Herman Hoeksema
(Capitolo 77 di: Herman Hoeksema, Righteous by Faith Alone: A Devotional Commentary on Romans [Giusti per Sola Fede, un Commentario Devozionale a Romani], ed. da David J. Engelsma, Reformed Free Publishing Association, MI, USA, 2002; traduzione italiana: Francesco De Lucia)
Romani 11:22-24
Considera quindi la bontà e severità di Dio, su quelli che sono caduti, severità, ma verso di te, bontà, se tu continui nella sua bontà, altrimenti tu anche sarai reciso.
Ed essi anche, se non dimorano ancora nell’incredulità, saranno innestati, perché Dio è potente da innestarli di nuovo.
Perché se tu fosti reciso dall’albero d’ulivo che è selvaggio per natura, e fosti innestato contro natura in un buon albero d’ulivo, quando più questi, che sono i rami naturali, saranno innestati nel loro proprio albero d’ulivo?
I versi che precedono questo testo avevano lo scopo pratico di ammonire i convertiti provenienti dai Gentili affinchè non si vantassero contro i rami che erano stati recisi dall’albero di ulivo del patto di Dio. I convertiti Gentili non dovrebbero vantarsi contro i Giudei che al principio della nuova dispensazione non erano entrati nel regno di Dio. Se avessero avuto l’inclinazione a vantarsi, avrebbero dovuto ricordare che quei Giudei furono recisi a motivo dell’incredulità. Noi stessi non abbiamo niente se non incredulità. “A motivo dell’incredulità essi sono stati recisi, e tu rimani per fede” [v. 20], cioè, per grazia.
Ai versi 22-24 l’apostolo sta ancora elaborando sulla figura dell’albero di ulivo. Egli conclude questa figura connettendo il testo con la parola precedente Considera. L’apostolo sta ancora scrivendo ai Cristiani Gentili. Egli vuole che considerino: “Considerate quindi la bontà e severità di Dio,” egli dice, “così che non vi insuperbiate, così che non vi vantiate, così che non esaltiate voi stessi” [vv. 22, 20, 18].
Vi sono tre istanze differenti nel testo che illustrano la bontà e severità di Dio. Primo, vi è un’istanza della bontà di Dio nei rami dall’albero d’ulivo selvatico che sono stati innestati nella famiglia di Dio. Questa è la conversione e chiamata dei Gentili nella chiesa. Secondo, vi è la recisione dei rami come un’istanza della severità di Dio. Non soltanto il testo parla dei rami che sono stati recisi, ma anche dei rami che possono essere recisi. Terzo, c’è il rinnesto dei rami che sono stati recisi. Dobbiamo guardare alla bontà e severità di Dio dal punto di vista di queste tre istanze.
Con in Vista i Convertiti Gentili
Bontà nella Scrittura ha una varietà di significati correlati. In relazione a Dio, la parola buono nella Scrittura significa la Sua perfezione morale, etica. Dio è santo, retto e giusto. Egli è senza imperfezione. In questo senso, Dio è buono. Ma bontà nella Scrittura può anche significare benevolenza. La parola bontà è usata in relazione alla bontà di Dio nei nostri confronti. In questo senso, la bontà è la volontà di Dio di farci del bene, che è il modo in cui la parola è usata nel testo. Quando leggiamo: “Considera quindi la bontà di Dio,” il significato è la benevolenza di Dio, così che la bontà di Dio include la Sua misericordia, il Suo amore, e la Sua pazienza.
Severità, d’altro canto, è “giustizia applicata fino al limite.” Questo è il modo in cui noi usiamo la parola nel nostro linguaggio quotidiano. Quando diciamo che un uomo è severo, intendiamo che è giusto, senza misericordia. Quando il testo parla della severità di Dio, descrive la giustizia di Dio applicata al limite. La severità è la Sua giustizia senza misericordia.
Qualcuno obietta che queste due non possono essere armonizzate? Qualcuno chiede: “Come può Dio essere buono, cioè, benevolo, e ancora essere severo?” Noi dobbiamo capire che la benevolenza di Dio non è separata dalla Sua bontà nel senso morale ed etico della parola. Dio non è mai benevolente in modo che ciò sia in conflitto con la Sua giustizia, perché Dio non può negare Se Stesso. La Sua benevolenza non può essere in conflitto con la Sua perfezione morale. La bontà di Dio è sempre una bontà giusta. Non vi è bontà ingiusta in Dio. Quindi, le due si armonizzano. Dio è buono e benedice solo il giusto, colui che è cioè visto in Cristo Gesù. In altre parole, Dio è buono soltanto con quelli che sono in Cristo Gesù.
A riguardo di questa bontà l’apostolo menziona la conversione dei Gentili: “Considera la bontà … di Dio … verso di te.” In cosa? Come è stata rivelata questa bontà in questi Cristiani Gentili? Nel fatto che essi erano stati tolti dall’albero d’ulivo selvatico ed erano stati innestati nell’albero d’ulivo buono. Questa fu una manifestazione della bontà di Dio. Noi eravamo rami di un albero d’ulivo selvatico. Stavamo crescendo in modo selvatico. Non eravamo coltivati. Non eravamo coltivati con la grazia. Non eravamo coltivati con la Parola di Dio. Che noi eravamo rami selvatici era divenuto evidente dai nostri frutti selvatici. Avevamo portato frutti selvatici come quelli che l’apostolo menziona nel primo capitolo di questa epistola: frutti di invidia, odio, maldicenza, omicidio, ed inganno. Era un albero selvatico, e portava un frutto selvatico. Dio aveva preso alcuni di quei rami. Egli non prese l’albero. L’albero è ancora lì. Contro natura (perché è contro natura innestare un ramo selvatico in un albero coltivato, secondo natura è l’esatto contrario), Dio aveva preso queste generazioni Gentili e le innestò nell’albero coltivato di Israele. Noi Gentili siamo diventati uno con la famiglia di Dio. Siamo diventati partecipi della radice e della grassezza dell’albero di ulivo, cioè, di tutte le promesse di Dio. Che questo fu fatto è la bontà di Dio verso di noi.
Come è possibile questo? Se Dio è buono verso i giusti, come potrebbe essere buono nei confronti dei Gentili? Questi Gentili erano migliori dei Giudei? Così non sia. Non lo erano. Come, allora, se Dio è buono solo verso i giusti, poteva rivelare Se Stesso nella Sua bontà a questi Gentili prendendoli ed innestandoli nell’albero d’ulivo buono?
La risposta è che la bontà di Dio è sovrana. Essa viene per prima. Essa è eterna. Soltanto perché Dio ha concepito questo rami nel Suo consiglio come in Cristo essi sono innestati nell’albero. Dio non li ha visti ingiusti. Egli li ha visti giusti. Egli li ha visti giusti perché Egli li ha scelti in Cristo. Dio dice a questi Cristiani Gentili: “Quando voi considerate la mia bontà, dovete comprendere che non è nient’altro che bontà sovrana.”
Con in Vista i Giudei o Gentili Respinti
Non soltanto questi Cristiani Gentili devono notare la bontà di Dio, ma devono anche fare attenzione alla Sua severità. Essi devono prestare attenzione all’istanza della giustizia di Dio mostrata al massimo. Questa istanza della giustizia di Dio al massimo era, in primo luogo, il Suo aver reciso i rami naturali, cioè, il Suo aver tagliato via i giudei che caddero. “A quelli che sono caduti, severità,” leggiamo. Questa severità è mostrata nella loro recisione. Con quelli che sono caduti il testo si riferisce ai Giudei che avevano sempre manifestato la loro inimicizia alla verità e che avevano infine crocifisso Cristo. Questa fu la loro caduta. Dio li aveva presi, recisi, e gettati sotto l’albero.
L’altra istanza di severità è possibile: la possibile recisione dei Gentili nello stesso modo dei Giudei. Il testo afferma: “verso di te, bontà, se tu continui nella sua bontà, altrimenti tu anche sarai reciso.” Una domanda importante e controversiale è cosa si intende con le parole se tu continui nella sua bontà. Si intende: “Se tu continui a renderti degno della sua bontà?” Dobbiamo spiegare l’espressione in questo modo: “Se ti rendi costantemente degno di bontà rimarrai nell’albero di ulivo, e se no sarai reciso?” Questa interpretazione è comune. Ad alcuni piace perfino leggere il testo in questo modo: “Se continui nella (tua) bontà,” ma questa lettura è errata. Il testo fa riferimento alla bontà di Dio. La domanda rimane se l’apostolo insegna qui che la bontà di Dio ha innestato i Gentili nell’albero ma che poi il loro rimanervi dipende dal loro continuare nella bontà di Dio. Non è questo il significato. L’espressione significa: “Se Dio continua ad essere buono con te.” Era la bontà di Dio che li aveva innestati nell’albero di ulivo, ed il testo insegna che il loro continuare nell’albero dipende sempre dalla stessa bontà di Dio.
Applichiamo questa verità alla nostra congregazione. Dio ci ha reso partecipi dell’albero. A noi, anche, la Parola di Dio dice che il nostro continuare ad essere una chiesa dipende dal fatto che Dio continui ad essere buono con noi. Dipende se Dio continuerà ad essere grazioso, misericordioso, e paziente con noi. Se tu continui nella bontà significa: “se Dio continua ad essere buono con te.”
Noi chiediamo: è possibile allora che Dio possa smettere di essere buono verso quelli a cui ha una volta mostrato bontà? La risposta è sì. Non vi è un perdere la grazia nel Cristiano individuale. L’elezione e la chiamata di Dio sono senza ravvedimento. Nessun santo in Cristo può fallire nel continuare nella grazia di Dio, perché Dio lo ha scelto nella Sua bontà e perché questa stessa bontà lo preserva. Ma l’apostolo sta parlando di generazioni. I rami nel testo non sono individui, ma generazioni, Essi sono voi e vostri figli nelle vostre generazioni. E ciò che non è possibile con individui è non solo possibile, ma anche un fatto molto palese con le generazioni.
Tutta la storia è una prova di questo. Quando Paolo predicava, non vi erano che pochi rami sotto l’albero. Ma ora vi è una grande pila di rami sotto l’albero, non soltanto di Giudei, ma anche di Gentili. Se voleste risalire ad alcune delle più recenti generazioni sotto l’albero, scoprireste che due o tre generazioni fa esse erano innestate nell’albero. Lo stesso è vero della falsa chiesa, quella che porta ancora il nome di chiesa ma non è più una chiesa. Vi sono molte chiese tali. Esse sono rami morti, e vi è una pila d’esse sotto l’albero.
Perché quei rami morti sono sotto l’albero mentre noi stiamo ancora nell’albero? Questo è il punto dell’apostolo nel testo. Cosa diremo? Ci vanteremo? Cosa diremo in risposta al perché siamo ancora nell’albero mentre vi sono molti rami morti sotto l’albero? Diremo forse: “E’ perché noi siamo fedeli alla verità, noi manteniamo la sana dottrina?” L’apostolo replica: “Non vantarti. Questo è il frutto della bontà di Dio. Che voi siete ancora nell’albero è la bontà di Dio.” Appena la Sua bontà ci lascia, la verità, la sana predicazione, le nostre scuole Cristiane: sparisce tutto. Al posto loro sopraggiungerà il modernismo. Se continuiamo nella bontà, va tutto bene. Ma se no, saremo l’oggetto della severità di Dio. E saremo anche recisi nelle vostre e mie generazioni. Saremo aggiunti alla pila di rami morti.
Con in Vista i Giudei Ricevuti Nuovamente
Infine, la bontà di Dio diverrà manifesta di nuovo nell’innesto nell’albero di ulivo dei rami che sono stati recisi. Il verso 24 dice: “Se tu fosti reciso dall’albero di ulivo che è selvatico per natura, e fosti contro natura innestato in un albero di ulivo buono, quanto più questi, che sono i rami naturali, saranno innestati nel loro proprio albero d’ulivo? L’apostolo chiama i Giudei rami naturali. Implicato è che questo è più di quanto può essere detto di noi Gentili. Il significato non è che il Giudeo è più adatto alla grazia rispetto al Gentile. Noi dobbiamo ricordare che per secolo dopo secolo l’albero d’ulivo era stato limitato alle generazioni di Giudei. Se cominciamo con Abraamo, l’albero di ulivo apparteneva agli Ebrei molto prima dei Gentili. L’albero d’ulivo era giudaico. Dio parlava giudaico. Egli rivelò Se Stesso in linguaggio giudaico. La Bibbia era giudaica. I profeti appartenevano a loro. Le promesse erano loro. Cristo era loro. Cristo era un Giudeo. Egli era un Ebreo. Egli non è un Giudeo ora, ma Egli era un Giudeo. Alla luce di questa storia, è più facile innestare un Giudeo nella famiglia di Dio che un pagano.
La spiegazione non è che è più facile far credere un Giudeo. Non è più facile far credere in Giudeo di un Gentile. Questo è il motivo per cui l’apostolo dice: “se non dimorano ancora nell’incredulità,” e “Dio è capace di innestarli di nuovo.” Se un Giudeo deve essere innestato ancora, Dio lo deve fare.
Ma è facile fare di un Giudeo più che di un Gentile un Cristiano cosciente e confessante. E’ difficile fare di un Gentile un Cristiano. A volte ci vogliono anni di istruzione prima che possa essere reso un Cristiano vivente e confessante. Ma è facile fare di un Giudeo un Cristiano confessante se ha fede una volta. Si dia ad un Giudeo fede, e cosa dice? Dirà, “istruiscimi?” No. Si dia fede ad un Giudeo, ed egli dirà: “Questa è la mia Bibbia, questo è il mio Cristo, questo è il mio vangelo, questa è la mia salvezza.” In questo senso, è più facile innestare nell’albero un Giudeo che un Gentile.
Essere innestato di nuovo è un privilegio speciale del Giudeo. Il privilegio non è che i Giudei divengono di nuovo un popolo speciale. Piuttosto, essi divengono uno con la famiglia di Dio. E’ un solo albero, un solo organismo.
Avete mai notato che in poche generazioni un Giudeo non è più un Giudeo quando diviene un Cristiano? Che un Giudeo divenga un Cristiano, e in poche generazioni non potete dire più che è un Giudeo. Vi possono essere molti di noi che sono di discendenza giudaica, ma non potete più riconoscerlo. Se non diviene un Cristiano, rimarrà sempre un Giudeo. Che divenga un tedesco, e rimarrà un giudeo, e potete vederlo. Divenga un americano, e rimarrà un Giudeo. Ma divenga un Cristiano, e in poche generazioni il Giudeo non è più Giudeo.
Considerate la bontà e severità di Dio, bontà nell’innestarvi nell’albero di ulivo, bontà nel mantenervi in quell’albero nella linea delle generazioni, e severità nel recidervi se non continuate in questa sovrana bontà.
E perché considerate? Affinché non ci vantiamo. Non vantatevi contro i rami, ma vantatevi nella bontà di Dio. Colui che si gloria, si glori nel Signore.