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L’Organismo del Patto

Herman Hanko

(Capitolo 7 di: Herman Hanko, We and Our Children: The Reformed Doctrine of Infant Baptism [Noi ed i Nostri Bambini: La Dottrina Riformata del Battesimo degli Infanti], Reformed Free Publishing Association, ed. 2004, Grand Rapids, Michigan; trad. italiana di: Francesco De Lucia )

Tutti i Bambini Battezzati Sono Salvati?

Il principio riguardante la salvezza dei credenti e della loro discendenza pervade l’intera Scrittura, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento. La Scrittura insegna che i figli dei credenti insieme ai credenti stessi sono incorporati nell’eterno patto di grazia di Dio. Il Catechismo di Heidelberg è del tutto corretto nella Domanda e Risposta 74:

D. Debbono essere battezzati gli infanti?

R. Si, perché dal momento che essi sono compresi al pari degli adulti nel Patto di Dio e nel Suo popolo, ed a loro, non meno che gli adulti, sono promessi, attraverso il sangue di Cristo, la redenzione dal peccato e lo Spirito Santo che produce la fede, essi debbono essere incorporati mediante il battesimo, segno del Patto, nella Chiesa Cristiana, e devono essere distinti dai figlioli degli increduli. Nell’Antico Patto ciò avveniva per mezzo della circoncisione, in luogo della quale, nel Nuovo Patto, è istituito il Battesimo.

Ci volgiamo ora a considerare un’altra domanda. Essa concerne un’obiezione battista ripetutamente sollevata contro la posizione dei Riformati, e riguarda la presenza della discendenza reproba tra i credenti, e del motivo per il quale anch’essi devono essere battezzati. Sia i Battisti che i Riformati riconoscono che non tutti i figli dei genitori credenti sono salvati. Tuttavia, i Riformati insistono che tutti devono essere battezzati. Non è questo un grave errore? Non hanno ragione i Battisti quando sostengono che dovrebbero essere battezzati soltanto i credenti? Il battesimo dei soli credenti non impedisce forse che si battezzino persone appartenenti alla discendenza reproba? Sembrerebbe proprio così, almeno in parte.

Nel procedere, potremmo notare che i Battisti stessi non hanno alcuna garanzia di star battezzando soltanto autentici credenti. Nei circoli battisti, è possibile che qualcuno faccia una professione di fede esteriore e che su questa base venga battezzato, ma la realtà dei fatti potrebbe essere benissimo che questa professione esterna non coincide allo stato interno del suo cuore. Questo problema, col quale i Battisti hanno a che fare, chiama in campo la questione della purezza della chiesa, una questione che sta al cuore dell’apologetica battista.

Kingdon, nel fronteggiare questa questione, scrive:

Siccome noi insistiamo che, per quanto sia umanamente possibile, i membri della chiesa dovrebbero essere solo coloro che danno una credibile evidenza di fede in Cristo, siamo frequentemente tacciati di perfezionismo, e di perseguire l’impossibile ideale di una chiesa assolutamente pura.1

L’autore ammette che l’ideale di una chiesa composta soltanto di coloro che danno una credibile evidenza di fede, e che siano quindi tutti autenticamente rigenerati, è impossibile. Dunque, la vera differenza si riduce a questa: i Battisti vogliono una chiesa pura e si sforzano per ottenere questo anche se non possono ottenerlo, mentre accusano i Riformati di accontentarsi di meno di questo.

Insieme all’obiezione che coloro che credono nel battesimo degli infanti battezzano senza alcuna discriminazione, sorge anche quella che la posizione dei Riformati conduce ad una sicurezza carnale. L’argomento è che battezzare i figli dei credenti sulla base del fatto che sono membri del patto di Dio condurrà queste persone a vivere in modo negligente e profano. Essi giustificheranno la loro negligenza e profanità sulla base del fatto che sono battezzati e che quindi sono membri della chiesa di Dio nonostante i peccati che commettono.

Dovrebbe essere chiaro immediatamente che questa obiezione è identica a quella che gli Arminiani e i Pelagiani hanno sempre sollevato contro le dottrine della grazia sovrana. In realtà, è l’obiezione che l’apostolo Paolo dovette fronteggiare a suo tempo quando scrisse in Romani 6:1-2: “Che diremo dunque? Rimarremo nel peccato, affinché abbondi la grazia? Niente affatto!” Ciò dovrebbe almeno far riflettere quelli che sollevano tale obiezione.

Varie Risposte a Queste Questioni

Quella del battesimo dei figli carnali dei credenti è sempre stata una questione seccante nella storia delle chiese Riformate. Nei circoli Riformati si sono fatti vari tentativi per rispondere a questo difficile problema, tentativi che non sempre hanno avuto successo.

Due vedute, in modo particolare, sono state difese tra i Riformati. Una è quella del Dr. Abraham Kuyper, che insegnò la rigenerazione presupposta.2 Questa veduta insegna che tutti i figli dei credenti devono essere battezzati perché dobbiamo presupporre che essi sono tutti rigenerati almeno fino a quando provano il contrario con la loro vita e condotta.

Non abbiamo bisogno di addentrarci in una lunga discussione di questa opinione. Essa è stata abilmente e pienamente confutata da Herman Hoeksema.3 La base del battesimo degli infanti non può mai essere quella che tutti gli infanti dei credenti sono considerati rigenerati. La base per il battesimo degli infanti è il comandamento delle Scritture, il quale è basato sulla verità che Dio stabilisce il Suo patto con i credenti e la loro discendenza.

Vi sono stati altri Riformati che hanno adottato una posizione abbastanza differente. Essi fanno una distinzione tra patto in un senso esterno, ed uno in un senso interno, e dicono che tutti i figli dei credenti sono inclusi nel patto nel senso esterno. Appartenere al patto nel senso esterno include: l’essere nati da genitori credenti, ricevere il segno del battesimo, ricevere oggettivamente la promessa di Dio che Egli sarà il Dio del battezzato, essere esternamente separati dal mondo, essere allevati nella sfera del patto con tutti i privilegi di quel patto, ovvero istruzione cristiana in casa, scuola e chiesa, ecc., ma senza ricevere la grazia interiore dello Spirito Santo e l’opera della rigenerazione e della salvezza.

Anche se non mi trovo particolarmente a mio agio con i termini patto esterno e patto interno, è vero che tutti i figli dei credenti sono nati ed allevati nella sfera dell’amministrazione del patto. La vera questione in realtà è se una persona reproba, come ad esempio Esaù, è mai veramente nel patto, internamente o esternamente. La risposta deve essere: no. Anche se è nato ed allevato all’interno della sfera dell’amministrazione del patto, la Scrittura insegna che il patto di grazia di Dio è stabilito soltanto con gli eletti.

Il vero problema sorge quando questa idea di un patto interno ed esterno è messa in pratica concretamente. E’ detto che si entra nel patto nel senso interno soltanto quando si giunge agli anni della discrezione e si accettano le provvigioni del patto, si professa la fede in Cristo, e si assente agli obblighi e alle stipulazioni del patto, mostrando attraverso la propria fede e condotta che si è un vero membro di quel patto. Alcuni sono perfino arrivati a dire che essere membri nel patto interno include una certa “grazia comune” pattale che deve essere distinta dalla grazia salvifica, ma che mette in grado tutti quelli che sono battezzati di esercitare una scelta per o contro Dio.4

Pierre Ch. Marcel sembra suggerire qualcosa di simile quando scrive:

La promessa che il patto sarà pienamente realizzato nei figli dei credenti non indica che Dio desidera, strettamente parlando, dotare tutti i figli dei credenti della fede salvifica. Un certo numero di essi sceglierà volontariamente di non credere e di ribellarsi nonostante l’opera di Dio nei loro cuori per mezzo dello Spirito Santo, nonostante l’offerta del vangelo della grazia e del perdono in Cristo Gesù , nonostante la libertà, frutto della grazia che è loro data, di credere e di confermare il patto istituito con loro [enfasi mia].5

Per rendere chiara questa veduta, alcuni hanno usato la seguente illustrazione. Quando un figlio di genitori credenti è battezzato, egli riceve, come se fosse, un assegno da parte di Dio sul quale è scritto: “Pagare all’ordine di [la persona battezzata] la somma della salvezza.” Questo assegno è firmato da Dio Stesso e rappresenta le promesse del patto che ogni bambino battezzato riceve. Coli che è battezzato può fare varie cose con quell’assegno quando giunge a maturità. Può prenderlo, incorniciarlo, ed appenderlo al muro della sua stanza. E’ ovvio, in questo caso, che la promessa del patto non gli sarà di alcun giovamento. Egli è come chi nella chiesa è intellettualmente innamorato della verità della Scrittura ma non riceve mai quella verità nel suo cuore.6 Egli è colui che si vanta della sua posizione esterna nella chiesa visibile, ma che è colpevole di morta ortodossia. Egli crede soltanto nell’oggettiva promessa di Dio e non si appropria mai di Cristo per fede.7

E’ anche possibile, secondo questa veduta, prendere quell’assegno, farlo a pezzi, e gettarlo nel cestino della spazzatura. Chi fa questo mostra di disprezzare il patto di Dio e di non volerci avere niente a che fare. Egli è un violatore del patto. Si allontana dal patto e lascia la chiesa. In questo modo mostra di essere un Esaù che disprezza il suo diritto di nascita.

Ma secondo i sostenitori di questa veduta è anche possibile prendere quell’assegno e andarlo a riscuotere nella banca del cielo, girandolo allo sportello appropriato. Chi fa questo è colui che, quando è giunto all’età della discrezione, accetta Cristo e si assume di rispettare gli obblighi del patto. Egli dunque, avendo girato l’assegno, ed accettato la promessa, entra internamente nel patto.

Colpisce il fatto che vi siano molte similarità tra questa posizione e la posizione dei Battisti. Entrambe sostengono che i figli dei credenti, mentre sono ancora piccoli, sono essenzialmente non credenti e devono essere trattati come tali. Entrambe sostengono che non si entra nel patto realmente fino a quando fede e conversione non sono evidenziate. Infatti, anche il linguaggio di questi pedobattisti è simile a quello dei Battisti Riformati.

Non meraviglia affatto che, adottando una posizione del genere, sia quasi impossibile sostenere e difendere la dottrina del battesimo degli infanti contro gli acuti criticismi dei Battisti, e quindi che molti “Riformati” lentamente si convincano della posizione dei Battisti e passino nelle loro chiese.

Se qui ci addentrassimo in una lunga confutazione di questa veduta, non riusciremmo a raggiungere il nostro scopo. Siccome esso è quello di è dimostrare l’insegnamento scritturale concernente il battesimo degli infanti, esaminare in dettaglio questa veduta molto comune ci condurrebbe lontano dal nostro proposito. Vi sono soltanto alcune osservazioni che desidero fare.

Questa posizione dell’”assegno in bianco” è basata su una concezione errata del patto. Essa assume che il patto è un accordo tra Dio e l’uomo nel quale sia Dio che l’uomo hanno mutue responsabilità, condizioni da adempiere, ed obblighi a cui tener fede. Ognuna delle due parti promette all’altra qualcosa che è contingente all’adempimento e al mantenimento di una condizione. Il patto è ratificato e vige soltanto se e fino a quando entrambe le parti rimangono fedeli. Al contrario, la Scrittura insegna che il patto è un legame, o vincolo di amicizia e comunione tra Dio e il Suo popolo in cui Dio è l’Amico-sovrano e coloro facenti parte del Suo popolo sono gli amici-servitori.

Inoltre, questa concezione del patto è una vera e propria introduzione della teologia arminiana nel patto. Secondo questa veduta, la piena realizzazione del patto nel senso interno dipende dalla volontà dell’uomo e dalla sua scelta di Cristo. La sua dottrina concernente una promessa generale di Dio a tutti coloro che sono battezzati assomiglia alla dottrina della offerta generale della salvezza a tutti quelli che odono la predicazione. E per quanto riguarda quelli che sostengono che vi sia una grazia generale e pattale comune, bisogna dire che essi negano il carattere particolare e sovrano della grazia nell’opera della salvezza. Non possiamo giustificare il battesimo di tutti i bambini nel patto su questa base.

Ma qual è, allora, la giustificazione per il battesimo di tutti i figli nati da genitori credenti?

Il Patto per gli Eletti Soltanto

Dovrebbe essere enfatizzato che noi sosteniamo che non tutti i figli dei credenti sono eletti. L’ intera storia della nazione d’Israele prova che ciò è vero. La distinzione tra eletti e reprobi, tra la discendenza credente e quella carnale, si manifestò già nella famiglia di Adamo ed Eva. Abele offrì un sacrificio accettabile a Dio. Caino uccise suo fratello e fu cacciato da casa sua. Abele faceva parte della vera discendenza del patto; Caino apparteneva alla discendenza del serpente.

Secondo il sovrano proposito di Dio, la storia dopo la caduta si è svolta in maniera analoga. Vi erano “i figli di Dio” e “le figlie degli uomini,” e, quando si giunse al periodo del diluvio, tutto quello che era rimasto della chiesa era il credente Noè e la sua famiglia.

Benché Noè avesse tre figli, fino al tempo della nuova dispensazione la linea del patto fu perpetrata soltanto attraverso Sem, e, giunti al tempo della nuova dispensazione, Iafet venne a dimorare nelle tende di Sem (Genesi 9:27). Abraamo ebbe molti figli da Agar e Keturah, ma soltanto “in Isacco la tua discendenza sarà chiamata” (Ebrei 11:18). E così fu anche nella storia della nazione di Israele: un’intera generazione perì nel deserto e non entrò nella terra promessa, la terra di riposo, a causa dell’incredulità (Ebrei 4:6). Durante tutta la storia di Israele, vi furono molti che non soltanto si volsero agli idoli e adorarono tutti gli dèi dei pagani, ma che sviarono anche l’intera nazione, fino a quando Dio, nella Sua ira, non li condusse tutti in cattività.

La nuova dispensazione non è differente. Ai tempi di Gesù Dio rigettò la nazione di Israele e portò il Vangelo ai Gentili. E così è in ogni tempo, secondo l’insegnamento di Paolo in Romani 9:6: “non tutti quelli che sono d’Israele sono Israele.” Ogni chiesa sa e constata che vi sono molti che sono battezzati ma che non sono i veri figli di Abraamo. Ogni genitore credente sa che non ha il diritto di aspettarsi che tutti i suoi figli, man mano che crescono, diano evidenza di essere membri del patto. In realtà, nella sua profonda coscienza di patto e nel suo interesse per la discendenza del patto egli prega: “Non tagliarci fuori dal tuo patto nelle nostre generazioni.” Se il Signore è misericordioso con lui e i suoi figli man mano che crescono confessano la verità, può soltanto ringraziare umilmente Dio, al quale è piaciuto, nella Sua infinita misericordia, di concedergli questo. L’elezione e la riprovazione si realizzano anche all’interno delle linee del patto.

Non si mai presupporre che tutti i figli di un credente siano realmente rigenerati e salvati. Non si può presupporre ciò che Dio ha detto che non è vero. E di sicuro non si può presupporre che questa rigenerazione costituisca una base per battezzarli tutti. Nel fare così, ci si muove in ribellione alle parole di Dio.

Il Giudizio di Carità

Ciò significa, allora, che i genitori devono giudicare i loro bambini già quando sono molto giovani così da determinare chi sono gli eletti e chi sono invece i reprobi, chi sono quelli che appartengono alla discendenza del patto e chi invece a quella carnale?

Anche senza tener conto del fatto che ciò è impossibile, nessun genitore sarebbe mai capace, psicologicamente, di far questo, e né lo deve fare. Egli deve trattare tutti i suoi figli allo stesso modo, e deve farlo sulla base del comandamento di Dio. Deve impartire loro istruzione pattale, e deve pregare per ognuno di loro, affinchè quell’istruzione porti frutto nei loro cuori per mezzo dell’opera dello Spirito Santo. In questo senso è certamente vero che i genitori trattano tutti i loro figli come eletti nel periodo della minore età. Egli non può fare e non farà nient’altro che questo.

Ma non è sempre questo, dopo tutto, il caso nella chiesa di Cristo? Noi sappiamo che nella chiesa, quando essa si manifesta visibilmente nel mondo, vi sono anche membri carnali che non posseggono l’opera della rigenerazione nei loro cuori. Tuttavia, noi trattiamo tutti i membri professanti della chiesa come popolo di Dio. Soltanto quando essi mostrano, nella dottrina e/o nella condotta, che non sono credenti, la chiesa esercita le chiavi del regno e li mette fuori comunione. I Battisti faranno sicuramente lo stesso. Anche loro, come ammettono, non possono giudicare il cuore. Quando qualcuno dimostra di essere un vero credente, i Battisti, come i Riformati, lo accolgono nella loro comunione e lo ricevono come un vero eletto di Dio, e, quando qualcuno si dimostra una persona malvagia, i Battisti, come i Riformati, mettono una tale persona fuori comunione. Soltanto Dio può giudicare il cuore, e non abbiamo il diritto di attribuire a noi stessi questo compito. Noi abbiamo il diritto di giudicare soltanto in base alla condotta e alla vita personale. In una maniera simile trattiamo anche i nostri bambini.

Marcel esprime lo stesso:

Cristo ci proibisce di eseguire giudizi sul cuore degli uomini. Ogni qualvolta le autorità religiose ufficiali della Chiesa del Suo tempo giudicavano il peccato di qualcuno con l’intento di escluderlo dalla chiesa visibile, Cristo ha sempre fatto percepire loro che stavano sbagliando. Egli insegnò costantemente ai Suoi discepoli di intrattenere una stima favorevole, amorevole, nella speranza che si fosse in presenza di un’interna e segreta operazione dello Spirito Santo.8

Anche se Cristo sapeva che Giuda era stato preordinato da Dio per tradire Cristo, tuttavia lo ritenne nel numero dei dodici fino a quanto il traditore fu dimesso dall’ultima cena. Cristo lo scelse come uno dei dodici, sapendo che Giuda lo avrebbe tradito (Luca 6:13; Giovanni 6:70).9

Il Patto Organico

Perché, allora, battezzare tutti i bambini quando sappiamo che non tutti sono figli di Dio? E perché non aspettare fino a quando non abbiamo qualche ragionevole sicurezza della veridicità della loro fede?

La risposta a queste domande è che il patto è organico.

Marcel tocca brevemente questo concetto:

La Scrittura insegna che il patto di grazia ha un carattere organico. Nei due Testamenti esso è realizzato per mezzo di un processo storico; esso si perpetua nel mezzo di successive generazioni e accorpa i credenti in un nuovo organismo, che è la Chiesa, con Cristo a capo. Nel patto Cristo appare come Colui che ha preso il posto di Adamo, come il secondo Capo della razza umana. Adamo è stato rimpiazzato da Cristo. L’umanità che cadde in Adamo è ristorata in Cristo. Non si tratta semplicemente di individui, separati gli uni dagli altri, che vengono salvati, ma piuttosto, attraverso Cristo, l’organismo dell’umanità e dell’universo stesso sono salvati nelle persone degli eletti. La struttura del nuovo organismo è assunta dalla creazione originale in Adamo, rigenerata e ristorata. Il patto di grazia è l’organizzazione della nuova umanità, con Cristo come Capo, che si unisce ad essa, e che in questo modo rende il complesso di questa creazione qualitativamente e intensivamente sicura.10

E’ l’idea di un patto organico, così comune nella Scrittura, che forma la base scritturale per la risposta Riformata alla domanda: perché battezziamo tutti i bambini del patto?

Cos’è precisamente un organismo? Un organismo è un sistema organizzato ed unificato, composto di molte parti diverse, ma unite da un comune principio di vita.11 Un organismo non è una macchina. Anche una macchina è un sistema organizzato, un’unità con molte parti diverse, ma essa non è vivente. Noi non diremmo mai che un automobile è un organismo.

Un organismo non sarebbe tale senza unità e diversità. Un organismo è un sistema unico, composto di varie parti. Soltanto la diversità dei membri ci assicura che siamo in presenza di un organismo.

Un organismo possiede un principio di vita che tiene il tutto insieme, unisce le parti, e conferisce un proposito ed un’identità al tutto. Un albero è un organismo del genere, e anche un corpo umano. Ognuno è composto di molte parti differenti, ma queste parti sono unite da un solo principio di vita: un albero è piantato nel suolo e riceve il suo nutrimento dal terreno. Un uomo ha un unico principio di vita, cioè, il fatto che fu creato da Dio come una creatura razionale e morale. Questa unità vitale fornisce all’organismo la sua struttura essenziale, la sua unicità di proposito, e la sua identità. Il principio della sua vita è la sua caratteristica controllante.

La chiesa di Gesù Cristo è un organismo, e per questa ragione è paragonata ad un corpo:

Or vi è diversità di doni, ma un medesimo Spirito. Vi è diversità di ministeri, ma un medesimo Signore … Ma tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito, che distribuisce i suoi doni a ciascuno in particolare come vuole. Perché come il corpo è uno, ed ha molte membra, e tutte le membra di quell’unico corpo, pur essendo molte, sono un solo corpo, così è anche Cristo … Ci sono invece molte membra, ma vi è un solo corpo … Or voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per parte sua (II Corinzi 12:4-5, 11-12, 20, 27).

La razza umana, considerata come un tutt’uno, fu creata come un organismo. Adamo fu creato come padre e capo organico dell’intera razza umana. Questo è il motivo per cui la corruzione della natura di Adamo è l’eredità di ogni uomo. La natura di Adamo fu trasmessa all’intera razza umana. Questo è l’insegnamento del Salmo 51, al verso 5: “Ecco, io sono stato formato nell’iniquità e mia madre mi ha concepito nel peccato.”

La Confessione Belga insegna questa dottrina:

Noi crediamo che, attraverso la disobbedienza di Adamo, il peccato originale si è esteso a tutta l’umanità; esso è una corruzione dell’intera natura e una malattia ereditaria, da cui sono contaminati anche i bambini nel grembo della loro madre, e che produce nell’uomo ogni sorta di peccati, essendo in lui come una radice d’essi.12

Dio salva l’organismo della Sua chiesa dall’organismo della razza umana. Ma essa è un nuovo organismo creato da Dio in Gesù Cristo. Il suo più profondo principio di vita è la vita della rigenerazione.

Per questa ragione Dio tratta gli uomini sempre in modo organico. Questa forse è una delle differenze più grandi tra la fede Riformata e l’Arminianesimo, che non ha spazio per questa importante verità. L’Arminianesimo è individualistico. Esso insegna che Dio tratta gli uomini soltanto come individui, e che ognuno è uno davanti a Dio, e che il destino di ogni uomo è deciso dalle decisioni che quell’individuo fa nei riguardi di Cristo.

La Scrittura insegna qualcosa di diverso. Dio visita l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che lo odiano (Esodo 20:5). Se da un lato è certamente vero che ogni individuo è responsabile davanti a Dio per quello che fa, tuttavia Dio considera ogni uomo come una parte di un più ampio organismo. Dio tratta un uomo alla luce dell’intero organismo a cui egli appartiene, e come un membro della razza umana colpevole in Adamo. Dio lo vede come un membro della razza a cui appartiene, e lo tratta in connessione alla nazione di cui egli è un cittadino. Dio giudica con un giudizio perfetto. Egli giudica le opere di un individuo, ma lo fa in connessione a tutta quella che è la sua vita. Egli giudica in connessione al luogo che egli occupa, in connessione ai suoi nonni e genitori, al circolo dei suoi amici, e così via. Nel giorno del giudizio la sorte di Sodoma, Tiro e Sidone sarà più tollerabile di quella di Betsaida e Capernaum (Matteo 11:20-24), perché Dio le giudica alla luce della loro posizione nella storia: Tiro e Sidone non videro mai le meravigliose opere di Cristo che Betsaida e Capernaum videro.

Tutte le opere di Dio tra gli uomini egli le compie alla luce di questa relazione organica in cui essi vivono. Anche per questa ragione la nazione di Israele nell’antica dispensazione era considerata un organismo. La Scrittura fa riferimento a questa verità usando varie figure retoriche. Nel Salmo 80 Israele, come nazione, è vista come una vigna:

Tu portasti fuori dall’Egitto una vite; scacciasti le nazioni e la piantasti. Tu sgombrasti il terreno davanti a lei, e facesti sì ch’essa mettesse radici, e riempì la terra. I monti furono coperti con la sua ombra e i suoi tralci erano come cedri di Dio. Allungò i suoi rami fino al mare e i suoi germogli fino al fiume. Perché hai rotto i suoi recinti, così che tutti i passanti la vendemmiano? Il cinghiale del bosco la devasta e le fiere della campagna vi pascolano. O DIO degli eserciti, ti preghiamo, ritorna; guarda dal cielo e vedi, e visita questa vigna (vv. 8-14).

E’ impossibile interpretare questo passaggio senza comprendere che è l’intera nazione di Israele, eletti e reprobi inclusi, dall’inizio della sua storia fino alla sua cattività, ad essere qui rappresentata come una vigna. Il passaggio descrive la nazione come un tutt’uno.

Anche in Isaia 5 troviamo la stessa figura:

Ora canterò al mio diletto un cantico del mio amico circa la sua vigna. Il mio diletto aveva una vigna su una collina molto fertile. La circondò con una siepe, ne tolse via le pietre, vi piantò viti di ottima qualità, vi costruì in mezzo una torre e vi scavò un torchio. Egli si aspettava che producesse uva, invece fece uva selvatica. Or dunque, o abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, giudicate fra me e la mia vigna. Che cosa si doveva ancora fare alla mia vigna che io non vi abbia fatto? Perché, mentre io mi aspettavo che producesse uva, essa ha prodotto uva selvatica? Ma ora vi farò sapere ciò che sto per fare alla mia vigna: rimuoverò la sua siepe e sarà divorata, abbatterò il suo muro e sarà calpestata. La ridurrò a un deserto: non sarà né potata né zappata, ma vi cresceranno rovi e spine; e inoltre comanderò alle nubi di non farvi cadere alcuna pioggia. Or la vigna dell’Eterno degli eserciti è la casa d’Israele, e gli uomini di Giuda sono la sua piantagione deliziosa. Egli si aspettava rettitudine, ma ecco spargimento di sangue, giustizia, ma ecco un grido (vv. 1-7).

Il testo parla del fatto che l’intera casa di Israele e il popolo di Giuda, senza eccezione, sia eletti che reprobi, sono compresi nella figura della vigna. Non è possibile spiegare questo passaggio se non inquadrandolo in questa concezione organica. La chiesa di Cristo nella nuova dispensazione, di cui la nazione di Israele era un tipo, è raffigurata nella stessa relazione organica sotto varie figure. Abbiamo già notato che Paolo paragona la chiesa ad un corpo umano in I Corinzi 12. Gesù usa una figura dell’Antico Testamento in Giovanni 15 quando parla della chiesa come una vigna: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, egli lo toglie via; ma ogni tralcio che porta frutto, lo pota affinché ne porti ancora di più” (vv. 1-2).

Giovanni 15:1-2 è un testo particolarmente interessante perché afferma chiaramente che vi sono dei tralci nella vite (o vigna) che non portano frutto e che devono essere tolti via. Questi tralci sono veramente in Cristo, anche se non portano frutto. Questi versi di certo non insegnano il poter venire meno nella grazia di Dio, ma insegnano che nell’organismo della chiesa vi sono generazioni reprobe che non portano frutto e che sono tagliate via.

In Romani 11:16-24 l’apostolo usa la figura di un albero d’ulivo:

Ora, se le primizie sono sante, anche la massa è santa; e se la radice è santa, anche i rami sono santi. E se pure alcuni rami sono stati troncati, e tu che sei olivastro sei stato innestato al loro posto e fatto partecipe della radice e della grassezza dell’olivo, non vantarti contro i rami, ma se ti vanti contro di loro, non sei tu a portare la radice, ma è la radice che porta te. Allora tu dirai: «I rami sono stati troncati, affinché io fossi innestato». Bene; essi sono stati troncati per l’incredulità e tu rimani fermo per la fede; non insuperbirti, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, guarda che non risparmi neanche te. Vedi dunque la bontà e la severità di Dio: la severità su quelli che sono caduti, e la bontà verso di te, se pure perseveri nella bontà, altrimenti anche tu sarai reciso. E anche essi, se non rimangono nell’incredulità, saranno innestati, perché Dio è potente da innestarli di nuovo. Perchè se tu sei stato tagliato dall’olivo per natura selvatico e innestato contro natura nell’olivo domestico, quanto più costoro, che sono rami naturali, saranno innestati nel proprio olivo?

Paolo sta parlando della nazione di Israele paragonandola ad un ulivo, e dei Gentili paragonandoli ad un albero d’ulivo considerato un “olivastro.” Il punto è che il troncare, o togliere via, i rami dell’ulivo naturale è una figura delle reiezione della nazione di Israele. Cioè, l’Israele incredulo e i loro figli furono tagliati via dall’albero d’ulivo così che nuovi tralci, o rami, appartenenti all’olivastro, i Gentili, potessero essere innestati nell’albero d’ulivo della nazione di Israele. Ma i nuovi tralci sono i credenti e le loro generazioni. E’ una delle prerogative della nazione di Israele durante tutta la nuova dispensazione che, anche se furono tagliati via, alcune generazioni potessero essere innestate di nuovo nell’albero d’ulivo a cui appartenevano per natura.

Nella manifestazione storica della chiesa nel mondo, è il proposito di Dio che in essa vi siano sia eletti che reprobi. Ciò era vero nella linea del patto attraverso tutta l’antica dispensazione, era vero di Israele come nazione, ed è vero della chiesa in ogni epoca. I reprobi sono presenti perché Dio opera sempre in modo organico.

La Presenza di Eletti e Reprobi

Gesù dimostra in modo chiaro che la chiesa deve essere vista come un organismo, e lo fa nella parabola della zizzania nel campo di grano (Matteo 13:24-30, 36-43). Non riporterò il passaggio qui, perché è piuttosto lungo. La parabola spesso è fraintesa. Kingdon scrive:

La differenza di approccio che abbiamo notato può essere illustrata mettendo a confronto la Confessione di Fede di Westminster (Capitolo XXV, sezione V) con la Confessione dei Battisti Particolari del 1677 (talvolta chiamata la Confessione del 1689 a causa della sua diffusa pubblicazione in quell’anno). Quest’ultima è largamente basata sulla prima. Esse sono concordi nel ritenere che “le chiese più pure sotto il cielo sono soggette a mistura ed errore, ed alcune sono degenerate a tal punto da non essere più chiese di Cristo, ma sinagoghe di Satana,” ma ciò che è significativo è che le prove scritturali offerte per dimostrare questa asserzione sono differenti. La Confessione di Westminster riporta 1 Corinzi 13:12 e Matteo 13:24-30. Un riferimento ad Apocalisse 2 e 3 è posto tra parentesi quadre, presumibilmente perché questo riferimento è considerato essere di secondaria importanza, o perché è stato aggiunto solo più tardi. E’ interessante notare che la Confessione dei Battisti Particolari del 1677 si rifà invece a 1 Corinzi 15 (perché presumibilmente si aveva in mente, nel riportare questo passaggio, la veduta eretica riguardo alla risurrezione del corpo) e ad Apocalisse 2 e 3. Ciò che è molto interessante è l’assenza dalla Confessione Battista di qualsiasi riferimento alla parabola delle zizzanie (Matteo 13:24-30). Questa omissione è di grandissima importanza. Anche se gli autori della Confessione del 1677 erano pronti a concordare con quelli della Confessione di Westminster che “le chiese più pure sotto il cielo sono soggette a mistura ed errore,” non erano però disposti ad applicare la parabola delle zizzanie alla chiesa visibile, precisamente perché appariva loro come una sanzione che definiva la chiesa come essa era diventata, piuttosto che come sarebbe dovuta essere. E’ degno di nota che i Battisti hanno coerentemente rifiutato di applicare questa parabola alla chiesa visibile, mentre i Cristiani Riformati di altre comunioni ecclesiastiche non hanno avuto alcun tipo di esitazione nel farlo. Io desidero enfatizzare questo punto quanto più fortemente possibile, perché mi sembra che qui ci si trovi in presenza di due differenti concezioni della chiesa visibile, anche se vi è accordo sul fatto che le chiese visibili sono imperfette. Le vedute della Confessione di Westminster sembrerebbero accordarsi con la chiesa visibile così come essa è, mentre la Confessione del 1677 rifiuta di farlo. Perché? Forse perchè i teologi Riformati devono ammettere all’interno delle loro chiese la presenza di un numero considerevole di membri non convertiti i quali non hanno migliorato, come essi dicono, in base al loro battesimo? Potrebbe essere che, avendo riconosciuto questo, sono stati forzati a modellare in accordo a questa situazione la loro definizione di chiesa visibile? Non è legittima la contro-accusa spesso rivoltaci, e cioè che i Battisti sono dei perfezionisti, perché la Confessione del 1677 nega questo espressamente. Chiaramente, questa divergenza è di una grandissima importanza pratica. Si immagini una chiesa visibile nella quale, tra coloro che svolgono un particolare ufficio (ad es. gli anziani), vi siano due differenti concezioni della natura della chiesa. Una parte sarebbe pronta a mostrarsi accomodante per quanto riguarda i requisiti per essere membri, l’altra no. Non è forse la malinconica storia della rottura di Jonathan Edwards con la chiesa di Northampton, Massachusetts, un avvertimento per noi riguardo a quello che accade quando queste due concezioni giungono in conflitto? Se mi è concesso dirlo, in tutta carità, i Battisti Riformati trovano molto difficile comprendere la disponibilità da parte di alcuni dei loro fratelli Riformati non Battisti a non considerare apparentemente normale lo stato della chiesa visibile come esso è oggi. Essi non pretendono certo di affermare che non vi sia alcun problema nelle loro chiese, ma credono che la situazione non deve essere accettata come normale ma riformata dalla Parola di Dio. Fino a questo punto, quindi, giungono le implicazioni della propria interpretazione del patto nel Nuovo Testamento.13

Ho riportato questa lunga citazione perché questo paragrafo ci porta al cuore della nostra discussione. Secondo questa presentazione, Battisti e Riformati concordano nel ritenere che la chiesa visibile nel mondo non è pura. In altre parole, anche i Battisti riconoscono la presenza di non credenti nella chiesa visibile. La differenza è che i Riformati la tollerano, la riconoscono come un fatto ordinario, e la accettano appellandosi alla parabola delle zizzanie nel campo, mentre i Battisti fanno tutto ciò che è in loro potere affinchè ciò sia evitato.

Questa presentazione della posizione Riformata è semplicemente falsa. Vi saranno stati senza dubbio dei periodi in cui le chiese riformate hanno semplicemente tollerato la presenza di non credenti nella loro comunione. Questo tipo di cattiva tolleranza cominciò ad esistere soprattutto quando divenne predominante l’idea di una chiesa di stato nazionale, oppure nel momento in cui una chiesa non era più fedele ai suoi credi e alla verità della Scrittura. Ma lo stesso può essere detto di alcune chiese Battiste.

Le chiese Riformate credono che uno dei marchi della vera chiesa sia l’esercizio della disciplina cristiana. La chiesa di Cristo qui sulla terra è chiamata ad esercitare la disciplina cristiana in obbedienza al Signore, e proprio la sua obbedienza a questo comandamento del Signore è un segnale che indica se essa è rimasta una vera chiesa oppure se è degenerata.

La chiesa ha sempre messo fuori comunione i non credenti nel momento in cui essi si sono manifestati tali nella loro dottrina e/o condotta. Non soltanto la chiesa di Cristo pratica la disciplina per espellere dalla sua comunione i membri non pii, ma la stessa cosa viene fatta anche in una famiglia del patto. Se una famiglia del patto, specialmente con bambini piccoli, ha al suo interno un ragazzo o una ragazza che, quando raggiunge la maturità, vive in modo mondano e rifiuta di camminare come un figlio o una figlia del patto, rifiuta di ascoltare le ammonizioni dei genitori, e rigetta anche le ammonizioni della chiesa, allora gli/le viene detto che non può più rimanere in casa. Non soltanto un tale figlio esercita una cattiva influenza sugli altri bambini, ma ad un figlio che rifiuta di camminare nelle vie del patto di Dio non deve essere permesso di godere, nemmeno esteriormente, dei benefici del patto di Dio in una famiglia del patto.

La parabola delle zizzanie riguarda la chiesa nel mondo. In questa parabola Gesù sta dicendo che mentre la chiesa visibile si trova nel mondo, cioè il campo, e si sviluppa organicamente, i figli del regno ed i figli del maligno vivono fianco a fianco, in stretta prossimità gli uni agli altri. Nel mondo, il grano e le zizzanie sono così vicine che qualche volta uno può ritrovarsi delle zizzanie anche nella chiesa. Niente può cambiare questo. Infatti, per un tempo, i due appaiono esattamente simili, proprio come la zizzania esteriormente sembra vero grano, e questo fino a quando non giunge a maturità. Gesù non sta di certo dicendo che quando i malvagi nella chiesa si manifestano come tali essi devono essere tollerati. Ciò andrebbe contro alle parole che Lui pronunciò quando diede alla chiesa le chiavi del regno, e sarebbe in diretta opposizione alle istruzioni che Paolo diede ai Corinzi ed a Tito (I Corinzi 5:5; Tito 3:10-11).

Gesù non soltanto riconosce il fatto che i figli del maligno vivono sempre fianco a fianco con gli eletti, ma spiega anche che questo, nel proposito di Dio, è necessario. I malvagi sembrano rappresentare una minaccia per il benessere dei santi. I servi nella parabola sembrano aver paura del fatto che la presenza delle zizzanie possa causare dei danni al grano, e infatti spesso sembra proprio così. La vicinanza così stretta della discendenza malvagia al popolo di Dio appare loro come un pericolo. Ma Gesù dice ai discepoli e alla chiesa che non è per quello scopo che Dio ha voluto che fosse così. Le zizzanie non sono capaci di danneggiare il grano, e i malvagi non sono capaci di far del male al popolo di Dio. Le zizzanie, nel proposito di Dio, servono per uno fine positivo. Se esse fossero sradicate, insieme ad esse lo sarebbe anche il grano. Se il popolo di Dio vivesse solo nel mondo, il proposito di Dio esso non potrebbe essere realizzato. Se la situazione fosse in qualche modo differente da quella che è ora in questo mondo, i figli del regno non si svilupperebbero come accade adesso proprio a causa della presenza delle zizzanie. L’intera questione deve essere considerata organicamente. Man mano che il patto si sviluppa nel tempo, esso si sviluppa in un modo tale che la discendenza del patto include sia eletti che reprobi. O, ponendola diversamente, il proposito della predestinazione sovrana di Dio è realizzato in modo tale che l’elezione e la riprovazione sono realizzate lungo le linee del patto. C’è la vera discendenza del patto, centralmente Cristo, secondo Galati 3:16, ed in Cristo tutti gli eletti; vi sono anche quelli che sono nati all’interno delle linee del patto che non sono veri figli del patto. Siccome sono nati nelle linee del patto, essi appartengono per un tempo alla manifestazione storica del patto. Questo è il motivo per cui la nazione di Israele può essere considerata, organicamente, come il popolo del patto di Dio. Essa è la Sua vigna che Egli ha portato fuori dall’Egitto. E’ la vigna che ha piantato e che ha coltivato, ma che poi è stata demolita a causa del suo non portar frutto, a causa dell’infedeltà della nazione. In ogni caso, la nazione è considerata come un tutt’uno. La Sua vigna ha bisogno di essere purificata, ma è sempre la Sua vigna.

Dunque, vi erano periodi in cui gli eletti erano in controllo della nazione, come nei giorni di Davide e Salomone. In quei tempi la nazione, considerata come una nazione nella sua interezza, serviva il Signore, e le Sue benedizioni erano su di essa. Ma durante questi periodi erano presenti ancora molti reprobi nella nazione. Vi furono altri periodi in cui sul trono di Davide regnarono dei re malvagi, quando dei sacerdoti malvagi condussero la nazione nell’idolatria, e quando profetizzavano falsi profeti. In quei periodi la nazione nel suo complesso si sviò dal Signore. Ciò non vuol dire che, anche allora, Dio non preservasse per Se Stesso un rimanente. Il triste grido di Isaia risuonò attraverso tutta la storia di Israele: “Il vostro paese è desolato, le vostre città arse col fuoco, la vostra terra la divorano gli stranieri sotto i vostri occhi; essa è desolata, come se fosse sovvertita da stranieri. E la figlia di Sion è lasciata come un capanno in una vigna, come una capanna in un campo di cocomeri, come una città assediata. Se l’Eterno degli eserciti non ci avesse lasciato un piccolo residuo, saremmo stati come Sodoma, avremmo assomigliato a Gomorra” (Isaia 1:7-9). Vi fu sempre un residuo che non piegò le ginocchia a Baal.

Lo stesso è vero durante la nuova dispensazione. Quando Gesù descrisse Se Stesso e la Sua chiesa come una vigna, Egli stava insegnando che nella vigna vi sono tralci che non portano mai frutto e che devono essere tagliati via. Quando Paolo descrive Israele come un albero di ulivo, egli dice che molti rami furono tagliati via a causa dell’incredulità, per far posto ai rami gentili che sarebbero stati innestati dopo essere stati presi dall’ulivo selvatico. Ma i rami che a loro volta provengono da questi rami innestati nell’ulivo (i figli dei credenti gentili) potrebbero essere tagliati via. Ed ecco dunque l’appropriatezza dell’avvertimento dell’apostolo: “non vantarti contro i rami, ma se ti vanti contro di loro, non sei tu a portare la radice, ma è la radice che porta te. Allora tu dirai: «I rami sono stati troncati, affinché io fossi innestato». Bene; essi sono stati troncati per l’incredulità e tu rimani fermo per la fede; non insuperbirti, ma temi. Perché se Dio non ha risparmiato i rami naturali, guarda che non risparmi neanche te” (Romani 11:18-21).

Questa concezione organica, per come essa si applica ai figli di Israele, è fortemente enfatizzata in I Corinzi 10: “Ora, fratelli, non voglio che ignoriate che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola e tutti passarono attraverso il mare, tutti furono battezzati in Mosè per mezzo della nuvola e del mare … ma Dio non gradì la maggior parte di loro, infatti essi furono abbattuti nel deserto” (vv. 1-2, 5). Questo testo mette in evidenza alcune verità.

Primo, Paolo fa riferimento a questo accaduto nella vita della nazione di Israele per avvertire i santi in Corinto che se si rendono colpevoli degli stessi peccati di Israele, essi anche saranno abbattuti (vv. 6-11).

Secondo, il testo parla del fatto che Israele fu “battezzato” in Mosè per mezzo della nuvola e del mare, e dunque, nel passare attraverso il Mar Rosso, ad Israele fu data una prefigurazione del sacramento del battesimo. Siccome era una prefigurazione, Israele fu battezzato in Mosè, tipo di Cristo, come mediatore del patto della vecchia dispensazione.

Terzo, tutto Israele fu battezzato, inclusi i bambini di ogni età. Forse che qualche Battista direbbe che in Israele non vi erano infanti?

Quarto, non tutti erano popolo di Dio, Molti perirono nel deserto a causa della loro incredulità.

Quinto, dunque, tutti i credenti e i loro figli sono battezzati senza eccezione, ma tutti hanno bisogno di essere avvertiti riguardo al fatto che le stesse cose che accaddero all’Israele incredulo potrebbero accadere a loro.

Il Punto di Vista di Dio

Dio guarda sempre all’intero organismo dal punto di vista del Suo proposito in Cristo, che è la salvezza degli eletti. Proprio come il fine per cui esiste di un albero di mele è quello di produrre mele, e l’intero organismo è fatto in modo che la varie parti servano per dare quel risultato, proprio come lo scopo dell’esistenza di una vigna è quello di produrre uva, e il suo intero organismo è adattato in modo tale da servire per quello scopo, anche se in essa vi sono rami che non portano frutto e devono essere potati, così anche Dio guarda a tutta la Sua opera dal punto di vista dello scopo che ha in mente, ovvero la salvezza della Sua chiesa in Cristo.

L’organismo del mondo fu creato in Adamo in modo che Dio potesse salvare l’organismo della Sua chiesa, il mondo della sovrana elezione, nel secondo Adamo. Dio amò a tal punto questo mondo (la chiesa eletta sovranamente) che diede il Suo unigenito Figlio. Israele è una nazione, un organismo, Dio guarda alla nazione come un tutto, dal punto di vista dei Suoi eletti che Egli salva attraverso Gesù Cristo. Essi, quindi, sono chiamati Israele, il popolo di Dio, gli amati di Dio. Nella nuova dispensazione, le chiese alle quali Paolo scrive sono chiamate chiesa, i santi, i fedeli in Cristo Gesù. Ciò è vero anche se all’interno di queste congregazioni vi sono dei malvagi. Dio guarda all’intero organismo dal punto di vista del Suo proposito sovrano ed eterno.

Noi anche facciamo lo stesso. Qualche illustrazione servirà a chiarire il punto. Il fiume Mississippi, ad esempio, è un unico fiume. Esso ha la sua sorgente nel nord del Minnesota (USA) e sfocia nel Golfo del Messico. In qualsiasi punto lungo il suo corso noi chiamiamo quel fiume Mississippi. Quando facciamo questo, non vogliamo dire che ogni goccia d’acqua in quel fiume cominci in Minnesota e termini nel Golfo. Sappiamo che ciò non è vero. Vi sono molti fiumi, correnti d’acqua, e ruscelli che durante tutto il suo corso si riversano in esso. Il fiume Missouri, per esempio, è Missouri fino a che non si riversa nel Mississippi e perde così, improvvisamente, la sua identità, diventando Mississippi.

Inoltre, non tutta l’acqua in quel fiume giunge alla foce. Parte di essa è assorbita dal suolo lungo il suo corso. Un’altra parte evapora nell’atmosfera. Un’altra invece finirà in un vortice d’aria o in un gorgo, altra ancora invece è usata per l’irrigazione, ma, nonostante questo, quel fiume rimane sempre il Mississippi.

Lo stesso è per quanto riguarda il patto di Dio. La corrente del patto di Dio ha la sua sorgente in paradiso con Adamo, e, scorrendo attraverso la storia, molti nuovi corsi d’acqua di nuove generazioni entrano in quel patto dall’esterno, dove perdono la loro identità originale e diventano il popolo di Dio. Questo accade costantemente quando i credenti e la loro discendenza, radunati dalle nazioni, sono portati all’interno della chiesa. Ma vi sono anche molti che lungo il cammino vengono meno. Essi non sono i veri figli del patto. Sono nati al suo interno, e per un tempo si trovano apparentemente al suo interno, ma non giungono sani e salvi alla fine, al tabernacolo di Dio nei nuovi cieli e nella nuova terra. Tuttavia essi per un tempo sono nella manifestazione storica esteriore del patto, e sono chiamati, insieme a tutto il popolo di Dio, popolo del patto. Sarebbe assurdo togliere una goccia d’acqua dal Mississippi, gettarla a terra e dire: “Questa goccia d’acqua non è il Mississippi perché è stata tolta da esso.” Naturalmente, essa non è il fiume Mississippi. Ma mentre era ancora nel fiume, anch’essa scorreva col nome di fiume Mississippi. Allo stesso modo, è assurdo indicare un individuo che è venuto meno nel patto e dire: “Quest’uomo non è un membro del patto di Dio.” Naturalmente, egli non lo è. Ma fin quando egli era nel patto, per un periodo egli portò quel nome.

Lo stesso è vero di uno stelo di grano. Uno stelo di grano è un organismo. Esso è piantato nel suolo. Sotto la benedizione della pioggia e del sole, cresce e matura. Un contadino del 21° secolo, poi, lo falcia col suo mototrebbia. Così, la paglia è gettata nel campo, ed il grano è raccolto nel serbatoio che si trova al di sopra del mototrebbia, dove è pronto per essere poi spostato nel granaio. Se qualcuno raccogliesse della paglia dopo che il raccolto è terminato e dicesse: “Guarda che bel grano,” chiunque penserebbe che quella persona non ne capisce molto di agricoltura. Essa non è grano, è paglia. Tuttavia, per un periodo era col grano in una sola pianta. E quella unica pianta era chiamata “pianta di grano,” perché lo scopo dell’intera pianta era di produrre chicchi di grano, che vengono poi raccolti nella mietitura.

Tuttavia, quella paglia serve ad uno scopo ben preciso. Essa è necessaria perché senza di essa il grano non potrebbe crescere. Quando ha esaurito il suo scopo, ci si sbarazza di essa il più velocemente possibile, perché da se stessa non serve più, se non per essere usata per costruire ripari per mucche.

La figura dello stelo di grano rappresenta bene il patto di Dio. Esso, considerato come un tutto, è un solo organismo. Vi sono al suo interno eletti e reprobi. Tuttavia, l’intero organismo è comunque chiamato “patto di Dio,” perché lo scopo dell’esistenza dell’intero organismo è la salvezza degli eletti. I malvagi esistono per la salvezza degli eletti, e quando essi hanno adempiuto il proposito per cui esistono, sono bruciati col fuoco come la paglia (Matteo 3:12).

Usando ancora un’altra illustrazione: un contadino possiede un bel campo di grano; questo campo deve essere considerato come tutt’uno. Viene un visitatore in casa sua, e magari contadino vuole mostrargli il suo bel campo di grano quasi pronto per essere mietuto. Supponiamo che mentre i due si trovano in piedi presso il bordo del campo, e guardano il grano quasi maturo, il contadino dica: “Non è un bellissimo campo di grano?” Il visitatore, ignorante in materia, strappa un erbaccia dal mezzo dello stelo di grano e dice al contadino: “Ma questo non è un campo di grano, guarda questa erbaccia. E ne posso scorgere molte altre. Dovresti chiamarlo piuttosto un campo d’erbacce.” Il contadino, giustamente, gli risponde: “Lo so che ci sono delle erbacce in questo campo, e forse anche più erbacce che grano stesso. Ma ciò non cambia il fatto che questo sia un campo di grano. Io ho seminato grano, ed ho irrigato il campo col proposito di ottenere il grano. Tra poco mieterò l’intero campo per raccogliere il grano, e poi le erbacce saranno distrutte insieme alla paglia.”

Così è nel patto di Dio. Vi sono “erbacce” nel campo del patto. Su questo non si discute. Vi possono essere anche più erbacce che grano. Ma il campo rimane sempre “patto di Dio,” perché il proposito di Dio è prendere gli eletti nel Suo patto di comunione per vivere con Lui per sempre. Nessuna quantità di erbacce potrebbe mai alterare questo. Nessuno può dire che siccome in quel patto, per come esso si manifesta storicamente, vi sono dei reprobi, allora esso non è veramente il patto di Dio. Nessuno può chiamare quella chiesa “mondo” più di quanto un visitatore possa chiamare “campo di erbacce” un campo di grano.

Battesimo per l’Organismo

Resta ancora la domanda: Perché Dio vuole che tutti i figli dei credenti siano battezzati? In parte abbiamo già risposto a questa domanda. Abbiamo detto che i bambini come gli adulti sono inclusi nel patto di grazia. I credenti e la loro discendenza sono salvati entrambi. E la discendenza dei credenti è salvata mentre sono bambini. Dio ha promesso che radunerà i Suoi eletti, credenti e i loro figli, e poi nuovi credenti ed i loro figli quando nuovi rami sono innestati nell’albero d’ulivo.

Sappiamo che tutti i figli dei credenti devono essere battezzati. Sappiamo anche che non tutti questi figli sono eletti. Li battezziamo semplicemente perché non sappiamo distinguere gli eletti dai reprobi? Anche questo è vero, ma non è tutto. Dio ha un proposito anche per il battesimo di tutti i figli dei credenti. Questo proposito è espresso specificamente e concretamente in Ebrei 6:4-8. Nei versi da 4 a 6 l’apostolo descrive la discendenza reproba nata all’interno del patto “una volta illuminati, e che hanno gustato il dono celeste, e che furono resi partecipi dello Spirito Santo, e che hanno gustato la buona parola di Dio, e le potenze del mondo a venire.” Di essi egli dice che “è impossibile … se vengono meno, rinnovarli a ravvedimento, perché crocifiggono da se stessi di nuovo il Figlio di Dio, e lo espongono ad infamia.”

Si noti che queste persone sono tutte allevate ed educate all’interno della chiesa. Essi esteriormente ricevono tutti i benefici e le benedizioni che riceve la chiesa. Ai versi 7 ed 8 l’apostolo spiega com’è che questo accade, e lo fa con una figura. Egli parla di un campo su cui cade della pioggia. Quando la pioggia cade su quel campo, il risultato è, da un lato, che la terra produce erbe adatte a coloro dai quali il campo fu coltivato e mantenuto. Queste ricevono la benedizione di Dio. Dall’altro lato, la stessa terra, sotto la stessa pioggia, produce anche spine e rovi che sono poi bruciati. Questo anche accade secondo il proposito di Dio.

Così anche è all’interno del patto: vi sono sia eletti che reprobi. Su entrambi cade la pioggia dei benefici del patto, perché essi sono entrambi nel patto nella sua manifestazione storica esteriore. Tutti ricevono il battesimo, tutti ricevono un’educazione cristiana in casa e a scuola, tutti ricevono la predicazione della parola e l’istruzione catechetica, tutti ricevono i benefici dell’appartenenza alla comunione dei santi. Dio vuole che sia così.

Il proposito di Dio è che gli eletti possano manifestarsi per quello che sono, come le buone erbe si manifestano come tali, e che i reprobi si manifestino per quello che sono, come le spine si manifestano in quanto tali. Entrambi si trovano sotto la “pioggia” esterna dei benefici del patto, e in questo modo il proposito di Dio è realizzato. Gli eletti sono preparati per la gloria mentre i reprobi sono mostrati per quello che realmente essi sono, disprezzatori di Dio e della Sua parola, degni dell’inferno eterno sotto il giusto giudizio di Dio.

Il peccato, man mano che si manifesta organicamente, si mostra per quello che esso realmente è all’interno della sfera del patto, e in questo modo più che in qualsiasi altro modo. Dopo tutto, non fu Roma la principale responsabile dell’uccisione di Cristo, ma la maggiore responsabilità deve essere accollata alla nazione di Israele, la nazione alla quale appartiene “l’adozione, la gloria, i patti, la legge, il servizio di Dio e le promesse, dai quali sono i padri, e dai quali viene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio benedetto in eterno” (Romani 9:4-5). Israele aveva assunto una maschera di pietà e di devozione quando venne Gesù. Ma Gesù, manifestandosi alla nazione come il Figlio di Dio, espose il suo peccato e la sua depravazione. Il risultato fu che la nazione mostrò il suo orribile peccato inchiodandolo al legno del Calvario. Ma proprio attraverso quella croce il residuo secondo l’elezione della grazia fu salvato. Così è in ogni tempo.

I reprobi sono la paglia in relazione al grano, l’impalcatura usata per erigere il tempio di Dio, che è la chiesa. In Efesini 2:20-22 l’apostolo paragona la chiesa ad un tempio “costruito sul fondamento degli apostoli e dei profeti, Gesù Cristo stesso essendo la pietra angolare.” Quando il tempio è stato eretto, l’impalcatura è stata usata, e la costruzione è completata, l’impalcatura non serve più ed è abbattuta. Così la riprovazione è susserviente all’elezione durante il tempo del raccoglimento della chiesa. Quando l’intera chiesa è raccolta in cielo, i reprobi sono, per i loro peccati, menati alla punizione eterna.

Quindi, noi battezziamo gli infanti. E’ il comandamento di Dio che ciò sia fatto. Quelli che falliscono nel fare questo devono riconoscere che vivono nella disubbidienza al Signore. Essi non hanno una concezione adeguata del patto, non possono evitare il dispensazionalismo, rimangono individualisti nel loro modo di pensare, e recano ingiustizia ai figli che Dio ha dato loro. Per il popolo di Dio in ogni epoca, è un grande conforto il fatto che Dio salvi realmente loro e i loro figli. E’ l’inesauribile misericordia e grazia di Dio.

Per altre risorse in italiano, clicca qui.


1Kingdon, Children of Abraham [Figli di Abraamo], 57. Si veda anche Poh Boon Sing, The Keys of the Kingdom, 287-291.

2Per una spiegazione della veduta kuyperiana della rigenerazione presupposta, vedasi: Herman Hoeksema, Believers and Their Seed: Children in the Covenant [I Credenti e la Loro Discendenza: Bambini nel Patto] (Grandville, Mich.: Reformed Free Publishing Association, 1997), 29-42.

3

Ibid., 43-56.

4Questa veduta è stata sposata, ad es., dal Prof. William Heyns che insegnò per molti anni al Calvin College and Seminary (Michigan, USA), e che riuscì in larga parte a far accogliere le sue vedute nella Christian Reformed Church.

5Pierre Ch. Marcel, Baptism: Sacrament of the Covenant of Grace (Cherry Hill, NJ: Mack Publishing Co., 1973), 112.

6

N. d. T. A mio avviso una distinzione essenziale tra “mente” e “cuore” è scritturalmente fittizia. Il temine “cuore,” nel 70% dei casi, è nell’intera Scrittura usato per denotare il centro pensante, volente e affettivo dell’essere umano, e non una parte affettiva in contrasto ad o a prescindere da una non intellettiva. Piuttosto, dunque, si dovrebbe parlare di “mente carnale,” o non illuminata dallo Spirito, che può superficialmente ed esternamente assentire alle verità scritturali, e “mente spirituale,” rigenerata ed illuminata dallo Spirito per grazia, che comprende in modo spirituale e profondo le realtà spirituali della Scrittura, che si trova in una nuova condizione affettiva nei confronti del Signore, e che si mostrerà tale con un’ubbidienza alla Sua Parola. Questa distinzione coinciderebbe, credo, nel linguaggio dell’autore, a quella che lui fa, distinguendole nella loro essenza, tra “mente” e “cuore.”

7

N. d. T. Di nuovo, benchè comprenda quanto l’autore voglia esprimere, credo che questo linguaggio sia poco felice. Si può legittimamente dire che chi crede nell’oggettiva promessa di Dio non si sia appropriato di Cristo per fede? La distinzione scritturale non è tra fede nella promessa oggettiva e appropriarsi di Cristo, ma tra dire di credere nella promessa e in Cristo senza dimostrarlo poi con opere provenienti da un cuore rigenerato, e tra chi invece professa di credere e si comporta scritturalmente di conseguenza (vedasi Giacomo 2:14-26). Il primo esibirà dunque una fede morta, ovvero non prodotta dallo Spirito, di una mente carnale, il secondo avrà una fede genuina, prodotta dallo Spirito, che ha creato in lui un cuore, una mente, uno spirito (sono termini scritturalmente sinonimi che denotano aspetti e funzioni diverse concernenti la medesima parte) nuovo, capace di ricevere le cose dello Spirito e di portare frutto (Ezechiele 36:26-27; Marco 12:33; Giovanni 3:3-8; Romani 10:10; I Corinzi 2:14-16; Efesini 4:17-18, 23).

8

Op. cit., 126.

9

N. d. T. Credo che questo caso sia diverso da quelli presi in considerazione nel discorso che qui si sta facendo, perché il Signore Gesù Cristo conosceva lo stato del cuore di Giuda fin dall’inizio, e lo scelse conoscendo e prevedendo quello che avrebbe avuto in cuore perché si dovevano adempiere lo Scritture mediante il tradimento di quel discepolo. Il suo tradimento era insomma necessario, per l’espiazione che Cristo doveva effettuare, e anche per funzionare da esempio negativo agli altri discepoli. Noi non abbiamo mai lo stesso tipo di conoscenza che aveva il Signore Gesù Cristo riguardo allo stato reale di un membro di chiesa, o di un bambino del patto, anche quando lo giudichiamo per la sua dottrina e/o condotta esteriore poco conforme alla Parola, ed eventualmente lo mettiamo fuori comunione, o lo scomunichiamo. Potrebbe di fatti essere anche soltanto un caso di temporaneo sviamento, e il membro perfino scomunicato potrebbe ravvedersi, ritornare, confessare il suo peccato, e essere riammesso alla comunione, benchè precedentemente a noi sia apparso come un vero non credente e sia stato giudicato come tale.

10

Ibid., 106.

11Per una discussione dettagliata del significato del termine “organico,” vedasi Herman Hanko, For Thy Truth’s Sake, 230-250.

12

Confessione Belga, Articolo 15. 13Kingdon, Children of Abraham [Figli di Abraamo], 59, 60.

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