David J. Engelsma
Siamo obbligati a riconoscere che, per quanto in modo incoerente, poco chiaro, e relativamente poco frequente, Calvino insegna certamente che vi sono alcuni rimanenti di bene nell
’uomo caduto in virtù di ciò che egli chiama una “grazia generale” di Dio. Vi sono nell’uomo caduto, scrive Calvino, certi doni ed abilità concernenti la vita terrena, inclusi “il giusto portamento ed ordine civile” (Istituzioni 2:2:13) e “le arti, sia liberali che manuali” che devono essere ascritte alla “peculiare grazia di Dio” (2:2:14), o, come Calvino la chiama altrove, “la grazia generale di Dio,” “la bontà di Dio,” e “la grazia speciale di Dio” (2:2:17).
Inoltre, vi è una certa “purezza” e “virtù” in alcuni non credenti che è dovuta alla “grazia di Dio” che non “purifica” la natura umana corrotta ma “la restringe internamente” (2:3:3).
Questi sono i materiali in Calvino a cui Abraham Kuyper ed Herman Bavinck si sono appigliati per costruire la loro teoria, molto più elaborata ed ottimista, della grazia comune di Dio che deve produrre una buona cultura e perfino Cristianizzare la società.1
La “grazia generale” di Calvino non è una grazia che salva, o che desidera salvare, o che mette in grado qualcuno di venire a Cristo per essere salvato. Calvino limita in modo definito la sua grazia generale alle cose terrene e alla vita terrena.
E
’ significativo che Calvino, un teologo biblico, non offre prova dalla Scrittura per la sua nozione di una grazia generale di Dio ai reprobi empi.
Spesso, proprio negli stessi passaggi che insegnano questa grazia generale vi sono espressioni che indicano che i fenomeni che Calvino descrive in termini di grazia generale dovrebbero piuttosto essere descritti in termini di provvidenza di Dio. Di certo Calvino suggerisce che anche se egli parla di grazia ciò che egli in mente è la provvidenza. Ciò è vero di quel passaggio nelle Istituzioni che è il più problematico tra tutti. Calvino è impressionato da “persone che, guidate dalla natura, si sono sforzate verso la virtù durante tutta la loro vita.” Queste persone mostrano “qualche purezza nella loro natura” (2:3:3). Sembra che esse smentiscano la dottrina della Bibbia e di Calvino della totale depravazione. Calvino allora spiega ciò che egli giudica essere la condotta onorevole di queste persone irrigenerate:
Ma qui dovrebbe esserci noto che in mezzo a tale corruzione di natura vi è qualche luogo per la grazia di Dio; non una grazia tale che purifica questa corruzione, ma che la restringe internamente. Perchè se il Signore desse briglia sciolta alla mente di ogni uomo per sfrenarsi nelle sue concupiscenze, non vi sarebbe senza dubbio nessuno che non mostrerebbe che, di fatto, ogni cosa malvagia per cui Paolo condanna la nostra intera natura, deve trovarsi verissimamente in se stesso (2:3:3).
Avendo elencato i peccati che Romani 3:10-18 trova negli irrigenerati, Calvino continua:
Se ogni anima e
’ soggetta a tali abominazioni come l’apostolo dichiara apertamente, vedremo sicuramente cosa accadrebbe se il Signore dovesse permettere alla concupiscenza umana di vagare secondo la propria inclinazione. Nessuna bestia matta infurierebbe così irrefrenabilmente, nessun fiume, per quanto scorrevole e violento, proromperebbe così follemente in un diluvio. Nei Suoi eletti il Signore cura questi malanni in un modo che spiegheremo a breve. Altri Egli li restringe meramente gettando una briglia su di essi così che essi non possano lasciarsi andare, in quanto Egli prevede che il loro controllo è espediente per preservare tutto ciò che esiste (2:3:3).
Col menzionare una “briglia,” Calvino già si muove verso una spiegazione che concepisce la sua “grazia” restrittiva come provvidenza. Che in realtà egli ha la provvidenza in mente quando parla del potere col quale Dio restringe i peccatori e controlla il potere del peccato è reso esplicito nella frase conclusiva del paragrafo: “Così Dio mediante la Sua provvidenza tiene a freno la perversità della natura, in modo che non possa erompere in azione, ma egli non la purga dall
’interno” (2:3:3).
Avendo detto questo per mitigare la dottrina di Calvino di una grazia generale di Dio sugli e negli irrigenerati, dobbiamo essere in disaccordo con Calvino su questo soggetto. I doni naturali degli empi devono essere spiegati in base al fatto che l
’uomo è rimasto uomo dopo la caduta e dalle operazioni provvidenziali e doni dello Spirito che sostengono e governano la vita naturale. I doni naturali non devono essere spiegati in base ad alcuna grazia di Dio.
Il teorizzare da parte di Calvino di una grazia restrittiva che spieghi le buone opere da parte dei nobili pagani non è biblica ed è contraria alla teologia stessa di Calvino. Calvino si è appena appellato al giudizio bruciante di Dio su tutta l
’umanità in base alla propria natura in Romani 3:10-18. Dunque, con il suo occhio su Camillo ed altri nobili pagani, Calvino asserisce una grazia generale restrittiva e dice a riguardo del passaggio di Romani 3: “Noi vediamo di certo cosa accadrebbe se il Signore dovesse permettere alla concupiscenza umana di vagare secondo la sua propria inclinazione” (2:3:3).
Ma Romani 3:10-18 non insegna cosa accadrebbe, se fosse a prescindere dalla grazia generale restrittiva. Romani 3:10-18 insegna ciò che di fatto accade, ciò che è vero a prescindere dal vangelo e la sua grazia rigenerativa.
Calvino ha dimenticato ciò che aveva scritto sulle buone opere contro Pighius: “Dal momento che la dignità delle buone opere dipende non dall
’atto in sè ma da un perfetto amore per Dio, un’opera non sarà giusta e pura a meno che proceda da un perfetto amore per Dio.”2
Riprendendo entusiasticamente un insegnamento errato di Calvino di una grazia generale di Dio per gli empi reprobi, alcuni nella più tarda tradizione Riformata hanno sviluppato una teoria della grazia comune che efficacemente sovverte la dottrina biblica della totale depravazione che Calvino insegnò così potentemente e difese così veementemente. In virtù della grazia comune l
’uomo caduto ritiene molto bene. In molte chiese Riformate odierne la totale depravazione anche se viene riconosciuta è definita come una corruzione dell’uomo in ogni parte del suo essere. La grazia comune ha forgiato una dottrina della depravazione parziale. Ciò è, di fatto, la reiezione della totale depravazione da parte di coloro che reclamano di confessarla.
Il teologo Riformato Anthony Hoekema sostiene che ciò che la teologia Riformata ha tradizionalmente chiamato “totale depravazione” significa soltanto che “la corruzione del peccato originale si estende ad ogni aspetto della natura umana: alla propria ragione e volontà come anche ai propri appetiti ed impulsi.” Essa “non significa che la persona irrigenerata per natura sia incapace di fare del bene in nessun senso della parola. A motivo della grazia comune di Dio … lo sviluppo del peccato nella storia e società è ristretto. La persona irrigenerata può ancora compiere certi tipi di bene e può esercitare alcuni tipi di virtù.” Riconoscendo che e
’ un errore, se non una cosa assurda, chiamare una depravazione che è meramente parziale “totale,” Hoekema propone un nuovo aggettivo per descrivere la depravazione dell’uomo irrigenerato: “pervasiva.”3 Anche se Hoekema non lo nota, ciò risulta in una modificazione dell’acronimo storico che descrive la confessione Riformata delle dottrine della grazia: PULIP. La dottrina di Hoekema, che è probabilmente l’opinione prevalente nei circoli Riformati odierni, è aperta reiezione della dottrina confessionalmente Riformata della depravazione totale, cioè, completa, dell’uomo per natura. E’ una reiezione così aperta che questa nuova dottrina cambia il nome della dottrina tradizionale e confessionale. E’ una dottrina della depravazione parziale. E la grazia comune ne è la causa.
I nemici del Calvinismo vedono le implicazioni di questa postura. Clark Pinnock ha scritto:
La profondità della peccaminosità umana fu un
’altra questione che richiese la mia attenzione. I Calvinisti, come Agostino stesso, se il lettore scuserà l’anacronismo, non volendo lasciare alcuno spazio per permettere alcuna ricognizione della libertà umana nell’evento della salvezza, definirono la depravazione umana come totale in modo che sarebbe stato impossibile immaginare alcun peccatore che invochi Dio per salvarlo. Dunque essi impedirono a chiunque di pensare alla salvezza in modo Arminiano. Lasciando da parte il fatto che gli Agostiniani stessi spesso e in modo sospettoso hanno qualificato la nozione di depravazione “totale” in modo molto considerevole ed hanno inventato la nozione di grazia comune per attenuarla, io sapevo che dovevo considerare in che modo capire il libero arbitrio dell’uomo in relazione a Dio.4
Pinnock mette in evidenza ciò che è in ballo nell
’ “attenuare” la dottrina della depravazione totale.
Le chiese Riformate devono sostenere, o ricuperare, la dottrina di Calvino che la natura umana caduta non è nient
’altro che concupiscenza e che il cuore dell’uomo naturale non emana “altro che un ripugnante fetore” (2:5:19). Ciò umilia il peccatore. Ciò magnifica la grazia di Dio nella salvezza del peccatore eletto. E ciò, sotto la benedizione dello Spirito di Cristo, apre la via alla ricerca della fede della giustizia di Dio nella croce di Gesù Cristo soltanto.
(Da: David J. Engelsma, The Reformed Faith of John Calvin: The Institutes in Summary; Jenison: RFPA, 2009, pp. 133-137)
1
Per la teoria della grazia comune di Abraham Kuyper, vedasi De Gemeene Gratie, 3 vol. (Amsterdam: Hoveker & Wormser, 1902-1904) e Lectures on Calvinism (Grand Rapids: Eerdmans, 1981). Per la teoria della grazia comune di Herman Bavinck, vedasi De Algemeene Genade (Grand Rapids: Eerdmans-Sevensma, n.d.).
2Giovanni Calvino, The Bondage and Liberation of the Will: A Defence of the Orthodox Doctrine of Human Choice Against Pighius, ed.
A. N. S. Lane, trad. G. I. Davies (Grand Rapids: Baker, 1966), 28-29 (trad. italiana di Francesco De Lucia).
3Anthony A. Hoekema, Created in God’s Image (Grand Rapids: Eerdmans, 1986), 150-52 (trad. italiana di Francesco De Lucia).
4Clark Pinnock, ed., The Grace of God, the Will of Man: A Case for Arminianism (Grand Rapids: Zondervan, 1989), 15 (trad. italiana di Francesco De Lucia).