Herman Hoeksema
(Capitolo 69 di: Herman Hoeksema, Righteous by Faith Alone: A Devotional Commentary on Romans [Giusti per Sola Fede, un Commentario Devozionale a Romani], ed. da David J. Engelsma, Reformed Free Publishing Association, MI, USA, 2002; traduzione italiana: Francesco De Lucia)
Romani 10:16-18
Ma essi non hanno tutti ubbidito il vangelo. Perché Isaia dice: “Signore, chi ha creduto la nostra predicazione?”
Così allora la fede viene dall’udire, e udire dalla parola di Dio.
Ma io dico, Non hanno udito? Sì, in verità, “il loro suono è andato in tutta la terra, e le loro parole fino alle estremità del mondo.”
In queste parole l’apostolo ritorna ancora una volta al tema principale di questa sezione dell’epistola ai Romani, cioè, alla questione del perché molti dei Giudei non sono salvati. Questo soggetto è stato introdotto all’inizio del capitolo 9, e la sua discussione è continuata in questo capitolo da un punto di vista leggermente differente. Quando il testo afferma che “non hanno tutti ubbidito il vangelo,” il riferimento è ancora una volta principalmente ai Giudei. Nella nuova dispensazione non vi è differenza tra Giudeo e Gentile. Lo stesso Signore è ricco verso tutti quelli che Lo invocano. In questo senso della parola, la salvezza non è particolaristica ma universale, e così è la predicazione. Ma anche se ciò è tutto vero, molti dei Giudei non sono salvati. Essi non hanno tutti ubbidito il vangelo. L’apostolo si esprime in maniera moderata, in modo eufemistico, perché vi erano molti che non avevano ubbidito il vangelo. Nei fatti, la maggioranza di essi che udì il messaggio della predicazione non aveva creduto, come è anche evidente dalla citazione dalla profezia di Isaia che compare in questo passaggio. Ovviamente, ciò è vero anche per quanto riguarda i Gentili che odono le buone novelle della salvezza proclamate dal predicatore. Ciò è sempre vero, dovunque e ogni volta che il vangelo è predicato: “non hanno tutti ubbidito il vangelo.” Tuttavia l’apostolo ha in mente senza dubbio l’effetto speciale della predicazione del vangelo sui Giudei e quindi ritorna al tema principale di questa intera sezione ancora una volta.
Il testo è in qualche modo difficile da comprendere, anche se in superficie può apparire piuttosto cristallino. Anche tradurlo non è facile, e le versioni che abbiamo non rendono del tutto giustizia al testo originale. La stessa parola greca ricorre tre volte in questo passaggio ma è tradotta con due parole differenti, una volta con predicazione e due volte con udire. In italiano predicazione e udire sono strettamente correlate ma non denotano la stessa cosa. La relazione è che una predicazione è udita, o almeno udibile. Ma il termine predicazione guarda la cosa dal punto di vista di chi la pronuncia, il predicatore, mentre udire denota la stessa cosa dal punto di vista degli ascoltatori. La radice di questa difficoltà deve essere rintracciata nel fatto che in Isaia 53:1 la parola che è tradotta predicazione in ebraico deriva dal verbo “udire.” Nell’ebraico, quindi, una predicazione o sermone è “ciò che viene udito.” Guarda alla predicazione sia dal punto di vista del predicatore che dell’uditore. Quando la stessa parola ricorre tre volte in una tale stretta connessione come qui, dovrebbe essere resa dallo stesso termine, se è possibile. Ciò è possibile se usiamo l’espressione ciò che viene udito ogni volta, intendendo “la parola, o predicazione che viene udita.” Ciò include sia il parlare che l’udire e li combina in un tutt’uno. Essi si supplementano a vicenda. Senza il parlare, non vi è niente da dover essere udito, senza udire il parlare è vano. Quindi, noi rendiamo il testo come segue: “Ma essi non hanno tutti ubbidito il vangelo. Perché Isaia dice, Signore chi ha creduto ciò che viene udito da noi? Così, allora, la fede viene da ciò che viene udito, e ciò che viene udito attraverso la parola di Dio.” Soltanto quando la predicazione è udita il risultato può essere fede, ma la predicazione è udita soltanto attraverso la Parola di Dio.
Cosa Viene Udito
L’apostolo sta ancora parlando della predicazione come un requisito indispensabile per la salvezza. Che la predicazione e il predicatore siano necessari alla salvezza lo aveva enfatizzato nel contesto immediato. Perché tutti coloro, e soltanto coloro che Lo invocano saranno salvati. Ma come invocheranno Colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in Colui che non hanno udito? E come udranno senza un predicatore? E come predicheranno se non siano mandati? Per credere in Lui, quindi, si deve udirlo. Non si deve meramente udire qualcosa riguardo a Lui, ma si deve udire Lui, la Sua propria Parola, la Parola di Dio, la Parola di Cristo.
Nel passaggio che qui stiamo considerando l’apostolo asserisce positivamente che il frutto di questo udire la Parola di Dio, o di Cristo, è la fede. La fede viene dalla Parola che è udita. L’apostolo non dice che questo potrebbe essere il risultato, mentre potrebbe anche non esserlo, e così fallendo. Egli non rappresenta la cosa come se fosse contingente all’attitudine dell’uomo, come se dipendesse dalla scelta della sua volontà il fatto se andrà incontro o no con fede alla “Parola che è udita.” Egli non dice che la fede è la condizione indispensabile per udire la Parola di Dio. No, egli in maniera molto definita qui dichiara che la fede è risultato, il frutto. L’inevitabile effetto è credere. Ciò che viene udito è la causa, credere è l’effetto. Dovunque vi è “ciò che viene udito,” la fede viene prodotta, perché la fede viene da ciò che viene udito, e ciò che viene udito è attraverso la Parola di Dio.
Cosa sia ciò che viene udito e che di certo produce la fede come suo frutto, il verso 15 lo identifica chiaramente come il vangelo. “Quanto belli sono i piedi di coloro che predicano il vangelo della pace, che annunziano buone novelle” [citato da Isaia 52:7]. Questo vangelo è il soggetto del verso 16: “Ma essi non hanno tutti ubbidito al vangelo.” Il vangelo era stato predicato da Isaia, ed il suono e le parole di coloro che predicano il vangelo era andato per tutta la terra e fino alle estremità del mondo (v. 18). Il vangelo era stato predicato dal principio. Dio lo aveva rivelato in paradiso quando promise che avrebbe posto inimicizia tra il serpente e la donna, e tra le loro discendenze, e che la discendenza della donna, anche se attraverso la via della sofferenza, avrebbe avuto la vittoria [Genesi 3:15]. Nella pienezza del tempo Egli aveva parlato al Suo popolo attraverso il Figlio, l quale nella Sua incarnazione, la Sua croce e risurrezione, la Sua esaltazione e spargimento dello Spirito Santo, è allo stesso tempo la realizzazione del vangelo della pace. Ora i piedi di coloro che portano buone novelle si muovono rapidamente in ogni direzione per portare il vangelo in ogni terra e a tutte le nazioni del mondo.
Il vangelo è un messaggio meraviglioso, perché i suoi contenuti sono la promessa. E’ una Parola di Dio concernente il Suo Figlio, una Parola che contraddice e vince ogni nostra esperienza in questo mondo presente. In questo mondo l’ira di Dio è rivelata dal cielo sopra ogni empietà ed ingiustizia degli uomini. Tutta la nostra esperienza parla a voce alta di peccato e corruzione, di dannazione e morte. Ma il vangelo è la luce in questa oscurità. E’ la Parola di Dio che parla di giustizia nel mezzo dell’ingiustizia, che ci porta la sicurezza del perdono dei peccati, dell’adozione a figli, di gioia e speranza. Esso ci trasmette il messaggio della vita nel mezzo di questa morte presente, della risurrezione che vince ogni mortalità e corruzione, di bellezza invece di cenere e gloria invece di vergogna. Esso è davvero una buona novella!
Questo vangelo è la predicazione, ciò che viene udito.
Ciò che viene udito, ed il suo frutto, che è la fede, non è la predicazione di uomini, ma è la Parola di Dio. La “predicazione che viene udita” non è meramente la predicazione esterna del vangelo, e non è nemmeno le Scritture, che sono l’infallibile registrazione di quella Parola di Dio, ma è enfaticamente la Parola di Dio Stesso. Le Scritture sono certamente la Parola di Dio nel senso che esse sono l’infallibile registrazione scritta della rivelazione di Dio concernente Suo Figlio, ed ogni predicazione deve avere queste Scritture per contenuto. Ma senza niente più che questo, non è vi predicazione che viene udita nel senso salvifico della parola, né può essere detto che una predicazione da parte di uomini, anche se derivasse i suoi contenuti dalle Scritture, potrebbe mai produrre fede. L’apostolo scrive che la fede viene da ciò che viene udito, ma aggiunge: “e l’udire,” o piuttosto “ciò che viene udito è attraverso la Parola di Dio.” Con questa ultima espressione l’apostolo non sta facendo riferimento alle Scritture, né alla mera proclamazione esterna del vangelo da parte di uomini, ma alla vivente e potente Parola che Dio Stesso pronuncia attraverso lo Spirito del nostro Signore Gesù Cristo. Senza questa onnipotente e vivificante Parola di Dio, che ci parla attraverso il vangelo e che tra noi è conosciuta in dogmatica come “chiamata efficace,” non vi è “predicazione che è udita,” che produca in noi l’attività della fede vivente e salvifica. Ciò che viene udito è attraverso la Parola di Dio.
Dio pronuncia la Sua propria Parola. Egli fa così nella creazione. Attraverso la Parola di Dio le cose che non sono sono chiamate come se fossero. Similmente Dio pronuncia la Sua Parola di salvezza in Cristo, una Parola di vita, di giustizia, di perdono, di eterna gloria. Egli ha pronunciato questa Parola centralmente in Cristo, ed attraverso Cristo nei Suoi profeti e servitori dell’antica dispensazione, e nei Suoi apostoli della nuova dispensazione. Egli li ha mandati ed essi hanno predicato questa Parola. Dio ha preservato i contenuti di questa Parola di salvezza attraverso l’infallibile ispirazione nelle Scritture. Ancora oggi vi sono predicatori che sono inviati. Questi predicatori sono assolutamente vincolati alle Scritture. I contenuti della loro predicazione essi li possono derivare soltanto da quella infallibile Parola di Dio.
Ma se non accadesse nient’altro che questo, ci sarebbe predicazione che viene udita? Vi sarebbero ravvedimento e fede? Mai! Attraverso le Scritture, attraverso la predicazione del predicatore, Dio deve pronunciare la Sua Parola di grazia e misericordia, di perdono e di giustizia, di adozione a figli e vita eterna, di ravvedimento e fede, attraverso il Suo Spirito, nel vostro e nel mio cuore. Allora, e solo allora, vi è una predicazione che è udita. Allora e solo allora, il risultato è fede, perché la fede viene dalla predicazione che è udita, e la predicazione che è udita viene attraverso l’onnipotente, irresistibile, efficace Parola di Dio!
Un esempio è la meravigliosa predicazione di Pietro nel giorno di Pentecoste [Atti 2]. Egli predicò un sermone che perfino fino a pochi momenti prima non sarebbe stato in grado di predicare. Attraverso lo Spirito di Cristo che era stato sparso in quell’ora stessa, Dio pronunciò la Sua Parola a Pietro. Egli lo riempì con la Sua Parola di salvezza. Dio gli disse: “Predica, Pietro,” ed egli predicò. Ciò divenne in Lui un impulso che lo potenziò enormemente. La predicazione che provenne dalla bocca di Pietro in quel momento venne attraverso la Parola di Dio.
Ciò che deve essere notato è che la predicazione di Pietro divenne predicazione che è udita. Gli uomini furono “compunti nei loro cuori.” Essi furono sbalorditi. Videro il loro peccato. Cercarono una via di salvezza. Essi chiesero: “Uomini e fratelli, cosa faremo?” Essi si ravvidero. Essi videro la luce della salvezza. Tremila credettero e furono battezzati. Vi fu predicazione che viene udita.
La spiegazione è forse che Pietro era un potente revivalista? Era potente da muovere i cuori e le coscienza degli uomini in modo che essi si ravvidero e furono salvati? O, forse, fu il mero contenuto della sua parola, il fatto che egli predicò la Parola di Dio, a produrre questo effetto sbalorditivo? Niente di tutto questo. Dio attraverso lo Spirito di Cristo pronunciò la Sua Parola attraverso la predicazione di Pietro. L’udienza udì la Parola di Dio! Dio disse loro: “Voi avete crocifisso il Signore della gloria, ed Io L’ho reso Signore e Cristo! Ravvedetevi! Credete! Siate battezzati. Ed io perdonerò tutte le vostre iniquità!” E questa Parola di Dio essi udirono.
Dio pronuncia la Sua Parola attraverso la predicazione ancora oggi. Il predicatore che è mandato porta le buone novelle del vangelo. Egli predica la Parola di Dio come essa si trova nelle Sacre Scritture. Attraverso la predicazione piace a Dio per mezzo dello Spirito del Signore Gesù Cristo di pronunciare la Sua Parola, di chiamare efficacemente chi Egli vuole. Siccome Egli fa questo nel nostro mezzo, noi abbiamo la predicazione che viene udita.
Supponete che ciò non fosse vero. Supponete che la congregazione si radunasse per adorare, e Dio Stesso non pronunciasse la Sua efficace Parola a noi. A cosa si ridurrebbe la nostra assemblea ed il nostro ministero? Noi non udremmo la Parola di Dio a salvezza. Udremmo il suono della voce del ministro. Giudicheremmo la sua parola, che ci piaccia o meno, saremmo intrattenuti o annoiati, saremmo d’accordo o in disaccordo, ci compiaceremmo o disgusteremmo, o assumeremmo un’attitudine di indifferenza. Ma non temeremmo e tremeremmo. Noi non ci ravvedremmo e crederemmo. Non udremmo la Parola di Dio indirizzata nel profondo del nostro cuore.
Tuttavia non è questo il ministero della Parola. Attraverso la predicazione Dio parla. Quando Dio parla, ogni critica cessa, e con timore e tremore ci inchiniamo davanti alla Parola di Colui che chiama le cose che non sono come se fossero. Quando egli dice: “Ravvediti,” noi ci ravvediamo. Quando Egli dice: “Credi,” noi crediamo. Quando Egli parla attraverso la predicazione, allora vi è la predicazione che viene udita, perché attraverso la Parola vivente di Dio la predicazione viene udita.
In Che Modo è Udita
Così si spiega il fatto che mentre la predicazione della Parola è promiscua ed il vangelo è proclamato dal predicatore a tutti coloro che egli raggiunge, tuttavia attraverso la predicazione Dio è misericordioso con chi Egli vuole essere misericordioso, e chi Egli vuole indurisce. Così si spiega che mentre il vangelo è predicato universalmente, in modo che lo stesso suono della stessa Parola di Dio raggiunge tutti, alcuni non ubbidiscono il vangelo. L’apostolo sta ancora considerando questo, specialmente per quanto concerne Israele: “Ma essi non hanno tutti ubbidito il vangelo.” Ciò fa riferimento primariamente ai Giudei increduli. Essi non avevano ottenuto la giustizia che è per fede nell’antica dispensazione, quando Cristo era rivelato attraverso le ombre, quando la benedizione della giustizia era avvolta nella legge ed indirizzata alla nazione giudaica soltanto. Inoltre, molti di loro non ubbidirono il vangelo anche quando fu predicato apertamente ed universalmente a tutte le nazioni. Ma ciò si applica dovunque e sempre. Dovunque il vangelo è predicato queste parole sono un corretto sommario del frutto della predicazione: “Ma essi non hanno tutti ubbidito il vangelo.” Questa è un’esperienza molto triste ed amara per qualsiasi predicatore.
Perché non tutti ubbidiscono il vangelo?
Non hanno udito?
Si potrebbe rispondere: “Sì e no.” Vi è un duplice senso in cui intendere “l’udire,” proprio come vi è un duplice frutto nella predicazione del vangelo. Vi è un udire di ubbidienza, e vi è un udire di disubbidienza. Vi è un udire a salvezza, e vi è un udire a dannazione. Vi è un udire a conversione, e vi è un udire ad indurimento. Anche il secondo è un udire il vangelo. L’apostolo parla di questo al verso 18: “Ma io dico, Non hanno essi udito? Sì, in verità, il loro suono è andato in tutta la terra, e le loro parole fino alle estremità del mondo.” In queste parole vi è un riferimento al Salmo 19. Le parole di quel salmo sono qui applicate alla predicazione del vangelo. L’apostolo non cita in realtà le parole, come se intendesse dire che nel salmo esse fanno riferimento alla Parola del vangelo. Nel salmo il riferimento è alla Parola di Dio nella creazione, perché ivi leggiamo: “I cieli dichiarano la gloria di Dio, ed il firmamento mostra l’opera delle sue mani. Giorno pronuncia discorsi a giorno, e notte a notte mostra conoscenza. Non vi è discorso o linguaggio dove la loro voce non è udita. La loro linea è andata attraverso tutta la terra, e le loro parole all’estremità del mondo. In essi egli ha posto un tabernacolo per il sole” (vv. 1-4). Ma l’apostolo applica queste parole alla predicazione universale del vangelo. Proprio come la Parola di Dio nella creazione è udita ovunque, così che non si può sfuggire al suo suono, così nella nuova dispensazione il suono del vangelo è udito ovunque, cioè nel mezzo di tutte le nazioni ed in ogni lingua. Nessuno può sfuggire al loro suono. Si può frequentare o ci si può rifiutare di frequentare la chiesa, ma non si può sfuggire al suono della predicazione.
Non si può trascurare il fatto che l’apostolo qui scrive: “il loro suono” e “le loro parole.” E’ il suono e le parole che tutti odono. L’udire del verso 18 è differente da quello menzionato al verso 17. Il passaggio non insegna che la predicazione che è udita, dalla quale viene la fede, è universale. Dio non pronuncia la Sua onnipotente Parola di grazia e salvezza a tutti quelli che odono il suono del vangelo. In questo caso Dio pronuncerebbe la Sua efficace Parola a salvezza a tutti quelli che odono il suono del vangelo, ma questa Parola di Dio poi produce il frutto della fede soltanto in alcuni, mentre in altri rimane impedita. Il ben noto “primo punto” della grazia comune adottato dalla Christian Reformed Church nel 1924 presenta una veduta molto simile a questa. Esso insegna che attraverso la predicazione, Dio è grazioso verso tutti quelli che odono il vangelo. Se uno crede che ciò può ancora pretendere di essere Riformato, sostenendo poi che Dio efficacemente chiama a salvezza chiunque Egli vuole, si trova davanti ad un problema insolubile. Come potrebbe Dio, nella Sua grazia, dirigere la Sua Parola a tutti i peccatori senza far sì che sia efficace a ravvedimento e fede? Come potrebbe poi quella Parola efficace di Dio fallire di effettuare il frutto della fede nel peccatore che è così chiamato? Meraviglia poco che chi prova di sostenere questo dilemma cerca rifugio nella teoria che due affermazioni contraddittorie costituiscono un “mistero” che bisogna accettare prontamente per fede!
L’apostolo non insegna un tal cosa. Egli meramente spiega che vi sono due tipi di udire: l’uno è salvifico, l’altro no. L’uno è udire il vangelo attraverso la Parola di Dio a salvezza, ciò che viene udito e che produce fede. L’altro è udire il suono del vangelo per come esso giunge per mezzo della bocca dell’uomo, l’udire le parole del vangelo per come esse sono proclamate dal predicatore. Di certo, quel suono del vangelo, quella parola del predicatore, trasmette a tutti gli uditori il contenuto della Parola di Dio. Richiede a tutti di ravvedersi e credere. L’uomo naturale ode il suono e comprende la parola, ma non la riceve, non vi presta ascolto, o ubbidisce, perché per natura è nell’oscurità, morto nel peccato, stolto, disubbidiente. Egli ha a mente le cose della carne. Egli non è soggetto alla legge di Dio, né può esserlo. Egli ode nella predicazione del vangelo la parola di un uomo. E quando un uomo gli porta la Parola di Dio, egli non trema, non si umilia, o ravvede. Il suono potrò forse disturbare la sua pace mentale per qualche momento, ma di tristezza secondo Dio non ne sa niente. Quando Isaia portò la sua predicazione, essi lo odiavano per questo. Quando Cristo predicò loro il vangelo, essi Lo crocifissero. Quando il vangelo fu predicato a tutte le nazioni, essi perseguitarono gli apostoli. Ma il loro suono è andato in tutta la terra, tuttavia, e le loro parole fino alle estremità del mondo.
In questo senso della parola tutti gli ascoltatori hanno udito, ma non tutti hanno ubbidito il vangelo. Anche ciò non è accidentale. Quelli che non hanno ubbidito il vangelo non hanno sconfitto il proposito di Dio. L’apostolo cita dalla profezia di Isaia [53:1] e così pone il fatto che alcuni non hanno ubbidito il vangelo nella luce del proposito di Dio: “Perché Isaia dice, ‘Signore, chi ha creduto la nostra predicazione?’” Molto prima della venuta di Cristo, secoli prima della nuova dispensazione, quando il vangelo sarebbe stato predicato a tutte le nazioni, Isaia vide la sofferenza di Cristo ed anche “la gloria che doveva seguire” [I Pietro 1:11], ma egli profetizzò anche che molti non avrebbero creduto alla predicazione di queste cose. Il proposito di Dio non è mai sconfitto. Esso è realizzato quando la predicazione che è udita porta frutto in ravvedimento e fede, ma essa è altresì realizzata quando il suono del vangelo và per tutta la terra, e le parole dei predicatori fino alle estremità del mondo, e quando alcuni, perfino molti, non ubbidiscono il vangelo. Che il vangelo sia ubbidito o no, in ultima analisi non dipende dalla volontà dell’uomo. Per natura e da se stesso, nessun uomo può ubbidire ed udire la Parola di Dio. Quando il suono del vangelo và in tutta la terra, vi è una doppia operazione di Dio su coloro che odono questo suono. Da un lato vi è un’operazione dell’Onnipotente sul cuore e la mente del peccatore per il quale egli diviene indurito e cieco; d’altro canto vi è un’operazione di grazia irresistibile da parte di Dio in modo che la Sua Parola è udita a salvezza, e la fede ne è il frutto.
Il Risultato dell’Udire
Ciò non cambia il fatto che l’uomo è un essere razionale e morale, né viola la sua responsabilità nei confronti della Parola di Dio che giunge a lui anche quando soltanto attraverso il suono del vangelo. Il fatto rimane che l’uomo disubbidisce il vangelo. Ciò è enfatizzato nel testo. Esso non dice che non tutti hanno accettato Cristo, o che non tutti hanno ricevuto il vangelo, o che non tutti sono stati salvati attraverso il vangelo. No, dice: “non tutti hanno ubbidito il vangelo.”
La parola ubbidire mostra in che modo le Scritture considerano il vangelo di Dio concernente Suo Figlio. Ai giorni nostri è in voga presentare il vangelo come un’offerta di Dio, come un gentile invito. Tale presentazione del vangelo piace alla carne dell’uomo peccatore. Lo lusinga. A lui piace udire che Dio viene a lui con un’offerta che può accettare o rigettare. Gli piace udire che sta a lui, che dipende dalla scelta della sua mente e volontà se accetterà o declinerà quel gentile invito. Ma il testo pone il vangelo in una luce differente quando parla di disubbidienza. Di sicuro non potete essere disubbidienti quando vi è offerto qualcosa e rifiutate l’offerta. Un’offerta non è vincolante. Vi lascia liberi. Non vi può obbligare ad accettare.
Quando, quindi, il testo parla di disubbidienza al vangelo di Dio, esso implica che il vangelo è più che un’offerta, più che un gentile invito, è una pretesa, nel senso di comando. Ciò è ovvio, perché è il vangelo di Dio. Dio pretende sempre proprio perché è Dio. Nella via dell’ubbidienza a cosa Egli pretende, Egli ci benedice con vita e gloria. Quando qualsiasi uomo, quindi, ode il suono del vangelo, questa pretesa di Dio è trasmessa alla sua coscienza: il comando di ravvedersi, di fare cordoglio sul peccato con tristezza verso Dio, di volgersi dall’ingiustizia e dalla corruzione e ribellione contro l’Altissimo, di cercare la giustizia, di ritornare a Dio.
Disubbidire il vangelo è dire No e manifestarlo fine alla fine. Quando il suono del vangelo, la parola del predicatore, raggiunge le orecchie di un uomo, entra nel suo intendimento naturale, ed egli disubbidisce il vangelo, egli deliberatamente, intelligentemente, e consciamente dichiara che sopra tutte le cose ama il peccato e non vuole la giustizia, e che si diletta così tanto nell’iniquità che andrebbe piuttosto all’inferno piuttosto che essere liberato da esso. Così il suono del vangelo serve a portare a chiara manifestazione l’orribile carattere del suo peccato, la dannabilità della sua ingiustizia. E Dio è giustificato. D’altro canto, il risultato della predicazione che è udita attraverso la vivente e potente Parola di Dio è la fede. La fede viene dalla predicazione che viene udita. Sempre questo è il risultato. L’apostolo non dice che la predicazione che è udita a volte produce questo frutto. No, la fede viene sempre dall’udire, cioè, da ciò che viene veramente udito quando Dio parla attraverso la predicazione, alla nostra anima, a salvezza. Ciò non può mai fallire.
Quando l’apostolo parla qui di fede come il frutto della predicazione che è udita, egli fa riferimento all’atto di fede, all’attività di credere. Noi possiamo parlare della fede come una facoltà, come una potenza spirituale, in distinzione dalla sua cosciente attività. Questa potenza o facoltà della fede è operata nella profondità del cuore del peccatore quando egli è rigenerato dallo Spirito di Cristo. Ma l’apostolo non sta parlando di questa facoltà o potenza della fede, perché questa potenza è operata nel cuore degli eletti in modo immediato, e non attraverso la predicazione del vangelo. Il piccolissimo infante, sul quale la predicazione della Parola non fa ancora presa, può possedere questa facoltà di fede come il credente adulto. Il testo, tuttavia, parla della fede per come essa è operata dalla vivente Parola di Dio attraverso la predicazione del vangelo. Essa ha la sua origine nella predicazione che è udita. Il riferimento, cioè, è all’atto cosciente di fede, l’atto di credere.
Questa fede è un atto dell’intera anima per la quale essa si aggrappa a Dio in Cristo come il Dio della nostra salvezza. Non è un mero spronare le emozioni, che è ciò che caratterizza la cosiddetta fede temporanea, e che è frequentemente il risultato della predicazione revivalistica. Non è un mero assenso intellettuale alla verità senza coinvolgimento personale. La fede salvifica è un fatto del cuore, e dal cuore essa diviene attività spirituale, etica della mente e della volontà. Essa si attacca al vangelo per come esso è rivelato nella Sacra Scrittura, perché il vangelo è la rivelazione del Dio della nostra salvezza in Cristo Gesù nostro Signore, crocifisso e risorto. Per fede il credente conosce questo vangelo, non con una mera conoscenza ed interesse naturale, intellettuale, ma con un profondo discernimento spirituale e con certezza personale. Per mezzo d’esso egli è personalmente assicurato di tutto ciò che è promesso in quel vangelo: giustizia e il perdono dei peccati, adozione a figli, e vita eterna. Anche se la sua intera esperienza interiore, e tutto ciò che percepisce intorno a sé nel mondo può testimoniare del contrario, testimoniando ad alta voce di peccato e colpa, di corruzione e morte, di condanna e dannazione, tuttavia mediante la sua fede il credente conosce che egli è giusto davanti a Dio e che egli è un erede della vita eterna. La fede è un atto della volontà per il quale il credente si arrende interamente in vita e morte a Cristo Gesù crocifisso e risorto come la rivelazione del Dio della sua salvezza, completamente confidando nell’eterno amore di Dio, così che la sua paura è scacciata dalla sua anima.
La fede è il mezzo, il mezzo dato da Dio, per il quale siamo salvati. Essa non è una condizione per la salvezza. Non vi sono condizioni che dobbiamo adempiere per essere salvati. E’ tutto per grazia. La fede non è una base della nostra salvezza, che si pensi alla fede in quanto tale o alle opere della fede. Non vi sono basi di salvezza dentro di noi. La sola base è Gesù Cristo e la Sua giustizia. Non è nemmeno la mano che stendiamo per accettare l’offerta di salvezza e di grazia che Dio ci porta nel vangelo. La salvezza non è un’offerta. E se lo fosse, noi non avremmo mani per accettarla. La fede è un mezzo. Esso è il mezzo dato da Dio, operato in noi dallo Spirito di Cristo, chiamato in cosciente attività dalla Parola di Dio attraverso il vangelo, per il quale riceviamo Cristo e tutti i Suoi benefici.
Che caricatura viene spesso fatta della fede salvifica! Persuasi da un preteso predicatore, spesso sotto una spinta emozionale, un uomo ripete: “Io accetto Gesù Cristo come mio personale Salvatore,” ed è detto essere salvato! Quindi, non dovremmo mai dimenticare che la fede viene dalla predicazione che è udita, e che la predicazione che è udita è solo attraverso la Parola di Dio. Se non fate altro che meramente udire me assicurarvi che i vostri peccati sono perdonati e che siete giusti davanti a Dio, o se uno dai morti risuscitasse e vi dicesse queste cose, o se stasera un angelo dal cielo si trovasse preso il fianco del vostro letto e vi proclamasse che siete salvati, non varrebbe a nulla. La fede non può aggrapparsi a nessuna parola d’uomo o di qualsiasi altra creatura. Essa non può essere evocata con nessuna mera parola d’uomo. Su nessuna parola d’uomo può riposare per la giustizia e la salvezza in vita e in morte. Ma quando la Parola di Dio risuona nella vostra anima, quando voi udite quella Parola come la Parola di Dio a voi personalmente, il vostro cuore si aggrapperà a quella Parola, la riceverà, abbraccerà e starà fermamente su di essa, e voi direte: “Io ho udito Dio parlare alla mia anima, qualsiasi cosa possa testimoniare contro di me, io sono giusto per sempre!”