Herman Hoeksema
(Capitolo 6 di Believers and Their Seed, Herman Hoeksema, Reformed Free Publishing Association, Grandville, Michigan, USA, ed. riv. 1997)
Essenzialmente il patto di Dio non è una promessa, anche se tutte le promesse di Dio per il Suo popolo di patto sono sì ed amen in Cristo (II Corinzi 1:20). Né il patto è meramente una via alla salvezza, anche se Dio per libera grazia conferisce al Suo popolo di patto la benedizione della vita eterna, una benedizione che è goduta esattamente soltanto nella comunione di quel patto di Dio. Ma essenzialmente il patto di Dio è la relazione di amicizia tra Dio ed il Suo popolo secondo cui Dio è l’Amico-Sovrano del Suo popolo, ed essi sono gli amici-servitori del Signore.
Così il patto di Dio è presentato sempre e dovunque.
Così Adamo in Paradiso si trovava come amico-servitore pattale di Dio. A quel proposito fu creato secondo l’immagine di Dio, così che egli possedeva quella somiglianza creaturale necessaria a metterlo in grado di vivere in quella relazione di patto con il suo Dio. Dall’inizio, quindi, egli possedeva anche vera conoscenza di Dio, giustizia, e santità. Egli non era meramente una creatura che era adattata a Dio e che poteva lungo una certa via entrare nel patto di Dio, ma egli aveva ricevuto dal suo Dio tutto quanto era necessario per stare e vivere in quel patto. Non è vero, quindi, che in quel patto di Dio Adamo doveva guadagnare qualcosa, non più di quanto poteva mai essere possibile. Non è possibile palare di merito da parte dell’uomo nella sua relazione a Dio. Fatto sta che Adamo stava in Paradiso in quanto creatura di Dio, e come tale non possedeva niente che non avesse ricevuto e che non appartenesse al suo Dio. Il suo corpo e la sua anima, la sua mente e la sua volontà e tutti i suoi poteri, i suoi doni ed i suoi talenti, ogni cosa apparteneva al Signore suo Dio così che egli dovesse conoscerlo, ed amarlo, e servirlo con tutta la sua forza. Con quei doni e poteri e talenti Adamo viveva ed agiva nel mezzo delle opere di Dio nel primo Paradiso. Attorno a lui non c’era niente che non era proprietà del Signore.
Come, allora, vedendo che egli stesso, con tutti i suoi poteri, era la possessione del Signore, e vedendo che ogni cosa attorno a lui apparteneva egualmente al Signore, sarebbe mai stato capace di portare al Signore qualcosa o di meritare qualcosa da parte Sua? No, per libera grazia il Signore lo aveva creato esattamente in modo che potesse essere in grado di dimorare col suo Dio nella relazione di patto. Per libera grazia egli era anche realmente posto in quella relazione di patto col suo Dio. Ed in quella relazione egli anche possedeva la vita, e poteva mangiare dell’albero della vita che era nel mezzo del giardino. Egli poteva realmente abbandonare quella vita e perderla, ma di un meritare la vita non c’è l’ombra. Di certo, nella via dell’ubbidienza, egli avrebbe mantenuto quella vita che possedeva e non sarebbe morto. Ma anche se egli era in ogni aspetto adattato a vivere col suo Dio in beatitudine eterna, del fatto che potesse divenire partecipe anche della più elevata vita e della gloria celeste e beatitudine che la Sacra Scrittura chiama vita eterna non ne leggiamo assolutamente niente. Non soltanto Adamo non poteva mai meritare questa vita eterna, ma essa è anche una vita che non poteva mai sgorgarci da lui, ma che poteva essere la nostra porzione soltanto dall’Immanuele. Perché il primo uomo è dalla terra, terrestre, il secondo uomo è il Signore dal cielo. Ed il terrestre Adamo è in realtà una figura di Colui che doveva venire, ma il primo non può mai essere paragonato al secondo quanto a gloria. E quanto altamente esaltato è il Secondo Adamo in splendore e gloria, così molto più gloriosa è anche la vita del patto di Dio quando noi diveniamo partecipi d’essa attraverso quel Secondo Adamo.
Noi affermiamo questo ancora una volta perché siamo realmente convinti che qui abbiamo uno dei più fondamentali principi di una presentazione scritturale e Riformata, e poiché una concezione completamente non scritturale e non Riformata ha avuto già per lungo tempo trovato luogo nel mezzo del nostro popolo. Il cosiddetto patto di opere è allora una specie di accordo tra Dio ed Adamo, un accordo che in realtà fu concluso in una maniera del tutto meccanica. Quell’accordo consiste, quindi, secondo molti libri di catechismo, in una condizione, una promessa, ed una minaccia. La condizione, quindi, è l’ubbidienza, consistente specialmente in questo: che Adamo non poteva mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. La promessa è supposta essere stata che Adamo sarebbe stato capace di meritare la vita eterna nel caso avesse ubbidito. E la minaccia consisteva in questo: che egli sarebbe sicuramente morto in caso avesse trasgredito il comandamento di Dio.
Contrariamente a questa concezione meccanica del patto di Dio, noi proponiamo che il patto consiste essenzialmente in una relazione di amicizia, che Dio il Signore aveva posto Adamo in Paradiso in quella relazione con Se Stesso già attraverso la sua stessa creazione ad immagine di Dio, e che in quella relazione possedeva la vita ed era benedetto. Naturalmente, Adamo sarebbe stato capace di mantenere la vita nella via dell’ubbidienza, perché soltanto in quella via poteva godere del favore di Dio. Egli era il servitore del Signore, e lo era con la sua intera esistenza e con tutte le cose. Quindi egli era il profeta di Dio, il sacerdote di Dio, il re di Dio. Se voi considerate la sua relazione di amico-servitore dal punto di vista delle sue facoltà e vita intellettuali, allora egli si trovava in Paradiso come profeta di Dio. Con tutta la sua conoscenza egli era servitore. Ed in quanto servo che aveva conoscenza, aveva la chiamata di conoscere il suo Dio rettamente in tutte le opere delle Sue mani, e poi parlare di Lui e delle Sue virtù, per magnificarlo, e per prendere posizione e combattere per il Suo onore. Se guardate a quella relazione di amico-servo dal punto di vista della vita della sua volontà e desideri, allora Adamo era il sacerdote di Dio. Perché anche con tutta la vita del suo cuore e volontà egli era il servitore di Dio, ed in quanto tale egli aveva la chiamata di volere ed amare il Signore suo Dio e consacrare se stesso, con tutte le cose, a Dio. Ed, infine, se considerate quella stessa servitù dal punto di vista del potere di Adamo in relazione alla creazione nel mezzo della quale fu posto, egli era re al di sotto di Dio. Anche in quanto re egli era servitore. Ed era la sua chiamata nel primo Paradiso di regnare sopra tutte le opere delle mani di Dio nel nome del Signore al di sotto di Lui e secondo le Sue ordinanze. In quanto tale, la posizione di Adamo nel patto di Dio richiedeva assoluta ed incondizionata ubbidienza. Se fosse stato disubbidiente, allora, per quanto gli riguardava, con questo avrebbe rotto il patto di Dio; allora avrebbe abbandonato il favore di Dio e perso la vita, allora doveva sicuramente morire.
A ciò deve essere aggiunto che Adamo doveva essere tutto questo e doveva vivere in questa posizione in una maniera antitetica. La scelta per il suo Dio doveva stare davanti alla sua coscienza, in modo tale che allo stesso tempo egli sceglieva contro Satana, egli doveva servire Dio rigettando tutto quanto non era secondo la volontà di Dio. Per questa ragione l’albero della conoscenza del bene e del male era lì. Per questa ragione anche la tentazione attraverso il serpente ebbe luogo. Adamo si trovava come l’amico-servitore di Dio nel primo Paradiso per l’antitesi, e in quanto del partito di Dio egli viveva la vita del patto in modo antitetico.
Ora Adamo stava in quel patto di Dio come capo della sua discendenza, la razza umana. La razza umana non consiste di una massa di individui in cui ognuno sta in piedi e cade come unico padrone del proprio destino. Questo è il caso, per quanto possiamo dedurne, nel mondo angelico. Vi è di certo anche nel mondo degli angeli ordine e rango ed affinità, ma non nella stessa maniera in cui è vero nell’umanità. Dio non creò gli angeli in uno, ma creò così la razza umana. Dio crea la razza umana in Adamo, poi forma la donna da quell’unico uomo, e poi permette all’intera razza umana di venire fuori non attraverso un atto di creazione separato, ma attraverso lo sviluppo organico che proviene da quella prima coppia. L’intera razza degli uomini, quindi, è letteralmente in quella prima coppia di esseri umani e proviene organicamente da loro. Adamo, quindi, si trova nel primo Paradiso come il portatore della natura umana. Egli è ciò come la radice dell’intero organismo della nostra razza. Tutto quello che mai fiorirà sull’albero della nostra razza e che giungerà a manifestazione nella vita della razza è presente in lui come in un seme, e viene fuori da lui come dalla radice. Era realmente tutto presente in lui, ma personalmente in Adamo tutto ciò non poteva mai svilupparsi e manifestarsi. Solo quando da lui si sarà sviluppata e rivelata, e migliaia e milioni di individui umani saranno nati, la natura umana si manifesterà in tutte le sue ricchezze di doni e poteri.
Ed in connessione a tutto questo, il primo Adamo si trova nel patto di Dio anche come il capo della nostra razza nel senso giudiziale della parola. Egli rappresenta la nostra razza davanti al volto di Dio. Vi è nella nostra razza non soltanto un’unità ed affinità organica, ma anche una solidarietà giudiziale che trova il suo vincolo nel primo uomo in quanto egli si trova ad essere il capo di tutti davanti a Dio. Tutto questo è evidentemente la verità per come rivelataci nella Scrittura e come confessata dai padri Riformati, ed è anche la testimonianza della storia e dell’esperienza. Per quanto concerne quest’ultima, la storia e l’esperienza insegnano che non un uomo, che viva al tempo presente o che abbia mai vissuto, è buono e senza peccato. Questo è semplicemente un fatto innegabile. Voler spiegare questo fatto in base ad un cattivo esempio che si è una volta ricevuto, come vorrebbero i Pelagiani, è non soltanto assolutamente troppo superficiale, ma è anche non in armonia con l’esperienza di ogni epoca. E’ semplicemente non vero che la natura umana si migliora attraverso un esempio migliore o nel mezzo di un ambiente più favorevole. Infatti è vero il contrario. No, la natura stessa è divenuta corrotta, e ciò, inoltre, nell’unico uomo che era il portatore dell’intera natura umana. Soltanto questo spiega l’universalità del peccato e della corruzione.
Ma c’è di più, come ci istruiscono le Scritture. Perché noi siamo concepiti e nasciamo nel peccato e nell’iniquità, e l’immaginazione del cuore dell’uomo è malvagia fin dalla sua fanciullezza. La Sacra Scrittura spiega tutto questo insegnandoci che attraverso la disubbidienza di quel solo uomo la colpa è giunta su tutti gli uomini a condanna. E tutto questo è vero soltanto se, sia nel senso giudiziale che organico della parola, la razza umana è inclusa e compresa nel primo uomo Adamo. Quindi, Adamo si trova nel patto di Dio come capo della sua discendenza, e con essa tutta, insieme all’intera razza umana, come suo rappresentante.
Ora, quel primo uomo, Adamo, cade attraverso la tentazione di Satana ed attraverso la sua volontaria disubbidienza. Ed attraverso la sua caduta la prima rivelazione del patto di Dio sparisce. Dio aveva posto il Suo servo in Paradiso con un libero arbitrio. Non, ovviamente, come se quel primo uomo era libero nel senso sovrano della parola, così che con tutta la vita della sua volontà non era interamente dipendente dal beneplacito di Dio ed il Suo proposito e decreto provvidenziale. In quel senso nessuna creatura è mai libera. Dio è e rimane sovrano, e l’uomo rimane dipendente dal suo Dio anche nella sua esistenza volizionale. Ma nel senso morale Adamo era libero, egli poteva scegliere il bene ed il male.
Questo, ancora, non era così che in paradiso Adamo si trovava in uno stato di innocenza infantile o neutralità morale, così che egli prima otteneva conoscenza del bene e del male e divenne poi una creatura morale col mangiare dall’albero. Al contrario, Adamo era dotato di positiva conoscenza di Dio, con giustizia, e con santità. Egli stava col suo volto verso Dio. Ma attraverso un atto della sua propria volontà era in grado di volgersi dall’altra parte, di voltarsi via da Dio e verso il diavolo. E ciò fu determinato esattamente dalla sua attitudine nei riguardi dell’albero della conoscenza del bene e del male. Con esso fu molto realmente determinato se Adamo, nello stato di ubbidienza, avrebbe permesso a se stesso di essere condotto dal suo Dio, se avrebbe permesso che Dio soltanto determinasse ciò che era buono e ciò che era male, o se voleva proprio essere come Dio, determinando per se stesso, ed in quel senso conoscendo, il bene ed il male.
Ora, Adamo decise contro Dio e per Satana. Egli rigettò la Parola di Dio, e così Dio Stesso. Egli ascoltò alla tentazione di Satana attraverso la donna. Egli scelse le tenebre, e rigettò la luce. Egli ruppe il patto di Dio. La sua luce diventò tenebre, la sua giustizia peccato e colpa, la sua santità corruzione della sua intera natura, la vita morte, il suo amore inimicizia. La morte regnava su lui. Perché noi non dobbiamo dire che Adamo non morì in quel giorno stesso, e ancora meno che una certa grazia comune lo liberò di nuovo dalla mortale operazione del veleno del peccato. No, le cose andarono in un modo tale che Adamo nel momento stesso che peccò abbandonò il favore di Dio e divenne l’oggetto dell’ira e dell’indignazione di Dio. Dio lo colpì. Perché anche per quanto riguarda ciò Dio mantiene il Suo patto in quanto colpisce l’uomo che Lo abbandona e leva il suo pugno ribelle contro di Lui. Quindi, non potrebbe essere diversamente che Adamo, che poteva godere della vita soltanto nel favore di Dio, doveva morire appena si rendeva degno dell’ira di Dio. La morte regnò sopra lui, ed egli divenne schiavo del peccato. Egli divenne tale con la sua discendenza. Perché dal momento che pecca come capo della razza, attraverso la sua colpa la condanna viene sopra tutti. E dal momento che pecca come padre di noi tutti e come portatore della nostra natura, nessuno sarà mai di nuovo in grado di trarre una cosa pura da una impura. E dal momento, infine, che egli si trova alla radice della nostra razza, il suo unico peccato si svilupperà in molti peccati di migliaia e milioni dei suoi discendenti, fino a che nell’intera razza quella radice ha portato il suo frutto completo e la misura dell’iniquità è piena.
E quindi non è per alcuna grazia o favore quando, per ordine provvidenziale di Dio, la nostra razza non perisce immediatamente nella radice, ma deve continuare ad esistere e a servire il consiglio di Dio, e quando qualcuno nasce in quella razza al di fuori di Cristo. Perché egli nasce sotto la colpa e la condanna e nella morte, e non può mai fare altro che cooperare, attraverso il suo peccato e la sua colpa, al far sì che si giunga alla pienezza del frutto di quella sola radice, e così accumulare colpa su colpa.
Ora, secondo il consiglio del Signore Dio, Cristo sta dietro Adamo, e da questo punto di vista la caduta di Adamo serve a far spazio al Re che Dio ha ordinato sopra Sion, il monte della Sua santità. Il primo servo del Signore cade. Ma quando cade, Dio dice, “Ecco il mio Servo, che io ho scelto.” Il primo Adamo cade per far posto al Secondo. Così, di certo, deve essere presentata la cosa. La caduta di Adamo ebbe luogo secondo il determinato consiglio di Dio. Nessun Riformato può dubitare di ciò per un solo momento. Perché il consiglio di Dio rimane fermo, ed Egli compie tutto il Suo beneplacito, e ciò, inoltre, non soltanto nel senso che Egli ha la vittoria finale su Satana e tutti gli operatori di iniquità, mentre nel corso della storia il diavolo per molti aspetti resiste e contrasta quel consiglio. Anche i pagani conoscono un dio buono ed uno malvagio, che si combattono sempre l’un l’altro, ma in questa battaglia il buon dio alla fine avrà la vittoria. E vi sono non pochi che immaginano che se solo presentano così la cosa, possono essere chiamati sostenitori dell’antitesi.
Ma le cose non stanno così. Nel corso della storia le potenze delle tenebre non hanno mai la vittoria, nemmeno per un periodo. Dio fa sempre ciò che Gli piace, anche col peccato e col diavolo. Così è anche con la caduta di Adamo. Adamo cade, certo, attraverso la sua propria colpa. Né Dio è l’autore del suo peccato. La colpa è di Adamo, si trova in lui, non in Dio. Ma tutto questo non cambia il fatto che non potete spiegare la caduta di Adamo soltanto dal libero arbitrio di Adamo. Egli cade secondo il decreto di Dio. Altrimenti arriviamo ad una concezione delle cose terribile. Allora, dopo tutto, l’intera storia che segue, una storia di travaglio e angoscia, sofferenza e morte, con la tremenda croce dell’unigenito Figlio di Dio nel centro, sarebbe in realtà dominata e controllata dalla volontà di Adamo, per la quale egli scelse per le tenebre e contro Dio. Ma le cose stanno diversamente. Se concepiamo la caduta di Adamo dal punto di vista del consiglio di Dio, allora il primo Adamo deve cadere affinchè possa venire il Secondo. Perché Dio, per la più grande rivelazione della Sua gloria e la più alta esaltazione dei Suoi figli, aveva in mente qualcosa di meglio per noi che quella che fu rivelata nel primo Adamo o che mai sarebbe stata realizzata attraverso di lui. Egli voleva stabilire il Suo patto non in quel primo uomo, che era dalla terra, terrestre, ma nel Secondo Adamo, che è il Signore dal cielo, che è Dio da Dio e che entra nella nostra natura per farci partecipi della vita di Dio in un modo che il primo uomo non conobbe mai. Quel consiglio del Signore è servito anche dalla caduta di Adamo.
Quando ora il primo uomo cade secondo quel consiglio del Signore, Cristo si trova dietro di lui, così che, in quanto capo di un patto migliore, diviene immediatamente manifesto e sulle rovine della prima casa del Signore nel primo Paradiso per costruire una casa molto più gloriosa in quanto Servo di Jehovah e Sommo Sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec. Attraverso questo Servo di Jehovah Dio mantiene il Suo patto e lo innalza ad una gloria più elevata. Egli lo fa entrando nella nostra natura ed unendo la natura umana con quella divina nella maniera più intima. Egli lo fa assumendosi la nostra colpa e facendo espiazione per essa con la Sua croce. Egli lo fa conquistando la morte e risorgendo dalla tomba con una vita di gloria come Lui solo poteva ricevere. Egli lo fa quando entra nei cieli altissimi ed è esaltato alla destra del Padre ed ha ricevuto lo Spirito per tutti quelli dati a Lui dal Padre, col divenire lo Spirito vivificante, entrando in loro, e conferendo loro la vita del patto di Dio in quella comunione che Egli Stesso così meravigliosamente descrisse nelle parole: “Tu in me ed io in loro, che essi possano essere resi perfetti in uno.”
Così il patto di Dio è ora la vita di amicizia di Dio in Cristo. In quel patto non vi sono offerte e non vi sono condizioni. Il patto è solamente di Dio. Egli stabilisce il Suo patto. Egli sceglie e salva. Egli ci innesta in Cristo, ed Egli santifica. Egli ci rende amici di Dio a motivo del Suo nome nel mezzo del mondo. Egli quindi anche combatte la Sua propria battaglia in noi attraverso Cristo per l’eterna vittoria. E noi siamo, attraverso la Sua grazia, del partito di Dio. Quando la battaglia è stata combattuta, allora Egli ci dona, per libera grazia, la corona della vittoria, una corona di vita, una corona di grazia.
Ora quel patto di Dio è per noi ed i nostri figli.