(Da: The Standard Bearer, vol. 80, n. 7)
Prof. David J. Engelsma
E’ da lungo tempo che desideravo scrivere sulla certezza della salvezza. Dio volendo, questo è il primo di una serie di articoli sulla preziosa dottrina Scritturale della certezza della salvezza, e, sulla base di essa, della preziosa esperienza del Cristiano di questa certezza.
La certezza della salvezza è un insegnamento prominente nella Sacra Scrittura. L’apostolo insegna la certezza del credente eletto in Ebrei 10:19 e a seguire. Noi abbiamo “libertà” di entrare nel luogo santissimo. Noi siamo chiamati ad avvicinarci a Dio “in piena certezza di fede.” Vi un avvertimento urgente contro il “vacillare,” l’abbandonare la nostra fiducia, e il tirarsi indietro.
La certezza è preziosa. Essere certo che io sono salvato nell’amore di Dio mio Padre, in Gesù Cristo, è qualcosa di caro, più caro della vita sulla terra. Il dubbio è terribile, è peggiore della morte.
Distintamente Riformata
La certezza è una distintiva benedizione di Dio nelle vite dei Cristiani Riformati.
Ovviamente, non vi è certezza della salvezza nel mondo incredulo e nelle religioni pagane. Poiché vi è salvezza soltanto in Gesù Cristo, vi è certezza della salvezza soltanto in Lui.
Ma nemmeno i membri delle altre chiese godono della certezza. La ragione è che le altre chiese hanno un falso vangelo. La certezza è, e può essere, una realtà soltanto dove il vangelo della salvezza per la grazia sovrana di Dio soltanto è proclamato e creduto.
Non vi è certezza nella Chiesa Cattolica Romana. E’ un dogma Romano che non vi è certezza della salvezza nella religione Romana. Senza una rivelazione speciale data soltanto a pochi, nessuno può essere certo della sua giustificazione, elezione, salvezza ed eterna beatitudine in cielo. Dai “Canoni e Decreti del Concilio di Trento,” Decreto sulla Giustificazione, Capitoli 12-13, Sulla Giustificazione, Canone 16:
Nessuno, inoltre, fintanto che è in questa vita mortale, dovrebbe presumere, a riguardo del segreto mistero della divina predestinazione, al punto da determinare per certo che egli è certamente nel numero dei predestinati; come se fosse vero che colui che è giustificato o non può peccare più, o che, se pecca, dovrebbe promettere a se stesso un certo ravvedimento, perchè eccetto che sia per rivelazione speciale, non può essere conosciuto chi Dio ha scelto a se stesso.
Così anche per quanto riguardo il dono della perseveranza, di cui è scritto: “Colui che avrà perseverato fino alla fine, sarà salvato,” … che nessuno in ciò prometta a se stesso alcuna cosa come certa di assoluta certezza.
Se qualcuno dice che egli per certo, con un’assoluta ed infallibile certezza, ha quel grande dono della perseveranza fino alla fine, a meno che abbia imparato questo per rivelazione speciale, che sia anatema.
Similmente, tutti coloro che credono le dottrine dell’Arminianesimo, cioè, l’insegnamento della grazia universale, inefficace, condizionale, non hanno la certezza della salvezza. Ciò include molti evangelicali e fondamentalisti. Essi possono essere sicuri, così dicono, che sono salvati oggi, quando scelgono di credere in Cristo. Ma non possono essere certi che saranno salvati domani, o in eterno, perché possono scegliere di non credere domani. Una salvezza che dipende dal libero e sovrano arbitrio del peccatore è altamente incerta. Gli Arminiani stessi ammettono francamente che dubitano. A Dordt il partito Arminiano espresse l’implicazione inevitabile del loro vangelo della salvezza mediante la volontà dell’uomo con queste parole:
I veramente credenti e rigenerati non soltanto possono decadere totalmente e definitivamente dalla fede giustificante, come dalla grazia, e dalla salvezza, ma di fatto ne decadono non raramente, e periscono in eterno.
In verità, gli Arminiani dichiararono che la certezza della salvezza non era di grande importanza per loro. Da “Le Opinioni dei Rimostranti [Arminiani]: Le Opinioni dei Rimostranti a Riguardo del Quinto Articolo, concernente la Perseveranza,” Articoli 4, 8:
Un vero credente può e in verità deve essere certo per il futuro che egli è in grado, mediante diligente vigilanza, attraverso preghiere, e attraverso altri santi esercizi, di perseverare nella vera fede, e dovrebbe anche essere certo che la grazia divina per perseverare non mancherà mai, ma non vediamo in che modo possa essere certo che in seguito non verrà mai meno nel suo dovere ma che al contrario persevererà nella fede ed in quelle opere di pietà ed amore che si confanno ad un credente in questa scuola di guerra Cristiana; nè riteniamo necessario che a riguardo di questa cosa un credente debba essere certo.
Il motivo per cui manca la certezza della salvezza tra gli Arminiani è lo stesso per cui questa certezza manca tra i Cattolici Romani. Essi credono il falso vangelo della salvezza condizionata da qualcosa che è nel peccatore. Per dirla con l’apostolo in Romani 9:16, i Cattolici Romani credono che la salvezza dipende dal correre, o operare, del peccatore; gli Arminiani credono che la salvezza dipende dal volere del peccatore. Non vi è certezza nel messaggio di una salvezza che dipende dal peccatore. Non vi può essere. Il peccatore, ovvero l’uomo, non è affidabile. Egli è instabile come l’acqua.
Dio non benedirà un tale messaggio con la certezza. Egli darà certezza soltanto mediante il messaggio della salvezza che fa riposare il peccatore bisognoso interamente sulla Sua grazia in Gesù Cristo. Di nuovo, per dirla con Paolo in Romani 9:16, questo messaggio è che la salvezza dipende soltanto da Dio che fa misericordia. Questo è il messaggio della fede Riformata.
Riformati Dubitanti
Tuttavia, vi sono anche chiese Riformate e Presbiteriane che errano gravemente sul soggetto della certezza. Questo anche rende opportuno il nostro trattamento della dottrina della certezza. Il risultato del loro errore è che queste chiese Riformate e Presbiteriane sono ripiene di membri che non hanno la certezza della loro salvezza. Quanto è ancora peggio, questi membri suppongono che il loro dubbio è normale e giusto.
Non tutte le chiese e i ministri Riformati concordano con il tema che suonerà, e risuonerà, forte e glorioso attraverso questa serie di articoli sulla certezza. La certezza è la volontà di Dio per tutti i Suoi figli. Alcune chiese e teologi Riformati insegnano che la certezza è la volontà di Dio solo per alcuni dei Suoi figli, in verità molto pochi tra i Suoi figli. Perfino a quei pochi è insegnato dalle loro chiese e ministri di giungere alla certezza soltanto dopo un lungo periodo, forse lungo la gran parte della loro vita, di dubbio ed incertezza.
Queste sono chiese e teologi, specialmente nella tradizione Riformata olandese ed in quella Presbiteriana scozzese, che sono influenzati da alcuni dei Puritani. I Puritani furono principalmente teologi inglesi nell’ultima parte del sedicesimo secolo e nel diciassettesimo secolo che combatterono per la purezza dottrinale e liturgica della chiesa e per la santità delle vite dei membri della chiesa.
Alcuni dei Puritani posero un’enfasi eccessiva sull’esperienza religiosa. Nella sana dottrina, la propria esperienza religiosa era più importante della verità di Cristo. In più, questa esperienza religiosa, tenuta in grande considerazione e cercata a lungo, era seriamente mal rappresentata. Invece di essere la sobria esperienza della fede in Cristo, consistente di tristezza per il peccato, fiducia nel Salvatore presentato nel vangelo, la coscienza del perdono dei peccati, ed il desiderio di amare questo grazioso Salvatore col fare la Sua volontà, l’esperienza religiosa incoraggiata fortemente da questi Puritani si supponeva fosse un sentimento di entusiasmo mistico, misterioso, ineffabile.
Legata a questa strana “esperienza,” secondo questi miserevoli dottori delle anime degli uomini, vi era la certezza della propria salvezza. Per ottenere la certezza, questi Puritani incoraggiarono una poco salutare introspezione, un minuzioso auto-scrutinio spirituale. Piuttosto che guardare via dal proprio sé colpevole e depravato al Salvatore crocifisso, al misero popolo, ovvero a dei Calvinisti confessanti, era insegnato a perquisire la propria anima per ottenere l’esperienza appropriata. Come se questo non fosse stato male abbastanza, appena una povera anima osava trovare qualche esperienza spirituale in se stessa che potesse provare la sua salvezza, il ministro Puritano avrebbe messo in questione la validità dell’esperienza: “Sei sicuro che la tristezza per il peccato è genuina? Che la fiducia in Cristo è vera fede? Che l’amore per Dio è reale?”
Il risultato, inevitabilmente, era dubbio, un dubbio lungo una vita, un dubbio su larga scala nelle congregazioni, un dubbio tramandato di generazione in generazione.
E in base a questo gli antichi insegnanti Puritani concludevano allegramente, come i loro discepoli moderni fanno oggi, che la certezza della salvezza è la volontà di Dio soltanto per pochi dei Suoi figli. Perfino questi pochi favoriti si aspettavano di lottare col dubbio per molti anni, anche se è degno di nota che gli insegnanti escludevano da ciò se stessi.
Nel documento che lesse ad una delle Conferenze Studio Puritane e Riformate alla Westminster Chapel a Londra, recentemente pubblicate nel volume uno delle Puritan Papers, J. I. Packer ha liberamente riconosciuto che i Puritani insegnarono che la certezza della salvezza era la volontà di Dio soltanto per alcuni dei Suoi figli. Egli citò il Puritano Thomas Brooks: “La certezza è una misericordia troppo buona per la maggior parte dei cuori degli uomini … Dio la darà soltanto ai suoi migliori e più cari amici.” Brooks è citato ancora: “La certezza … è una … corona che pochi [Cristiani] indossano.”
Il Puritano Thomas Goodwin insegnò che questi pochi privilegiati figli ottengono la certezza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e di dubbio: “La certezza non è normalmente goduta eccetto da coloro che hanno prima faticato per essa e l’hanno cercata ed hanno servito Dio fedelmente e pazientemente senza di essa” (J. I. Packer, “The Witness of the Spirit: The Puritan Teaching,” in Puritan Papers, vol. 1, P&R, 2000, P. 20).
L’errore di questa dottrina della certezza è abbagliante nell’ultima citazione. Nessuno può servire Dio fedelmente, molto meno accettabilmente, se non ha la certezza della salvezza.
Queste chiese Riformate e Presbiteriane influenzate da questo pensiero Puritano sulla certezza sono ripiene di membri, inclusi membri di vecchia data, che non hanno la certezza della salvezza. Si chieda loro se credono che la Bibbia sia la Parola di Dio, se credono che il vangelo sia vero, se credono che Cristo sia il Figlio di Dio in carne umana ed il solo Salvatore, se sono in gran bisogno di essere salvati, ed essi rispondono “sì” senza alcuna esitazione.
Si chieda loro se sono assicurati della loro propria salvezza, ed essi rispondono “no,” anche qui senza esitazione. Essi non partecipano mai alla Cena del Signore. Vivono e muoiono insicuri del loro destino eterno, se esso sarà il cielo o l’inferno—che condizione terribile!— anche se durante la loro intera vita sono fedeli in chiesa, difendono la fede Riformata, sono regolari nella loro condotta Cristiana, studiano la Scrittura, e, in base alla loro testimonianza stessa, desiderano la salvezza e la certezza.
La verità della certezza, che non è loro insegnata, dovrebbe essere preziosa per loro.
Ad un credente che, per un periodo, lotta con l’incertezza, dare una buona istruzione sulla certezza è di vitale importanza. Cosa spiega questa miserabile condizione? Ci si può aspettare di essere liberato dal dubbio? In che modo giungerà ad avere certezza?
La verità sulla certezza è preziosa anche per noi che godiamo della certezza della salvezza.
E’ rassicurante essere assicurati dalla Scrittura e dalle confessioni Riformate che la certezza è la volontà del nostro Padre celeste per tutti i Suoi figli.