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Il Patto di Dio ed i Figli dei Credenti

David J. Engelsma

Introduzione

Il patto di Dio non è un aspetto relativamente minore e secondario della verità di Dio, e tanto meno una moda teologica passeggera. Piuttosto è una delle più prominenti, più importanti dottrine della Sacra Scrittura, se non la grande verità che si trova al cuore stesso dell’intera rivelazione biblica.

Questo è il modo in cui i teologi Riformati hanno sempre visto la verità del patto. Il teologo tedesco del 19° secolo Heinrich Heppe, il quale ha scritto un sommario della tradizione Riformata da Calvino ai giorni suoi, ha detto: “La dottrina del patto di Dio con l’uomo è dunque la parte più profonda, l’anima e il cuore dell’intera verità rivelata” (Reformed Dogmatics [London, 1950], p. 281). Egli cita il teologo Riformato del 17° secolo J. H. Heidegger: ” … l’essenza e il centro, come se fosse, dell’intera Sacra Scrittura è il … patto di Dio, al quale … ogni cosa nella Scrittura deve essere riportato” (p. 281).

Herman Bavinck era d’accordo:

La dottrina del patto riveste la massima importanza sia per la dogmatica che per la pratica della vita Cristiana. La chiesa e la teologia Riformata hanno compreso questo più delle chiese e delle teologie Cattoliche e Luterane. Sulla base della Sacra Scrittura, i Riformati hanno concepito l’autentica religione dell’Antico e Nuovo Testamento sempre come un patto tra Dio e l’uomo (Gereformeerde Dogmatiek [Kampen, 1918], vol. 3, p. 220).

Nella sua opera sul posto occupato dai bambini nel patto, Herman Hoeksema ha scritto:

Jachin e Boaz nel tempio della verità di Dio [il riferimento è alle due colonne nel tempio di Salomone menzionate in I Re 7:21 – DJE] sono la verità della grazia sovrana di Dio e la verità del patto di Dio … Questa dottrina [del patto – DJE] è in realtà più caratteristicamente Riformata della dottrina dell’elezione (Believers and their Seed [Grand Rapids, 1971], pp. 9, 11).

La Scrittura stessa mette in evidenza la centralità del patto. La storia di Israele nell’Antico Testamento è storia del patto di Dio con Abraamo e la discendenza di Abraamo. Il fine di quella storia è Gesù il Cristo (Luca 1:72-73). Gesù appare come Mediatore del nuovo patto (Ebrei 8:6; 12:24). L’opera di Cristo, quindi, è lo stabilimento, la realizzazione, e la perfezione del nuovo patto (Ebrei 13:20).

Per questa ragione la Bibbia stessa ha i nomi che ha: le sue due principali divisioni sono chiamate “Antico testamento” e “Nuovo Testamento.” Siccome “testamento” in realtà significa “patto,” noi giustamente ci riferiamo alla Bibbia come il libro sull’antico ed il nuovo patto.

Riconosco prontamente fin da adesso che la dottrina del patto che io presento qui è quella che è stata sviluppata dalle Protestant Reformed Churches [PRC] (Chiese Riformate Protestanti) e che è da esse confessata. E’ importante che il lettore sappia questo. In alcuni circoli Riformati vi è ignoranza della, e confusione intorno alla verità del patto. Questa è una delle ragioni per cui i loro membri possono defezionare da essi ed unirsi a chiese Battiste (sia che siano “Calviniste” o Arminiane, non fa differenza), le quali negano il patto in uno dei suoi elementi essenziali, e cioè l’inclusione dei bambini al suo interno. Alla luce dell’importanza che la dottrina del patto riveste sia nella Scrittura che nella tradizione Riformata, ciò è intollerabile. Le PRC hanno una concezione definita del patto: sappiamo ciò che crediamo riguardo a questa dottrina. Se qualcuno è ignorante o confuso, gli chiediamo di darci ascolto.

Inoltre, vi è differenza, una netta differenza, tra le chiese Riformate riguardo al modo in cui comprendono l’insegnamento biblico e confessionale sul patto. Alla luce dell’importanza della dottrina, queste differenze non sono insignificanti. Siccome la verità del patto si trova al centro di ogni insegnamento della Scrittura, sbagliare qui ha sicure conseguenze negative anche per altri insegnamenti biblici, e in modo particolare la dottrina della grazia sovrana, o “i cinque punti del Calvinismo.” Se qualcuno ha una veduta differente da quella presentata qui, gli chiediamo soltanto di darci buon ascolto, cercando di imparare quello che le PRC credono, ed il motivo per il quale, naturalmente, dovrebbe mettere a confronto la nostra veduta non soltanto con la sua, ma anche con la Scrittura, la sola regola della fede.

Devo anche chiarire fin da ora che la mia enfasi è sul posto occupato dai bambini nel patto, e sulla conversione dei bambini del patto. Questa è l’area in cui vi sono i più netti disaccordi. Non soltanto questa è l’area in cui i Riformati si separano dai Battisti, ma è anche arena di divisione all’interno della comunità Riformata stessa.

Siccome la mia enfasi è sul posto dei bambini nel patto, sarò molto breve nel definire cosa è il patto secondo la rivelazione che su questa dottrina troviamo nella Scrittura. Tuttavia la natura del patto deve essere messa in evidenza, sia perché ciò è basilare per comprendere il giusto posto dei bambini nel patto, e sia perché vi è diffusa ignoranza, confusione, ed errore tra il popolo Riformato per quanto riguarda qual è l’essenza del patto.

Il Patto di Grazia di Dio

Che cos’è il patto di Dio?

Cos’è quel patto che fu stabilito con Abraamo e la sua discendenza, che è stato adempiuto in Gesù Cristo, che ora è fatto coi credenti ed i loro figli, e che sarà portato a compimento perfetto con la chiesa radunata fuori da ogni nazione, dall’inizio alla fine del mondo, alla venuta del Signore?

Il patto è la relazione di amicizia tra il Dio triuno e il Suo popolo scelto in Gesù Cristo.

Che il patto debba essere concepito da noi come una relazione, come un legame di comunione, tra Dio ed il Suo popolo, è provato dai seguenti insegnamenti biblici:

Primo, quando Dio stabilisce il Suo patto con padre Abraamo in Genesi 17:7, Dio Stesso descrive il patto in questo modo: “per essere un Dio a te …” Il patto è questo: Geova è il Dio di Abraamo ed Abraamo è l’uomo di Geova. E’ la speciale, stretta, relazione d’amore tra di loro. Questa descrizione del patto è reiterata volta dopo volta nell’Antico Testamento (Patto) quando il patto è fatto o confermato con Israele. Compare nella significativa profezia riguardante il nuovo patto, Geremia 31:3: “Io farò un nuovo patto con la casa di Israele e con la casa di Giuda,” dice Geova, e poi aggiunge, definendo virtualmente il patto: “ed io sarò il loro Dio ed essi saranno mio popolo.”

Secondo, le fondamentali analogie terrene, o simboli, del patto, sono relazioni, relazioni della natura più intima conosciuta tra gli umani. Se qualcuno avesse qualche dubbio riguardo al fatto che il patto sia una relazione, le seguenti analogie bibliche stabiliscono la questione: la Bibbia ci richiede di pensare al patto come un matrimonio e come una relazione padre-figlio. In Ezechiele 16 il profeta descrive il patto del Signore con Gerusalemme come un matrimonio: “Ora quando io ti passai accanto, e ti guardai, ecco, il tuo era il tempo dell’amore, ed io stesi il lembo della mia veste su di te, e coprii la tua nudità; sì, io ti feci un giuramento, ed entrai in un patto con te, dice il Signore Dio, e tu diventasti mia” (v. 8). Giuda è la moglie di Geova nel patto.

Fin dall’inizio della storia di Israele come nazione, Dio rese chiaro il concetto che il patto tra Lui ed Israele, in base al quale Egli li avrebbe redenti dalla schiavitù d’Egitto, non era nient’altro che una relazione Padre-figlio, perché Mosè disse a Faraone: “Così dice Geova: Israele è mio figlio, il mio primogenito” (Esodo 4:22).

Il matrimonio ed il rapporto padre-figlio sono relazioni d’amore e comunione. Esse sono semplicemente forme speciali di amicizia. Ed il patto è il vero matrimonio e la vera relazione Padre-figlio.

Terzo, abbiamo la spiegazione figurativa del patto definita come il “tabernacolare” di Dio col Suo popolo. In Apocalisse 21 la visione del nuovo mondo e della chiesa perfetta è immediatamente spiegata da una grande voce che dice: “Ecco, il tabernacolo di Dio è con gli uomini, ed Egli dimorerà con loro …” (v. 3a). Il riferimento è a quella costruzione che si trovava al centro di Israele nell’Antico Testamento (Patto): il tabernacolo. Quel sacro edificio era il luogo dove Dio viveva con Israele ed Israele viveva con Dio in dolce comunione. Il cielo sarà il reale, gigantesco tabernacolo, dal momento che la benedizione del cielo sarà la vita del patto: dimorare con Dio. Giovanni applica immediatamente a questa vita di tabernacolo nel mondo a venire le parole che abbiamo visto che descrivono la natura del patto: “… ed essi saranno il Suo popolo, e Dio Stesso sarà con loro, e sarà il loro Dio” (v. 3b).

In questa luce la chiesa deve vedere la più grande e centrale meraviglia della salvezza, e cioè l’incarnazione dell’eterno Figlio di Dio. Il suo significato ci è dato da Giovanni nel suo vangelo, al capitolo 1 verso 14: “E la Parola fu fatta carne, e tabernacolò [questa è la traduzione letterale – DJE] tra di noi …” In Gesù il Dio triuno si avvicina a noi per amicizia, così vicino che diviene uno di noi. Quando lo Spirito del Figlio di Dio crocifisso e risorto ci unisce a Gesù Cristo per fede, noi ci avviciniamo a Dio, così vicino che siamo la sposa di Dio e i figli di Dio.

Il patto non è un contratto consistente di mutue obbligazioni da parte di Dio e del credente. Anche se un matrimonio terreno include mutui doveri da parte di marito e moglie, questi doveri non sono ciò che definisce il matrimonio. Il matrimonio non è i doveri, ma l’unione di due carni in una. Il patto non è un trattato (tantomeno un trattato modellato secondo i profani trattati di Canaan), più di quanto lo sia la relazione tra un padre credente e suo figlio. Né il patto è una promessa, anche se Dio stabilisce il patto col Suo popolo con una promessa. Ezechiele 16:8 distingue chiaramente tra la promessa per mezzo della quale il patto è fatto e sigillato, e il patto in cui Dio entra per mezzo della promessa: “sì, io ti feci un giuramento, ed entrai in un patto con te, dice il Signore Dio, e tu diventasti mia.” Anche se lo sposo prende la sua sposa per mezzo di un voto, un solenne giuramento e promessa, questo voto non è il matrimonio. Il matrimonio è la vita dei due insieme.

Questa comprensione del patto chiarisce ciò che i veri membri del patto dovrebbero aspettarsi da Dio e che è loro richiesto di dare a Dio. Noi dovremmo aspettarci, e dovremo godere del meraviglioso amore di Dio, della deliziosa amicizia di Dio, e della sicurezza confortante di Dio: “Io sono il vostro Dio e voi siete i miei cari amici.” Insieme a questo, naturalmente, ci aspettiamo la Sua cura e benedizione per quanto riguarda sia questa vita che la vita a venire: la salvezza! Si pensi al marito che nutre e si diletta in sua moglie, e al nutrimento e alla protezione che i genitori danno ai loro figli.

Nel patto, Dio ci chiama a dargli il nostro amore, la nostra amicizia, ed il nostro esclusivo servizio con tutto il cuore: gratitudine! Si pensi all’aiuto devoto che il marito desidera da sua moglie e all’onore che i genitori si aspettano dai loro figli.

Siccome l’amicizia di Dio è goduta soltanto attraverso la Sua Parola, il popolo del patto sarà contrassegnato da riverenza per la Scrittura, predicazione del Vangelo, e sano insegnamento dottrinale. Dal momento che esprimiamo la nostra amicizia nella preghiera e nell’obbedienza alla legge, il popolo del patto sarà caratterizzato da preghiera e da obbedienza.

Il cuore dell’esperienza e della vita Cristiana è l’amicizia di Dio in Gesù Cristo. “Quindi io non vi chiamo servi … ma vi ho chiamato amici …” (Giovanni 15:15). Questa è la risposta Riformata alla veduta della vita Cristiana come una “relazione personale con Dio.” Questo protegge il Cristiano Riformato dall’errore mortale del concepire la vita Cristiana come una fredda, formale, esteriore osservanza di regole prescritte e abitudini entrate nell’uso comune. E ciò determina le vite che i Cristiani Riformati vivono l’uno nei confronti dell’altro: il matrimonio è amicizia, la vita di famiglia è amicizia, la vita nella congregazione è amicizia.

Due vitali verità sul patto devono essere notate prima che andiamo procediamo a considerare il posto dei bambini nel patto. Primo, il patto è di Dio. Deliberatamente noi strutturiamo il nostro argomento nel modo in cui facciamo: “Il Patto di Dio …” Il patto è di Dio perché Egli lo concepisce, Egli lo promette, Egli lo stabilisce, Egli lo mantiene, ed Egli lo porta a compimento. Soltanto Lui fa tutto questo, e lo fa senza l’aiuto di Abraamo, di Israele, o della chiesa. Ripetutamente Dio dice: “Io stabilirò il mio patto.” Quando Gerusalemme ha rotto il patto con le sue abominevoli idolatrie in modo che nessun altro giudizio ci si può aspettare che quello che Dio annulli e abroghi il patto, Dio in modo sorprendente dice: “Tuttavia io ricorderò il mio patto con te … e stabilirò con te un patto eterno” (Ezechiele 16:60). Dio non dice mai: “Stabiliamo insieme il nostro patto.” La Scrittura non insegna mai che il patto dipende, per quanto riguarda il suo adempimento, dall’uomo peccatore.

Il patto è un patto di grazia. Questo non è stato mai più evidente che nel momento dell’incarnazione del Figlio di Dio. In pura misericordia e grandiosa potenza, Dio fece l’impossibile: stabilì il nuovo patto. Noi non avemmo niente a che fare con questo, eccetto il fatto che la nostra terribile colpa, totale depravazione, e completa impotenza e miseria resero l’incarnazione e la morte del Figlio di Dio necessaria per lo stabilimento del patto.

Sbagliare a questo punto non è cosa da poco, né una questione secondaria, perché tutta la salvezza sgorga dal patto. Se il patto dipende dall’uomo, allora anche la salvezza dipende dall’uomo. Una dottrina del patto che nega la grazia che sta al cuore della natura del patto necessariamente mina anche i “cinque punti del Calvinismo.”

Ma il patto è di Dio in un senso ancora più profondo. Esso è la rivelazione e la condivisione con noi della vita trinitaria stessa di Dio. La vita stessa di Dio è amicizia. La vita di Dio è amicizia familiare. Il Padre ama il Figlio Che Egli ha generato e il Figlio ama il Padre di Cui è l’immagine, ed Essi sono amici nello Spirito Santo Che procede da Entrambi e nel Quale Essi si abbracciano.

Un mistero? Lo concediamo, se con ciò si intende che vi sono profondità che sorpassano la nostra comprensione. Tuttavia ciò è rivelato. La vita di Dio è vita di patto, vita del tipo Padre-Figlio. E Dio “ci fa entrare” in questa vita, in Cristo, così che la relazione tra noi e Dio è Padre-figlio o Padre-figlia. Come dobbiamo pregare? “Padre nostro!”

Ciò ci conduce alla seconda verità vitale sul patto. Il patto di Dio con noi abbraccia e domina l’intera vita del credente: corpo ed anima, fisica e spirituale, temporale ed eterna, nei riguardi di Dio e dell’uomo; tutto è coinvolto in e controllato, arrangiato, strutturato dal patto. In quanto credente, la mia vita è vita di patto. Dio è il mio Dio, non soltanto nel Giorno del Signore [lett. Sabbath], ma anche durante la settimana; non soltanto nella mia adorazione, ma anche nel mio lavoro, non soltanto nelle mie devozioni, ma anche nel mio matrimonio e nella mia famiglia, non soltanto per quanto riguarda la mia vita ecclesiastica, ma anche per quanto riguarda il mio comportamento nei confronti dello Stato, del mio datore di lavoro, e del mio prossimo. L’amicizia di Dio richiede fedeltà in tutto, controlla tutto, e si mostra dovunque. Essa crea una differenza cruciale nell’esperienza e nel comportamento del credente. Da un lato egli ora possiede gioia, contentezza, e speranza, dall’altro egli cammina in santità.

Questo carattere onnicomprensivo del patto è implicito nelle figure bibliche del matrimonio e della relazione genitore-figlio, con cui esso è raffigurato. L’intera vita della giovane donna è influenzata dal matrimonio ed è richiesta da suo marito. La relazione in cui mia figlia di tre anni si trova nei confronti di sua madre e suo padre controlla la sua intera vita. Ella si comporta, parla, pensa nel modo in cui fa, ed è quello che è, perché è nostra figlia. La relazione con i suoi genitori la modella (un pensiero che fa tremare, come infatti dovrebbe fare, i genitori che temono Dio).

Un aspetto importante delle vite che sono coinvolte nel patto è la famiglia dei credenti, perché i figli dei credenti sono inclusi nel patto.

L’Inclusione dei Figli dei Credenti nel Patto

I figli dei credenti sono inclusi nel patto da bambini, cioè, già al momento della loro concezione e nascita. Essi ricevono il perdono dei peccati attraverso il sangue di Gesù, lo Spirito Santo di santificazione, e l’essere membri della chiesa, da bambini. Essi sono chiamati ad amare, temere, ed ubbidire Dio, da bambini. Ciò perché essi hanno Dio come loro Dio, e sono il Suo popolo, da bambini. Dunque, essi hanno pieno diritto al battesimo. I genitori devono presentarli per il battesimo, e la chiesa che desidera mantenere la pura amministrazione dei sacramenti per come istituiti da Cristo deve badare che ciò sia fatto.

Questa è un’importante caratteristica della centrale dottrina del patto. E’ importante per i bambini. Sono essi figli di Dio o del diavolo? Essa è importante per i genitori. Noi amiamo i nostri figli e consideriamo la loro educazione come uno dei compiti più importanti nelle nostre vite. Possiamo considerarli come figli di Dio? O siamo costretti a considerarli come “piccole vipere” di Satana, come devono fare tutti quelli che negano che i bambini siano inclusi nel patto, e come difatti fecero alcuni teologi Calvinisti, come Jonathan Edwards? L’inclusione dei bambini nel patto è importante per la chiesa. La chiesa si chiede: “Son essi membri della chiesa o si trovano al di fuori?” La chiesa ha una chiamata anche verso di essi, e cioè di nutrirli, proteggerli come agnelli del gregge di Cristo, o essi non sono nient’altro che pagani, piccoli pagani per la precisione, ma comunque pagani come ogni altra persona empia, che la chiesa dovrebbe al massimo evangelizzare?

Ma soprattutto, il posto dei bambini nel patto è importante per Dio. Egli ha detto al principio della storia del patto con Abraamo: “Io stabilirò il mio patto tra me e te e la tua discendenza dopo di te nelle loro generazioni … per essere un Dio a te, e alla tua discendenza dopo di te” (Genesi 17:7). Egli ha ispirato l’apostolo, nel giorno stesso che il patto divenne nuovo, a proclamare come vangelo: “la promessa è per voi, e per i vostri figli … per quanti il Signore nostro Dio ne chiamerà” (Atti 2:39): Rimproverando la Sua moglie infedele, Giuda, in Ezechiele 16:20, Dio, quale un Marito ed un Padre corrucciato, esclama: “E’ questa vostra prostituzione una cosa da poco, che avete colpito i miei figli …?” In Malachia 2:15 Dio condanna il divorzio che era prevalente in Giuda, perché il divorzio mette a rischio la “pia discendenza.” (E anche oggi il Dio immutabile odia il divorzio nella comunità del patto perché esso distrugge i figli che, come figli del patto, sono Suoi figli).

Quanto sia importante per Dio l’inclusione dei nostri figli nel patto è mostrato nel Nuovo Testamento (Patto) dal comandamento di Cristo: “Lasciate che i piccoli bambini (infanti) vengano a me … perché di tali (infanti di credenti) è (costituito) il regno di Dio” (Luca 18:15). Ciò è mostrato anche dall’attenta provvigione che Dio fa ai bambini, come membri della congregazione, in Efesini 6:1: “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore … e voi, padri, non provocate i vostri figli ad ira, ma allevateli nel nutrimento e nell’ammonizione del Signore.”

Qui la fede Riformata, il Calvinismo, si separa da tutti i Battisti. Ogni Battista erra seriamente riguardo ad una verità vitale della dottrina centrale della Scrittura: il patto. Ogni Battista sostiene che i figli dei credenti sono pagani perduti al di fuori della chiesa, senza differenza coi figli dei non credenti. L’annuncio che una chiesa Battista locale pose in un giornale riguardante la maggiore santità dei bambini nella loro congregazione, e cioè la loro obbedienza all’autorità e la loro libertà dall’ubriachezza e dalla fornicazione, ecc., era ingannevole. Non vi sono bambini in quella chiesa. Ogni chiesa Battista nega a tutti i bambini l’essere membro della chiesa. Soltanto le pecore appartengono al gregge Battista, ma non agnelli. Entrare nella chiesa è ristretto a coloro che sono cresciuti e che sono capaci di fare confessione della loro fede. Qualsiasi giovane che si unisce ad una chiesa Battista non lo fa da bambino, ma da individuo maturo. La chiesa Battista non lascerà che i piccoli bambini vadano a Cristo, ma lo proibisce loro.

Tra le altre implicazioni di questo orrendo insegnamento e pratica vi è il fatto che non vi è nessuna base per alcuna speranza dell’elezione e salvezza dei figli dei credenti che muoiono nell’infanzia o nella prima fanciullezza. In realtà, vi è ogni ragione di credere che essi periscono. Essi sono, secondo gli stessi Battisti, fuori della chiesa e del patto di Dio, e fuori della chiesa e del patto di Dio non vi è salvezza.

Alla luce della nostra confessione riguardante l’inclusione dei figli dei credenti nel patto (sul quale fatto non vi è disputa tra il popolo e le chiese Riformate), dobbiamo ora rispondere alla domanda: cosa intendono esattamente la Scrittura e le confessioni Riformate quando esse dicono che i nostri figli sono inclusi nel patto?

I credi Riformati sono chiari ed enfatici riguardo al fatto che i bambini sono inclusi nel patto di Dio. Il Catechismo di Heidelberg insegna che gli infanti devono essere battezzati “perché essi, come gli adulti, sono inclusi nel patto e nella chiesa di Dio, e dal momento che la redenzione dal peccato attraverso il sangue di Cristo e lo Spirito Santo, autore della fede, è promessa loro non meno che agli adulti …” (D. 74).

La “Forma per l’Amministrazione del Battesimo” Riformata, assicura ai genitori credenti e la congregazione che “i nostri piccoli bambini … sono di nuovo ricevuti in grazia in Cristo …” Essa insiste, appellandosi in modo potente e decisivo, all’unità del patto in entrambe l’antica e nuova dispensazione, che “gli infanti devono essere battezzati come eredi del regno di Dio e del Suo patto.” E nella preghiera di ringraziamento essa pone sulle labbra Riformate parole di lode, gioia, e conforto: “Tu hai perdonato a noi, ed ai nostri bambini, tutti nostri peccati, attraverso il sangue del Tuo amato Figlio Gesù Cristo, e ci hai ricevuti attraverso il Tuo Santo Spirito come membri del Tuo unigenito …” Nel voto al battesimo, i genitori confessano di credere che “nonostante i nostri figli sono concepiti e nati nel peccato, e sono quindi soggetti ad ogni miseria, sì, alla condanna stessa, tuttavia essi sono santificati in Cristo, e quindi, in quanto membri della Sua chiesa, dovrebbero essere battezzati.”

La nostra domanda, e cioè cosa significa questo, è occasionata dall’incontestabile fatto che non tutti i figli dei credenti sono salvati. Entrambi i genitori e la chiesa esperienziano il duro, doloroso fatto che alcuni dei nostri figli crescono empi, increduli, e disobbedienti, e periscono. Dio non è il loro Dio, ed essi non sono il Suo popolo. La Scrittura ci prepara a questa amarissima tristezza genitoriale ed ecclesiastica. Abraamo aveva un nipote, Esau, che era un reprobo profano (cf. Genesi 25:19-34; Ebrei 12:16-17; Romani 9:6-13). Deuteronomio 21:18 prescriveva la procedura con la quale i genitori israeliti di figli ingordi, ubriaconi, ribelli e testardi dovevano portarli agli anziani per essere scomunicati e lapidati. Ebrei 10:29 parla del figlio battezzato di credenti nel periodo del nuovo patto che calpesta il Figlio di Dio, ritiene il sangue del patto, col quale è stato santificato, una cosa profana, ed insulta lo Spirito della grazia.

Noi non possiamo presumere che tutti i nostri figli siano rigenerati ed eletti. Presumere questo è contrario alla Scrittura e all’esperienza. Né possiamo essere amareggiati di questo come genitori, perché è per pura misericordia che qualsiasi dei nostri figli è salvato.

Ma cosa intende dunque la fede Riformata con l’inclusione dei figli dei credenti nel patto di Dio?

Vi sono tre possibili spiegazioni all’inclusione dei figli dei credenti nel patto. Tutte sono proposte da varie chiese Riformate.

La prima spiegazione è che a causa della loro posizione privilegiata in una casa Cristiana ed in un ambiente ecclesiastico questi bambini hanno più probabilità di essere convertiti rispetto ai figli dei non credenti. Nei fatti, i bambini non sono salvati, e devono essere considerati tali fino a quanto non diano evidenza di fede, ma, rispetto agli altri bambini, sono in una posizione avvantaggiata per essere salvati. Questa era la veduta di alcuni Puritani e di Jonathan Edwards. E’ la veduta di certe chiese Riformate al giorno d’oggi, come la Free Reformed Church of North America (Chiesa Riformata Libera del Nord America) e le Netherlands Reformed Congregations of the United States and Canada (Congregazioni Riformate Olandesi degli Stati Uniti e del Canada).

Questo punto di vista deve essere rigettato. Primo, non esso rende giustizia al linguaggio della Bibbia o dei credi Riformati. Dio non pone i figli dei credenti meramente in una posizione più avvantaggiata, così da rendere più probabile che essi saranno salvati, ma Egli stabilisce il Suo patto con loro, così da essere il loro Dio. Dio dà ai bambini la promessa dello Spirito Santo di Gesù Cristo. In accordo con questo, la chiesa non li considera e non può considerarli come pagani che hanno un vantaggio nei riguardi di altri pagani. Piuttosto, la chiesa Riformata li considera, e deve considerarli, come quelli “santificati in Cristo.” Secondo, non è vero che i nostri figli, considerati strettamente dal punto di vista della loro condizione naturale sono in una qualche posizione migliore dei pagani del mondo. I nostri figli sono per natura morti nel peccato. Una persona morta in una casa Cristiana e nella sfera nella chiesa non ha alcun vantaggio rispetto ad una persona morta fuori da una casa e da una chiesa Cristiana.

La seconda possibile spiegazione del posto dei bambini nel patto può essere argomentata in modo più persuasivo. Tutti i figli dei credenti senza eccezione sono nel patto in questo senso: Dio promette a tutti loro la salvezza ed estende a tutti il Suo patto di grazia in Cristo. Tuttavia, il vero e proprio adempimento della promessa, la ricezione del patto di grazia, e la vera e propria realizzazione del patto con loro dipende dalla loro personale fede in Cristo e quindi dal loro impadronirsi del patto quando essi crescono. Il patto consiste di promessa e richiesta, e quest’ultima è una condizione che i figli devono adempiere. La promessa da Dio è la stessa per tutti senza eccezione, ma se il figlio non adempirà la condizione della fede, egli perde la promessa. Questa è la veduta delle Reformed Churches in The Netherlands (“Liberated”) (Chiese Riformate in Olanda (“Liberate”), e delle Canadian and American Reformed Churches (Chiese Riformate Canadesi ed Americane).

Il fascino di questa veduta è che essa pone tutti i nostri figli nel patto, senza eccezione. Questo è naturalmente piacevole per i genitori (anche se l’implicazione di questa veduta è che non soltanto alcuni ma anche tutti i figli possono scadere dal patto, cosa che non è tanto piacevole). Inoltre, essa sembra fare giustizia al linguaggio della Scrittura e dei credi. Dio disse ad Abraamo: ” … e della tua discendenza,” non: “e a qualcuno della tua discendenza.” Il Catechismo di Heidelberg dice che gli infanti sono inclusi nel patto, non qualcuno degli infanti. Nella forma per il battesimo noi confessiamo che i nostri figli sono santificati in Cristo, non qualcuno dei nostri figli.

Non sono battezzati tutti i figli dei credenti? Non devono essere tutti battezzati?

Tuttavia, questa veduta è in conflitto con dottrine cardinali della Parola di Dio, dottrine che sono preziose per ogni uomo e ogni donna Riformata, e ciò perché la promessa ed il patto di grazia di Dio ora dipendono dall’opera e dalla volontà del bambino peccatore. Il patto e la sua salvezza sono condizionali, dipendenti dalla fede del bambino, e questo si trova in diametrale opposizione all’insegnamento della Scrittura, con riferimento specifico proprio a questa questione della salvezza dei figli dei credenti: “Così non è né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che mostra misericordia” (Romani 9:16). Inoltre, la fede Riformata ha confessionalmente rigettato la nozione che la fede è una condizione per la salvezza: i Canoni di Dordt al cap. I:9-10, negano che la fede è un “prerequisito, causa o condizione” sulla quale l’elezione e la salvezza dipendono, asserendo piuttosto che “gli uomini sono scelti per la (per ricevere la) fede” (si confronti anche Reiezione degli Errori I:3; III/IV:14; Reiezione degli Errori III/IV:6).

Inoltre, questa spiegazione dell’inclusione dei figli nel patto implica definitamente che la morte di Cristo per alcune persone fallisce di assicurare la loro redenzione. Al battesimo Dio promette a tutti i bambini che Egli darà loro il Suo patto e le sue benedizioni sulla base del fatto che Cristo li lavò tutti nel Suo sangue. Ma la realtà dei fatti è che alcuni di questi bambini periscono. Dunque viene negata la dottrina della limitata, efficace espiazione, almeno all’interno della sfera del patto. Per quanto riguarda i figli dei credenti vi è espiazione universale.

Tuttavia, un altro elemento obiettabile in questa veduta è il suo insegnamento che la promessa di Dio fallisce in molti casi. Dio promette la salvezza ad ogni bambino battezzato di genitori credenti, ma molti di loro non ricevono la salvezza. La parola e la promessa di Dio hanno fallito in tutti questi casi. Esse hanno fallito a causa del fatto che i bambini hanno rifiutato di adempiere la condizione della fede, ma il fatto rimane che esse hanno fallito.

L’obiezione basilare a questa veduta del patto, ed è un’obiezione terribilmente seria, è che essa è conflitto col vangelo Riformato della salvezza per grazia sovrana.

La terza spiegazione noi crediamo che è quella della Scrittura stessa. Anche se tutti i nostri bambini sono nella sfera del patto e quindi ricevono il segno del patto e sono allevati come membri del patto, il patto di Dio, la relazione d’amicizia in Gesù Cristo, è stabilita soltanto con i bambini eletti. La promessa del patto è soltanto per i bambini eletti. La promessa non dipende dalla fede del bambino, ma essa stessa opera la fede con la quale il bambino riceve la grazia del patto in ogni bambino al quale Dio fa la promessa. Sono i bambini eletti nel mezzo della nostra figliolanza fisica che costituiscono i nostri veri figli, proprio come la discendenza di Abraamo non era tutto il numero dei suoi discendenti fisici, ma soltanto Cristo e quelli che sono di Cristo secondo l’elezione (cf. Galati 3:7, 16, 29).

Le basi per questa spiegazione dell’inclusione dei bambini nel patto sono le seguenti: Primo, soltanto questa veduta si armonizza con la regola di fede della Scrittura. La misericordia salvifica, pattale di Dio è particolare, cioè soltanto per gli eletti (Romani 9:15). La predestinazione fa distinzione non soltanto tra la chiesa visibile ed il mondo, ma anche all’interno della chiesa visibile stessa (Romani 9:10-13). La salvezza di Dio non dipende mai dalla volontà o dall’azione del peccatore (Romani 9:16). La morte di Cristo è efficace (Romani 5:6-11). La promessa di Dio è sicura per tutta la discendenza (Romani 4:16).

Secondo, la Scrittura stessa fornisce esattamente questa spiegazione riguardo alla questione qui discussa. Essa fa questo da Romani 9:1 in avanti. La preoccupazione di Paolo è che così tanti figli carnali di Abraamo periscono alla luce della promessa di Dio ad Abraamo di stabilire il Suo patto con la discendenza di Abraamo (vv. 1-5). La difficoltà principale dell’apostolo non è che periscano dei parenti cari (anche se egli vorrebbe poter desiderare di essere maledetto per questi fratelli, v. 3), ma che potrebbe sembrare che “la parola di Dio non ha avuto alcun effetto,” cioè, che la promessa di Dio ha fallito di stabilire il patto con molti di quelli ai quali la promessa fu data (v. 6). Ma, in realtà, nemmeno in un caso si tratta di un impotente fallimento della promessa, perché? Perché la discendenza di Abraamo, alla quale la promessa fu data, non è mai stata tutta la discendenza fisica di Abraamo, tutti i figli della carne. “Perché non tutti quelli che sono di Israele sono Israele, né perché essi sono la discendenza di Abraamo essi sono tutti figli, ma ‘in Isacco sarà chiamata la tua discendenza.’ Cioè, non quelli che sono figli della carne sono figli di Dio, ma i figli della promessa sono ritenuti discendenza” (vv. 6b-8). Vi è distinzione tra due tipi di figli del credente Abraamo: figli della carne e figli della promessa. E questa distinzione è determinata dall’elezione e dalla riprovazione, illustrata chiaramente dalla storia di Giacobbe ed Esau (vv. 9-23).

La difficoltà di Paolo è esattamente il nostro problema. Per promessa, Dio include i nostri figli nel Suo patto di salvezza; ma non tutti i nostri figli sono salvati.

La soluzione della Scrittura alla difficoltà dell’apostolo risolve anche il nostro problema. I figli dei credenti a cui Dio promette graziosamente di essere membri nel patto non sono tutta la figliolanza fisica dei credenti. Essi sono piuttosto i “figli di Dio” nel mezzo della nostra figliolanza. Ed i figli di Dio sono quelli che sono scelti in Cristo. Questi sono i soli che Dio ritiene discendenza quando dice: “Io sarò il Dio della tua discendenza.” Questi, e questi soltanto, sono “i figli della promessa.” Ad essi, e soltanto ad essi, è data la promessa. In ognuno di loro la promessa opera efficacemente la fede in Gesù Cristo.

Terzo, questa comprensione del posto dei bambini nel patto si trova nella tradizione Riformata. Distillando l’essenza della tradizione Riformata dai teologi Riformati più prominenti, Heppe cita J. H. Heidegger quando esprime la veduta Riformata:

Per quanto riguarda gli adulti, il battesimo esterno non sigilla la grazia interna per tutti loro, ma solo per quelli che portano nei loro cuori una fede che è il contrario di un falso e la confessano in parole. Né è così per tutti i figli di genitori credenti, ma soltanto per gli eletti il battesimo è il segno della rigenerazione e della grazia spirituale universale. Anche se è giusto e pio nel caso di tali bambini individuali avere buone speranze del giudizio di carità, non nel caso di tutti è così (Reformed Dogmatics [London, 1950], pp. 622-623).

Questa è stata una veduta prominente nella teologia Riformata olandese fin dalla Afscheiding (Secessione) del 1834. Nel suo libro, Prediking en uitverkiezing (Predicazione ed Elezione [Kampen, 1959]): il Professor C. Veenhof, lui stesso un avvocato della posizione che tutti i figli dei credenti sono nel patto per una promessa condizionale, riconosce che la posizione che fa riferire la frase nella formula battesimale “i nostri figli … sono santificati in Cristo,” ai bambini eletti era forse la posizione dominante nelle chiese della Secessione. Questa era la veduta di Simon Van Velzen, l’importante teologo delle chiese della Secessione (cf. Veenhof, Prediking, da p. 66).

Quarto, soltanto questa veduta è in armonia con le confessioni Riformate. La Confessione di Westminster ritiene che la promessa del patto di grazia deve essere particolare ed incondizionale: “… promettendo di dare a tutti quelli che sono ordinati a vita il Suo Santo Spirito, per renderli volenti e capaci di credere” (VI:3). Nel capitolo sul battesimo, questo credo Presbiteriano insegna che la grazia promessa nel battesimo è strettamente controllata dalla predestinazione eterna di Dio:

… la grazia promessa non è soltanto offerta, ma realmente esibita e conferita dallo Spirito Santo, al quale (sia ad infanti che adulti) quella grazia appartiene, secondo il consiglio della volontà di Dio nel Suo tempo stabilito (XXVIII:6).

I Canoni di Dordt restringono la promessa del vangelo ed i sacramenti ai credenti (III/IV:8). Dal momento che la fede è il dono di Dio agli eletti (III/IV:14; I:9), la promessa è per gli eletti. Essa, quindi, non può fallire (V:8).

Da nessun altro punto di vista può essere vero l’insegnamento del Catechismo di Heidelberg nella Domanda 74 o le affermazioni nella forma del battesimo, e cioè che i nostri bambini sono “eredi del regno di Dio e del Suo patto” e che essi sono “santificati in Cristo.” Se il riferimento è ad ognuno dei figli dei credenti, non soltanto gli eletti tra di loro, è semplicemente falso che “la redenzione dal peccato attraverso il sangue di Cristo, e lo Spirito Santo, autore della fede, è promessa ad essi” (Catechismo di Heidelberg) o che essi sono “santificati in Cristo” (forma battesimale).

Dio realizza il Suo patto nella linea delle generazioni. Egli raduna la Sua chiesa d’età in età dai figli dei credenti. Come i Puritani erano entusiasti di dire: “Dio proietta la linea dell’elezione nei lombi dei genitori pii.” A motivo dei bambini eletti, tutti sono battezzati.

E’ l’elezione pattale di Dio che determina il punto di vista che i genitori credenti e la chiesa assumono nei riguardi dei bambini e che governa il loro approccio nell’allevarli. Noi non li vediamo come pagani non salvati (“piccole vipere”), anche se vi potranno benissimo essere delle vipere tra di loro, più di quanto non vediamo la congregazione come un raduno di non credenti a causa del fatto che tra i santi vi è la presenza di non credenti. Ma noi li vediamo come figli di Dio.

Questa questione di come i genitori e la chiesa devono vedere i bambini è di grande importanza pratica. La veduta dei bambini di Jonathan Edwards, “piccole vipere,” accoppiata ad una tendenza a basare la sicurezza di esser figli di Dio su una soggettiva e dubbia esperienza, può benissimo essere stata una delle cause principali dell’esaurimento del patto nel New England, inclusa la chiesa stessa di Edwards. I bambini impararono la loro lezione dal loro grande insegnante: le piccole vipere crebbero e divennero grandi vipere. In questo vi fu un giudizio di Dio. Chiamare impuro ciò che Dio ha purificato è proibito (Atti 11:19). Anche se, come i loro genitori credenti, essi ritengono una natura viperina, i bambini del patto non sono vipere, cioè, figli del diavolo, ma figli di Geova (Ezechiele 16:20-21). Essi non sono carne di peccato, spiritualmente simili al diavolo, ma essi sono santi (I Corinzi 7:14). Non similmente ai figli della disubbidienza, che sono governati dal principe della potenza dell’aria così da indulgere nelle concupiscenze della loro carne (Efesini 2:1-3), i figli battezzati dei credenti sono nel Signore Gesù così che essi onorano i loro genitori [“nel Signore” – N. d. T.] (da Efesini 6:1).

Il medesimo risultato dell’errore di vedere i figli dei credenti come pagani non salvati appare nelle chiese che sostengono questa veduta al giorno d’oggi. Di regola queste chiese sono piene di giovani che non riescono ad essere sicuri di essere genuini credenti e figli di Dio salvati. In verità essi diventano vecchi e muoiono senza mai godere del conforto del patto con Dio o essere capaci di sedersi col loro Amico di patto alla tavola del patto, anche se, abbastanza stranamente, gli viene permesso di fare pubblica confessione di fede e di essere membri della congregazione (cf. C. Steenblock, Rondom Verbond, Roeping en Doop [Gouda, The Netherlands, 1979], pp. 44-45; anche C. Hegeman, Explanation of the Reformed Doctrine [Stickney, SD, 1965], p. 70). E i pochi che giungono ad essere sicuri della salvezza, derivano questa sicurezza non dalla promessa del patto e del battesimo, ma da qualche esperienza mistica.

Vedendo i bambini come bambini del patto di Dio, i credenti devono approcciarli, nel loro insegnamento e nella disciplina, come bambini eletti, anche se vi potranno benissimo essere dei reprobi e degli irrigenerati tra di loro. Ma è l’elezione a determinare l’approccio. Tutti i figli devono ricevere l’istruzione che i rigenerati devono avere e dalla quale trarranno profitto. Per mezzo di questa educazione nel nutrimento e nell’ammonizione del Signore, la promessa del patto opererà il frutto della conversione nei bambini eletti.

La Chiamata a Conversione dei Figli dei Credenti

Infine, ci troviamo di fronte alla domanda: quale è il posto che occupa la conversione nella vita del bambino del patto? Ha essa un posto, o per lui non è necessaria? Se la conversione occupa un posto nella sua vita, è esso importante, perfino necessario, o è in qualche modo da essere minimizzato?

Queste sono domande importanti per il genitore credente e per la chiesa Riformata. Quale deve essere la loro attitudine per quanto riguarda la conversione dei loro figli? Dopo tutto, se la conversione è necessaria, essi devono essere gli strumenti nella mano di Dio per tale conversione. Dovrebbero coscienziosamente pregare per la conversione dei loro figli? Dovrebbero chiamare con urgenza i figli a conversione?

La questione della conversione è vitale per il bambino stesso. Dovrebbe egli cercare questa realtà e farne esperienza nella sua vita? Se sì, come deve aspettarsi di farne esperienza? Può, in assenza di conversione, considerarsi un candidato appropriato per la pubblica confessione di fede ed un degno partecipante alla Cena del Signore? Può, a prescindere dalla conversione, avere la certezza della salvezza, semplicemente perché è figlio di genitori credenti ed è stato battezzato?

Ammettiamo che vi sia il pericolo che l’importante posto occupato dalla conversione nella vita del bambino del patto sia negletto sia dai genitori che dalla chiesa Riformata, e quindi anche dal bambino. E’ possibile che questa negligenza sia dovuta ad un fraintendimento, come se menzionare la conversione del bambino del patto minacciasse o la verità che la salvezza del bambino è il frutto del patto o quella che nel patto è Dio soltanto Che salva il bambino. In parte, l’esitazione da parte dei Cristiani Riformati di parlare di, e molto meno di enfatizzare la conversione dei bambini del patto è dovuta alla loro reazione nei confronti del peccato contro il patto di Dio che diviene sempre più popolare oggigiorno nei circoli Riformati, ovvero che i giovani Riformati, battezzati, del patto sono resi oggetto di “evangelismo” che li vede e approccia come peccatori non salvati che devono essere salvati accettando Cristo. Se è questo che si intende per conversione del bambino, i genitori Riformati e la chiesa Riformata rigettano ciò nel nome del patto di Dio sigillato ai loro bambini nell’infanzia.

Ma questi fraintendimenti ed errori potrebbero non essere decisivi per quanto riguarda la risposta alla questione riguardante la conversione del bambino del patto. La Scrittura soltanto è decisiva.

Primo, la conversione è sempre l’opera dello Spirito Santo in libera, sovrana grazia. Ciò è vero nel campo missionario, ma anche nel patto. La conversione non è mai un’opera del peccatore che si guadagna o ottiene la grazia di Dio. Convertire noi stessi non è un prerequisito per entrare nel regno di Dio. Anche se siamo attivi nella conversione, perché noi crediamo, ci ravvediamo, e ci volgiamo a Dio, la nostra attività è causata dallo Spirito Santo.

Secondo, la conversione ha un posto nella vita dei bambini del patto, e questo posto è che la conversione è necessaria. La parola di Cristo in Matteo 18:3 si applica ai figli dei credenti: “Se non vi convertite … non entrerete nel regno dei cieli.” I bambini del patto devono ricevere il dono del ravvedimento. Essi devono avere la fede conferita, ispirata ed infusa in loro. Essi devono volgersi a Dio come loro Padre celeste nella Cui volontà essi prendono diletto.

Terzo, la conversione stessa è il frutto del patto. Essa è l’effetto ed il beneficio della promessa del patto. La promessa di Dio ai bambini eletti, significata e sigillata al battesimo, opera in loro la conversione. L’amicizia di Dio, esperienziata da loro nello Spirito Santo, li fa volgere via dal peccato e verso Dio. Siccome Dio li include nel patto, per una promessa di grazia, la loro conversione è certa.

Quarto, i genitori e la chiesa non soltanto possono ma a loro è solennemente richiesto da Dio di chiamare i loro figli a conversione. Essi devono fare questo sia per quanto riguarda peccati specifici, come per l’intera vita del bambino. Essi fanno questo, non soltanto dicendo: “Credi!” “Ravvediti!” ma anche attraverso una completa, attenta istruzione nell’intero vangelo della Scrittura, con la disciplina e con il pio esempio. Dio opera la conversione attraverso la Sua Parola. Quindi, la chiesa ed i genitori insegnano ai bambini la Bibbia. Egli opera la salvezza anche in risposta alle preghiere. Quindi, la chiesa ed i genitori devono pregare per la conversione dei figli.

Quinto, ai bambini deve essere insegnato a fare esperienza della conversione, a trovare la conversione nelle loro vite. Questo è vero particolarmente, anche se non esclusivamente, nel momento della loro pubblica confessione di fede e nella celebrazione della Cena del Signore. Nessuna persona inconvertita può avvicinarsi alla tavola del Signore. Nessuna che dubiti la sua conversione può farlo. Tuttavia, l’esperienza della conversione non è qualche sensazione misteriosa, indescrivibile, inesplicabile. Piuttosto è una sentita tristezza per il peccato, vera fede in Gesù Cristo, ed una sincera determinazione di amare Dio ed il prossimo.

Né la conversione dei bambini del patto è di regola un cambiamento improvviso e drammatico negli anni dell’adolescenza, o più tardi. La storia della conversione del ladrone penitente e di Saulo non è la norma per i figli eletti nati ed allevati nel patto. Di solito, essi sono convertiti fin dalla prima infanzia. Questa è l’implicazione del quinto comandamento della legge. Dai primissimi anni, i bambini sono convertiti a Dio in modo che essi sono capaci di onorare i loro genitori a motivo del timore di Geova Dio il Quale li ha redenti dal peccato e dalla morte attraverso il sangue di Gesù Cristo. Ciò è espresso anche nel Salmo 71. Dio è la fiducia del bambino del patto, di regola, dalla sua fanciullezza (v. 5), perché Dio l’ha istruito fin dalla sua fanciullezza (v. 17). La relazione di patto risale al concepimento e alla nascita (v. 6). Anche se vi sono periodi di lotta, dubbio, e di momentaneo allontanamento da Dio, vi è un graduale sviluppo in una giornaliera, continua conversione in sempre più profonda tristezza, più ferma fede, e più ardente amore.

Il rifiuto di convertirsi è la manifestazione del bastardo, del figlio carnale di credenti che non è un genuino, spirituale figlio o figlia (Ebrei 10:29). Anch’egli è chiamato a convertirsi. La conversione è il suo dovere. Un rifiuto lo espone a severissima punizione. Sarà più tollerabile nel giorno del giudizio la sorte di Sodoma che la sua. Quando si manifesta come non spirituale e incredulo rifiutandosi di fare confessione di fede, negligendo i mezzi di grazia, fornicando e ubriacandosi e facendo uso di droga, con impenitenza nei riguardi di questo malvagio modo di vivere, deve essere scomunicato dalla chiesa per mezzo della disciplina. Come Deuteronomio 21:18 richiede, i genitori stessi devono cooperare in quest’opera ecclesiastica, ponendo l’onore del Nome di Cristo ed il benessere della congregazione al di sopra dell’amore naturale per loro figlio.

Una delle più forti obiezioni dei Battisti contro il battesimo degli infanti è che riempie la chiesa di giovani persone, che poi diventano adulte, che sono manifestamente non spirituali, mondane, ed immorali. Né può essere negato che alcune chiese Riformate stesse espongono a questa accusa la verità del patto con la loro tolleranza dell’empietà dei giovani e con il loro rifiuto di disciplinare anche i più sfacciati trasgressori nel loro mezzo. Tutti sono presunti essere rigenerati e salvati. Il risultato di questa presunzione è la morte della chiesa, perché la discendenza carnale e profana giunge a dominarla, e alla fine scaccia via i figli spirituali. Queste chiese non prendono l’elezione seriamente. Non tutti i bambini sono inclusi nel patto e nella chiesa di Dio, ma soltanto gli eletti. Gli eletti si manifestano tali con la santità di vita. Quelli che sono impuri devono essere disciplinati sia con severa predicazione che con censura ecclesiastica.

Questo è un grande dolore sia per i genitori che per la chiesa. E’ la piena responsabilità dell’ingrato che crocifigge da sé stesso il Figlio di Dio di nuovo e Lo espone ad infamia. Ma non è evidenza del fallimento della Parola di Dio. Perché la grande verità nella sfera del patto è questa: “Io avrò misericordia su chi avrò misericordia …” (Romani 9:15). Come in Israele sotto l’antico patto, così nella chiesa nel nuovo “l’elezione l’ha ottenuto, ed il resto è stato accecato” (Romani 11:7).

Questa è una dottrina del patto fortemente biblica. E’ in pieno accordo con le confessioni Riformate, ha un posto onorevole nella tradizione Riformata, sostiene ed esalta la grazia di Dio nella salvezza, fornisce conforto a genitori e bambini allo stesso modo. Volendo menzionare uno degli aspetti di questo ricco conforto: soltanto questa dottrina del patto mette in grado i genitori credenti di portare alla tomba il corpo dei loro infanti morti prematuramente senza dubitare dell’elezione e della salvezza: “Siccome … i figli dei credenti sono santi … in virtù del patto di grazia, in cui loro, insieme ad i genitori, sono compresi, i genitori pii non hanno ragione di dubitare dell’elezione e della salvezza dei loro figli che a Dio piace chiamare fuori da questa vita nella loro infanzia” (Canoni di Dordt, I:17).

Essa inoltre è pratica. Riferendoci qui soltanto alla chiamata dei genitori credenti, questa dottrina provvede le basi per avere dei figli, indica l’approccio positivo da avere per quanto riguarda la loro educazione, fornisce il contenuto della loro educazione, e dà incoraggiamento in tempi di lotta e di delusione.

Quindi, io testimonio di questa dottrina del patto di Dio con franchezza, e lo faccio con fervore perché io stesso ho fatto esperienza della sua verità: figlio di genitori credenti, battezzato nell’infanzia, convertito nel grembo di mia madre, guidato nella buona via del Signore per mezzo dello Spirito di Cristo fin dalla primissima infanzia, conoscendo Dio come mio Amico, senza terrore davanti a Lui, sotto il vangelo della grazia incondizionata, e, benchè in modo imperfetto, amando dall’infanzia Colui Che, avendomi guardato con grazia nella mia infanzia, mi ha incorporato da bambino attraverso il Suo Spirito nel Suo Figlio, Gesù, seppellendomi nella morte di Gesù e risuscitandomi con Lui in novità di vita.

Io, e la moltitudine dei figli del patto come me, non possono che rendere testimonianza al patto di Dio. La nostra testimonianza è la testimonianza della gioia irreprimibile:

Quando il Signore le nazioni conterà,

Figli e figlie Egli vedrà

Nati a vita eterna in Sion,

Con gran gioia canteran:

“Benedetta Sion, tutte in te le nostri fonti son,

Benedetta Sion, tutte in te le nostre fonti son.”

Per altre risorse in italiano, clicca qui.

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