Menu Close

CR News – Settembre 2013  •  Volume XIV, n. 17

La Punizione dei Figli Ribelli (2)

Deuteronomio 21:18-21 afferma: “Se un uomo ha un figlio caparbio e ribelle che non ubbidisce né alla voce di suo padre né alla voce di sua madre e, benché l’abbiano castigato, non dà loro retta, suo padre e sua madre lo prenderanno e lo porteranno dagli anziani della sua città, alla porta del luogo dove abita, e diranno agli anziani della sua città: “Questo nostro figlio è caparbio e ribelle; non vuole ubbidire alla nostra voce; è un ghiottone e un ubriacone”. Allora tutti gli uomini della sua città lo lapideranno con pietre ed egli morirà; così sradicherai il male di mezzo a te, e tutto Israele verrà a saperlo e avrà timore.”

Riguardo questo versi, un lettore chiede: “Queste cose sono realmente accadute ai giorni dell’Antico Testamento, oppure sono versi scritti solamente per essere un esempio di qualcos’altro?”

Ho risposto a questa domanda nel numero precedente delleNews e ho messo in evidenza che il testo in questione deve essere inteso seriamente ed obbedito. Ma ho anche detto che esso fu scritto per Israele in quanto teocrazia, dove lo stato e la chiesa erano una sola cosa. Non esiste alcuna teocrazia oggi sulla terra. Quella vera aspetta il ritorno di Cristo quando l’intera chiesa sarà redenta.

Inoltre, ho affermato che il comandamento in Deuteronomio 21 fu dato al popolo del patto di Dio. Questo punto è molto importante ed è ciò di cui scriverò in questo numero delleNews.

Che Israele fosse il popolo del patto di Dio significa che Egli aveva stabilito tale patto con tale nazione per distinguerla da tutte le altre. Il patto fu fatto con Abrahamo e la sua discendenza, il che significa che fu fatto con Abrahamo, Isacco e Giacobbe. Essendo stato stabilito con loro, fu anche stabilito con i dodici figli di Giacobbe e perciò con i figli di Israele.

Anche i figli dell’Israele fedele erano compresi nel patto come membri dello stesso. I bambini, fin dalla loro infanzia, erano inclusi in questo patto di grazia. E lo stesso vale oggi. Anche i figli dei credenti dell’epoca del Nuovo Testamento sono suoi membri. Costoro, così come gli adulti, sono membri della chiesa e del regno di Cristo (Atti 2:39; Catechismo di Heidelberg D. & R. 74), Essi sono rigenerati, donati di fede, convertiti e hanno l’opera dello Spirito Santo nei loro cuori, e devono perciò essere cresciuti come figli del patto.

Non è vero quello che molti dicono oggi, cioè che i figli dei credenti sono “un cesto di vipere,” per usare una frase di Jonathan Edwards. Non sono inconvertiti come i pagani, né crescono aspettando che accada la conversione. Essi sono piuttosto figli di Dio convertiti e santificati, e devono essere cresciuti istruiti con le Scritture affinché maturino spiritualmente.

Ma sappiamo anche, e ce lo insegna la Scrittura, che non tutti quelli di Israele sono veramente Israele (Romani 9:6). Proprio come in generale ci sono ipocriti nella chiesa, ci sono anche figli nati nelle linee del patto che non sono figli di Dio, non appartengono al vero Israele. Chi ne fa parte e chi no è stabilito dall’eterno decreto di Dio. La sua scelta sovrana ed immutabile decide chi sono i veri figli del patto e chi non lo sono (6-24).

I genitori cristiani devono insegnare ai loro bambini la stessa verità che è predicata nella chiesa. Devono mostrare ai loro figli le gloriose promesse del vangelo fatte a coloro che credono in Cristo e che trovano la loro salvezza in Lui solo. Ma sono anche chiamati a metterli in guardia dalle insidie e dai mali del peccato, a informarli della necessità del ravvedimento quando peccano, e del giusto giudizio di Dio sopra coloro che non si ravvedono.

Facciamo un esempio. Se una famiglia ha un figlio ormai grande che rifiuta di camminare nelle vie dei comandamenti di Geova, costui, quando sarà in grado di badare a se stesso, dovrà essere cacciato di casa. Devono dire al figlio ribelle: “Questa è una casa del patto. Se tu non camminerai nelle vie di Dio, allora non rimarrai qui. Inoltre, siccome sei un esempio ai figli più piccoli, con le tue vie peccaminose hai dato un esempio malvagio ai tuoi fratelli e sorelle minori. Devi andartene.”

Inoltre, se un tale figlio raggiunge in stato ribelle l’età in cui può cavarsela da solo, la chiesa deve avvertirlo o avvertirla delle conseguenze del camminare in vie contrarie a quelle del patto di Dio. Se non segue alcun ravvedimento, la chiesa deve tagliare costui o costei dalla comunione con il popolo di Dio.

È in questa maniera che Deuteronomio 21:18-21 è osservato dai Cristiani nella nuova dispensazione. Prof. Hanko


Lasciare Betlemme per Moab (1)

Ruth, l’ottavo libro della Bibbia, è relativamente breve e consiste di soli quattro capitoli. Il titolo è preso dal suo personaggio femminile, e può essere descritto come un libro romantico in quanto inizia con diverse tragedie, per poi presentare un corteggiamento (o qualcosa del genere) che si conclude poi in un matrimonio (tra Ruth e Boaz) e la nascita di loro figlio (Obed). Un finale molto lieto!

Considerato teologicamente, il libro è significativo per quattro ragioni che sono state ampiamente riconosciute dal popolo di Dio.

La prima ragione ha a che fare con nostro Signore Gesù Cristo. Ruth ci provvede una parte vitale della genealogia del nostro Salvatore, essendo lei la bisnonna di re Davide dal quale venne il Messia, secondo la Sua natura umana. Il libro presenta inoltre parente affrancatore di Ruth (Boaz) che riscatta o affranca la moglie di un suo parente deceduto (la stessa Ruth). L’incarnato Figlio di Dio redime il Suo popolo eletto tramite la Sua croce perché egli è nostro consanguineo avendoci reso carne della Sua carne e ossa della sua ossa, spiritualmente.

Secondo. Questo libro anticipa i giorni del Nuovo Testamento con la chiesa universale o cattolica in quanto Ruth è una moabita, una gentile che è innestata in Israele. Per duemila anni, milioni di giudei e gentili eletti e credenti da tutto il mondo sono diventati un corpo con Gesù Cristo.

Terzo, contiene notevoli esempi della provvidenza di Dio. Per spiegare ciò, dovrei riassumere i quattro capitoli di Ruth, ma il lettore può leggere il libro da sé e vedere il decreto sovrano di Geova e la sua mano guidare i vari personaggi.

Quarto, il libro in questione è notevole perché presenta il pio esempio di Ruth stessa, di Naomi e Boaz, persone dalle virtù che faremmo meglio ad emulare.

Ma c’è un’altra importante lezione teologica e pratica che spicca nel libro di Ruth, specialmente nel capitolo 1, una lezione che spesso non viene notata o viene sottovalutata nei sermoni e negli scritti su questo libro: Ruth è un esempio molto significativo di appartenenza alla chiesa, cioè, di allontanamento dalla chiesa e di unione alla stessa.

I dispensazionalisti falliscono nel vedere questo punto perché negano che l’Israele dell’Antico Testamento formi la chiesa di Dio (e che la chiesa del Nuovo Testamento formi Israele). Alcuni invece sono così concentrati sul corteggiamento e sulla storia d’amore in Ruth che sottostimano le sue istruzioni riguardanti il partecipare alla chiesa di Dio e al permanere in essa senza mai lasciarla.

Altri mancano nel constatare questo insegnamento sull’appartenenza di chiesa in Ruth perché non hanno adeguatamente afferrato la robusta dottrina biblica e Riformata della chiesa quale riassunta, per esempio, nellaConfessione Belga 28: “Noi crediamo che poiché questa santa assemblea e congregazione è l’assemblea dei salvati, e che non vi è salvezza al di fuori di essa, che nessuno, di qualsiasi stato e qualità egli sia, debba ritirarsi in disparte per accontentarsi della sua persona, ma che tutti insieme debbano raggiungerla e unirsi ad essa, mantenendo l’unità della Chiesa, e sottomettendosi alla sua istruzione e disciplina, piegando il collo sotto il giogo di Gesù Cristo, e servendo all’edificazione dei fratelli, secondo i doni che Dio ha posto in loro, come membra comuni di un medesimo corpo. E, perché ciò possa essere meglio salvaguardato, è dovere di tutti i fedeli, secondo la Parola di Dio, di separarsi da coloro che non appartengono affatto alla Chiesa per raggiungere questa assemblea, in qualsiasi luogo Dio l’abbia posta, anche nel caso in cui i magistrati, e gli editti dei Principi fossero contrari, e ne dipendesse la morte e la punizione corporale. Così tutti coloro che se ne separano, o non la raggiungono, contrariano l’ordinanza di Dio.”

A prima vista, Ruth 1:1-5 narra una storia molto semplice di una famiglia di quattro membri composta da un uomo e sua moglie, Elimelek e Naomi, e i loro due figli, Mahlon e Kilion (v.2). Costoro vivevano a Betlemme nella tribù di Giuda nella terra d’Israele, durante il tempo dei giudici (1), cioè, dopo la morte degli anziano che sopravvissero a Giosuè e prima del regno di re Saul. Ma una carestia colpisce la terra promessa, incluso Giuda e Betlemme (1). C’era mancanza di pane in Betlemme, nome che significa proprio “casa del pane.” E cosa pensarono di fare Elimelek e la sua famiglia? Emigrare a Moab.

Ma la sofferenza li colse anche a Moab! Elimelek morì (come, non viene detto), lasciando Naomi vedova, e Mahlon si sposò con Ruth e Kilion con Orpah, in terra straniera.

Tuttavia, le due coppie rimasero senza figli e il peggio doveva ancora venire. Anche Mahlon, il figlio maggiore, morì, e successivamente anche Kilion.

Dei Quattro che lasciarono Betlemme rimase solo Naomi. Questi aveva lasciato il suo paese e perso suo marito ed entrambi i figli. È facile immaginare le numerose lacrime versare, lacrime tutte riposte nell’otre di Dio (Salmo 56:8)!

Naomi ne passo molte nei suoi ultimi anni: carestia, emigrazione, due matrimoni e tre funerali. Ora non aveva un marito, né figli.

Queste tre vedove, Naomi, Ruth e Orpah, si trovavano in una situazione difficile. In passato la sorte delle vedove era particolarmente dura, ma per una vedova in una terra straniera come Naomi era anche peggio.

Noi stessi non siamo del tutto all’oscuro di storie come questa. Sappiamo di persone che sono emigrate, spesso per motivi economici come carestia o disoccupazione, seguendo il desiderio di una più prospera vita in un’altra terra. Per alcuni la scelta ha avuto successo, ma non per altri. Quest’ultimi hanno faticato a trovare lavoro, oppure non si sono mai veramente stabiliti, o hanno vissuto tragedie nelle loro famiglie (raramente dure come quella di Naomi). Altri invece sono ritornati nella loro terra d’origine.

È forse questo che troviamo in Ruth 1:1-5? Si tratta solo di una storia triste riguardante una famiglia che fugge dalla carestia in Israele solo per morire in Moab? Se fosse così, forse il pastore potrebbe moralizzare sui problemi e i pericoli dell’emigrazione. Ma tutto ciò è davvero quello che i primi cinque versi di Ruth contengono? No! Ma su questo punto ritorneremo nel prossimo articolo delle News, a Dio piacendo. Rev. Stewart


Se siete a conoscenza di persone che secondo voi apprezzerebbero ricevere le Covenant Reformed News, vi preghiamo di indicarci il loro indirizzo di posta elettronica (a[email protected]) e saremo lieti di aggiungerlo alla Mailing List.

Per leggere articoli su dottrina e pratica biblica dal punto di vista confessionalmente Riformato delle Tre Formule di Unità (Confessione di Fede BelgaCatechismo di HeidelbergCanoni di Dordrecht) vai alla Sezione Italiana della CPRC. Essa è in continua espansione.

Show Buttons
Hide Buttons