fu formato alcun Dio, nè alcuno vi sarà dopo di me. Io ho dichiarato, ed io ho salvato, ed io ho mostrato, quando non vi era un dio straniero tra di voi, quindi voi siete i miei testimoni, dice il Signore, che io sono Dio.”
E’ anche vero che noi non siamo sempre fedeli nella nostra chiamata come dovremmo. Tuttavia, temo che a volte siamo tentati di seguire i metodi dell’evangelismo moderno. Contro di ciò dobbiamo stare in guardia.
Il Carattere della Testimonianza Cristiana
Prima che ci addentriamo in una vera e propria discussione della nostra chiamata specifica di essere testimoni, dobbiamo chiaramente comprendere cosa è la testimonianza Cristiana. Vi potrebbero essere alcuni che sono impazienti di giungere a discutere questo. Ho sentito dire a volte, per esempio, che passiamo così tanto tempo a discutere le questioni teologiche che sono incluse in questa discussione che non ci mettiamo mai a parlare del compito di testimoniare. Che questa affermazione contenga qualche verità o meno, il fatto è che a meno comprendiamo chiaramente l’insegnamento della Scrittura sul soggetto, andremo malamente fuori strada. Ciò è evidente, da un lato, dal fatto che molto del testimoniare odierno procede da un punto di vista umanistico e accentrato sull’uomo. Il soggetto ruota attorno a ciò che l’uomo deve fare, ciò che l’uomo realizza, in che modo l’uomo risponde, etc. Vi sono molti modi di esprimere questa concezione. Uno sente parlare di “provocare altri con la sfida di accettare Cristo,” “concentrarsi sulla propria prospettiva,” “tecniche per vincere le anime,” “fare pressione per indurre una decisione,” “affrontare l’Italia con Cristo,” “condividere Cristo con tutti gli uomini,” “vincere il mondo per Cristo.” Io considero tutte le espressioni come queste completamente Arminiane e del tutto antiscritturali sia nel modo in cui sono espresse che nella teologia che esse implicano. Tale testimoniare non è la chiamata del Cristiano ed è direttamente contrario alla Parola di Dio.
E’ della più elevata importanza che contro ogni enfasi umanistica di questo tipo siamo teologici anche nell’argomento della testimonianza. Dobbiamo iniziare con Dio, procedere lungo tutto il percorso dal punto di vista di Dio ed il Suo proposito, e finire con Dio soltanto. Soltanto allora adempiremo la nostra chiamata.
D’altro canto, dobbiamo comprendere bene qual è la relazione tra predicare e testimoniare. E’ possibile, presumo, impantanarsi in questa discussione. Qui, anche, si ode spesso il lamento che abbiamo messo così tanta enfasi sulla predicazione del vangelo che, in effetti, abbiamo negato la chiamata del Cristiano di testimoniare. Io non credo che questa obiezione sia vera, ma fatto sta che ci si lamenta di questo.
Ma questo soggetto è importante anche perchè la direzione generale che la testimonianza ha preso oggi fa di essa un sostituto per la predicazione. Non soltanto oggi tutti i Cristiani sono chiamati evangelisti, ma mediante questa terminologia la distinzione tra la predicazione ufficiale della Parola da parte di un ministro ordinato e la testimonianza Cristiana da parte di credenti è offuscata e cancellata. Di fatto, ciò sta divenendo così comune che vi si sta togliendo di mezzo del tutto la predicazione in favore dell’evangelismo e la testimonianza personale. Questo pericolo deve trovarsi in vari movimenti con la loro enfasi su organizzazioni Cristiane separate. E’ una caratteristica dei programmi evangelistici moderni, ed è sempre di più la loro enfasi. Un esempio tratto da una lista di raccomandazioni che un programma evangelistico che ho davanti per rendere l’evangelizzazione efficace in una congregazione, dice: Invitare dal pulpito ad invitare i prossimi non salvati e gli amici al servizio di adorazione. Sermoni sul come testimoniare. Breve sermone per i bambini in addizione al sermone regolare. Opportunità per dare testimonianze personali o per affermare un impegno personale. In connessione con il coinvolgimento congregazionale, le raccomandazioni includono: permettete a più persone di prendere parte ai servizi alla società. Più coinvolgimento per i bambini piccoli. Date più spazio ad espressioni di gioia e contentezza nei vostri servizi di adorazione. Più apertura di fede e non tale formalità nel servizio di adorazione. Più coinvolgimento congregazionale durante il servizio. Abbiamo anche riportato in precedenza come alcuni stanno difendendo un completo smembramento della presente struttura della chiesa e del servizio di adorazione in modo che la testimonianza personale possa essere più efficace.
E dunque anche con in vista queste cose dobbiamo discutere delle relazioni tra la predicazione e la testimonianza.
Se dovessimo formulare una definizione della testimonianza Cristiana, potremmo farlo in questo modo: “Testimoniare è la chiamata della Chiesa di Cristo di testimoniare attraverso i suoi membri delle ricchezze della Parola di Dio a coloro con cui questi membri giungono in contatto, credendo che Dio userà quella Parola secondo il Suo proposito in Cristo.”
Vi sono vari elementi importanti implicati in questa definizione. In primo luogo, dobbiamo essere chiari a riguardo del fatto che Dio è il Solo Che può testimoniare. Con questo noi intendiamo specificamente due cose. Da un lato, Dio è il Solo Che può testimoniare di Se Stesso. Egli soltanto può parlare di Se Stesso e rendere Se Stesso noto in tutte le ricchezze del Suo proprio essere divino ed in tutte le opere che Egli ha determinato di fare. Ma, d’altro canto, perfino quando Dio ci chiama ad essere Suoi testimoni, Dio Stesso testimonia attraverso di noi. Egli ci dà l’abilità spirituale di conoscere la verità. Egli ci dà le parole che dobbiamo dire. Egli presenta l’opportunità e l’occasione di testimoniare. Ed Egli soltanto può rendere quella testimonianza fruttuosa secondo come Lui ha deciso.
In secondo luogo, la testimonianza che Dio dà di Se Stesso è registrata nelle Sacre Scritture. Egli ha fatto sé che la testimonianza di Se Stesso fosse infallibilmente stabilita in forma scritta da santi uomini nella Sua Parola. Qui, quindi, è lo standard di verità ed il solo contenuto della nostra testimonianza. E’ chiaro, quindi, che quando noi testimoniamo, testimoniamo di Dio. Ciò è sicuramente ciò che il passaggio che abbiamo citato sopra da Isaia 43 intende quando dice: “Voi siete i miei testimoni, dice il Signore …”
In terzo luogo, questa testimonianza è stata affidata alla Chiesa. Vi è un passaggio piuttosto significativo in Luca 24:48 in connessione a questo. Lì e nei versi a seguire leggiamo: “Allora egli aprì il loro intendimento così che potessero comprendere le Scritture, e disse loro, Così è scritto, e così bisognava che il Cristo soffrisse, e risuscitasse dai morti il terzo giorno, e che il ravvedimento e la remissione dei peccati fossero predicati nel suo nome tra tutte le nazioni, iniziando a Gerusalemme. E voi siete testimoni di queste cose.” Vi sono alcune caratteristiche interessanti riguardanti questo testo. E’ vero, ovviamente, che questo passaggio si riferisce particolarmente al fatto che la predicazione del vangelo fu affidata agli apostoli, e, attraverso di loro, alla Chiesa del Nuovo Testamento. Ma la verità esposte in questo passaggio sono applicabili anche a questo soggetto della testimonianza.
In primo luogo, è sottolineato nel testo che l’abilità degli apostoli di comprendere le Scritture dipendeva interamente dal fatto che il Signore aprì il loro intendimento. Senza quest’opera di grazia era impossibile per loro, e rimane impossibile per noi conoscere la verità della Parola di Dio. Secondo, con l’intendimento delle Scritture dato loro, gli apostoli sono resi testimoni di tutto ciò che le Scritture dicono. Essi erano, ovviamente, testimoni personali degli eventi della vita, morte e risurrezione di Cristo. Ma essi sono chiamati ad essere testimoni, cioè, a testimoniare di queste cose nella loro opera futura. Ed il punto è stabilito, quindi, che perchè il popolo di Dio sia testimone di Dio e Cristo, è necessario che essi possiedano una comprensione spirituale delle Scritture, e di un tipo tale che dia loro, attraverso la Parola di Dio, una conoscenza personale di Cristo Stesso.
Dunque la chiamata della Chiesa di testimoniare è una chiamata data alla Chiesa come un tutt’uno, ma anche essa è la chiamata particolare di ogni membro individuale che occupa l’ufficio di credente.
E ciò ci conduce alla seconda domanda riguardante la relazione tra la testimonianza e la predicazione.
E’ importante mantenere questa distinzione, specialmente quando le linee tra le due stanno essendo sempre più confuse e cancellate ai giorni nostri, e quando, di fatto, la predicazione sta essendo abbandonata in favore della testimonianza.
La distinzione è principalmente tra la predicazione che è l’ufficiale proclamazione da parte di ufficiali ecclesiastici ordinati mediante i quali di Dio chiama il Suo popolo eletto fuori dalle tenebre nella luce, e una testimonianza che è la testimonianza di ogni membro della chiesa a riguardo dell’eredità che egli possiede in Cristo.
Tra le due vi è la più stretta relazione possibile.
Prima di tutto, la predicazione è la potenza spirituale della testimonianza. E’ attraverso la predicazione che il popolo di Dio è messo in grado di essere testimone di Dio nel mondo. Separati dalla predicazione, dare una vera testimonianza è impossibile. Secondo, la predicazione e la testimonianza si complimentano l’una con l’altra. Il contenuto della predicazione e della testimonianza è lo stesso. I credenti predicano attraverso gli uffici istituiti nella chiesa, mentre essi testimoniano nell’ufficio di credenti. Entrambi sono l’opera di Dio che Egli compie all’interno della Chiesa. Terzo, testimoniare serve la Chiesa e la verità di Dio. Testimoniare può portare alla Chiesa di Cristo. Il nostro Catechismo di Heidelberg parla di ciò nel Giorno del Signore 23 quando spiega che la necessità e il motivo per cui fare buone opere è, in parte, “per poter vincere a Cristo il nostro prossimo con il nostro pio cammino.” Tuttavia, anche in connessione a questo, la cosa importante è che al nome di Dio è data costante testimonianza nel mondo.
La Chiamata
Ciò ci porta in modo specifico alla questione della chiamata a testimoniare.
Noi dobbiamo rigettare su due piedi ogni cosiddetta “testimonianza provocatoria.” Ogni tale tipo di testimonianza che “provoca l’uomo con le pretese di Cristo,” non importa quale specifica forma possa assumere, non ha luogo nella vita della Chiesa o nella chiamata dei credenti. E’ accentrata sull’uomo nel suo intero approccio. E’ Arminiana nel suo carattere con la sua enfasi sull’”accettare Cristo,” “vincere le anime,” “ottenere delle decisioni,” etc. In verità vi è un inevitabile elemento di orgoglio in tutto questo perché l’enfasi ricade sempre su “ciò che noi faremo per Dio.” Vi è un’arroganza ed una presunzione in tutto questo che dovrebbe essere anatema nella vita del Cristiano.
Se ci volgiamo alla nostra chiamata positiva, vi sono vari punti che dovremmo stabilire. In primo luogo, siccome la predicazione del vangelo e la testimonianza Cristiana sono così strettamente connesse, possiamo aspettarci che vi sia un’analogia tra le due in certi importanti aspetti. Mi riferisco specificamente al fatto che il libro di Atti rende molto chiaro che Dio ha sempre diretto il corso del vangelo nelle fatiche degli apostoli. Dio mandò Pietro a Cornelio e Filippo all’Eunuco Etiope. Dio diresse la chiesa ad Antiochia a scegliere Paolo e Barnaba e mandarli a predicare il vangelo. E, di fatto, Dio diresse così strettamente il corso delle fatiche dell’apostolo che a loro “fu proibito dallo Spirito Santo di predicare la parola in Asia, e dopo che giunsero a Misia, decisero di andare in Bitinia, ma lo Spirito non lo permise loro” (Atti 16:6-7). E’ questa medesima verità che i Canoni di Dordt enfatizzano quando parlano del fatto che dobbiamo predicare a tutti quelli “ai quali Dio secondo il Suo beneplacito manda l’Evangelo” (II:5).
Il principio è vero anche per la testimonianza. E’ un principio sicuro da seguire, perché nel seguirlo seguiremo la direzione di Dio. La domanda è, ovviamente, come sappiamo dove Dio ci sta dirigendo a compiere l’opera di testimonianza? La risposta a questo è (ed è questa l’idea che ho cercato di incorporare nella definizione che ho offerto sopra) che dobbiamo testimoniare a tutti quelli che Dio pone sul nostro sentiero. Le Scritture anche suggeriscono questo molto fortemente. Mi riferisco, per esempio, ad un passaggio come I Pietro 3:15: “Ma santificate il Signore Dio nei vostri cuori, e siate sempre pronti a dare una risposta ad ognuno che vi chiede una ragione della speranza che è in voi con mansuetudine e timore.” Se da un lato testimoniare non è qui menzionato in modo specifico, possiamo assumere che questa “risposta che dobbiamo dare per la nostra speranza” è precisamente il carattere genuino di ogni testimonianza. Ma, così ci insegna Pietro, dobbiamo dare una tale risposta a quelli che ci chiedono. Ciò di certo implica che la nostra testimonianza deve essere diretta a quelli che Dio pone, nella Sua provvidenza, in una forma o nell’altra, sul nostro cammino. Dio pone tali persone sul nostro cammino. Dio ci porta in contatto con loro. E poi possiamo essere sicuri che Dio vuole che odano la testimonianza alla verità. E Dio farà l’opera che Egli intende sia fatta. Noi dobbiamo ricordare che testimoniare è l’opera di Dio. Noi non dobbiamo cercare di prendere la situazione nelle nostre mani e cercare di essere più saggi di Dio. Dobbiamo aspettarci che Lui faccia la Sua opera perfino quando Si compiace di usare noi come Suoi strumenti.
La domanda sorge necessariamente in connessione a questo, se il cosiddetto evangelismo porta a porta è una chiamata che appartiene alla Chiesa. Se da un lato non sono pronto a condannare tale tipo di testimonianza, vi sono vari punti che vale la pena di considerare: 1) Tale tipo di testimonianza è quasi sempre infruttuosa, e ciò è da aspettarselo se quanto ho detto sopra è vero. 2) Se tale tipo di testimonianza ha successo è spesso al prezzo di sacrificare la verità al peggio, o, al meglio, di portare nella chiesa chi non è propriamente istruito nella verità di Dio, con il risultato che la chiesa aumenta i suoi problemi con l’aggiunta di membri infedeli. 3) Non credo ci sia assolutamente alcuna utilità nel rendere la Scuola Domenicale un braccio della testimonianza o un braccio dell’evangelismo. L’idea sembra essere che, attraverso la Scuola Domenicale, i bambini sono portati all’interno della Chiesa anche se non lo sono i loro genitori. E alcuni suggeriscono che uno può raggiungere i genitori attraverso i loro figli. Questo mi sembra essere del tutto in contrasto alla verità Riformata del patto, ovvero che Dio salva il Suo popolo nella linea delle generazioni, che Dio salva cioè i credenti e i loro figli. E questa è l’enfasi del libro di Atti, in ogni sua parte.
L’intera domanda sorge a riguardo di quale forma debba assumere la nostra testimonianza. E vi è un punto che qui necessita della più forte enfasi possibile. Le Scritture di certo ci indicano che la più forte testimonianza che rendiamo è la testimonianza della nostra vita. Ciò spesso è disprezzato e perfino ridicolizzato nei nostri giorni di sofisticazione. Viene ridicolizzata come un cercare di scrollarci di dosso la nostra chiamata. E’ disprezzata come non efficace. Ma le Scritture, tuttavia, ci indicano questo.
In precedenza abbiamo citato il passaggio in I Pietro 3:15. In questo passaggio l’apostolo ci indica la nostra chiamata di essere pronti a dare una risposta a quelli che ci chiedono una ragione per la speranza che è in noi. Mentre di certo l’enfasi di questo passaggio ricade sulla nostra prontezza a dare una risposta, è egualmente ovvio che questa risposta presupponga una domanda. E questa domanda concerne la ragione della nostra speranza. Ora è chiaro che se gli empi chiedono una ragione per la nostra speranza, essi sono spinti a fare una tale domanda perchè osservano le evidenze della nostra speranza nelle nostre vite. E l’intero filo del discorso nelle osservazioni di Pietro si accentra sul fatto che viviamo vite che sono espressioni costanti della nostra speranza. Ciò significa che noi viviamo come pellegrini e stranieri in tutta la nostra condotta. Questa vita sarà la vita dell’antitesi, ed essa farà sorgere nelle menti sorprese dei non credenti domande concernenti quella speranza a cui dobbiamo essere pronti a dare risposta.
La medesima verità è insegnata molto chiaramente da Gesù Stesso in Matteo 7:21-23: “Non ognuno che mi dice, Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fà la volontà del Padre mio che è in cielo. Molti mi diranno in quel giorno, Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato nel tuo nome, e nel tuo nome scacciato diavoli? E nel tuo nome fatto molte opere meravigliose? Ed allora professerò loro, Io non vi ho mai conosciuto, dipartitevi da me, voi che operate iniquità.”
Ciò non vuol dire, ovviamente, che la nostra testimonianza non deve anche includere il parlare della verità. Paolo scrive di confessare con la bocca oltre al credere col cuore. Ma il fatto è che qualsiasi testimonianza verbale della verità che non è il frutto di una vita di antitesi e di un pio cammino secondo tutti i precetti della Scrittura, è una vergogna ed un’ipocrisia. In un interessante libro di Michael Green intitolato Evangelismo nella Chiesa Primitiva si discute la questione concernente la testimonianza personale dei santi mediante la quale la Chiesa si diffuse in ogni angolo e fessura dell’impero di Roma. Egli cita da antichi padri della chiesa e commenta sul fatto che la principale testimonianza dei santi era la testimonianza di una vita cambiata, cambiata dalla potenza della grazia. Egli riassume tutto col dire: “A meno che vi sia una trasformazione della vita della chiesa contemporanea in modo che il compito dell’evangelismo è ancora una volta visto come incombente su ogni Cristiano, ed è appoggiato da una qualità di vita che splende di più del meglio che l’incredulità può mettere insieme e presentare, è improbabile che facciamo molti passi avanti attraverso delle tecniche di evangelismo.”
Dunque, mediante una vita pia la potenza della grazia è manifestata in noi, l’attenzione dei non credenti è attratta e suscitata, l’opportunità per dare testimonianza sorge, e la verità di ciò che crediamo e professeremo è sostanziata.
L’Importanza della Testimonianza
E’ a questo punto che dobbiamo fare ogni sforzo per guardare alle cose nella luce appropriata. Noi spesso tendiamo a glorificare la testimonianza porta a porta e qualche tipo di confronto personale. Vi è un certo fascino in queste cose che ci attira. Vi è un qualcosa che lo fa suonare appropriato ed eccitante e che coglie la nostra attenzione. Io temo, però, che vi è anche un elemento di orgoglio e di auto-gloria in un tal tipo di cosa.
Dobbiamo ricordare, dopo tutto, che questa non è la via difficile di dare testimonianza. E’ la via relativamente facile. La via difficile è quella della fedeltà al nostro Dio di patto nella nostra propria stazione e chiamata nella vita. La via difficile è la via di una fedele madre di patto nella sua casa che compie i suoi compiti quotidiani come una donna virtuosa che con contentezza svolge ciò che le è stato assegnato da Do nel quieto timore del Signore. La via difficile è quella di un marito che guadagna il pane nell’occupare il suo posto alla macchina nella fabbrica o dietro ad una scrivania o in un garage ed essere una costante testimonianza della grazia di Dio nel suo lavoro giorno dopo giorno ed in tutte le sue azioni e parole. La via difficile è quella dell’antitesi in un mondo di tenebre e peccato, la via di pellegrini e stranieri sulla terra. E questa è la via che glorifica Dio.
Noi non dobbiamo mai misurare l’importanza di ciò in termini umani. La cosa importante non è vincere anime per Cristo, esaltare noi stessi a motivo di abilità evangelica, o vantarci di avere ottenuto un grande numero di convertiti e pesare il successo in termini di quante decisioni sono state ottenute. Dio testimonia sempre, anche attraverso di noi. Ed Egli usa questa testimonianza come Egli crede appropriato.
Vedete, il punto è che Dio soltanto deve essere glorificato, Egli deve essere glorificato nella Sua manifestazione della Sua opera di grazia nella salvezza della Sua Chiesa secondo il Suo decreto di elezione. E’ una cosa terribile quando ciò non accade. Quando Davide confessò i suoi peccati di adulterio e omicidio a Nathan il profeta, Nathan lo accertò anche che i suoi peccati erano perdonati. Ma allo stesso tempo Nathan disse a David che la spada non si sarebbe mai allontanata dalla sua casa perché aveva dato occasione ai nemici di Dio di bestemmiare. Ciò a volte accade anche nelle nostre vite. Le nostre vite sono occasioni date ai nemici di oltraggiare la causa di Dio. Questo è l’opposto di testimoniare. E’ orribile oltre ogni descrizione.
Sempre la nostra testimonianza deve essere di un tipo tale che punta via da noi a Dio. “Che la vostra luce splenda dinanzi agli uomini così che possano vedere le vostre buone opere e glorificare il Padre vostro che è nei cieli” (Matteo 5:16).
Allora la gloria è di Dio solo. E questo è tutto ciò che conta.
Se vogliamo essere fedeli testimoni, esaminiamo le nostre vite in ogni aspetto, e poi, conformando le nostre vite a Dio e la Sua Parola, avremo opportunità di essere e diverremo fedeli testimoni a Dio in questo presente mondo.