Rev. Angus Stewart
Salmo 1 e 2 sulla Grazia Incomune
Negli ultimi quattro numeri delle News, abbiamo considerato cinque Salmi (5, 11, 69, 73 e 92) i quali oppongono la falsa dottrina della grazia comune. Ma i Salmi hanno molto altro da dire a supporto della grazia sovrana, particolare e incomune di Dio. Data l’importanza di questo argomento e il considerevole interesse e supporto dei nostri lettori—alcuni hanno anche fatto riferimento a specifici Salmi che volevano includere, mi propongo di trattare altri Salmi, iniziando con il primo e il secondo.
La prima parola del primo Salmo, sia in Italiano che in Ebraico, è “beato,” una parola chiave nel dibattito sulla grazia comune. Un uomo “beato” (Salmo 1:1) è uno benedetto e reso felice da Dio Che lo ha portato in una viva comunione con Se Stesso. Che Dio ci benedice significa che ha un attitudine di grazia favorevole e che ha pietà verso di noi, che graziosamente e interiormente Egli trattiene il peccato in noi e che ci rende capaci di fare opere buone che sono piacevoli ai Suoi occhi a motivo di Gesù Cristo. La via della benedizione e della felicità per noi come popolo di Dio è quella di praticare l’antitesi, la separazione spirituale dai peccatori–non si “cammina,” ci si “ferma” o “siede” con loro (v. 1). Il verso 1 è contrario alla nozione di molti difensori della grazia comune che dice che i credenti debbano essere amici con i non credenti e dovrebbero cooperare con i “non Cristiani di buona volontà” nella costruzione del regno di Dio sulla terra. Invece il verso 1 afferma, negativamente, cosa l’uomo benedetto non deve fare, il verso due sottolinea, positivamente, il suo diletto nella Parola di Dio e il suo meditare su di essa. Schivando l’empio (1) e banchettando sulle sacre Scritture (2), il fedele santo è paragonato ad un albero bene irrigato e fruttifero.
La seconda parte del primo Salmo ritorna all’empio (4-6) iniziando con la semplice e devastante affermazione: “Non così sono gli empi” (4). Contrariamente al popolo di Dio (1-2), gli inconvertiti hanno comunione insieme nel loro peccato e disprezzano la Parola di Dio. Invece l’uomo devoto è “beato” (1), “Non così sono gli empi” (4). L’attitudine di Dio verso di loro non è un attitudine di amore e favore ma di ira. Jehovah non opera graziosamente in loro per frenare il peccato e per rendere le loro opere parzialmente giuste ai Suoi occhi. Essi non portano buon “frutto” e spiritualmente non “prospereranno” (3). Non c’è grazia comune qui!
Salmo 1:6 nota che “il Signore conosce la via dei giusti, ma la via degli empi porta alla rovina.” Ovviamente, l’Iddio onnisciente “conosce” le vie sia dei credenti che dei non credenti, se “conoscere” qui significa semplicemente “essere consci di qualcosa intellettualmente.” Quindi, questo testo sta dicendo che Jehovah “conosce [con una intima conoscenza di amore]” la “via” (cioè, lo stile di vita, il comportamento) dei Suoi santi. Il parallelismo Ebraico del Salmo 1:6 ci insegna che Dio non “conosce” (cioè, ama) la “via” (cioè, lo stile di vita, il comportamento) degli empi; Egli odia la loro “via” perché il reprobo è totalmente depravato, come lo sono tutte le sue opere (Proverbi 6:16-19; Romani 3:10-18). Così non solo l’empio sarà condannato nel grande giorno del giudizio (Salmo 1:5) e sarà spazzato via come pula dal vento (v. 4), ma inoltre Dio detesta talmente il suo comportamento e stile di vita che anche “la via degli empi perirà.”
Il Salmo 2 fornisce un eccellente confutazione della grazia comune e di cosa essa è ritenuta capace di fare. Le “nazioni,” i “popoli,” i “re della terra” e i “principi” (1-2) sono i Giudei e i Gentili e i loro leader, Erode e Ponzio Pilato, secondo Atti 4:25-28.
Secondo la teoria della grazia comune, l’impero Romano e i popoli con i loro domini terreni, supremazia militare, prosperità materiale, eccellenti strade, una giurisprudenza sviluppata e un alto livello di civilizzazione furono grandemente benedetti da Dio. Mentre i pagani Romani avevano la migliore grazia comune dal punto di vista politico, i Giudei non credenti avevano presumibilmente la migliore grazia comune dal punto di vista religioso (attraverso il loro possesso esteriore della legge e la loro discendenza fisica da Abramo etc.).
Ma cosa ne fecero i Romani e i Giudei peccatori con tutto questo presunto amore di Dio per loro e verso di loro e su di loro e in loro? Il Salmo 2 dice che essi attaccarono Jehovah e il Suo “unto” (v.2) o Messia (dall’Ebraico) o Cristo (dal Greco) e inchiodarono il Figlio incarnato di Dio alla croce! Questi presunti promotori della “legge naturale” (i Romani) e della legge veterotestamentaria (i Giudei) rigettarono la legge di Dio e ruppero i Suoi “legami” e “funi” (v. 3). Tali buone opere fece produrre la grazia comune!
Questi empi Giudei e Gentili frustrarono il proposito di Dio di salvare il Suo popolo ed esaltare Suo Figlio? No! “Ho insediato il mio re sopra Sion, il mio santo monte” (6). C’è qualche amore divino per questi miscredenti che avevano ricevuto così tante buone cose dalla provvidenza (non grazia) di Dio? No! Il Signore ride di loro e li deride (4). Egli non li benedice o parla bene di loro o a loro; Egli parla a loro “nella sua ira” (5). Egli non è compiaciuto con loro o con le loro opere, in alcun modo; Egli “nel suo grande sdegno li spaventerà” (5).
La crocifissione di Cristo fu seguita dalla Sua resurrezione (7; Atti 13:33) e ascensione alla destra di Dio (Salmo 2:6) e dominio sopra tutte le nazioni (8-9). E che dire riguardo il governo provvidenziale di Cristo dei reprobi malvagi? Esso è in parte un dominio d’amore e in parte un dominio di santa ira contro di loro? No, esso è interamente un dominio di santa ira: “Tu le spezzerai con una verga di ferro, le frantumerai come un vaso d’argilla” (9). In termini teologici, gli eletti sono sotto il regno di grazia di Cristo; i reprobi sono sotto il Suo regno di potenza (non grazia).
Nel Salmo 2 viene fuori la chiamata del vangelo: “Beati tutti coloro che si rifugiano in lui,” in Cristo (12), “siate savi” e “accettate la correzione” (10). “Servite il Signore con timore e gioite con tremore” (11). “Baciate il Figlio,” un atto di omaggio e sottomissione–altrimenti perirete sotto la sua rabbia e “ira,” anche quando essa “si accende per un momento” (12).
Il Salmo 2 termina nel modo in cui il Salmo 1 inizia, con un affermazione della beatitudine del popolo eletto di Dio: “Beati tutti coloro che si rifugiano in lui.” (Salmo 2:12). Quelli che non credono non sono benedetti ma maledetti (Galati 3:6-14, Deuteronomio 27:11-28:68).
Un Requisito per l’Ufficio di Anziano
Prof. Herman Hanko
Domanda: “Come intende Tito 1:6 (“ciascuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola moglie, e abbia figli fedeli che non siano accusati di dissolutezza né insubordinati.”)? E’ inteso che l’anziano deve avere solo figli ben educati o figli che sono credenti? Se essi sono giovani figli essi devono essere sottomessi (I Timoteo 3:4). La mia comprensione del verso è che un anziano deve avere figli che credono se essi sono figli grandi. Figli giovani non sono accusati di sregolatezza o ribellione. Quanti anni deve avere una persona per essere un anziano e, inoltre, sappiamo quanti anni aveva Tito al tempo in cui fu eletto anziano a Creta?”
Tito è menzionato otto volte in II Corinzi perché egli fu mandato a Corinto dopo la composizione di I Corinzi per capire come questa lettera era stata ricevuta. Paolo aveva programmato di incontrare di nuovo Tito in Macedonia e fu molto preoccupato da un ritardo nel ritorno di Tito. Prima, Paolo prese Tito a Gerusalemme per il sinodo che si radunava lì. Paolo non lo aveva circonciso, ne era costretto a farlo, anche se la circoncisione dei Gentili era il maggiore punto in questione al tempo del sinodo. Inoltre, Tito era un Gentile convertito, il quale successivamente divenne pastore della chiesa in Creta. Leggendo l’epistola a Tito essa ci da l’impressione chiara che egli era un ministro molto dotato e fedele in un isola difficile. Tito ricevette istruzioni sull’incontrare Paolo a Nicopoli in inverno (Tito 3:12); proprio precedentemente alla morte dell’apostolo, Tito fu in Dalmazia (II Timoteo 4:10).
Non ci sono indicazioni dell’età di Tito al tempo della sua conversione o della sua assunzione di responsabilità a Creta. A quanto pare lo Spirito Santo non considerò questa informazione necessaria per la nostra comprensione delle Scritture.
L’altra domanda coinvolge una qualifica degli anziani nella chiesa. Essa deve, perciò, essere considerata in connessione al testo da I Timoteo, menzionato inoltre dal richiedente. Questo passaggio dice, “uno che governi bene la propria famiglia e tenga i figli in sottomissione con ogni decoro; (ma se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?).”
L’età dei figli non è importante nel capire questa qualifica. Dobbiamo prendere i due passaggi insieme, perché Paolo non avrebbe richiesto una qualifica a riguardo degli anziani di Efeso (dove operava Timoteo) e un’altra qualifica per quelli di Creta (dove operava Tito). Prendo, perciò, la posizione che la qualifica data nelle lettere di Paolo a Tito sta guardando alla qualifica data in I Timoteo 3 da un punto di vista leggermente diverso. Il punto della questione qui è: un uomo deve governare bene la sua casa? Dio ha designato l’uomo come capo della casa. Egli è il profeta, sacerdote e re. Egli deve governare nel nome di Cristo ed essenzialmente è colui in ultima analisi ad essere responsabile del benessere della casa. Se egli non sa governare bene la sua stessa casa, egli sarà di certo incapace di governare nella chiesa di Cristo. Può ben essere che l’apostolo vada dal minore al maggiore, specialmente nel senso della responsabilità e difficoltà.
Ci sono uomini che non sanno come governare la loro casa. Alcuni sono troppo permissivi quando si tratta della condotta dei loro figli. Alcuni pensano che i loro figli non possono mai fare qualcosa di sbagliato. Alcuni padri sono tiranni che guadagnano l’obbedienza dai loro figli tramite la paura. Altri semplicemente ignorano i loro figli e non hanno tempo per istruirli.
Non posso entrare in tutto ciò che è inteso nell’obbligo di un padre di governare bene la sua casa, ma il cuore dell’argomento è che un padre deve modellare il suo governo secondo il modo di Dio di governare i suoi figli. Egli deve amare i suoi figli con l’amore di Dio. Egli deve cercare il loro bene spirituale. Egli deve mostrargli le vie del patto di Dio e insistere affinché essi camminino in queste vie. Così come Dio istruisce noi, così dobbiamo istruire i nostri figli. Così come Dio è paziente con noi nelle nostre debolezze, così noi dobbiamo essere pazienti con i nostri figli. Così come Dio ci castiga quando sbagliamo, così noi dobbiamo castigare quando i nostri figli sbagliano.
Il risultato sarà che i nostri figli onorano, rispettano e amano i loro genitori e sono loro obbedienti. Così c’è ordine, decenza, felicità e genuina spiritualità in casa. Un uomo non può governare la chiesa se non sa governare la sua famiglia.
Uno che ha questa qualifica da anziano probabilmente avrà anche figli ben educati, se con “ben educati” è inteso non solo con onore, rispetto e amore per i genitori ma anche con il bisogno di una confessione di peccato quando si è commesso un errore. Ma la qualifica è per i padri, non per i figli. Una famiglia può plausibilmente avere un figlio ribelle anche se la sua casa è una casa pia dove regna Cristo.
Non è possibile fare della fede in un figlio una condizione per giudicare una casa come ben governata. Quando i figli sono piccoli, noi non sappiamo se essi sono credenti o meno. Non lo sappiamo mai con assoluta certezza. E un figlio o una figlia molto ben educati possono, in un periodo successivo della vita, smarrirsi, anche quando sono andati via di casa. E’ anche possibile che un tale figlio ritorni ancora in chiesa. Noi esercitiamo il giudizio di carità: noi consideriamo i nostri figli esser figli di Dio a meno che essi non mostrino chiara evidenza che essi non sono dispiaciuti per i loro peccati e non li confessano a Dio. Ma ricordiamoci che la qualifica qui menzionata sia in Timoteo che in Tito riguarda i padri, non i figli. Un uomo eminentemente qualificato per essere anziano potrebbe avere un figlio grande che si è perso ed è, nelle parole del lettore, sregolato e ribelle.
Un genitore che governa bene la sua stesa casa può, se è necessario, proibire a suo figlio o sua figlia di vivere in casa. Quando un figlio cresce e diventa un adulto o una giovane persona responsabile, sebbene ancora a casa, questa persona è ancora soggetta al governo della casa. E’ obbligatorio per il figlio che egli cammini nelle vie del patto di Dio. Se egli rifiuta, gli deve essere detto che deve lasciare la casa. Anche questo qualifica un uomo ad essere un anziano, perché egli sta governando bene la sua casa, se egli proibisce ad uno dei suoi figli di rimanere a casa.
La chiesa ha disperato bisogno di uomini qualificati per l’ufficio di anziano (e diacono). I santi dovrebbero pregare che Dio fornisca alla Sua chiesa tali uomini. E gli uomini dovrebbero ascoltare cosa dice Paolo in I Timoteo 3:1: “Se uno desidera l’ufficio di vescovo, desidera un buon lavoro.”