Gesù Cristo non Permette Donne nell’Ufficio Ecclesiastico!
Rev. Angus Stewart
Il 25 Dicembre 2007, la “reverenda” Christina Bradley non ha predicato nella First Portadown Church (chiesa presbiteriana in Nord Irlanda). Il ministro di First Portadown, il rev. Stafford Carson, si è (a ragione) rifiutato di permettere alla sua “collega” nella Presbyterian Church in Ireland (PCI) di predicare nella sua congregazione. Il moderatore della PCI, il dr. John Finlay, è intervenuto per cercare di “risolvere” la questione delle donne ministro nella sua denominazione: “Noi dobbiamo accomodare entrambi i punti di vista” (giornale Belfast Telegraph, 29 Dec., 2007). Anche se questo recente accaduto ha avuto luogo in Nord Irlanda, tali incidenti si sono verificati e si stanno verificando in tutto il mondo in chiese che si stanno allontanando dalla fede.
Cosa dicono le Scritture? “Le vostre donne tacciano nelle chiese: perchè non è permesso loro di parlare, ma a loro è comandato di essere sottomesse, come dice anche la legge. E se vogliono imparare qualcosa, chiedano ai loro mariti a casa, perché è una vergogna per le donne parlare nella chiesa” (I Corinzi 14:34-35). Il capo della chiesa dichiara che le donne predicatrici sono “una cosa vergognosa,” sia per la donna stessa, sia per suo marito e la sua famiglia, sia per la congregazione. Tuttavia la PCI ha disonorato il Signore Gesù coll’ordinare la sua prima donna al ministero già nel 1976, ed il suo moderatore dice che una tale disgrazia deve essere “accomodata.” Per quanto riguarda il ruolo delle donne e gli uffici speciali nella Sua chiesa istituita, Cristo proclama attraverso il Suo apostolo Paolo: “Non permetto ad una donna di insegnare, né di usurpare autorità sull’uomo, ma che stia in silenzio” (I Timoteo 2:12). Il Signore Gesù non permette che le donne siano ministri, anziani, o diaconi (uffici ecclesiastici che comportano esercitare “autorità”); il re della chiesa chiama questa un’illecita “usurpazione,” nonostante i compromessi e le fandonie della PCI e del suo moderatore “evangelico.”
Tra le qualifiche di anziani (insegnanti o governanti) troviamo le seguenti: “Un vescovo deve essere … marito di una sola moglie” (3:2), una qualifica impossibile per le donne. Similmente, “I diaconi siano mariti di una sola moglie” (12), e “le loro mogli siano dignitose, non calunniatrici, sobrie, fedeli in ogni cosa” (11). Questo insegnamento della Parola di Dio nella prima epistola pastorale (I Timoteo), che proibisce donne ufficiali ecclesiastici, è una parte intrinseca del comportamento pio “nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, la colonna e base della verità” (3:15). Qualsiasi chiesa o denominazione che disubbidisce non sta tenendo alta le verità dell’assoluta autorità della Scrittura, del governo ecclesiastico biblico, o del fatto che Cristo è il capo della chiesa; essa sta agendo come “una colonna e base della menzogna.” Tutti i ministri (ed ufficiali) hanno una solenne chiamata “al cospetto di Dio” e “davanti a Gesù Cristo” (6:13-14). In questo (come in molte altre aree) la PCI, ed altre chiese che stanno apostatando in Nord Irlanda ed altrove, sono infedeli verso Cristo e la Sua Parola. Esse sono state “macchiate” dalla filosofia mondana del femminismo e quindi devono essere “rimproverate.” Quanto terribile sarà nell’ultimo giorno quando Cristo Stesso rimprovererà le donne ufficiali ecclesiastici e le false chiese per aver disprezzato la Sua Parola!
Tutte le donne ufficiali ecclesiastici (come anche tutti gli uomini ufficiali che sono infedeli) ricadono sotto la condanna Scritturale di mercenari e falsi pastori, coloro che corrono senza essere stati mandati da Cristo. L’amministrazione dei sacramenti e la predicazione da parte di donne ministro non sono mezzi di grazia, e i battesimi dispensati da loro sono invalidi, perché tali donne non sono “lecitamente chiamate,” una qualifica indispensabile per chi predica, battezza ed amministra la Cena del Signore (cf. la Confessione di Westminster, 27:4; 28:2, il credo storico delle chiese Presbiteriane).
I tre distintivi della vera chiesa, la fedele predicazione, l’amministrazione appropriata dei sacramenti, e la disciplina ecclesiastica biblica, sono sovvertiti attraverso le donne ufficiali e specialmente attraverso le donne ministro. Ciò è molto serio perché una vera chiesa si riconosce da questi distintivi, ed una falsa chiesa si discerne dal fatto che essi sono corrotti. La falsa chiesa, inclusa una denominazione con donne ministro, “attribuisce a se stessa e alle sue ordinanze più autorità che alla Parola di Dio. Essa non vuole assoggettarsi al giogo di Cristo. Essa non amministra affatto i sacramenti secondo quanto Cristo ha ordinato per mezzo della sua Parola; ma vi aggiunge e toglie a suo piacimento; essa si fonda sugli uomini più che su Gesù Cristo; essa perseguita coloro che vivono santamente secondo la parola di Dio, e la riprendono per i suoi vizi, per le sue avarizie, per le sue idolatrie” (Confessione Belga, Art. 29).
Il santo Dio, che solo deve essere servito dalla chiesa, avverte che gli insegnamenti non biblici tollerati in una chiesa si spandono come cancrena (II Timoteo 2:17), e che “un pò di lievito fa lievitare l’intera pasta” (I Corinzi 5:6; Galati 5:9). Le denominazioni, congregazioni, e membri di chiesa che stabiliscono o accettano donne ufficiali ecclesiastici rattristano lo Spirito Santo, disubbidiscono e disonorano Gesù Cristo, il capo della chiesa, ed avanzano lo sviluppo della falsa chiesa. Il Presbiterianesimo irlandese sta seguendo il femminismo moderno e la “political correctness” del mondo, e non i suoi standard confessionali (i Westminster Standards) e le Scritture ispirate da Dio. “Alla legge e alla testimonianza, se non parlano secondo questa parola, è perché non vi è luce in loro” (Isaia 8:20).
Se John Knox, il padre del Presbiterianesimo Scozzese/Irlandese fosse vivo oggi, potrebbe ben scrivere un altro libro, Il Secondo Squillo di Tromba Contro il Mostruoso Reggimento delle Donne Ufficiali Ecclesiastici nella PCI! (N.d.T. il riferimento è ad un’opera di Knox del 1558 pubblicata contro le donne che occupavano posizioni di autorità nel governo intitolata: Il Primo Squillo di Tromba Contro il Mostruoso Reggimento delle Donne)
L’intervista (in lingua inglese) del rev. Stewart, su BBC Radio Ulster, sulle donne in ufficio ecclesiastico con David Dunseith ed il rev. Ken Newell, è disponibile gratis online (www.cprc.co.uk/womeninofficedebate.m3u) o per € 2 (inclusi imbustazione e spedizione) su cassetta o CD. Per altri articoli a riguardo delle donne in ufficio ecclesiastico scorri la Sezione Italiana della CPRC.
Prepararsi per un Altro Mondo (1)
Prof. Herman Hanko
Ed Io vi dico: “Fatevi amici della mammona di ingiustizia, così che, quando voi venite a mancare, essi possano ricevervi nelle vostre abitazioni eterne” (Luca 16:9).
Un lettore chiede: “Cosa significa Luca 16:9? Che tipo di amicizia può essere fatta con mammona ingiusta, e come possono tali amici ricevere qualcuno in una casa eterna quando uno viene a mancare?”
Questo verso è parte della spiegazione, da parte di Gesù, della parabola dell’amministratore infedele (Luca 16:1-12). Alcuni hanno detto che questa parabola, tra tutte quelle di Gesù, è la più difficile da spiegare. Ciò può essere vero, anche se il significato in generale è chiaro e, in realtà, i Farisei capirono fin troppo bene cosa voleva dire Gesù (v. 14).
Le linee principali della parabola sono queste. Un uomo ricco aveva un amministratore malvagio che era infedele nei suoi doveri di supervisore dei possedimenti del suo padrone. Un amministratore, ai tempi in cui è stata scritta la Bibbia, era un servitore, a volte uno schiavo, al quale, a motivo delle sue abilità, era affidata la responsabilità di sovrintendere a tutti gli affari finanziari del suo padrone. In alcuni casi, era perfino responsabile al badare a che i figli del padrone fossero educati. Nell’Antico Testamento, leggiamo che Giuseppe fu reso amministratore dei possedimenti di Potifar (Genesi 39:4-6, 8-9), ed Eliezer era amministratore della famiglia e degli affari di Abraamo (Genesi 15:2; 24:2). Questi amministratori dovevano sempre cercare il benessere dei loro padroni, perché erano servitori e niente di ciò su cui governavano era di loro proprietà.
In quanto Cristiani sappiamo che tutti i membri del popolo di Dio sono amministratori nella Sua casa. Cioè, la creazione è il mondo di Dio, il Suo possedimento. Egli chiama il Suo popolo ad essere amministratori dei possedimenti che Gli appartengono, ma che sono affidati ai santi mentre in questo mondo li usino per il beneficio del loro Padrone.
L’amministratore infedele nella parabola, che “sprecò i beni del suo padrone” (Luca 16:1) presto si sarebbe trovato senza lavoro. Temendo di rimanere senza mezzi per sostentarsi, fece alcuni passi per assicurarsi il benessere futuro. Essendo troppo orgoglioso per mendicare e troppo fiacco per scavare, decise che si sarebbe fatto degli amici, usando i giorni che gli restavano nel compito affidatogli per guadagnare la lealtà di alcuni dei debitori del suo padrone (3-7).
Questo atto fu malvagio, ma fu una astuta mossa per prepararsi al suo incerto futuro. Era così astuta, infatti, che perfino il suo padrone, mentre soffriva la perdita, non potè che ammirare l’astuzia del fattore (v. 8). Fu una mera trovata terrena, ma, in questo modo, il fattore si preparò bene per il suo futuro.
Questa astuzia meramente terrena suscita questa penetrante osservazione da parte del nostro Salvatore: “I figli di questo mondo sono nella loro generazione più saggi dei figli della luce” (v. 8). In altre parole, su un livello puramente naturale e carnale, gli empi in questo mondo operano meglio di come il popolo di Dio operi sul livello spirituale, nel prepararsi per il loro futuro. Gli empi sanno come risparmiare denaro per la pensione, il governo civile sa come provvedere per i pensionati il suo programma di sicurezza sociale. Gli uomini d’affari sanno come curarsi dei loro impiegati con piani sulla condivisione del profitto, e fondi pensionistici. Ma il popolo di Dio, che ha un futuro splendente e glorioso oltre questa vita nell’eterna beatitudine in cielo con Cristo, molto spesso mostra stoltezza mentre si prepara per quel giorno. In questo mondo gli empi sono più savi dei giusti.
In altre parole, Gesù applica questa sapienza terrena di un uomo empio alla chiamata dei “figli della luce” ad essere fedeli amministratori nella casa di Dio preparandosi per il loro meraviglioso futuro, quando possederanno tutte le cose.
E così possiamo chiaramente vedere cosa intende Gesù coi vari elementi di questa Sua applicazione della parabola. La “mammona di ingiustizia” sono le possessioni terrene, tutta la creazione di Dio, sopra la quale siamo chiamati ad essere amministratori. Essa è chiamata “mammona ingiusta” perché (a) appartiene a questo mondo presente che è sotto la maledizione; e (b) diviene pericolosa e distruttiva quando “sprechiamo i beni del nostro Signore” usando per noi stessi le cose che appartengono a Lui.
L’espressione “quando venite a mancare” si riferisce al momento della nostra morte quando lasciamo questo mondo presente per sempre. Essere ricevuti nelle abitazioni eterne è andare in cielo dove i santi già si trovano e gli angeli dimorano in gloria.
Ma noi siamo chiamati, in quanto amministratori nella casa di Dio, ad usare il mondo di Dio e quella parte d’esso che ci è stata affidata, per prepararci per il nostro futuro, proprio come il fattore ingiusto si preparò per il suo futuro.
In che modo, specificamente, ci prepariamo per il nostro futuro nella nostra amministrazione di ciò che appartiene a Dio? Ci è detto di “farci amici” di queste possessioni terrene (v. 9). Fare amici di queste possessioni terrene è spiegato al verso 10 come essere fedeli e giusti nel nostro uso di ciò che appartiene a Dio e non è mai nostro.
Poi Gesù spiega fino in fondo con grande forza l’importanza di farsi amici con l’ingiusta mammona. Questa ingiusta mammona non è niente di importante ed è chiamata dal nostro Signore “ultima” (v. 10) e “di un altro uomo” (v. 12), ovvero di Dio. Le abitazioni eterne, d’altro canto, sono chiamate “molto” (v. 10) perché sono molto migliori delle possessioni di questa terra. Esse sono chiamate “vere ricchezze” (v. 11) e nostre proprie possessioni (v. 12) in distinzione da queste cose presenti che abbiamo, che appartengono a Dio.
La prossima volta, DV, considereremo più pienamente come tutto questo si applica alle nostre vite, in quanto amministratori di Dio che si preparano per un altro mondo.