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Il Ruolo d’Israele

Angus Stewart

(1)

La sorella che ha chiesto chiarimenti riguardo il significato della maledizione di Cristo dell’albero di fico, sebbene affermi di concordare con gran parte dell’esposizione dello scorso numero delle News, non concorda con una delle mie conclusioni, e cioè: “In nessun tempo futuro Israele sarà riportato al suo speciale status nazionale con Dio, e di certo non in un futuro millennio terreno.” E lei ha citato Geremia 31:36 dove è detto che Israele non cesserà mai “di essere una nazione davanti a me per sempre”, insieme ad altri passi biblici (Isaia 41:9; Ezechiele 37:22; Salmo 121:4), passi nei quali vede una futura restaurazione spirituale della nazione d’Israele. La sua domanda perciò concerne (primariamente) l’argomento degli ultimi giorni o, più precisamente, il ruolo della nazione d’Israele nel futuro.

La differenza può essere così spiegata. (1) Ci sono passaggi della Bibbia che parlano di Dio che rigetta Israele per il loro rinnegamento del Messia. Gesù maledì l’albero di fico (sul quale la sorella ed io concordiamo si riferisca ad Israele): “Non nasca mai più frutto da te in eterno!” (Matteo 21:19). Più tardi Cristo dice ai Giudei, “Perciò io vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a una gente che lo farà fruttificare.” (43). (2) Altri passaggi scritturali (come Geremia 31:36) dicono che Dio sceglie e ama Israele e che non lo rigetterà mai.

Come devono essere riconciliate queste differenze? Alcuni dicono che Dio convertirà l’Israele nazionale in un future millennio o età d’oro (premillenialismo e dispensazionalismo). Questa veduta cerca di riconciliare il punto (1) e il (2) – cioè che Israele e rigettato e che Israele non sarà rigettato – dicendo che Israele in questo momento non sta sperimentando il favore speciale di Dio ma che piuttosto sarà convertito in futuro. L’altra veduta sostiene che Israele non è e non sarà mai restaurato quale speciale nazione di Dio e che i passaggi dell’Antico Testamento i quali promettono che non sarà mai rigettato si riferiscono piuttosto all’Israele spirituale, composto sia da Giudei che Gentili eletti e chiamati.

Per supportare quest’ultima posizione, ricordo che la dichiarazione di Cristo, “Non nasca mai più frutto da te in eterno!” (Matteo 21:19), è una maledizione sulla nazione di Israele per concludere il suo ruolo di nazione di Dio, e questo non solo per duemila anni o circa, ma “in eterno.” Ma c’è da dire altro oltre a questo perché, come chi ha posto la domanda indica, questo è un punto importante che determina la nostra veduta d’Israele e del futuro, cosi come determina la nostra interpretazione di molte profezie dell’Antico Testamento. Questo sarà fatto nel prossimo numero.


(2)

La sorella che ha posto la domanda e io concordiamo entrambi che ci sono “preziose e grandissime promesse” (2 Pietro 1:4) fatte ad Israele nell’Antico Testamento. La differenza sta nell’identificazione di Israele e quindi nell’interpretazione di queste promesse – due punti strettamente correlati. Guardiamo ad Amos 9 e a come è interpretato e su chi lo Spirito Santo lo applica in Atti 15.

Amos profetizzò nel Regno del Nord riguardo l’imminente devastazione degli Assiri. Nell’ultimo capitolo, egli promette liberazione dopo la distruzione: “«In quel giorno, io rialzerò il tabernacolo di Davide che è caduto, riparerò le sue brecce e rialzerò le sue rovine, e lo ricostruirò come nei giorni antichi, affinché posseggano il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è invocato il mio nome», dice l’Eterno che farà questo” (9:11-12). I versi che seguono parlano del popolo di Dio “Israele” (14) ritornare alle città di Palestina e godere di grande produttività agricola (13-15). Ora, di chi si parla qui? Sicuramente di Israele, perché Israele è indicato dal nome (14), della terra (14-15), dalla storia (coloro presi in cattività; 13) e dal destino regale (Davide; 11). Così il passo si riferisce alla restaurazione dei Giudei in Palestina in qualche punto nel futuro. I figlio di Davide, Cristo, siederà su un trono a Gerusalemme (11), la terra sarà abbondantemente fruttuosa (13-15), e i Giudei domineranno sulle nazioni circostanti (12).

Tuttavia, questa non è l’interpretazione ispirata del Nuovo Testamento. Al concilio di Gerusalemme in Atti 15, il passaggio di Amos 9 è usato come prova biblica chiave per dimostrare la salvezza dei Gentili (senza alcun bisogno di circoncisione). L’argomentazione conclusiva di Giacomo è straordinaria: Dio sta salvando i Gentili (Atti 15:14) e Amos 9:11-12 lo dimostra (Atti 15:16-17)! In altre parole, Amos 9 non predice un futuro terreno e glorioso per l’Israele nazionale in Palestina in un certo tempo nel futuro. Invece, Amos 9 predice la gloriosa chiesa del Nuovo Testamento composta di eletti e chiamati Giudei e Gentili. Con l’ascensione e la seduta alla destra del Padre di Cristo, il “tabernacolo di Davide” (11) è innalzato a nuove gloriose (e celesti!) altezze (cf. Atti 2:31-36; Luca 1:32). La possessione di Edom (12) è la salvezza dei Gentili tramite la fede in Cristo (Atti 15:14, 17). La fertilità della terra (13-15) parla delle benedizioni del Nuovo Testamento acquistate da Cristo e riversate sulla Sua chiesa – “il frutto dello Spirito” (Galati 5:22-23) che è la manifestazione del “regno di Dio” (Galati 5:21). La realtà della terra promessa (14-15) è il mondo intero, e questo perché quando ad Abrahamo fu promessa la Palestina, Paolo ci dice che lui era con questa promessa “erede del mondo” (Romani 4:13) – insieme a tutti coloro che sono della fede, sia Giudei che Gentili (Romani 4:11-12).

Amos 9 è la culminante profezia di benedizione nel libro. La spiegazione che Giacomo da di Amos 9 mostra che la speranza di Amos era la salvezza dei Giudei e dei Gentili nella cattolica chiesa di Cristo (raffigurata da Amos tramite termini veterotestamentari). Inoltre, Giacomo dichiara che la promessa di Amos 9 sono “le parole dei profeti [plurale]” (Atti 15:15). Questo è anche il messaggio di Isaia, Ezechiele, Gioele, ecc., e questo perché “a Dio sono note da sempre tutte le opere sue” (Atti 15:18).


 (3)

Molti premillenialisti e tutti i dispensazionalisti applicano le predizioni dei profeti dell’Antico Testamento all’Israele etnico, e credono che esso dovrà essere restaurato spiritualmente in un millennio terreno nel futuro. Un modo per valutare il loro sistema consiste nel prendere le profezie dell’Antico Testamento concernenti Israele ed esaminare come esse sono interpretate e applicate dallo Spirito Santo nel Nuovo Testamento. L’ultima volta abbiamo considerato Amos 9:11-15 e la sua spiegazione data da Atti 15:13-18. Questa volta ci volgiamo alla grande promessa di Geremia 31: “31 Ecco, verranno i giorni», dice l’Eterno, «nei quali stabilirò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda; 32 non come il patto che ho stabilito con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto, perché essi violarono il mio patto, benché io fossi loro Signore», dice l’Eterno. 33 «Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni», dice l’Eterno: «Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. 34 …e non mi ricorderò più del loro peccato».”

Con chi sarà stabilito il “nuovo patto” quando “verranno i giorni” (31)? Esso verrà stabilito “con la casa d’Israele e con la casa di Giuda” (31, 33), cioè, con coloro i quali “padri” Dio fece “uscire dal paese di Egitto” (32). Cosi, interpretando Geremia 31:31-34 letteralmente e senza alcun riferimento ad altre parti della Scrittura, il nuovo patto deve essere stabilito con l’Israele nazionale e con Giuda (una “casa” [31] e un “popolo” [34]), i discendenti di coloro i quali Dio redense dall’Egitto. Non è fatta alcuna menzione dei Gentili o della cattolica chiesa.

Tuttavia, Geremia 31:31-34 è spiegato dagli scrittori del Nuovo Testamento in maniera molto diversa. Le citazioni di Geremia 31:31-34 presenti in Ebrei 8:8-12 (“Dio infatti, rimproverandoli, dice: «Ecco, vengono i giorni che io concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un nuovo patto, non come il patto che feci con i loro padri, nel giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese di Egitto, perché essi non sono rimasti fedeli al mio patto, ed io li ho rigettati, dice il Signore. Questo dunque sarà il patto che farò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore, io porrò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. E nessuno istruirà più il suo prossimo e nessuno il proprio fratello, dicendo: “Conosci il Signore!”. Poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro, perché io avrò misericordia delle loro iniquità e non mi ricorderò più dei loro peccati e dei loro misfatti»”) ed in Ebrei 10:16-17 (“«Questo è il patto, che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, io metterò le mie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti», aggiunge: «E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità»”), prese nel loro contesto, ci insegnano che il nuovo patto è stabilito sul sacrificio e sull’intercessione di Gesù Cristo, il sommo sacerdote celeste secondo l’ordine di Melchisedek. Questo dichiara lo Spirito Santo, “così anche Cristo, dopo essere stato offerto una sola volta per prendere su di sé i peccati di molti, apparirà una seconda volta senza peccato a coloro che lo aspettano per la salvezza” (Ebrei 9:28). Questo si può forse restringere solo ai Giudei etnici? Inoltre, sebbene lo scrittore della lettera agli Ebrei abbia molto da dire riguardo il nuovo patto e la sua relazione al sangue di Cristo e al Suo sacerdozio e regalità, non a caso egli non ha nulla da dirci riguardo un futuro millennio terreno preparato per i discendenti carnali di Giacobbe.

Quando Gesù instituì la Cena del Signore, Cristo aveva Geremia 31 nella mente: “questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto che è sparso per molti” (Matteo 26:28; Marco 14:24; Luca 22:20). Il sangue di Cristo del nuovo patto ha redento il Suo popolo “da ogni tribù, lingua, popolo e nazione” (Apocalisse 5:9). Per questo Paolo dice alla chiesa in Corinto, per lo più fatta di Gentili, che alla Cena del Signore sii bevono “il nuovo patto nel mio sangue [di Cristo]” (1 Corinzi 11:25). Risulta chiaro quindi che “Israele” e “Giuda” in Geremia 31 si riferiscono alla cattolica chiesa del Nuovo Testamento redenta in Cristo, e non meramente ai Giudei etnici di questa era o di un futuro millennio.


 (4)

L’ultima volta, da uno studio di passi rilevanti del Nuovo Testamento (Matteo 26:28; 1 Corinzi 11:25; Ebrei 8:8-12; 10:16-17), abbiamo visto che “Israele” e “Giuda”, il popolo del nuovo patto di Geremia 31:31-34, sono la cattolica chiesa del Nuovo Testamento la quale consiste di Giudei e Gentili. Questa non è altro che il metodo con il quale il benedetto Spirito Santo interpreta le parole che Egli ispirò in Geremia 31.

Ogni volta che un Cristiano partecipa del vino alla Cena del Signore, egli sta confessando che egli è uno dei “molti” per i quali Cristo sparse il Suo sangue, “il sangue del nuovo patto” (Matteo 26:28), il patto descritto in Geremia 31:31-34. Cosi, sia Giudeo che Gentile, egli sta dicendo di essere un cittadine della “casa di Israele” e della “casa di Giuda” (Geremia 31:31, 33). Anche un Gentile dispensazionalista, partecipando alla Cena del Signore, deve confessare che egli è un membro della comunità del nuovo patto in Cristo. In quanto Gentile, egli deve confessare che egli è un Israelita non fisicamente ma spiritualmente (“Infatti il Giudeo non è colui che appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente, e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, e non nella lettera; e d’un tal Giudeo la lode non proviene dagli uomini, ma da Dio” Romani 2:28-29). Inoltre, in quanto membro della chiesa del Nuovo Testamento con ciò egli confessa che la chiesa del Nuovo Testamento è profetizzata nell’Antico Testamento da Geremia 31:31-34. Per di più, l’interpretazione ispirata di Geremia 31 nel Nuovo Testamento non da proprio alcuna indicazione sul fatto che questa profezia sarà adempiuta in un era successiva (come un presunto millennio terreno giudaico). Basta leggere da sé stessi i resoconti della Cena del Signore in Matteo, Marco e Luca e in 1 Corinzi 11, così come 2 Corinzi 3 ed Ebrei 8 e 10.

E si può dire anche di più da Ebrei, il libro del Nuovo Testamento che ha da dire più degli altri sul nuovo patto. Ebrei 1:2 descrive l’era dell’incarnazione e dell’opera di Cristo come gli “ultimi giorni.” La venuta del Figlio di Dio (Ebrei 1:2), che include anche la donazione dello Spirito Santo (Atti 2:17-18), segna l’inizio degli “ultimi giorni.” Quando Dio prosegue nel parlare del nuovo patto in Ebrei 8 e 10, ciò è in stretta connessione con l’opera del Messia il quale introdusse gli “ultimi giorni.” Cristo, il “sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek” (Ebrei 7:21), offrì Sé stesso come unico grande sacrificio per i peccati (7:27) e cos’ divenne “garante di un patto molto migliore” (7:22), il “nuovo patto” (8:8-12) profetizzato in Geremia 31:31-34. Così il “nuovo patto” è una benedetta realtà per la chiesa del Nuovo Testamento composta di Giudei e Gentili credenti – “Israele” e “Giuda” spirituali (Geremia 31:31, 33) – per gli ultimi giorni (Ebrei 1:2).

L’aggettivo “ultimo” in “ultimo giorni” è significativo. Gli “ultimi giorni” sono letteralmente gli ultimi giorni che devono venire prima dello stato eterno dei nuovi cieli e della nuova terra per gli uomini e angeli eletti e dello stagno di fuoco per gli uomini e gli angeli reprobi. Non c’è nessun tipo di altri giorni che devono venire dopo gli ultimi giorni né prima dell’ stato eterno, perché gli “ultimi giorni” sono i giorniultimi. Siccome il nuovo patto è stabilito con Giudei e Gentili credenti negli “ultimi giorni,” non c’è alcuna altra era (come per esempio il millennio giudaico terreno sostenuto dal dispensazionalismo) nel quale il nuovo patto deve essere fatto con l’Israele etnico e che precede lo stato eterno. In seguito (Dio volendo), considereremo le implicazioni di questa comprensione del contesto di Geremia 31:31-34, ossia Geremia 30-33.


(5)

Negli ultimo due numeri delle News abbiamo visto che Geremia 31:31-34 è una profezia che si adempie nella cattolica chiesa di Cristo del Nuovo Testamento. Questo getta luce sull’interpretazione dei capitoli circostanti, cioè Geremia 30-33, che sono da tutti riconosciuti come Messianici.

Primo, I giorni di Geremia 31:31-34 (“verranno i giorni” [31]; “quei giorni” [33]) sono gli “ultimi giorni” che iniziano con la venuta del Figlio di Dio nella carne (Ebrei 1:2) e con la donazione dello Spirito Santo (Atti 2:17-18), come abbiamo visto negli ultimi due numeri. Questo suggerisce che gli altri versi – e i loro contesti – in Geremia 30-33 che si riferiscono agli “ultimi giorni” (30:24) o a “quei giorni” (31:29; 33:15, 16) o che affermano che “i giorni vengono” (30:3; 31:37, 38; 33:14), devono essere interpretati in questo modo. Secondo, i passaggi del Nuovo Testamento che abbiamo considerato in tale connessione (Matteo 26:28; 1 Corinzi 11:25; 2 Corinzi 3:6; Ebrei 8:8-12; 10:16-17) insegnano tutti che il nuovo patto descritto in Geremia 31:31-34 è stabilito nel sangue di Cristo. Perciò, quando Geremia predice la venuta del re Davidico (30:9; 33:15-18, 19-22), egli si riferisce all’epoca del Nuovo Testamento. Terzo, Geremia 31:15, come ci dice Matteo, è una profezia del massacro degli innocenti nei giorni successivi alla nascita di Cristo (2:16-18). Quarto, Geremia 31:31-34 non è il solo passo in Geremia 30-33 che parla della fedeltà di Dio al Suo patto. La parola “patto” (31:31-33; 32:40; 33:20-21, 25) o la formula del patto – “Voi sarete il mio popolo, e io sarò il vostro Dio” (30:22) o la sua variazione (31:33; 32:38) – si presenta in tutti e quattro i capitoli di Geremia 31-33. Quinto, due delle grandi benedizioni del nuovo patto sono menzionate non solo in Geremia 31:31-34, ma anche altrove in Geremia 30-33. Sto pensando alla religione del “cuore” (31:33; 32:39-40) e al perdono dei peccati (31:34; 33:8).

Così Geremia 30-33 parla del ravvedimento (31:9; 18-19), della gioia (30:19; 31:4, 7) e dell’unità spiritual dell’unico vero Israele di Dio di tutte le epoche (32:39). Le profezie del ritorno alla terra (30:3), della ricostruzione di Gerusalemme (31:38-40), la moltiplicazione di uomini e animali (31:27) e l’abbondante agricoltura (31:12; 33:12-13) sono adempiute nel ritorno del popolo di Dio da Babilonia il quale è una figura del Buon Pastore che raccoglie i Suoi redenti dai quattro angoli della terra (31:10-11; Giovanni 10:14-16)

La promessa di Dio della continuità del regno della casa Davidica (33:17, 21) e della continuità del lavoro dei Leviti (33:18, 21) risulta false se presa letteralmente, e questo perché per molti secoli non c’è stato alcun trono terreno di Davide (33:17) e nemmeno una letterale offerta dei Leviti (33:18). Né è giusto dire che questi versi parlano della restaurazione di queste cose in un millennio futuro. Il testo non dice che queste cose saranno restaurate nei giorni futuri; piuttosto, il testo dice che esse continueranno sempre, da Geremia fino alla fine dei tempi (33:17-18 21-22). Lo Spirito Santo ci dice che il Cristo asceso siede (tempo presente) sul trono di Davide (Atti 2:29-30) e che la chiesa Cristiana è il nuovo sacerdozio (1 Pietro 2:9) il quale offre “un sacrificio di lode” (Ebrei 13:15). Solo il principio Riformato secondo il quale è la Scrittura ad interpretare la Scrittura – e non il dispensazionalismo letteralista – si adegua con i fatti biblici.

Per altre risorse in italiano, clicca qui.

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