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CR News – Maggio 2009 • Volume XII, n.13


Rev. Angus Stewart

Contristare lo Spirito (2)

Non è soltanto un parlare corrotto (Efesini 4:29) che contrista lo Spirito Santo (30). Mentire (25) contrista lo Spirito, perché Egli è lo Spirito di verità. La rabbia peccaminosa (26-27) contrista lo Spirito, perché Egli è lo Spirito di autocontrollo. Rubare (28) contrista lo Spirito, perché Egli è lo Spirito Che opera e ci mette in grado di lavorare onestamente. Il verso dopo il nostro testo elenca altri peccati che contristano lo Spirito: “amarezza,” “ira,” “rabbia,” “tumulto,” “maldicenza” e “malizia” (31). Queste cose sono aborrite dalla celeste colomba e Lo allontanano dai nostri petti.

Si noti che questi peccati sono peccati contro i nostri fratelli e sorelle nella chiesa. Non mentire “perché siamo membri l’uno dell’altro” (25). Non rubare ma lavora per aiutare quelli che sono nel bisogno (28). Usa un parlare sano, non corrotto, “affinchè ministri grazia agli uditori” (29). Invece di “amarezza,” “malizia,” etc. dobbiamo essere “gentili l’uno con l’altro” (31-32). Dunque la proibizione della rabbia peccaminosa (26-27) specialmente ha a che fare con gli altri santi nella chiesa. Se vai a letto la sera senza confessare il male dell’ira contro tuo fratello o sorella, non soltanto stai dando posto al diavolo (26-27), stai anche dandogli spazio per operare attraverso di te distruzione nella chiesa, il corpo di Gesù Cristo. E stai contristando lo Spirito, lo Spirito di amore e comunione.

Al che qualcuno potrebbe protestare: “sono stato amareggiato solo nei confronti di mia sorella, ho parlato duramente soltanto a mio fratello, ho peccato soltanto in una particolare area della mia vita. Non ho realizzato che lo Spirito Santo era coinvolto. Non intendevo contristare Lui!” Non intendevi, ma lo hai fatto. Dobbiamo usare la verità di Efesini 4:30 (nel suo contesto) per combattere contro le nostre iniquità, realizzando che non è soltanto che un “parlare corrotto” e tutte queste altre cose trasgrediscono la legge, ma anche che esse contristano il benedetto Spirito. Di certo, non desideriamo trattare lo Spirito Santo in modo scortese o irrispettoso, o dispiacergli. Non vogliamo che Egli Si ritiri o diparta da noi coi conforti del vangelo di Cristo. Abbiamo bisogno di Lui. Preghiamo per la Sua presenza con noi. Lo amiamo quale Spirito di Dio e rappresentante di Cristo, Che ci fa godere le benedizione del patto di grazia.

Il risultato del contristare lo Spirito Santo non è la perdita della salvezza, perchè ciò sovvertirebbe la preservazione e perseveranza dei santi. Noi siamo proprietà inviolabile di Dio, passato presente e futuro, “voi siete sigillati al giorno della redenzione” (30). Lo Spirito, personalmente, è questo sigillo.

Il risultato del contristare lo Spirito Santo è la perdita della nostra certezza. Questa è la linea di pensiero del testo: “E non contristate lo Spirito santo di Dio, col quale siete sigillati al giorno della redenzione.” Contristare lo Spirito risulta nel Suo ritirare da noi la Sua graziosa operazione di certezza come sigillo (cf. CR News XII:89). Dunque il mentire (25), la rabbia peccaminosa (26-27), il rubare (27), un parlare corrotto (29), “amarezza,” “ira,” “rabbia,” “tumulto,” “maldicenza” e “malizia” (31), come anche altri peccati, specialmente quelli contro gli altri credenti in chiesa, contristano lo Spirito e ci fanno perdere la nostra certezza.

Hai tu la certezza che appartieni a Gesù Cristo, che Egli morì per i tuoi peccati, che tu sei stato scelto in Lui prima della fondazione del mondo, che sei Suo per sempre? Se la risposta è no, vi è qualcosa che non va. Stai contristando lo Spirito peccando contro i santi? Ravvediti, figlio di Dio, e credi nella potenza della croce di Cristo per il perdono e la santificazione!

Quando contristiamo lo Spirito, lo Spirito contrista noi, e anche noi siamo contristati. Voi rispondete: “Ma Efesini 4:30 non dice questo!” Ah, ma ne segue logicamente. Quando noi contristiamo lo Spirito, Egli Si ritira da noi. Ricorda che Egli è il Consolatore! Ritirarsi, da parte del Consolatore, significa che perdiamo conforto e dunque avvertiamo tristezza e dolori nella coscienza, sofferenza! Perdere la certezza in sé è dolore. Non più convinto dell’amore profondo del Padre per te, non certo se sei Suo figlio, camminando nelle tenebre e nel freddo spirituale, cos’altro è questo se non sofferenza! E’ dolore anche per la tua famiglia, gli altri santi e gli ufficiali della tua chiesa, che devono prendersi cura della tua salute spirituale. Ma alla fine e per pura grazia, lo Spirito ci porta al sano dolore del vero ravvedimento!

Quando i Cristiani si sviano profondamente, specialmente se, per esempio, peccando, non vanno più in chiesa per un tempo, le loro intere vite divengono vite di sofferenza. La Bibbia rimane chiusa, perdono ogni gioia della comunione dei santi. Sono pieni di colpa, perdono ogni conforto e divengono profondamente miseri. A volte sprecano perfino il loro tempo e peggiorano le cose andando da psicologi secolari, che cercano di alleviare la loro colpa in modi umanistici invece che indicare loro la croce di Cristo. Il Cristiano addolorato può perfino sprofondare fino al punto di incolpare Dio: “Guarda in che confusione che mi trovo, e Lui non fa niente per me!” E la morte espiatrice del Suo Figlio? Non è questa la cosa centrale che Egli ha fatto per noi? “Perché non mi assicura del Suo amore?” Egli lo ha scritto nel sangue nelle Scritture, che ci dicono che di esso si fa esperienza mentre camminiamo nella luce. “Ma Egli non ode le mie preghiere!” Ma tu cosa stai chiedendo? Che ne dici di andare a Lui con parole tipo: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro te.” Le braccia del Padre sono stese verso di te, il vitello ingrassato è pronto, farai esperienza ancora una volta dello Spirito, che hai contristato, quale sigillo della certezza e benedetto Consolatore!


Giacobbe era Padre di Nazioni?


Prof. Herman Hanko

Genesi 48:19 dice: “E suo padre [cioè, Giacobbe] rifiutò e disse, lo so, figlio mio [cioè, Giuseppe], lo so; anche’egli diverrà un popolo, ed anch’egli sarà grande, ma in verità suo fratello minore sarà maggiore di lui, e la sua discendenza diverrà una moltitudine di nazioni.” Un lettore chiede: “Fu Giacobbe/Israele anche l’antenato di nazioni differenti da Israele (Genesi 48:19)? Se sì, erano esse tutte di lingua Giudaica/Israelita ed Ebraica o no?

L’anziano Giacobbe ha appena pronunciato la benedizione sui due figli di Giuseppe, Manasse ed Efraim. Questa benedizione dei due figli di Giuseppe fu compiuta separatamente rispetto alla benedizione degli altri undici figli. Questa benedizione fu indubbiamente precedente alla benedizione degli altri suoi figli da parte di Giacobbe, perché Giuseppe ricevette parte della benedizione di primogenitura. Giuda ricevette quella parte della benedizione che lo rese signore dei suoi fratelli, e la parte più importante della benedizione, la promessa di patto: Cristo venne da Giuda. Ma Giuseppe ricevette la doppia porzione dell’eredità di suo padre perché egli aveva due tribù tra le dodici: Manasse ed Efraim.

Giuseppe posizionò Manasse in modo che Giacobbe poteva porre la sua mano destra sul suo capo, e Giuseppe pose Efraim dove Giacobbe poteva raggiungerlo con la sua mano sinistra. Giuseppe fece questo perché Manasse era il primogenito ed ordinariamente il primogenito riceveva la primogenitura. La benedizione di Giacobbe con la sua mano destra dava a colui che era così benedetto la preeminenza. Ma quando Giacobbe benedì i due ragazzi, egli incrociò le sue braccia in modo che la sua mano destra fu sul capo di Efraim e la sua mano sinistra sul capo di Manasse. Egli fece questo perché Efraim, anche se non era il primogenito, avrebbe occupato un posto di preeminenza su Manasse. Giuseppe cercò di cambiare la benedizione in modo che il primogenito avrebbe avuto la preeminenza, e ciò, sembra, pensando che Giacobbe aveva fatto un errore dovuto alla sua povera vista. Ma Giacobbe insistette nel dare ad Efraim la preeminenza. E così risultò che la profezia di Giacobbe fu adempiuta. Infatti al Regno del Nord a volte fu dato il nome Efraim, indicando che Efraim aveva una certa preeminenza in Israele.

Una traduzione migliore rispetto a “e la sua discendenza diverrà una moltitudine di nazioni” è “e la sua discendenza diverrà una pienezza di popolo.” Questa fu un’ulteriore spiegazione di “suo fratello minore sarà maggiore di lui.” Cioè, la tribù di Efraim sarebbe stata più grande in numero della tribù di Manasse. In tutta la Scrittura, Efraim è più prominente di Manasse.

Efraim non è il padre di una moltitudine di nazioni, perchè questa designazione apparteneva soltanto ad Abraamo. Il nome Abraamo significa padre di nazioni (17:5-6). In un certo senso, anche Isacco e Giacobbe potevano essere chiamati padri di nazioni perché la benedizione pattale della primogenitura andò da Abraamo ad Isacco a Giacobbe a Giuda e poi a Davide, Salomone e Cristo Stesso. Tuttavia il nome si adatta specialmente ad Abraamo e non a quelli nella linea di Cristo che lo seguirono.

Vi è una buona ragione per cui soltanto Abraamo poteva rettamente portare quel nome ed essere ciò che il suo nome significava. Con Abraamo, Dio rivelò una nuova verità riguardante il Suo eterno patto, che Egli stabilì con il Suo popolo eletto in Cristo. Quella verità è il miracolo che Dio salva i Suoi eletti nella linea delle generazioni. Se è vero che anche precedentemente ad Abraamo Dio aveva stabilito e mantenuto il Suo patto in una linea di generazioni, Dio non aveva mai esplicitamente detto questo in modo chiaro al Suo popolo. Già in Paradiso, Dio aveva detto ad Adamo ed Eva che vi sarebbe stata una guerra tra la discendenza del serpente e la discendenza di Cristo (3:15). Ciò suggerisce l’opera di Dio nel realizzare il Suo patto dalle generazioni del Suo popolo. Ma Dio non aveva mai messo in rilevanza questa stupenda verità. Dio fece questo esplicitamente quando disse ad Abraamo: “Io stabilirò il mio patto tra me e te e la tua discendenza dopo di te nelle loro generazioni per un patto eterno” (17:7).

Ovviamente, è qui che abbiamo il centro della controversia con i battisti: Chi è la discendenza di Abraamo? I battisti (e i Farisei al tempo di Gesù [Giovanni 8:33, 39, 53]) dicono che i Giudei soltanto sono la discendenza di Abraamo. E, così insegnano i Battisti, nella nuova dispensazione soltanto i credenti sono la discendenza di Abraamo.

In sè ciò è vero, ma i battisti intendono che si può divenire un figlio di Abraamo soltanto credendo in Cristo. E così i figli dei credenti, che sono troppo giovani per credere, non possono essere figli di Abraamo. Le Scritture parlano differentemente.

Già nell’antica dispensazione, Dio stabilì il Suo patto nella linea delle generazioni. Ciò significa, prima di tutto, che soltanto nella linea delle generazioni Cristo venne nel mondo. Infatti, la discendenza di Abraamo centralmente è sempre Cristo. Quando Dio disse ad Abraamo: “Io stabilirò il mio patto tra me e te e la tua discendenza dopo di te,” Galati 3:16 ci dice che il significato di ciò che Dio disse ad Abraamo era: “Io stabilirò il mio patto tra Me e te e Cristo.”

La distinzione che la Scrittura fa non è tra figli ed adulti, ma tra eletti e reprobi (Romani 9:6-13). La discendenza di Abraamo sono coloro che appartengono a Cristo. Questo popolo eletto e redento di Dio deve essere trovato nella linea delle generazioni. Questo è vero durante l’intera storia. Mai, in tutta la Scrittura, la “discendenza di Abraamo” è designato per essere un riferimento ad un Giudeo che è meramente un discendente naturale di Abraamo. Il termine si riferisce sempre ai figli eletti di Dio. Ovviamente, vi sono anche credenti, perché chi Dio ha eletto riceve da Lui anche il dono della fede. Ma essi sono eletti dal momento della concezione, e costituiscono la vera discendenza di Abraamo (Romani 2:28-29; 4:16-18).

Che uno sia Giudeo o Gentile, ricco o povero, padrone o schiavo, maschio o femmina, adulto o bambino (o infante), chi è eletto è figlio di Abraamo. Abramo è correttamente chiamato Abraamo, cioè padre di molte nazioni, perché i redenti sono radunati da ogni nazione sotto il cielo.


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