Cristo edificherà la Sua Chiesa (1)
Rev. Angus Stewart
Matteo 16 è uno dei più famosi passaggi nell’intera Bibbia. In esso abbiamo la grande confessione di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (16), e la grande promessa di Cristo: “Io edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa” (18). Qui abbiamo anche una controversia con Roma, la quale identifica la persona di Pietro con la pietra su cui la chiesa è costruita. Quindi, reclamando che il papa è il vero successore di Pietro, essi argomentano per il primato papale (che egli è il vicario e rappresentante di Cristo), per l’autorità papale (che egli maneggia le due spade di chiesa e stato) e l’infallibilità papale (che non può errare quando parla ex cathedra in materia di fede e morale). Siccome reclamano che Cristo ha promesso di edificare la chiesa di Roma con il papa a suo capo, allora ognuno (tu incluso!) dovrebbe unirsi alla chiesa Romana.
In Matteo 16, Gesù ed i Suoi discepoli entrano nella regione di Filippi di Cesarea (13). Egli pone una breve domanda: “Chi gli uomini dicono che io il Figlio dell’uomo sia?” (13). I discepoli replicano che non tutti concordano su questo. Alcuni credono che Egli è Giovanni il Battista risuscitato dai morti (come pensava Erode, 14:2). Altri dicono che Egli è Elia (interpretando in maniera errata Malachia 4:5) o Geremia o uno dei profeti. Tutte queste vedute sono errate. Inoltre, i Farisei reclamavano che Gesù era potenziato da Belzebù (Matteo 12:24), ma ai discepoli non fu chiesto cosa pensassero questi falsi insegnanti.
Allora Gesù pose ai dodici una domanda più personale e penetrante: “Ma chi dite voi che io sia?” (16:15). Simon Pietro rispose per se stesso e per i suoi compagni: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (16). Questa è una sorprendente confessione da vari punti di vista. Primo, vi è il contenuto della confessione. Considerate i titoli che Pietro ascrive a Gesù: “il Cristo” e “il Figlio del Dio vivente” (16)! Secondo, vi è il momento in cui questa confessione è fatta. Pietro qui sta parlando durante i giorni dell’umiliazione di Cristo e prima della Sua risurrezione, ascensione e spargimento dello Spirito Santo, e quando, come il verso 14 rende chiaro, moltissime persone Lo fraintesero peccaminosamente. Tuttavia Pietro confessa: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (16)! Terzo, vi è l’origine di questa confessione. Pietro era un mero uomo, il figlio di Giona, e la vera identità di Gesù poteva essere afferrata soltanto per grazia divina: “Beato sei tu, Simone Bar-Giona, perché carne e sangue non te lo ha rivelato, ma il Padre mio che è in cielo” (17). In altre parole, Pietro capì chi era Gesù soltanto per una luce divina e spirituale (come disse una volta Jonathan Edwards). Attraverso gli insegnamenti e miracoli di Gesù, il Padre illuminò sovranamente ed efficacemente il cuore di Pietro mediante lo Spirito Santo. Beato è Pietro per essere scelto ad avere una tale meravigliosa conoscenza, quando molti rimangono nell’oscurità! Quarto, questa confessione è anche degna di nota a motivo della sua locazione: Filippi di Cesarea. Questa città era nominata col nome di Cesare Augusto (un imperatore romano) e Filippo (il tetrarca). Essa era situata a nord della Galilea in terre Gentili. Questa grande confessione operata da Dio a riguardo di chi fosse Gesù si sarebbe più tardi diffusa dai Giudei ai Gentili, attraverso tutto l’impero romano e in tutto il mondo, inclusi noi!
Cristo pronuncia queste meravigliose parole: “tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa” (18). Contrariamente a Roma, la pietra su cui Cristo edifica la Sua chiesa non è la persona di Pietro. Roma dovrebbe provare che Pietro fu a Roma, che l’apostolo fu un vescovo a Roma (anche se la Bibbia non conosce tale ufficio di vescovo per come compreso da Roma, e l’ufficio di apostolo include un ministero itinerante), che Pietro ordinò un successore come vescovo a Roma, dandogli autorità papale, e che questa successione è stata mantenuta ininterrotta per 2000 anni (nonostante gli scismi papali che coinvolsero due o tre rivali che pretendevano la sede di Roma allo stesso tempo). Anche se tutte queste cose potessero essere provate (ma non possono essere provate) Roma dovrebbe ancora provare che la dottrina papale è scritturale: il libero arbitrio dell’uomo, il merito umano, la giustificazione per fede ed opere, l’espiazione universale inefficace, la transustanziazione, l’adorazione degli idoli, la Mariolatria, il purgatorio, e tutto il resto delle sue “eresie di perdizione” (II Pietro 2:1).
Si pensi anche all’idea della “pietra” su cui Cristo edifica la Sua chiesa. Una pietra su cui si erige un edificio è la sua fondazione. La fondazione determina la forma e la forza dell’edificio. Ora considerate un edificio che ha come sua fondazione: un uomo, un uomo peccaminoso, uomini eretici (come i papi), mostri di empietà (come molti dei papi sono, anche secondo storici e teologi Cattolici-Romani). Una tale fondazione significa che la chiesa che è edificata su di essa è accentrata sull’uomo. E così Roma insegna la salvezza mediante il libero arbitrio dell’uomo, il merito dell’uomo, l’uomo che ottiene indulgenze e le sofferenze temporali dell’uomo nei fuochi del purgatorio. Il Cattolicesimo Romano insegna a prostrarsi davanti ad idoli fatti dall’uomo, specialmente la vergine Maria (che è descritta come una dea, essendo concepita immacolata dal peccato e assunta corporalmente in cielo), come anche l’adorazione di un uomo, il papa (perché gli è dato più che un onore meramente umano). Anche la messa è del tutto accentrata sull’uomo: un mero uomo fa diventare del pane Cristo (transustanziazione) ed un uomo caduto offre Cristo come un sacrificio senza sangue per i peccati dei vivi e dei morti. Vi è anche la tradizione umana di Roma e la sua gerarchia creata dall’uomo, con il papa a capo della chiesa come il “Santo Padre” e il “Vicario di Cristo.”
Ghiottoneria
Prof. Herman Hanko
Se da un lato il lettore non cita un testo specifico, egli chiede: “Perchè la chiesa sembra virtualmente silente nella predicazione ed insegnamento sul soggetto della ghiottoneria? Ho sentito dire che nel passato la chiesa predicava su di essa mentre oggi noi la pratichiamo!”
La Scrittura menziona il peccato di ghiottoneria più di una volta, anche se non frequentemente. In Deuteronomio 21:20 ai padri di Israele è comandato di portare un figlio ribelle e testardo agli anziani e dire loro: “Questo nostro figlio è testardo e ribelle, non vuole ubbidire alla nostra voce, egli è un ghiotto ed un ubriacone.” Questo comandamento di portare un figlio ribelle agli anziani è ancora vincolante! In Proverbi 23:20-21 Salomone ammonisce il popolo di Dio: “Non siate bevitori di vino, tra i riottosi mangiatori di carne, perché gli ubriaconi ed i ghiotti giungeranno a povertà, e l’assopimento vestirà un uomo di stracci.” I Giudei consideravano la ghiottoneria come un peccato serio, perché essi accusarono il nostro Signore di essere “un ghiotto ed un bevitore di vino” (Matteo 11:19; Luca 7:34). Anche se la ghiottoneria non è menzionata per nome in Proverbi 23:1-3 l’ammonizione è importante: “Quando siedi a mangiare con un governatore, considera diligentemente cosa ti è davanti, e poni un coltello alla tua gola, se sei un uomo dato all’appetito. Non esser desideroso delle sue leccornie, perché esse sono carne d’inganno.” E non farebbe male leggere anche i versi 4-8.
Il lettore assume nella sua domanda che la ghiottoneria è un peccato, ma chiede specificamente perchè i ministri non predicano mai su di essa. Non conosco la risposta, ve ne potrebbero essere molte: il ministro stesso mangia troppo; quando un ministro condanna la ghiottoneria dal pulpito il popolo saluta una tale ammonizione con ilarità (come una volta mi è accaduto); troppi nella congregazione sono ghiotti ed il ministro non vuole offendere; la ghiottoneria è generalmente considerata un peccato generalmente insignificante, non degno della nostra attenzione.
Una ragione, tuttavia, per cui i ministri raramente, se mai, predicano su questo peccato, può essere che la ghiottoneria è difficile da definire. Sospetto che un uomo magro che mangia tutto ciò che vuole e non mette mai su un chilo definirà la ghiottoneria in un modo un po’ differente da una persona che mangia risparmiandosi e tuttavia vede che ogni cosa che mangia si trasforma in grasso.
Un uomo che mangia voracemente e non mette mai su peso può essere colpevole del peccato di ghiottoneria, mentre una persona in sovrappeso no. Non tutte le persone obese sono ghiotte, e non tutte quelle magre sono libere da questo peccato. Gli anziani nella chiesa non scoprono chi è ghiotto entrando in ogni casa e pesando i membri della famiglia su una bilancia che portano con loro.
Un ulteriore problema di non poca significatività è: quanto può mangiare una persona prima di cadere nel peccato di ghiottoneria? O, in termini simili, Quali cibi può mangiare e quali no per mantenersi libero dal peccato di ghiottoneria?
Nei paesi del terzo mondo vi sono pochi ghiotti, lì il problema non è mangiare troppo, ma mantenersi in vita. Noi che viviamo nell’abbondanza dobbiamo considerare che il peccato pertiene specialmente ai nostri tempi e alle nostre circostanze.
Tuttavia, io credo sinceramente che i ministri coscienziosi che sono intenti a predicare l’intero consiglio di Dio e che cercano di applicare quella Parola di Dio alla congregazione predicano certamente sulla ghiottoneria, ma lo fanno senza menzionare specificamente il peccato. In che modo?
La quantità di ciò che mangiamo e beviamo ed i tipi di cibo e bevanda sono tutte cose che riguardano la libertà Cristiana. Esse appartengono a quell’area dove non dovrebbero essere fatte leggi, dove il Cristiano, unto da Cristo ad essere re nella casa di Dio, governa sua moglie coi principi della Scrittura, e dove la sua coscienza è la sua guida, una coscienza vincolata dalla Parola di Dio. E così un ministro coscienzioso predica i principi che stanno alla base di questo peccato. Quali sono alcuni d’essi?
Noi non dobbiamo preoccuparci di ciò che mangeremo e di ciò che berremo, perchè Dio, che si prende cura dei passeri, ha promesso di prendersi cura di noi (Matteo 6:25-34). Molta ghiottoneria inizia col fallire di badare a queste parole di Gesù. Con frigoriferi pieni, ci preoccupiamo costantemente.
Non dobbiamo essere degli asceti che, nell’interesse di rimanere magri, disprezzano i doni di Dio. Dobbiamo riceverli con gratitudine, santificarli con la Parola di Dio e preghiera, e goderne in quanto buoni doni di Dio (I Timoteo 4:1-5).
Non dobbiamo mai pensare al cibo e a ciò che beviamo come fini in se stessi, per essere goduti come fini a se stessi, ma dobbiamo ricordare che la nostra chiamata è cercare il regno di Dio e la Sua giustizia (Matteo 6:33). Cioè, mangiare e bere ci sono dati dal nostro Padre in cielo in modo che possiamo avere la forza di continuare nel nostro pellegrinaggio verso il cielo, mentre siamo ancora sulla terra, per compiere l’opera del regno assegnataci come nostro compito da Cristo.
Se indulgiamo in cibo e bevanda dei più costosi tipi e non diamo ai poveri, il cibo che mangiamo non solo ci renderà grassi, ma diventerà in noi bile sotto la maledizione di Dio. Dio è molto interessato ai poveri.
Così importante è il regno della giustizia di Dio che le sue obbligazioni soprassiedono cibo e bevanda. Se è necessario, come lo è per molti, scegliere tra il pagare la retta per la scuola Cristiana e il cibo, tra predicazione e patate, tra missioni e pesche, le cause del regno di Dio devono venir prima.
Quando, nella nostra affluenza, noi mangiamo ghiottonerie e cibi esotici che non sono buoni per noi, diveniamo ghiotti. Quando mangiamo qualsiasi cibo che fa male alla nostra salute, pecchiamo. Questo non significa che dobbiamo ascoltare tutto quello che dicono i dottori o portarci una bilancina a tavola o contare costantemente le calorie, ma significa che la regola scritturale: “La vostra moderazione sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino” (Filippesi 4:5) è una parola di cui abbiamo molto bisogno ai giorni nostri. Nel mangiare e nel bere come anche in tutte le altre cose, facciamo tutto alla gloria di Dio (I Corinzi 10:31).
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