(1618-1619)
Introduzione
I Canoni di Dordrecht, la terza delle nostre “Formule di Unità” (La Confessione Belga, il Catechismo di Heidelberg, e i Canoni di Dordrecht), sono unici tra le nostre confessioni per più di un aspetto. Essi sono l’unica delle nostre confessioni che fu realmente composta da un assemblea ecclesiastica, il Grande Sinodo del 1618-1619. Nati da una controversia interna nelle Chiese Riformate di Olanda occasionata dall’insorgere dell’eresia Arminiana, i Canoni sono l’espressione del giudizio del Sinodo concernente i Cinque Punti della Rimostranza. Ciò spiega anche il fatto che i Canoni sono divisi in cinque capitoli, e sostengono le verita della sovrana predestinazione, dell’espiazione particolare, della totale depravazione, della grazia irresistibile, e della perseveranza dei santi. Siccome i Canoni sono una risposta ai Cinque Punti della Rimostranza, essi presentano soltanto alcuni aspetti della verità piuttosto che l’intero corpo d’essa come le nostre altre confessioni. Per questa ragione anche ai Canoni è fatto riferimento nella nostra Formula di Sottoscrizione come “la spiegazione di alcuni punti” di dottrina contenuti nella Confessione di Fede e nel Catechismo di Heidelberg. Ad ogni capitolo è aggiunta una Reiezione degli Errori, che confuta vari errori specifici insegnati dagli Arminiani, e fa questo sulla base della Scrittura, cosí che nei nostri Canoni la verità è definita negativamente oltre che positivamente. I Canoni rappresentano un consenso di tutte le Chiese Riformate di quel tempo. Tutte le chiese Riformate parteciparono nell’opera del Sinodo di Dordrecht, e quando i Canoni furono completati, i delegati stranieri come quelli olandesi li affermarono sottoscrivendoli. Un servizio di ringraziamento a Dio seguì il completamento d’essi, un servizio in cui fu ricordato con gratitudine che il Signore aveva preservato le Chiese Riformate nel mezzo di un conflitto di vita o morte, ed aveva preservato per le chiese la verita che la salvezza è dal Signore soltanto.
Giudizio del Sinodo Nazionale delle Chiese Riformate Belghe,
Tenutosi a Dordrecht, nell’anno MDCXVIII e MDCXIX, al quale hanno partecipato gli insigni Teologi delle Chiese Riformate di Gran Bretagna, Germania, Gallia, sui Cinque Capitoli di Dottrina Controversi nelle Chiese Belghe, promulgato il VI Maggio MDCXIX.
Prefazione.
nel nome del signore e salvatore nostro gesu’ cristo. amen.
Tra le molte consolazioni che il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo ha dato alla Sua Chiesa militante in questa travagliata peregrinazione, è a ragione celebrata quella che ha lasciato mentre stava per andarsene al Padre suo nel santuario celeste: Ecco, Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dell’età. La verità di questa soavissima promessa risplende nella Chiesa di ogni tempo, la quale dal momento che è stata dall’inizio oppugnata non soltanto dall’aperta violenza dei nemici e dall’empietà degli eretici, ma anche dall’astuzia coperta dei seduttori, di certo sarebbe stata oppressa già da molto tempo dalla forza dei tiranni, o sedotta in rovina dalla frode degli impostori, se il Signore l’avesse talvolta privata del presidio salutare della promessa Sua presenza. Ma quel buon Pastore, che immutabilmente ama il Suo gregge, per il quale depose la Sua vita, ha sempre represso in modo miracoloso e tempestivo la rabbia dei persecutori, ed ha spesso rivelato la Sua destra, ed ha messo in luce e dissipato le vie tortuose e i consigli fraudolenti dei seduttori, dimostrando, in entrambe le cose, di essere presentissimo nella Sua Chiesa. Illustre documento di ciò si trova nelle storie di pii imperatori, re, e principi, che il Figlio di Dio ha tante volte suscitato in aiuto della Sua Chiesa, e ha acceso di santo zelo per la Sua casa. La loro opera non soltanto ha frenato i furori dei tiranni, ma ha anche procurato alla Chiesa, che combatteva con falsi dottori che adulteravano la religione in vari modi, il rimedio di santi sinodi nei quali i fedeli servi di Cristo hanno resistito vigorosamente, in preghiere, consigli e fatiche congiunte, per la Chiesa e la verità di Dio, si sono opposti intrepidamente ai ministri di Satana, benchè si trasformassero in angeli di luce, hanno soppresso i semi d’errore e discordia, hanno conservato la Chiesa nella concordia della pura religione, e hanno trasmesso illibato ai posteri il genuino culto di Dio.
Con un simile beneficio il fedele nostro Salvatore ha manifestato la Sua graziosa presenza in questo tempo alla Chiesa Belga, molto afflitta ormai da molti anni. Essendo infatti questa Chiesa stata vendicata dalla potente mano di Dio dalla tirannide dell’anticristo Romano e dall’orribile idolatria del papato, custodita tante volte miracolosamente nei pericoli di una lunga battaglia, e fiorente nella concordia della vera dottrina e disciplina, a lode del suo Dio, per il mirabile incremento della repubblica, ed il gaudio dell’intero mondo riformato, Jacobus Arminius e i suoi seguaci, attribuitisi il nome di Rimostranti, l’hanno tentata con vari errori, tanto antichi quanto nuovi, dapprima nascostamente, poi apertamente, e turbatala pertinacemente con scandalose dissensioni e scismi, l’hanno condotta ad una tale divisione che, se non fosse intervenuta opportunamente la commiserazione del Salvatore nostro, le fiorentissime Chiese si sarebbero alla fine orribilmente infiammate di dissidi e scismi. Ma benedetto sia il Signore nei secoli, il quale dopo che ha nascosto per un momento il Suo volto da noi (che in molti modi abbiamo provocato la Sua ira ed indignazione), ha attestato al mondo intero di non essersi dimenticato del Suo patto, e di non disprezzare i sospiri dei Suoi. Quando infatti umanamente non appariva quasi nessuna speranza di rimedio, ha ispirato agli illustrissimi e potenti Ordini Generali federati del Belgio questa mente: di decretare di andare incontro a questi mali che infuriavano, per il consiglio e la direzione dell’illustrissimo e fortissimo principe d’Orange, con mezzi legittimi, che sono stati comprovati nel lungo corso dei tempi dagli esempi degli stessi apostoli, e della Chiesa Cristiana che li ha seguiti, e che sono stati usati prima d’ora con grande frutto anche nella Chiesa Belga, e di convocare a Dordrecht un sinodo, con la sua autorità, composto di tutte le province su cui hanno giurisdizione, avendo per esso richiesto ed ottenuto, sia con il favore del serenissimo e potentissimo re Jacobus di Gran Bretagna, sia di illustrissimi principi, conti, e repubbliche, molti autorevolissimi teologi, affinchè codesti dogmi di Arminius e dei suoi seguaci fossero accuratamente giudicati dal comune giudizio dei teologi dell’intera Chiesa Riformata, e dalla sola Parola di Dio fosse stabilita la vera dottrina, e rigettata la falsa, e, con la benedizione divina, fossero restituite alle Chiese Belghe concordia, pace e tranquillità. Questo è quel beneficio di Dio nel quale esultano le Chiese Belghe, ed esse riconoscono e celebrano con gratitudine le commiserazioni del fedele loro Salvatore.
Questo venerando Sinodo, dunque (dopo aver indetto e celebrato, mediante l’autorità del sommo magistrato, preghiera e digiuno in tutte le Chiese Belghe, per deprecare l’ira di Dio ed implorare il Suo grazioso ausilio), congregato a Dordrecht nel nome del Signore, acceso d’amore per il Nome Divino e la salvezza della Chiesa, e dopo aver invocato il nome di Dio, ed essendosi obbligato con santo giuramento a ritenere la sola Scrittura sacra come norma di giudizio, ed a comportarsi con buona ed integra coscienza nella cognizione e nel giudizio di questa causa, ha proceduto accuratamente e con grande pazienza, avendo convocati dinanzi a sé i principali patroni di questi dogmi, ad indurli ad esporre più pienamente la loro opinione riguardante i noti Cinque Capi di dottrina, e le ragioni d’essa. Ma poiché hanno ripudiato il giudizio del Sinodo, e si sono sottratti al rispondere alle interrogazioni in un modo che fosse opportuno, né hanno loro giovato in alcun modo le ammonizioni del Sinodo, o le ambasciate dei generosissimi e magnificentissimi Delegati degli Ordini Generali, come nemmeno gli ordini supremi degli stessi illustrissimi e potentissimi Ordini Generali, il Sinodo è stato costretto a seguire un’altra via per volere di codesti Signori, come di consuetudine ormai da tempo ricevuta dagli antichi sinodi; ed è stato intrapreso l’esame di quei cinque dogmi dagli scritti, confessioni, e dichiarazioni, in parte pubblicate in precedenza, in parte esibite anche a questo Sinodo. Essendo ciò stato portato a termine, quindi, per la singolare grazia di Dio, col consenso di ogni singolo, con la massima diligenza, con fede, e convinzione, questo Sinodo ha decretato di promulgare il seguente giudizio, mediante il quale, a riguardo dei predetti Cinque Capi di Dottrina, viene sia esposta l’opinione vera e conforme alla Parola di Dio, sia rigettata quella falsa e dissenziente con la Parola di Dio, alla gloria di Dio, e per provvedere all’integrità della verità salvifica, alla tranquillità delle coscienze, ed alla pace e salvezza della Chiesa Belga.
Opinione sulla Divina Predestinazione, e Capi Annessi,
Che il Sinodo di Dordrecht giudica conforme alla Parola di Dio, e fin qui ricevuta nelle Chiese Riformate, esposta nei seguenti Articoli.
Primo Capo di Dottrina, Della Divina Predestinazione
1.
Poiché tutti gli uomini in Adamo hanno peccato, e son divenuti colpevoli di maledizione e morte eterna, Dio non avrebbe fatto ingiustizia a nessuno se avesse voluto lasciare l’intero genere umano nel peccato e nella maledizione e condannarlo a motivo del peccato, secondo le parole dell’Apostolo: Tutto il mondo è sottoposto al giudizio di Dio (Romani 3:19). Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (v. 23). E: Il salario del peccato è la morte (Romani 6:23).
2.
Ma in questo l’amore di Dio è stato manifestato: che Egli ha mandato il Suo unigenito Figlio nel mondo, affinché chiunque crede in Lui non perisca ma abbia la vita eterna (I Giovanni 4:9; Giovanni 3:16).
3. E affinchè gli uomini siano condotti alla fede, Dio con clemenza manda gli araldi di questa lietissima novella a quelli che Egli vuole, e quando vuole, per mezzo del cui ministero gli uomini sono chiamati al pentimento e alla fede in Cristo crocifisso. Come crederanno in colui che non hanno udito? Come udranno senza un predicatore? Come predicheranno se non son mandati? (Romani 10:14-15).
4.
L’ira di Dio rimane su coloro che non credono questo Evangelo. Ma coloro che lo ricevono, ed accolgono il Salvatore Gesù con una fede vera e viva, sono per mezzo di Lui liberati dall’ira di Dio e dalla distruzione, ed è loro donata la vita eterna.
5.
La causa o colpa di questa incredulità, come anche di tutti gli altri peccati, non risiede in alcun modo in Dio, ma nell’uomo. Ma la fede in Gesù Cristo e la salvezza per mezzo di Lui, è un dono gratuito di Dio, come è scritto: Per grazia siete salvati mediante la fede; e ciò non da voi stessi; è il dono di Dio (Efesini 2:8). Similmente: Poiché a voi è stato dato di credere in Cristo (Filippesi 1:29).
6.
Inoltre che ad alcuni nel tempo sia donata la fede da Dio, e ad altri non sia donata, ciò procede dal Suo eterno decreto: Infatti Egli conosce ogni sua opera ab aeterno (Atti 15:18); ed Egli opera tutte le cose secondo il consiglio della Sua volontà (Efesini 1:11); secondo il cui decreto intenerisce graziosamente i cuori degli eletti per quanto duro esso sia, e li inclina a credere, ma in giusto giudizio lascia i non eletti nella loro malizia e durezza. E qui principalmente si apre a noi la profonda, misericordiosa e parimenti giusta distinzione fra uomini egualmente perduti, o quel decreto di elezione e riprovazione rivelato nella Parola di Dio, che come i perversi, gli impuri e i poco stabili distorcono a loro perdizione, così alle anime sante e religiose conferisce consolazione ineffabile.
7.
Ora, l’elezione è l’immutabile proposito di Dio per il quale, prima della fondazione del mondo, fra l’intero genere umano, caduto per sua colpa dalla sua primitiva integrità nel peccato e nella perdizione, Egli ha eletto, secondo il liberissimo beneplacito della Sua volontà, per mera grazia, una certa quantità di uomini, né migliori né più degni degli altri, ma che giacevano con gli altri in una comune miseria, a salvezza in Cristo, che ha anche ab aeterno costituito Mediatore e capo di tutti gli eletti, e fondamento della salvezza. E così ha decretato di darli a Lui per salvarli, e di chiamarli e trarli efficacemente alla comunione di Lui per mezzo della Sua Parola e Spirito, e ancora, per dare loro la vera fede di Lui, per giustificarli, santificarli, e infine, avendoli potentemente custoditi nella comunione del Figlio Suo, per glorificarli, a dimostrazione della Sua misericordia e a lode delle ricchezze della gloriosa Sua grazia, come è scritto: In Cristo ci ha eletti, prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e senza colpa dinanzi a lui nell’amore, avendoci predestinati all’adozione di figli per mezzo di Gesù Cristo, a Se Stesso, secondo il beneplacito della sua volontà; a lode della gloria della sua grazia, nella quale ci ha resi accetti nell’amato suo (Efesini 1:4-6). Ed altrove: Quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati (Romani 8:30).
8. Questa elezione non è multipla, ma è una e la stessa di tutti quelli che saranno salvati nell’Antico e nel Nuovo Testamento, dal momento che la Scrittura predica un solo beneplacito, proposito, e consiglio della volontà di Dio, mediante cui siamo eletti ab eterno, e alla grazia, e alla gloria, e alla salvezza, e alla via della salvezza che ha preparata affinchè camminassimo in essa.
9. Questa stessa elezione è stata fatta non in base alla fede prevista,
all’ubbidienza della fede, a santità o a qualche altra buona qualità e disposizione che sarebbe causa o condizione prerequisita nell’uomo da essere eletto, ma è alla fede, all’ubbidienza della fede, alla santità, etc. E perciò l’elezione è la fonte di ogni bene salvifico, da cui profluiscono la fede, la santità e gli altri doni salvifici, e infine la vita eterna stessa, come suoi frutti ed effetti, secondo le parole dell’Apostolo: Ci ha eletti [non perché eravamo, ma] affinché fossimo santi e senza colpa dinanzi a lui nell’amore (Efesini 1:4).
10.
In verità la causa di questa gratuita elezione è il solo beneplacito di Dio, non consistente nel fatto che ha eletto quale condizione della salvezza certe qualità o azioni umane tra tutte quelle possibili, ma nel fatto che ha adottato a Sè come patrimonio certune persone dalla comune moltitudine dei peccatori, come è scritto: Poiché prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di male etc., le fu detto [a Rebecca]: Il maggiore servirà al minore: secondo che è scritto: ho amato Giacobbe, ho odiato Esaù (Romani 9:11-12). E: e quanti erano ordinati alla vita eterna, credettero (Atti 13:48).
11.
E siccome Dio Stesso è sapientissimo, immutabile, onnisciente, ed onnipotente, così l’elezione da Lui fatta non può essere né interrotta, né cambiata, né revocata, né troncata, nè gli eletti possono essere rigettati, né il loro numero diminuito.
12.
Di questa eterna ed immutabile loro elezione a salvezza, gli eletti sono resi certi a suo tempo, benchè in vari gradi e diversa misura, tuttavia non indagando curiosamente i segreti e le profondità di Dio, ma osservando in sé stessi, con gioia spirituale e santa voluttà, i frutti infallibili dell’elezione, indicati nella Parola di Dio, quali sono la vera fede in Cristo, il timore filiale di Dio, una tristezza secondo Dio per il peccato, fame e sete di giustizia, etc.
13.
Dal senso e dalla certezza di questa elezione i figli di Dio traggono quotidianamente motivo maggiore per umiliarsi davanti a Dio, per adorare l’abisso della Sue misericordie, per purificare se stessi, e per amare ardentemente Colui che per primo li ha tanto amati: tanto lontano è dal vero che per questa dottrina dell’elezione e la sua meditazione essi sono resi pigri nell’osservanza dei comandamenti divini, o carnalmente sicuri. Questo, per giusto giudizio di Dio, suole avvenire a quelli che, o presumendo avventatamente, o ciarlando oziosamente e protervamente della grazia dell’elezione, non vogliono camminare nelle vie degli eletti.
14.
Poiché questa dottrina dell’elezione divina secondo il sapientissimo consiglio di Dio è stata predicata dai profeti, da Cristo stesso, e dagli Apostoli, tanto sotto il Vecchio che sotto il Nuovo Testamento, ed è poi stata messa per iscritto nelle Sacre Scritture, deve anche oggi essere pubblicata nella Chiesa di Dio, alla quale particolarmente è destinata, con spirito di discrezione, religiosamente e santamente, nel suo luogo e tempo, avendo abbandonato ogni curioso scrutinio delle vie dell’Altissimo, e ciò alla gloria del santissimo nome divino, e per la viva consolazione del Suo popolo.
15.
Del resto, la Sacra Scrittura tanto più massimamente ci illustra e presenta questa eterna e gratuita grazia della nostra elezione quando inoltre testimonia che non tutti gli uomini sono eletti, ma che certuni sono non-eletti, o passati oltre nell’eterna elezione di Dio, i quali Dio, secondo il Suo liberissimo, giustissimo, irreprensibile, ed immutabile beneplacito, ha decretato di lasciare nella comune miseria in cui si sono precipitati per colpa propria, e di non dare loro la grazia della fede salvifica e della conversione, ma, avendoli abbandonati nelle loro vie, e sotto giusto giudizio, infine di condannarli e di punirli eternamente non soltanto a motivo della loro infedeltà, ma anche di tutti gli altri peccati, per la dichiarazione della Sua giustizia. E questo è il decreto di riprovazione, il quale non fa in alcun modo Dio autore del peccato (pensare la qual cosa è blasfemo) ma lo pone giudice e vendicatore tremendo, irreprensibile, e giusto.
16.
Coloro che non ancora percepiscono efficacemente in se stessi una viva fede in Gesù Cristo o una sicura fiducia di cuore, la pace della coscienza, la diligente ricerca di filiale ubbidienza, un gloriarsi in Dio mediante Cristo, ma che tuttavia usano i mezzi con i quali Dio ha promesso di operare queste cose in noi, non devono essere costernati alla menzione della riprovazione, né ascriversi tra i reprobi, ma devono perseverare con diligenza nell’uso dei mezzi, e desiderare ardentemente l’ora in cui verrà una grazia più abbondante ed aspettarla riverentemente ed umilmente. Ancor meno devono essere atterriti dalla dottrina della riprovazione coloro che, anche se desiderano seriamente di esser convertiti a Dio, piacere unicamente a Lui, ed esser liberati dal corpo di morte, non possono ancor tuttavia pervenire al punto che vogliono nella loro via di pietà e fede, poiché Dio, che è misericordioso, ha promesso che non spegnerà il lucignolo fumante, né spezzerà la canna incrinata. Ma questa dottrina è giustamente motivo di terrore per coloro che, dimentichi di Dio e del Salvatore Gesù Cristo, si sono totalmente arresi alle sollecitudini del mondo e alle voluttà della carne, fintanto che non si convertiranno seriamente a Dio.
17.
Dal momento che dobbiamo giudicare della volontà di Dio dalla Sua Parola, la quale testimonia che i figli dei fedeli sono santi, non certo per natura, ma per il beneficio del patto di grazia, nel quale essi sono compresi con i genitori, i genitori pii non devono dubitare dell’elezione e della salvezza dei loro figli che Dio chiama fuori da questa vita nell’infanzia.
18. A chi mormora contro questa grazia dell’elezione gratuita e la severità della giusta riprovazione noi opponiamo ciò che dice l’Apostolo: Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio? (Romani 9:20). E quello che dice il nostro Salvatore: Non m’è lecito far del mio ciò che voglio? (Matteo 20:15). Ma noi che adoriamo religiosamente questi misteri esclamiamo con l’apostolo: O profondità della ricchezza e della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi ed ininvestigabili le sue vie! Chi infatti ha conosciuto la mente del Signore? O chi è stato il suo consigliere? O chi gli ha dato per il primo, così che gli sarà ricompensato? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose, al quale sia la gloria in eterno. Amen (Romani 11:33-36).
Reiezione degli Errori
Esposta la dottrina ortodossa dell’Elezione e della Riprovazione, il Sinodo rigetta gli errori di:
1. Coloro che insegnano:
“La volontà di Dio di salvare quelli che crederanno, e che persevereranno nella fede e nell’ubbidienza della fede, è il totale ed intero decreto dell’elezione a salvezza; e null’altro è rivelato nella parola di Dio circa questo decreto.” Essi infatti ingannano i più semplici, e contraddicono manifestamente la Scrittura sacra, la quale testimonia che Dio non soltanto vuole salvare quelli che crederanno, ma anche che ab aeterno ha eletto certuni uomini ai quali, a confronto di altri, donerà a suo tempo fede in Cristo e perseveranza, come è scritto: Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu m’hai dati (Giovanni 17:6). Similmente: E tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero (Atti 13:48). E: Ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi (Efesini 1:4).
2. Coloro che insegnano:
“L’elezione di Dio alla vita eterna è molteplice: l’una generale ed indefinita, l’altra particolare e definita; e questa elezione è inoltre o incompleta, revocabile, non perentoria, ma condizionale, oppure completa, irrevocabile, perentoria o assoluta.” Similmente: “L’una elezione è alla fede, l’altra alla salvezza, in modo che l’elezione alla fede che giustifica può esistere senza l’elezione perentoria alla salvezza.” Ciò è infatti invenzione della mente umana, è concepito al di fuori delle Scritture, corrompe la dottrina dell’elezione, e infrange questa aurea catena della salvezza: Quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati, e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati, e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati, e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati (Romani 8:30).
3. Coloro che insegnano:
“Il beneplacito e il proposito di Dio, di cui la Scrittura fa menzione nella dottrina dell’elezione, non consiste nel fatto che Dio ha eletto alcuni uomini a confronto di altri, ma nel fatto che, fra tutte le possibili condizioni (tra le quali anche le opere della legge) o dall’ordine di tutte le cose, Dio ha eletto come condizione della salvezza l’atto di fede, in sé ignobile, e l’ubbidienza imperfetta della fede, ed ha voluto graziosamente considerare ciò come ubbidienza perfetta, e giudicarlo degno della redarguizione della vita eterna.” Con quest’errore pernicioso, infatti, il beneplacito di Dio e il merito di Cristo vengono sminuiti, gli uomini sono distolti, da inutili domande, dalla verità della giustificazione gratuita, e dalla semplicità delle Scritture; e questa dichiarazione dell’Apostolo è accusata di falso: Dio ci ha chiamati con una santa vocazione, non secondo le nostre opere, ma secondo il proprio proponimento e la grazia che ci è stata data in Cristo Gesù prima dell’eternità (II Timoteo 1:9).
4. Coloro che insegnano:
“Nell’elezione alla fede è prima richiesta questa condizione: che l’uomo usi rettamente la luce di natura, che sia probo, modesto, umile, e disposto alla vita eterna, quasi che l’elezione dipendesse in un certo grado da queste cose.” Essi sanno infatti di Pelagio, e in modo non affatto oscuro accusano di falso l’Apostolo che scrive: Tra i quali noi tutti pure una volta vivevamo nella concupiscenza della nostra carne, compiendo i desideri della carne e della mente, ed eravamo per natura figli d’ira, come il resto, ma Dio, essendo ricco in misericordia, per il suo grande amore col quale ci ha amati, anche quando eravamo morti attraverso i nostri peccati, ci ha vivificati insieme con Cristo (per grazia siete salvati), e ci ha risuscitati con lui, e ci ha fatto sedere con lui nei luoghi celesti, in Cristo Gesù; così che nell’età a venire egli potesse mostrare le eccellenti ricchezze della sua grazia in benignità verso di noi in Cristo Gesù, perchè per grazia voi siete salvati attraverso la fede; e ciò non da voi stessi, è il dono di Dio; non da opere, affinchè nessuno si glori (Efesini 2:3-9).
5. Coloro che insegnano:
“L’elezione delle singole persone alla salvezza, incompleta e non perentoria, è stata fatta in base alla prevista fede, conversione, santità e pietà, iniziate o continuate per qualche tempo; quella completa e perentoria invece in base alla prevista perseveranza finale della fede, della conversione, della santità e della pietà, e questa è la dignità graziosa ed evangelica, per la quale chi è eletto è più degno di chi non è eletto, cosicché la fede, l’ubbidienza della fede, la santità, la pietà, e la perseveranza non sono i frutti o gli effetti dell’elezione immutabile alla gloria, ma le condizioni, e le cause imprescindibili di essa, che da e in coloro che dovranno essere eletti completamente sono in precedenza richieste, e previste, come se già compiute.” Ciò ripugna all’intera Scrittura, la quale ovunque inculca ai nostri orecchi e cuori questa ed altre dichiarazioni: L’elezione non è da opere ma da colui che chiama (Romani 9:11). Tutti quelli che erano ordinati a vita eterna, credettero (Atti 13:48). In Lui ci ha eletti affinché fossimo santi (Efesini 1:4). Non siete voi che avete scelto me ma son io che ho scelto voi (Giovanni 15:16). Ma se è per grazia, non è più per opere (Romani 11:6). In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che Egli ha amato noi, ed ha mandato suo Figlio (I Giovanni 4:10).
6. Coloro che insegnano:
“Non ogni elezione alla salvezza è immutabile, ma certuni eletti, nonostante ogni decreto di Dio, possono perire e perire in eterno.” Con questo crasso errore: fanno Dio mutevole, rovesciano la consolazione dei pii circa la sicurezza della loro elezione, contraddicono le Scritture sacre che insegnano: gli eletti non possono esser sedotti (Matteo 24:24); Cristo non perde quelli che Gli sono stati dati dal Padre (Giovanni 6:39); quelli che Dio ha predestinati, chiamati, giustificati, li ha pure glorificati (Romani 8:30).
7. Coloro che insegnano:
“Dell’elezione immutabile alla gloria in questa vita non vi è nessun frutto, nessun senso, nessuna certezza, se non da una condizione mutevole e contingente.” Oltre al fatto che è davvero assurdo postulare una certezza incerta, ciò è avverso all’esperienza dei santi, che con l’Apostolo esultano al senso della loro elezione, e celebrano questo beneficio di Dio; che con i discepoli si rallegrano secondo l’ammonizione di Gesù Cristo del fatto che i loro nomi sono scritti nei cieli (Luca 10:20); che infine oppongono il senso dell’elezione ai dardi infiammati delle tentazioni diaboliche, chiedendo: Chi accuserà di qualcosa gli eletti di Dio? (Romani 8:33).
8. Coloro che insegnano:
“Dio di sola Sua giusta volontà non ha decretato di lasciare nessuno nella caduta di Adamo e nel comune stato di peccato e di dannazione, o di passare oltre nella comunicazione della grazia necessaria alla fede e alla conversione.” Rimane infatti fermo questo: Egli fa misericordia a chi vuole e indura chi vuole (Romani 9:18). E questo: A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato (Matteo 13:11). Similmente: Io ti rendo lode o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai savi e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli fanciulli. Sì, Padre, perché così t’è piaciuto (Matteo 11:25-26).
9. Coloro che insegnano:
“La causa per la quale Dio invia il Vangelo a certuni piuttosto che ad altri non è il mero e solo beneplacito di Dio, ma perché tal popolo è migliore e maggiormente degno di coloro a cui il Vangelo non è comunicato.” Mosè infatti obietta, parlando in tal modo del popolo israelita: Ecco a Jehovah, tuo Dio, appartengono i cieli ed i cieli dei cieli, la terra, e tutto quanto è in essa; soltanto nei tuoi padri Jehovah ebbe diletto, per amarli; ed egli scelse la loro progenie dopo di loro, cioè voi tra tutti i popoli, come in questo giorno (Deuteronomio 10:14-15). E Cristo: Guai a te, Corazim! Guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e Sidone fossero state fatte le opere potenti compiute fra voi, già da gran tempo si sarebbero pentite in sacco e cenere (Matteo 11:21).
Secondo Capo di Dottrina, Della Morte di Cristo e della Redenzione degli Uomini Mediante Essa
1.
Dio non soltanto è sommamente misericordioso, ma anche sommamente giusto. E la Sua giustizia richiede, (per come si è rivelata nella Parola), che i nostri peccati, commessi contro la Sua infinita maestà, siano puniti con pene non solo temporali ma anche eterne, sia in anima, sia in corpo; le quali pene non possiamo evitare se non è soddisfatta la giustizia di Dio.
2.
Ma poiché non possiamo soddisfarla noi stessi, nè liberarci dall’ira di Dio, Dio per immensa misericordia ci ha dato il Figlio Suo unigenito come garante, il quale per soddisfare per noi è stato fatto peccato e maledizione in croce per noi, in vece nostra.
3.
Questa morte del Figlio di Dio è l’unica e perfettissima vittima e soddisfazione per i peccati, di infinito valore e prezzo, abbondantemente sufficiente ad espiare i peccati di tutto il mondo.
4.
E per questo motivo questa morte è di tanto valore e prezzo, in quanto la persona che l’ha subita non è solo un uomo vero e perfettamente santo, ma anche l’unigenito Figlio di Dio, di una medesima essenza eterna ed infinita col Padre e lo Spirito Santo, quale doveva essere il nostro Salvatore. Di qui il perchè la sua morte è stata coniugata col senso dell’ira e della maledizione di Dio, di cui noi eravamo meritevoli per i nostri peccati.
5.
Del resto, la promessa del Vangelo è: che chiunque crede in Cristo crocifisso non perisca, ma abbia vita eterna. Questa promessa deve essere promiscuamente ed indiscriminatamente annunciata e testimoniata insieme al comandamento di ravvedimento e fede a tutti i popoli e gli uomini ai quali Dio secondo il Suo beneplacito manda l’Evangelo.
6. Che molti poi di quelli che sono chiamati mediante l’Evangelo non si ravvedono, né credono in Cristo, ma periscono nell’infedeltà, ciò non avviene per difetto, o insufficienza, del sacrificio di Cristo offerto in croce, ma loro propria colpa.
7. Tutti quelli che invece credono veramente, e che mediante la morte di Cristo sono liberati e salvati dai peccati, e dalla perdizione, essi non ottengono questo beneficio se non per sola grazia di Dio, che Egli non deve a nessuno, data ab aeterno a loro in Cristo.
8. Questo infatti è stato il liberissimo consiglio, e la graziosissima volontà ed intenzione di Dio Padre: che l’efficacia vivificante e salvifica della morte preziosissima del Figlio Suo si estendesse a tutti gli eletti, per dare ad essi soli la fede che giustifica, e tramite essa per attrarli irresistibilmente alla salvezza: cioè, Dio ha voluto che Cristo, mediante il sangue della croce (con il quale ha confermato il nuovo patto) redimesse efficacemente da ogni popolo, tribù, nazione e lingua, tutti coloro e solo coloro che ab aeterno sono stati eletti a salvezza, e che gli sono stati dati dal Padre, che donasse loro fede (che, come anche gli altri doni salvifici dello Spirito Santo, fu acquistata per essi mediante la Sua morte), che li mondasse col sangue Suo da ogni peccato, tanto originale che attuale, commesso tanto dopo che prima della fede, per custodirli fedelmente fino alla fine, e farli infine comparire gloriosi davanti a Sè, senza alcuna macchia né difetto.
9. Questo consiglio, proceduto dall’eterno amore di Dio verso gli eletti, è stato compiuto potentemente dall’inizio del mondo fino al tempo presente, le porte dell’inferno essendovisi opposte invano, e sarà compiuto anche di qui in seguito: così che gli eletti a suo tempo saranno riuniti in uno, e vi sia sempre una certa chiesa di credenti fondata nel sangue di Cristo, che ami con costanza, serva con perseveranza, e celebri qui ed in ogni eternità il suo Salvatore che per essa, come uno Sposo per la Sua sposa, ha esposto la Sua anima in croce.
Reiezione degli Errori
Esposta la dottrina ortodossa, il Sinodo respinge gli errori di:
1. Coloro che insegnano:
“Che Dio Padre ha destinato il Figlio Suo alla morte di croce senza certo e definito consiglio di salvare qualcuno in particolare, in modo che la necessità, l’utilità, la dignità di ciò che ha acquisito la morte di Cristo avrebbe potuto essere preservata intatta, e perfetta nelle sue parti, completa ed integra, anche se la redenzione conseguita con questo stesso atto non fosse mai stata applicata ad alcun individuo.” Questa asserzione infatti è ingiuriosa verso la sapienza di Dio Padre ed il merito di Gesù Cristo, e contraria alla Scrittura. Così infatti dice il Salvatore: Metto la mia vita per le pecore … ed Io le conosco (Giovanni 10:15, 27). E del Salvatore il profeta Isaia dice: Dopo aver dato la sua vita in sacrificio per la colpa, egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni, e la volontà di Jehovah prospererà nella sua mano (Isaia 53:10). Infine, sovverte l’articolo di Fede mediante il quale crediamo la Chiesa.
2. Coloro che insegnano:
“Non fu il fine della morte di Cristo di sancire con la stessa il nuovo patto di grazia nel Suo sangue, ma soltanto di acquistare al Padre il mero diritto di entrare di nuovo in un patto qualunque con gli uomini, di grazia o di opere.” Ciò infatti ripugna alla Scrittura, la quale insegna che Cristo è stato fatto Garante e Mediatore di un patto migliore, cioè del nuovo (Ebrei 7:22). E: un testamento è ratificato soltanto nella morte (Ebrei 9:15, 17).
3. Coloro che insegnano:
“Cristo per mezzo della Sua soddisfazione non ha meritato per nessuno in modo certo la salvezza stessa e la fede mediante la quale questa soddisfazione di Cristo è efficacemente applicata a salvezza, ma ha soltanto acquistato al Padre la potestà o piena volontà di trattare nuovamente con gli uomini, e di prescrivere loro nuove condizioni, quali egli volesse, il cui adempimento dipendesse dal libero arbitrio dell’uomo, e per questo motivo avrebbe potuto verificarsi che nessuno come tutti avrebbero potuto adempierle.” Costoro infatti giudicano in modo troppo abietto della morte di Cristo, non riconoscono in nessun modo il principale frutto o beneficio acquistato per mezzo d’essa, e richiamano dall’inferno l’errore Pelagiano.
4.
Coloro che insegnano: “Questo nuovo patto di grazia, che Dio Padre ha stabilito con gli uomini per la mediazione della morte di Cristo, non consiste in questo: che davanti a Dio siamo giustificati e salvati mediante la fede in quanto si appropria del merito di Cristo, ma in questo: che Dio, abrogata l’esigenza della perfetta ubbidienza legale, considera la fede stessa e l’ubbidienza imperfetta della fede come perfetta ubbidienza della legge, e per grazia la stima degna del premio della vita eterna.” Costoro infatti contraddicono la Scrittura: Essendo giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Gesù Cristo, il quale Dio ha prestabilito come propiziazione mediante la fede nel suo sangue (Romani 3:24-25). E con l’empio Socino, contro il consenso di tutta la Chiesa, introducono una nuova e strana giustificazione dell’uomo davanti a Dio.
5. Coloro che insegnano:
“Tutti gli uomini sono ricevuti nello stato di riconciliazione e nella grazia del patto, cosicché nessuno è soggetto alla condanna, né sarà condannato a motivo del peccato originale, ma tutti sono immuni dalla colpa di codesto peccato.” Questo giudizio infatti ripugna alla Scrittura, che afferma: siamo per natura figli d’ira (Efesini 2:3).
6.
Coloro che usurpano della distinzione fra l’acquisizione e l’applicazione, per istillare agli incauti ed inesperti questa opinione: Dio, per quanto attiene a Sè, ha voluto conferire a tutti gli uomini equamente i benefici che sono stati acquisiti mediante la morte di Cristo; ma quanto al fatto che alcuni piuttosto che altri sono fatti partecipi della remissione dei peccati, e della vita eterna, questa discriminazione dipende dal libero arbitrio di loro, che si applica alla grazia che è indifferentemente offerta, e non dal dono particolare di misericordia, che agisce efficacemente in essi, affinché in confronto ad altri applichino quella grazia a sé stessi. Codesti infatti, mentre appaiono proporre questa distinzione con sano senno, cercano di dare a bere al popolo il pernicioso veleno del Pelagianismo.
7. Coloro che insegnano:
“Cristo non ha potuto né dovuto morire, né è morto per quelli che Dio ha sommamente amati, ed eletti a vita eterna, poichè per tali la morte di Cristo non è necessaria.” Contraddicono infatti l’Apostolo che dice: Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me (Galati 2:20). Similmente: Chi accuserà di qualcosa gli eletti di Dio? Dio è colui che giustifica. Chi è che condanna? Cristo Gesù è colui che è morto (Romani 8:34), appunto, per loro. E il Salvatore che asserisce: Io metto la mia vita per le mie pecore (Giovanni 10:15). E: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande che quello di dar la sua vita per i suoi amici (Giovanni 15:12-13).
Terzo e Quarto Capo di Dottrina, Della Corruzione dell’Uomo, la Sua Conversione a Dio, ed il Modo in cui Avviene
1.
L’uomo in origine fu formato ad immagine di Dio, adornato nella mente di una vera e benefica conoscenza del suo Creatore e delle cose spirituali, di giustizia nella volontà e nel cuore, di purezza in ogni sua affezione, e così era interamente santo; ma allontanandosi da Dio per istigazione del Diavolo, e per sua libera volontà, privò se stesso di questi eccellenti doni, e al contrario in luogo d’essi contrasse cecità, orribili tenebre, vanità, e perversità di giudizio nella mente, malizia, ribellione, e durezza nella volontà e nel cuore, e infine impurità in ogni affezione.
2.
Quale inoltre fu l’uomo dopo la caduta, tali figli anche procreò, appunto: corrotto l’uno corrotti gli altri; la corruzione essendo derivata da Adamo in tutti i posteri [Cristo solo eccettuato] non per imitazione [cosa che un tempo vollero i Pelagiani], ma per propagazione della natura viziosa, per giusto giudizio di Dio.
3.
Dunque tutti gli uomini sono concepiti nel peccato, e nascono figli d’ira, inetti ad ogni bene salvifico, propensi al male, morti nei peccati, e schiavi del peccato; e senza la grazia dello Spirito Santo rigenerante, non vogliono, né possono tornare a Dio, correggere la natura depravata, o disporsi alla sua correzione.
4.
Dopo la caduta nell’uomo vi è senza dubbio una qualche residua luce di natura, per il cui beneficio egli ritiene una qualche idea di Dio, delle cose naturali, del discrimine tra ciò che è onesto e ciò che è turpe, e dimostra una qualche ricerca della virtù e di una disciplina esterna; ma tanto lontano è dal poter pervenire, con questa luce naturale, alla conoscenza salvifica di Dio, e dal potersi convertire a Lui, che non la usa rettamente nemmeno nelle cose naturali e civili, anzi di più, quale che essa effettivamente sia, la contamina totalmente in vari modi, e la detiene nell’ingiustizia, nel far la qual cosa è reso inescusabile davanti a Dio.
5.
Come della luce di natura, questa stessa è la ragione del Decalogo consegnato da Dio in modo peculiare ai Giudei per mezzo di Mosè: mentre infatti manifesta la grandezza del peccato, e dichiara l’uomo sempre più colpevole d’esso, non esibisce rimedio, né conferisce forze per liberarsi dalla miseria, e così, indebolito dalla carne, lascia il trasgressore nella maledizione, e l’uomo non può ottenere mediante esso la grazia salvifica.
6.
Ciò dunque che non può fare né la luce naturale, né la legge, Dio lo fa per virtù dello Spirito Santo, per mezzo della Parola, o ministerio della riconciliazione, che è l’Evangelo concernente il Messia, per mezzo del quale è piaciuto a Dio di salvare i credenti tanto nel Vecchio, quanto nel Nuovo Testamento.
7.
Questo mistero della Sua volontà Dio lo ha rivelato a pochi nel Vecchio Testamento, ma nel Nuovo Testamento, abolita ormai la discriminazione tra i popoli, lo manifesta a un numero maggiore. La causa di questa dispensazione non deve essere attribuita alla dignità di una nazione a confronto di un’altra, o all’uso migliore della luce di natura, ma al liberissimo beneplacito, e al gratuito amore di Dio. Quindi coloro ai quali oltre e contrariamente a ogni merito è fatta una così grande grazia, devono riconoscerla con umile e grato cuore, ma negli altri, a cui questa grazia non è fatta, devono con l’Apostolo adorare la severità e la giustizia del giudizio di Dio, ma in nessun modo indagare con curiosità.
8.
Quanti siano chiamati, però, mediante l’Evangelo, sono chiamati seriamente. Dio infatti mostra seriamente e verissimamente, con la Sua Parola, ciò che Gli è gradito, e cioè, che i chiamati vengano a Lui. Promette anche seriamente a tutti coloro i quali vengono a Lui e credono, il riposo delle anime e la vita eterna.
9.
La colpa del fatto che molti chiamati mediante il ministero dell’Evangelo non vengono e non si convertono, non è né nel Vangelo, né in Cristo presentato per mezzo dell’Evangelo, né in Dio che chiama mediante l’Evangelo, e conferisce loro anche vari doni, ma nei chiamati stessi, tra i quali alcuni, incuranti, non ricevono la parola di vita; altri certamente la ricevono, ma non l’ammettono nel profondo del cuore, e per questo, dopo il gaudio evanescente di una fede temporanea, si ritraggono; altri, per le spine delle sollecitudini e le voluttà del secolo, soffocano la semenza della parola, e non portano alcun frutto; cosa che il Salvatore nostro insegna nella parabola della semenza (Matteo 13).
10.
Ma che altri, chiamati mediante il ministero dell’Evangelo, vengono e sono convertiti, non deve essere ascritto all’uomo, come se per il libero arbitrio distinguesse se stesso da altri forniti di pari o sufficiente grazia per la fede e la conversione (cosa che dichiara la superba eresia di Pelagio), ma a Dio il quale, come ha eletto i Suoi ab aeterno in Cristo, così anche nel tempo li chiama efficacemente, dona loro fede e ravvedimento, e sottrattili alla potestà delle tenebre, li trasferisce nel Regno del Suo Figlio, affinché dichiarino le virtù di Colui che li ha chiamati dalle tenebre nella Sua luce meravigliosa, e si glorino non in sé stessi, ma nel Signore. La Scrittura apostolica testimonia di ciò dovunque.
11.
Inoltre, quando Dio esegue questo Suo beneplacito negli eletti, o opera in loro la vera conversione, non soltanto si cura a che l’Evangelo sia loro predicato esternamente, e illumina potentemente la loro mente mediante lo Spirito Santo, affinché capiscano e discernino rettamente le cose che sono dello Spirito di Dio, ma per l’efficacia di questo Stesso Spirito rigenerante penetra fino nell’intimo dell’uomo, apre il cuore chiuso, ammorbidisce quello duro, circoncide quello prepuziato, infonde nuove qualità nella volontà, e la rende da morta viva, da cattiva buona, da nolente volente, da refrattaria accondiscendente, e la aziona e fortifica, affinché, come un buon albero, possa produrre un frutto di buone azioni.
12.
E questa è quella rigenerazione tanto celebrata nelle Scritture, la nuova creazione, la risurrezione dai morti, e la vivificazione, che Dio opera senza di noi, in noi. Ed essa non avviene affatto mediante il mero suono esterno della dottrina, o con la persuasione morale, o in un modo di operare tale che dopo l’operazione di Dio rimanga negli uomini la potestà di essere rigenerati o non essere rigenerati, convertiti o non essere convertiti; ma è un’operazione assolutamente sovrannaturale, potentissima e insieme soavissima, mirabile, arcana, ed ineffabile, nella sua virtù, secondo la Scrittura (che è ispirata dall’Autore di quest’opera), non minore o inferiore rispetto alla creazione, nè alla risurrezione dai morti, in modo che tutti quelli nei cui cuori Dio opera in questo modo meraviglioso, sono rigenerati certamente, infallibilmente, ed efficacemente, e di fatto credono. E da allora la volontà già rinnovata, non soltanto è azionata e mossa da Dio, ma azionata da Dio agisce anch’essa stessa. Per questo viene anche correttamente detto che è l’uomo stesso a credere e a ravvedersi per mezzo di questa grazia ricevuta.
13.
I fedeli non possono comprendere pienamente in questa vita il modo di questa operazione; riposano nel frattempo in questo: che sanno e sentono che, mediante questa grazia di Dio, essi credono col cuore, ed amano il loro Salvatore.
14. Così dunque la fede è il dono di Dio, non poichè è offerta da Dio all’arbitrio dell’uomo, ma perché è essa stessa conferita, ispirata e infusa nell’uomo. Nemmeno perchè Dio conferisca soltanto la potenza di credere, e che poi aspetti il consenso o l’atto di credere dall’arbitrio dell’uomo, ma perché Egli, che opera sia il volere che l’agire, e che anzi opera ogni cosa in tutti, compie nell’uomo sia il voler credere, sia il credere stesso.
15. Questa grazia Dio non la deve a nessuno. Cosa infatti dovrebbe a colui che per primo non può dare nulla, affinché gli sia restituito? Sì, cosa dovrebbe a colui che di suo non ha nulla se non peccato e menzogna? Colui che dunque riceve questa grazia deve rendere e rende eternamente grazie a Dio solo; colui che non la riceve: o non si cura affatto di queste cose spirituali, e si compiace in quel che è suo, oppure, sentendosi sicuro, si gloria invano di avere ciò che non ha. Inoltre, riguardo a coloro che esteriormente professano la fede, ed emendano la loro vita, si deve parlarne e giudicarne al meglio secondo l’esempio degli Apostoli, perché i recessi del cuore ci sono sconosciuti. Per gli altri invece, che ancora non sono chiamati, si deve pregare Dio, il quale chiama le cose che non sono come se fossero. Di certo non si deve in alcun modo essere superbi nei loro confronti, come se ci fossimo distinti da noi stessi.
16. Tanto realmente quanto mediante la caduta l’uomo non ha desistito dall’essere uomo, dotato di intelletto e volontà, e il peccato, che ha pervaso l’intero genere umano, non ha annullato, ma ha depravato, ed ucciso spiritualmente, la natura del genere umano, così anche questa grazia divina di rigenerazione non agisce negli uomini come in tozzi e blocchi, nè annulla la volontà e le sue proprietà, o la costringe violentemente contro il suo volere, ma la vivifica, sana, corregge spiritualmente, la modella in modo insieme soave e potente, affinché laddove prima dominava ribellione e resistenza della carne, cominci ora a regnare una pronta e sincera ubbidienza dello Spirito, di cui consistono il vero e spirituale rinnovamento e libertà della nostra volontà. Se questo ammirabile Artefice di ogni bene non agisse in tal modo verso di noi, non vi è per l’uomo nessuna speranza di risorgere dalla caduta per mezzo del libero arbitrio, mediante il quale, mentre stava in piedi, si precipitò in rovina.
17. Allo stesso modo in cui quell’onnipotente operazione di Dio, mediante la quale produce e sostiene questa nostra vita naturale, non esclude ma richiede l’uso di mezzi, con i quali Dio nella infinita Sua sapienza e bontà ha voluto esercitare questa Sua potenza, così anche questa sopramenzionata operazione sovrannaturale di Dio, con la quale ci rigenera, in alcun modo esclude o sovverte l’uso dell’ Evangelo, che il sapientissimo Dio ha ordinato come seme di rigenerazione, e cibo dell’anima. Per questo, come gli Apostoli, e i dottori che li hanno seguiti, hanno insegnato piamente al popolo riguardo a questa grazia di Dio, alla Sua gloria e per l’abbassamento di ogni superbia, ma neppure neglessero, d’altra parte, mediante i santi moniti dell’Evangelo, di mantenere il popolo sotto l’esercizio della Parola, dei sacramenti e della disciplina, così anche adesso sia lungi da coloro che insegnano o imparano nella Chiesa il presumere di tentare Dio, separando ciò che Dio, secondo il Suo beneplacito, ha voluto fosse strettamente congiunto. Per mezzo dei moniti infatti è conferita la grazia, e più prontamente svolgiamo il nostro ufficio, più in questo stesso modo il beneficio di Dio che opera in noi sarà manifesto, e la Sua opera procederà così rettissimamente. Al quale solo, sia dei mezzi, che del frutto e dell’efficacia loro salvifica, sia la gloria nei secoli. Amen.
Reiezione degli Errori
Esposta la dottrina ortodossa, il Sinodo rigetta gli errori di:
1. Coloro che insegnano:
“Non può essere appropriatamente detto che il peccato originale da sé è sufficiente a condannare tutto il genere umano, o a meritare pene temporali ed eterne.” Contraddicono infatti l’Apostolo, che dice, Romani 5:12: Per mezzo d’un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e in questo modo la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. E il verso 16: Poiché il giudizio è da un unico fallo a condanna. Similmente, Romani 6:23: Il salario del peccato è la morte.
2. Coloro che insegnano:
“I doni spirituali, o i buoni abiti, e virtù, come lo sono bontà, santità, giustizia, non hanno potuto aver luogo nella volontà dell’uomo quando è stato creato la prima volta, e di conseguenza non hanno potuto essere separate da essa nella caduta.” Ciò infatti confligge con la descrizione dell’immagine di Dio, che l’apostolo stabilisce in Efesini 4:24, dove la descrive consistente di giustizia e santità, che hanno luogo interamente nella volontà.
3. Coloro che insegnano:
“Nella morte spirituale i doni spirituali non sono separati dalla volontà dell’uomo, poiché essa non è mai stata corrotta in se stessa, ma soltanto impedita mediante l’ottenebrazione della mente, ed il disordine degli affetti. Rimossi questi impedimenti, essa può esercitare la libera sua facoltà in sé insita, cioè può da sè volere, o scegliere, oppure non volere, o non scegliere qualsivoglia bene le sia posto innanzi.” Ciò è una novità ed un errore, e fa in modo di esaltare le forze del libero arbitrio, contro la dichiarazione del profeta Geremia, cap. 17:9: Il cuore è ingannevole più d’ogni altra cosa, e disperatamente maligno. E dell’Apostolo: Tra i quali (gli uomini ribelli) anche noi tutti abbiamo camminato un tempo nelle concupiscenze della nostra carne, adempiendo le voluttà della carne e della mente. (Efesini 2:3).
4. Coloro che insegnano:
“L’uomo irrigenerato non è propriamente né totalmente morto nel peccato, o destituito di tutte le forze per il bene spirituale, ma può aver fame e sete di giustizia e di vita, ed offrire il sacrificio di uno spirito contrito, e rotto, che è accetto a Dio.” Ciò infatti è avverso alle testimonianze manifeste della Scrittura, Efesini 2:1, 5: Voi eravate morti in falli e peccati. E Genesi 6:5 ed 8:21: Tutte le immaginazioni dei pensieri del cuor dell’uomo sono soltanto malvagi del continuo. Inoltre, aver fame e sete di liberazione dalla miseria e di vita, e offrire a Dio il sacrificio di uno spirito contrito, è proprio dei rigenerati, e di quelli che sono detti beati. Salmo 51:19 e Matteo 5:6.
5. Coloro che insegnano:
“L’uomo corrotto e animale può servirsi della grazia comune (la qual cosa per loro è la luce di natura), o i doni rimasti dopo la caduta, in modo tanto retto, che con codesto buon uso può gradualmente ottenere una maggiore grazia, cioè quella evangelica, o salvifica, e la stessa salvezza. Ed in questo modo Dio per parte Sua si mostra pronto a rivelare Cristo a tutti, dal momento che amministra a tutti sufficientemente ed efficacemente i mezzi necessari alla rivelazione di Cristo, alla fede, e al ravvedimento.” Che questo sia falso, infatti, oltre all’esperienza di tutti i tempi, la Scrittura ne testimonia. Salmo 147:19-20: Egli fa conoscere la sua parola a Giacobbe, i suoi statuti e i suoi decreti a Israele. Egli non ha fatto così con tutte le nazioni, e i suoi decreti, esse non li conoscono. Atti 14:16: Nelle età passate Dio ha lasciato camminare nelle loro vie tutte le nazioni. Atti 16:6-7: Essendo loro vietato [a Paolo con i suoi] dallo Spirito Santo d’annunziare la Parola in Asia. E: Vennero in Misia, e tentavano d’andare in Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro.
6. Coloro che insegnano:
“Nella vera conversione dell’uomo, non è possibile siano introdotte da Dio nuove qualità, abiti, e doni nella sua volontà; e soprattutto la fede, mediante la quale siamo convertiti la prima volta, e dalla quale riceviamo il nome di fedeli, non è una qualità o un dono infuso da Dio, ma soltanto un atto dell’uomo, e non può essere definita un dono se non riguardo alla potestà di pervenire alla stessa.” Queste cose infatti contraddicono le sacre lettere, che testimoniano che Dio infonde nei nostri cuori nuove qualità di fede, ubbidienza, e il senso del Suo amore. Geremia 31:33: Io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore. Isaia 44:3: Io spanderò acque sul suolo assettato, e corsi d’acqua sull’arido; spanderò il mio spirito sulla tua discendenza. Romani 5:5: L’amor di Dio è stato sparso nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci è stato dato. Ripugnano anche alla continua prassi della Chiesa, che così prega col profeta: Convertimi e io sarò convertito (Geremia 31:18).
7. Coloro che insegnano:
“La grazia, mediante la quale siamo convertiti a Dio, non è null’altro che una dolce suasione;” oppure (come spiegano altri): “Il modo più nobile di agire nella conversione dell’uomo, e il più conforme alla natura umana, è quello che avviene con la suasione; e nulla impedisce alla sola grazia morale di rendere spirituali gli uomini animali; anzi Dio non produce il consenso della volontà in altro modo che non sia col metodo morale, ed in questo consiste l’efficacia dell’operazione divina, per la quale è superiore all’operazione di Satana: nel fatto che Dio promette beni eterni, Satana invece temporali.” Ciò è infatti del tutto Pelagiano, e contrario all’intera Scrittura, che oltre a questo riconosce anche un altro, e di gran lunga più efficace e divino modo di agire dello Spirito Santo nella conversione dell’uomo. Ezechiele 36:26: Vi darò un cuor nuovo, e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; torrò dalla vostra carne il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne, etc.
8. Coloro che insegnano:
“Dio nella rigenerazione dell’uomo non impiega le forze della Sua onnipotenza in modo tale da piegare potentemente ed infallibilmente la volontà dell’uomo alla fede e alla conversione; ma applicate tutte le operazioni della grazia, che Dio usa per convertire l’uomo, l’uomo può tuttavia in tal modo resistere, e di fatto spesso resiste, a Dio e allo Spirito, il quale intende la sua rigenerazione, e lo vuole rigenerare, da impedire del tutto la sua rigenerazione, e appunto rimane in sua potestà di essere rigenerato o non essere rigenerato.” Ciò infatti non è null’altro che togliere tutta l’efficacia della grazia di Dio nella nostra conversione, e assoggettare l’azione di Dio onnipotente alla volontà dell’uomo, e ciò contrariamente agli Apostoli, che insegnano: Che crediamo secondo l’operazione del potere della sua forza (Efesini 1:19). E: Dio compie ogni desiderio di bontà ed opera di fede con potenza (II Tessalonicesi 1:11). Similmente: La sua potenza divina ci ha donate tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà (II Pietro 1:3).
9. Coloro che insegnano:
“La grazia e il libero arbitrio sono cause parziali insieme concorrenti all’inizio della conversione; ma la grazia non precede in ordine di causalità la capacità della volontà,” cioè, “Dio non aiuta efficacemente la volontà dell’uomo a convertirsi prima che la volontà stessa dell’uomo si muova e determini.” La Chiesa antica ha già da tempo condannato questo dogma nei Pelagiani dall’Apostolo, Romani 9:16: Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. E, I Corinzi 4:7: Chi ti distingue? E: Che hai tu che non l’abbia ricevuto? Similmente, Filippesi 2:13: È Dio quel che opera in voi il volere e l’operare secondo il suo beneplacito.
Quinto Capo di Dottrina, Della Perseveranza Dei Santi
1.
Coloro che Dio chiama secondo il Suo proposito alla comunione del Figlio Suo nostro Signore Gesù Cristo, e rigenera mediante lo Spirito Santo, li libera veramente e dalla dominazione e dalla servitù del peccato, ma non del tutto dalla carne e dal corpo di peccato in questa vita.
2.
Di qui scaturiscono peccati quotidiani d’infermità, e dei difetti restano attaccati anche alle migliori opere dei santi: ciò dà loro continuo motivo di umiliarsi davanti a Dio, di ricorrere a Cristo crocifisso, di mortificare sempre più la carne mediante lo Spirito di preghiera e santi esercizi di pietà, e di sospirare verso la meta della perfezione; fino a che, liberati da questo corpo di morte, essi regneranno con l’Agnello di Dio nei cieli.
3.
A causa di questi rimanenti di peccato che abitano in noi, e delle tentazioni del mondo, oltre che di Satana, i convertiti non potrebbero persistere in questa grazia se fossero lasciati alle loro proprie forze. Ma fedele è Dio, che misericordiosamente li conferma nella grazia una volta loro conferita, e nella stessa li conserva potentemente fino alla fine.
4.
Benchè quella potenza di Dio che conferma e conserva i veramente fedeli in grazia è più grande del poter essere superata dalla carne, non sempre tuttavia i convertiti sono azionati e mossi da Dio in tal modo che non possano in qualche azione particolare deviare, per propria colpa, dal tracciato della grazia, ed esser sedotti dalle concupiscenze della carne, e condiscendervi. Perciò essi stessi devono costantemente vigilare e pregare, affinchè non siano condotti in tentazione. Se non lo fanno, non soltanto possono essere trascinati dalla carne, dal mondo e da Satana in peccati anche gravi ed atroci, ma talvolta vi sono anche trascinati per giusto permesso di Dio. Ciò dimostrano le tristi cadute di Davide, di Pietro e di altri santi descritti nella sacra Scrittura.
5.
Con tali enormi peccati, tuttavia, essi offendono Dio grandemente, incorrono nella colpa di morte, contristano lo Spirito Santo, interrompono l’esercizio della fede, feriscono gravissimamente la loro coscienza, perdono talora per un tempo il senso della grazia, fino a che, ritornati in vita attraverso un serio ravvedimento, il volto paterno di Dio rifulga nuovamente.
6. Dio infatti, che è ricco in misericordia,
per l’immutabile proposito dell’elezione, non toglie mai interamente dai suoi lo Spirito Santo, neanche nelle tristi cadute, e non lascia che scivolino al punto di cader fuori dalla grazia dell’adozione, dallo stato di giustificazione, o che commettano il peccato a morte, o contro lo Spirito Santo, e che, essendo totalmente abbandonati da Lui, si precipitino nell’eterna rovina.
7.
In primo luogo, infatti, in queste cadute [Dio] conserva in essi questo suo seme immortale, dal quale sono rigenerati, affinchè non perisca o sia rimosso. Inoltre, attraverso la Sua Parola e Spirito, certamente ed efficacemente li rinnova a ravvedimento, affinchè si dolgano sentitamente secondo Dio dei peccati commessi, ricerchino ed ottengano, mediante la fede, con cuore contrito, la remissione nel sangue del Mediatore, percepiscano nuovamente, riconciliati, la grazia di Dio, adorino mediante la fede le Sue commiserazioni, e di lì in seguito compiano più diligentemente la loro salvezza con timore e tremore.
8.
Non è quindi né per i loro meriti, o forze, ma per la gratuita misericordia di Dio che ottengono di non cadere totalmente dalla fede e dalla grazia, e di non rimanere o perire definitivamente nelle cadute. Ciò, per quanto concerne loro stessi, non soltanto potrebbe accadere facilmente, ma accadrebbe anche indubbiamente; per quanto concerne Dio, invece, non può assolutamente accadere, e neppure può il Suo consiglio mutare, la Sua promessa venir meno, la vocazione secondo il Suo proposito esser revocata, il merito, l’intercessione, e la custodia di Cristo esser resa vana, né il sigillo dello Spirito Santo esser vanificato o obliterato.
9.
Di questa custodia degli eletti a salvezza, e della perseveranza dei veri fedeli nella fede, i fedeli stessi possono esser certi, e lo sono secondo la misura della fede, mediante la quale credono con certezza che sono e sempre rimarranno veri e viventi membri della Chiesa, che hanno la remissione dei peccati, e la vita eterna.
10.
E quindi questa certezza non proviene da una qualche peculiare rivelazione accanto o al di fuori della Parola, ma dalla fede nelle promesse di Dio, che ha rivelate nella Sua Parola copiosissimamente per nostra consolazione; dalla testimonianza dello Spirito Santo [che] attesta col nostro spirito che siamo figli di Dio ed … eredi (Romani 8:16-17). Infine, da una seria e santa ricerca di una buona coscienza e di buone opere. E se gli eletti di Dio in questo mondo fossero privati di questa solida consolazione della vittoria da ottenere, e dell’infallibile caparra della gloria eterna, sarebbero i più miserabili fra tutti gli uomini.
11.
La Scrittura nondimeno testimonia che i fedeli devono combattere in questa vita contro vari dubbi della carne, e che, quando in seria tentazione, non sempre sentono questa piena sicurezza della fede, né la certezza della perseveranza. Ma Dio, il Padre di ogni consolazione, non permette che siano tentati al di là delle loro forze, ma con la tentazione dà anche la via d’uscita (I Corinzi 10:13). E mediante lo Spirito Santo desta in loro nuovamente la certezza della perseveranza.
12.
Ma tanto lungi è questa certezza della perseveranza dal rendere i veramente fedeli superbi e carnalmente sicuri, che al contrario è la vera radice di umiltà, riverenza filiale, vera pietà, pazienza in ogni afflizione, ardenti preghiere, costanza nel portare la propria croce e nella confessione della verità, e di genuino gaudio in Dio; e la considerazione di codesto beneficio è uno stimolo ad un serio e continuo esercizio di gratitudine e di buone opere, come appare dalle testimonianze della Scrittura e dagli esempi dei santi.
13.
E neanche in coloro che sono ristorati da una caduta la rinnovata fiducia della perseveranza produce lascivia o ingiuria della pietà; ma produce una molto maggiore cura di custodire sollecitamente le vie del Signore, che sono preparate affinchè camminando in esse ritengano la certezza della loro perseveranza, e il volto del Dio propizio (la contemplazione del quale è ai pii più dolce della vita, e la cui ritrazione più amara della morte) non sia di nuovo distolto da loro a motivo dell’abuso della benignità paterna, e cadano così in più gravi tormenti dell’anima.
14. Inoltre, come è piaciuto a Dio iniziare in noi questa Sua opera di grazia mediante la predicazione
dell’Evangelo, così mediante l’udire, la lettura, la meditazione, le esortazioni, le minacce, la promessa d’esso, e non senza l’uso dei sacramenti, la conserva, continua e completa.
15.
Questa dottrina della perseveranza dei veri credenti e santi, e della sua certezza, che Dio, alla gloria del Suo nome, e per la consolazione delle anime pie, ha abbondantissimamente rivelato nella Sua Parola, e che imprime sui cuori dei fedeli, la carne non la capisce, Satana la odia, il mondo ne ride, gli inesperti e gli ipocriti se ne appropriano abusandone, e gli spiriti erronei la oppongono; ma la sposa di Cristo l’ha sempre tenerissimamente amata come un tesoro d’inestimabile valore, e l’ha costantemente propugnata; la qual cosa Dio, contro il quale non può valer consiglio, né prevaler forza alcuna, avrà cura a che essa faccia in avvenire. Al quale Dio solo, Padre, Figlio e Spirito Santo, sia onore e gloria in sempiterno. Amen.
Reiezione degli Errori
Esposta la dottrina ortodossa, il Sinodo rigetta gli errori di:
1. Coloro che insegnano:
“La perseveranza dei veramente fedeli non è effetto dell’elezione, o un dono di Dio procurati dalla morte di Cristo, ma è una condizione del nuovo patto, che deve essere adempiuta dall’uomo, per libera volontà, precedentemente alla sua elezione e giustificazione (così essi parlano) perentoria.” Poiché la Scrittura sacra testimonia che essa segue dall’elezione, e che è data agli eletti in virtù della morte, risurrezione ed intercessione di Cristo. Romani 11:7: L’elezione l’ha ricevuto e gli altri sono stati induriti. Similmente, Romani 8:32-35: Colui che non ha risparmiato il suo proprio figlio, ma l’ha dato per tutti noi, come non ci donerà con lui anche tutte le cose? Chi accuserà di qualcosa gli eletti di Dio? Dio è quel che li giustifica. Chi sarà quel che li condanni? Cristo Gesù è quel che è morto; e più che questo, è risuscitato; ed è alla destra di Dio che intercede per noi. Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
2. Coloro che insegnano:
“Dio certamente provvede all’uomo fedele forze sufficienti per perseverare, ed è pronto a conservarle nello stesso se fa il suo dovere; tuttavia, datosi tutto ciò che è necessario al perseverare nella fede, che Dio vuole adoperare per conservare la fede, dipende sempre dall’arbitrio della volontà che essa perseveri, o che non perseveri.” Questa veduta infatti contiene un manifesto Pelagianismo; e, mentre vuol rendere liberi gli uomini, li fa sacrileghi, contro il consenso ininterrotto della dottrina evangelica, che toglie all’uomo ogni motivo per gloriarsi, e attribuisce alla sola grazia divina la lode per questo beneficio; e contro l’Apostolo che testimonia: Il quale anche vi confermerà sino alla fine onde siate irreprensibili nel giorno del nostro Signor Gesù Cristo (I Corinzi 1:8).
3. Coloro che insegnano:
“I veramente credenti e rigenerati non soltanto possono decadere totalmente e definitivamente dalla fede giustificante, come dalla grazia, e dalla salvezza, ma di fatto ne decadono non raramente, e periscono in eterno.” Questa opinione infatti rende vana la grazia stessa della giustificazione e della rigenerazione, e la custodia perpetua di Cristo, contrariamente alle espresse parole dell’Apostolo Paolo, Romani 5:8-9: Mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Tanto più ora, essendo giustificati dal suo sangue, saremo per mezzo di lui salvati dall’ira. E contrariamente all’Apostolo Giovanni, I Giovanni 3:9: Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme d’esso dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio. E neppure non contrariamente alle parole di Gesù Cristo, Giovanni 10:28-29: E io do loro la vita eterna e non periranno in eterno, e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti, e nessuno può rapirle di mano al Padre mio.
4. Coloro che insegnano:
“I veramente fedeli e rigenerati possono peccare del peccato a morte, o contro lo Spirito Santo.” Poiché lo stesso Apostolo Giovanni, dopo aver menzionato al cap. 5 della sua prima epistola, ai versi 16-17, coloro che peccano a morte, ed aver vietato di pregare per essi, immediatamente aggiunge al v. 18: Noi sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca [non pecca cioè di quel genere di peccato], ma colui che è nato da Dio, conserva se stesso, e il maligno non lo tocca.
5. Coloro che insegnano:
“Non si può avere certezza alcuna della perseveranza futura in questa vita senza una rivelazione speciale.” Mediante questa dottrina, infatti, è abolita la solida consolazione in questa vita dei veramente fedeli, ed è reintrodotto nella Chiesa il dubbio dei papisti. In verità la Sacra Scrittura trae ovunque questa certezza, non da una rivelazione speciale e straordinaria, ma dai segni propri dei figli di Dio, e dalle stabilissime promesse di Dio. L’apostolo Paolo in primis, Romani 8:39: Alcuna creatura potrà separarci dall’amore di Dio, che è in Gesù Cristo nostro Signore. E Giovanni, Epist. I, 3:24: Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Lui, ed Egli in lui. E da questo conosciamo ch’Egli dimora in noi: dallo Spirito ch’Egli ci ha dato.
6. Coloro che insegnano:
“La dottrina della certezza della perseveranza e della salvezza è, per sua natura e carattere, un cuscino della carne, ed è nociva alla pietà, ai buoni costumi, alle preghiere e agli altri santi esercizi; al contrario, è certamente lodevole dubitare d’essa.” Costoro infatti si dimostrano ignoranti dell’efficacia della grazia divina, e dell’operazione dello Spirito Santo dimorante; e contraddicono l’Apostolo Giovanni che afferma il contrario con le espresse parole, Epist. I, 3:2-3: “Diletti, ora siamo figliuoli di Dio e non è ancora reso manifesto quel che saremo. sappiamo che quand’egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’egli è. E chiunque ha questa speranza in lui, si purifica com’egli è puro. Costoro inoltre sono smentiti dagli esempi dei santi tanto del Vecchio quanto del Nuovo Testamento, i quali, benché fossero certi della loro perseveranza e salvezza, furono tuttavia assidui nelle preghiere, e negli altri esercizi di pietà.
7. Coloro che insegnano:
“La fede dei temporanei non differisce da quella giustificante e salvifica se non nella sola durata.” Perché Cristo stesso, in Matteo 13:20 e a seguire, ed in Luca 8:13 e a seguire, stabilisce manifestamente, oltre a questa, una triplice distinzione tra i temporanei e i veramente fedeli, quando dice che quelli ricevono il seme in terra pietrosa, questi in terra buona, o in un cuore buono; quelli sono privi di radice, questi hanno una ferma radice; quelli sono privi di frutto, questi producono, in modo costante o perseverante, il loro frutto in diversa misura.
8. Coloro che insegnano:
“Non è assurdo che, estinta la prima rigenerazione, l’uomo rinasca di nuovo, più volte.” Costoro infatti con questa dottrina negano l’incorruttibilità del seme di Dio, mediante il quale nasciamo di nuovo, contro la testimonianza dell’Apostolo Pietro, Epist. I, 1:23: Siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile.
9. Coloro che insegnano:
“Cristo non ha mai pregato per l’infallibile perseveranza dei credenti nella fede.” Contraddicono infatti Cristo stesso, che dice, Luca 22:32: Io ho pregato per te, Pietro, perché la tua fede non venga meno; e l’Evangelista Giovanni, che afferma, Giovanni 17:20, che Gesù non soltanto ha pregato per gli Apostoli, ma per tutti quelli che avrebbero creduto mediante la loro parola, v. 11, in lui: Padre santo, conservali nel tuo nome. E al v. 15: Io non prego perché tu li tolga dal monda, ma che tu li preservi dal maligno.
Conclusione
E questa è la perspicua, semplice, e candida dichiarazione della dottrina ortodossa dei Cinque Articoli controversi in Belgio, e la reiezione degli errori con i quali le Chiese Belghe sono state turbate per qualche tempo, che il Sinodo giudica desunta dalla Parola di Dio, ed essere conforme alle Confessioni delle Chiese Riformate. Appare dunque chiaramente che costoro, a cui ciò non giovava affatto, al di là di ogni verità, equità, e carità hanno voluto fosse inculcato al popolo:
La dottrina delle Chiese Riformate della predestinazione ed i capitoli ad essa annessi, per suo genio ed impulso, svia gli animi degli uomini da ogni pietà e religione; è il cuscino della carne e del Diavolo, e la fortezza di Satana, da dove tende ad ognuno insidie, ferisce moltissimi, colpisce a morte molti, con i dardi tanto della disperazione, tanto della sicurezza; essa fa Dio autore del peccato, ingiusto, tiranno, ipocrita; e non è altro che interpolato Stoicismo, Manicheismo, Libertinismo, Turcismo; essa rende gli uomini carnalmente sicuri, in quanto persuasi da essa che, in qualsiasi modo vivano, ciò non nuoca alla salvezza degli eletti, e che possono dunque perpetrare tranquillamente ogni più atroce empietà; che i reprobi non giungerebbero alla salvezza se pure avessero veramente fatto tutte le opere dei santi; secondo la medesima dottrina, si insegna che Dio, per suo nudo e puro arbitrio di volontà, senza alcuna considerazione, o tener conto, di alcun peccato, ha predestinato e creato a dannazione eterna la maggior parte del mondo; allo stesso modo in cui l’elezione è la sorgente e la causa della fede e delle buone opere, la riprovazione è la causa dell’infedeltà e dell’empietà; numerosi infanti di fedeli sono strappati innocenti dal seno delle loro madri e sono precipitati tirannicamente nella Geenna, al punto che né il battesimo, né le preghiere della Chiesa nel loro battesimo, sono in grado di giovare loro.
E tante altre cose dello stesso genere, che le Chiese Riformate non solo non confessano, ma anche detestano con tutto il cuore. Perciò questo Sinodo di Dordrecht scongiura nel nome del Signore tutti quelli che invocano piamente il nome del Salvatore nostro Gesù Cristo di giudicare della fede delle Chiese Riformate non dalle calunnie accumulate qua e là, o dalle parole private di alcuni dottori, tanto antichi quanto recenti, che spesso sono anche o citati in malafede, o corrotti, e deformati in un altro senso, ma dalle Confessioni pubbliche delle Chiese stesse, e da questa dichiarazione della dottrina ortodossa, confermata dal consenso unanime di ogni singolo membro dell’intero Sinodo. Il Sinodo ammonisce poi seriamente i calunniatori stessi a considerare a quale grave giudizio di Dio saranno sottoposti coloro che, contro così tante Chiese, contro così tante Confessioni delle Chiese, portano falsa testimonianza, turbano le coscienze dei deboli, e si affannano a rendere sospetta a molti la società dei veramente fedeli.
Infine, questo Sinodo esorta tutti i conservi nell’Evangelo di Cristo ad attendere piamente e religiosamente alla trattazione di questa dottrina nelle scuole e nelle chiese, ad accomodarla, tanto con la lingua che con la penna, alla gloria del Nome Divino, alla santità di vita, e alla consolazione degli animi costernati, che non solo sentano, ma anche parlino con la Scrittura secondo l’analogia della fede; e infine, che s’astengano da ogni espressione che vada oltre i limiti a noi delineati per stabilire il senso genuino delle sante Scritture, e che possa fornire una giusta occasione ai protervi sofisti di infamare o anche di calunniare la dottrina delle Chiese Riformate. Il Figlio di Dio Gesù Cristo, che sedendo alla destra del Padre dà buone cose agli uomini, ci santifichi nella verità, conduca alla verità coloro che errano, tappi la bocca ai calunniatori della sana dottrina, e doti i fedeli ministri della Sua Parola dello spirito di sapienza e discrezione, affinché ogni loro parola risulti alla gloria di Dio, e all’edificazione degli uditori. Amen.