Loraine Boettner
LORAINE BOETTNER (1901-1990) nacque in una fattoria a Linden, Missouri. Si laureò al Princeton Theological Seminary (Th.B., 1928; Th.M., 1929), dove aveva studiato Teologia Sistematica sotto il Dr. C. W. Hodge. In precedenza aveva conseguito una laurea al Tarkio College, Missouri, e aveva seguito un breve corso in Agricoltura all’Università del Missouri.
Insegnò la Bibbia per otto anni al Pikeville College, Kentucky. Si sposò nel 1932. Nel 1933 ricevette la laurea ad honorem in Dottore di Teologia, e nel 1957 la laurea di Dottore di Letteratura. Fu membro della Orthodox Presbyterian Church of USA. Nel 1937 cominciò a lavorare per la Biblioteca del Congresso e al Bureau of Internal Revenue. Continuò a scrivere e pubblicare libri fin quasi alla sua morte, i più noti dei quali furono La Dottrina Riformata della Predestinazione e Il Cattolicesimo Romano.
Alcune sue opere sono La Dottrina Riformata della Predestinazione, Il Cattolicesimo Romano, Studi di Teologia, L’Immortalità, Il Millennio e Un’Armonia dei Vangeli.
La Fede Riformata (1983) è un breve ma prezioso saggio introduttivo sui principi fondamentali della Fede Cristiana Riformata. Attraverso una presentazione sistematica delle dottrine calviniste, quest’opera dimostra con semplicità di linguaggio e un approccio diretto come le Scritture, seguite nel loro insieme e non attraverso singoli versi decontestualizzati, conducano inevitabilmente alla prospettiva riformata. Il capitolo d’apertura tratta della sovranità di Dio, definendola attraverso il supporto biblico; la sezione seguente espone la condizione di totale impotenza dell’umanità caduta e peccatrice e il suo bisogno di redenzione attraverso Cristo, la cui opera è analizzata nel terzo capitolo. Il quarto capitolo espone in maniera concisa ed efficace in cosa consista realmente la preconoscenza divina e quali siano le notevoli incongruenze logiche di chi cerca di sfuggire a quella definizione e alle relative conseguenze attribuendo al termine un significato diverso. Gli ultimi due capitoli affrontano i passaggi bibilici più comunemente utilizzati per obiettare alla dottrina della redenzione particolare e contrappongono il sistema soteriologico Arminiano a quello Calvinista, illustrando in modo non polemico i difetti dottrinali del primo.
La Fede Riformata
1. La Sovranità di Dio
2. La Condizione di Totale Impotenza dell’Uomo
3. L’Opera di Redenzione di Cristo
4. La Preconoscenza di Dio
5. I Passi Universalistici
6. I Due Sistemi Contrapposti
1. La Sovranità di Dio
Lo scopo di questo articolo è di esporre, con un linguaggio chiaro e in termini facilmente comprensibili, le differenze fondamentali tra il sistema teologico Calvinista e quello Arminiano, e di mostrare che cosa insegna la Bibbia su questi argomenti. L’armonia che esiste tra le varie dottrine della fede Cristiana è tale che un errore riguardo ad una qualunque di esse produce più o meno distorsione in tutte le altre.
Esistono in realtà solo due tipi di pensiero religioso. C’è la religione della fede, e c’è la religione delle opere. Noi crediamo che quello che nella storia della Chiesa è noto come Calvinismo sia l’incarnazione più pura e più coerente della religione della fede, mentre quello che è noto come Arminianesimo sia stato diluito ad un livello pericoloso dalla religione delle opere e sia quindi una forma di Cristianità incoerente e instabile. In altre parole, noi crediamo che il Cristianesimo giunga alla sua più piena e pura espressione nella Fede Riformata.1
Agli inizi del quinto secolo questi due tipi di pensiero religioso si trovarono in conflitto diretto con un contrasto straordinariamente chiaro impersonato da due teologi del quinto secolo, Agostino e Pelagio. Agostino indicava agli uomini Dio come l’origine di tutta la vera saggezza e forza spirituale, mentre Pelagio rimandava gli uomini indietro a se stessi e diceva che erano capaci con le loro forze di fare ciò che Dio comandava, altrimenti Dio non l’avrebbe comandato. Noi crediamo che l’Arminianesimo rappresenti un compromesso tra questi due sistemi, ma che anche se nella sua forma più evangelica, come nel primo Wesleyanesimo, si avvicina alla religione della fede, tuttavia contiene elementi di serio errore.2
Viviamo in un’epoca in cui praticamente tutte le chiese storiche sono attaccate dall’interno dalla mancanza di fede. Molte di esse hanno già dovuto soccombere. E quasi invariabilmente la linea del declino è stata dal Calvinismo all’Arminianesimo, dall’Arminianesimo al Liberalismo, e poi all’Unitarianismo. E la storia del Liberalismo e dell’Unitarianismo mostra che essi degenerano in una forma di vangelo sociale che è troppo debole per sostenersi. Siamo convinti che il futuro della Cristianità sia legato a quel sistema teologico storicamente chiamato ‘Calvinismo’. Dove i principi incentrati su Dio del Calvinismo sono stati abbandonati, c’è stata una forte tendenza in basso verso le profondità del naturalismo incentrato sull’uomo o il secolarismo. Alcuni hanno dichiarato—giustamente, crediamo—che non esiste un punto intermedio coerente tra il Calvinismo e l’ateismo.
Il principio base del Calvinismo è la sovranità di Dio. Questa rappresenta il fine del Dio Trino come assoluto e incondizionato, indipendente dall’intera creazione finita, e originato unicamente nell’eterno consiglio della Sua volontà. Egli ordina il corso della natura e dirige il corso della storia fin nei minimi dettagli. I Suoi decreti quindi sono eterni, immutabili, santi, saggi e sovrani. Essi sono rappresentati nella Bibbia come la base della divina preconoscenza di tutti gli eventi futuri, e non condizionati da quella preconoscenza o da qualunque altra cosa originata dagli eventi stessi.
Ogni persona pensante vede prontamente che una qualche sovranità governa la sua vita. Non gli è stato chiesto se avesse voluto esistere o no, quando o come o dove nascere, se nel ventesimo secolo o prima del Diluvio, se maschio o femmina, se bianco o nero, se negli Stati Uniti, o in Cina, o in Africa. Tutte queste cose furono decise sovranamente per lui prima ancora che esistesse. E’ stato riconosciuto dai Cristiani di tutte le epoche che Dio è il Creatore e il Sovrano del mondo, e come tale Egli è l’origine ultima di tutto il potere che si trova nel mondo. Quindi nulla può avvenire fuori dalla Sua volontà sovrana. Altrimenti Egli non sarebbe veramente DIO. E quando ci soffermiamo su questa verità troviamo che implica considerazioni che affermano la posizione Calvinista e smentiscono quella Arminiana.
In virtù del fatto che Dio ha creato tutto ciò che esiste, Egli è l’assoluto Padrone e Dispensatore finale di tutto ciò che Egli ha fatto. Egli non esercita una mera influenza generica, ma governa realmente gli affari degli uomini (Atti 4:24-28). Anche le nazioni sono come il pulviscolo della bilancia in confronto alla Sua grandezza (Is. 40:12-17). Nel mezzo di tutte le evidenti sconfitte e incoerenze delle nostre vite umane, Dio controlla realmente tutte le cose con indisturbata maestà. Anche le azioni peccaminose degli uomini possono avvenire solo per il Suo permesso e con la forza che Egli dà alle creature. E Poiché Egli permette non involontariamente, ma volontariamente, tutte le cose che avvengono—incluse perfino le azioni peccaminose e il destino ultimo degli uomini—devono essere, in qualche senso, in accordo con ciò che Egli dall’eternità si è proposto e ha decretato.3 Nella misura in cui questo viene negato, Dio viene escluso dal governo del mondo, e noi abbiamo solo un Dio finito. Naturalmente, sorgono alcuni problemi a cui nel nostro presente stato di conoscenze non possiamo rispondere. Ma questa non è una ragione sufficiente per rifiutare quello che le Scritture e i chiari dettami della ragione affermano essere vero.
E non crederemo che Dio può convertire un peccatore quando vuole? Non può l’Onnipotente, onnipossente Sovrano del cielo e della terra, cambiare l’indole delle creature che Lui ha creato? Egli mutò l’acqua in vino a Cana e convertì Saulo sulla via di Damasco. Il lebbroso disse, “Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi” (Mt. 8:2). E ad una parola la sua lebbra fu mondata. Non crediamo, come fanno gli Arminiani, che Dio non possa controllare la volontà umana, o che Egli non possa rigenerare un’anima quando Gli piace. Egli è capace di mondare tanto l’anima quanto il corpo. Se Egli volesse potrebbe far sorgere una tale quantità di ministri Cristiani, missionari e servitori di vario tipo, e potrebbe operare tanto attraverso lo Spirito Santo, che l’intero mondo sarebbe convertito in un tempo brevissimo. Se si fosse proposto di salvare tutti gli uomini Egli avrebbe potuto inviare eserciti di angeli per istruirli e compiere opere soprannaturali sulla terra. Egli avrebbe potuto operare meravigliosamente nel cuore di ogni persona così che nessuno si sarebbe mai perduto.
Poiché il male esiste solo per il Suo permesso, Egli potrebbe, se volesse, cancellarlo dall’esistenza. La sua potenza a questo riguardo fu mostrata, ad esempio, nell’opera dell’angelo distruttore che in una notte uccise tutti i primogeniti degli Egiziani (Es. 12:29), e in un’altra notte uccise 185.000 soldati dell’esercito Assiro (II Re 19:35). Fu dimostrato quando la terra si aprì ed inghiottì Kore e i suoi alleati ribelli (Nu. 16:31-35). Re Erode fu colpito e morì di una morte orribile (Atti 12:23). In Daniele 4:34-35 leggiamo che “il dominio” dell’Altissimo Dio “è un dominio eterno e il cui regno dura di generazione in generazione. Tutti gli abitanti della terra davanti a lui sono considerati come un nulla, egli agisce come vuole con l’esercito del cielo e con gli abitanti della terra. Nessuno può fermare la sua mano o dirgli “Che cosa fai?”
Tutto questo mostra il principio base della Fede Riformata—la sovranità di Dio. Dio creò questo mondo in cui ci troviamo, lo possiede, e lo governa secondo il suo sovrano diletto. Dio non ha perso nulla della sua potenza, ed è una grave mancanza di rispetto nei Suoi confronti supporre che Egli stia soffrendo insieme alla razza umana, facendo del Suo meglio per persuadere gli uomini a comportarsi bene, ma incapace di raggiungere il Suo eterno, immutabile, santo, saggio e sovrano fine.
Qualunque sistema che insegni che le serie intenzioni di Dio possono in alcuni casi essere sconfitte, e che l’uomo, che non solo è una creatura ma una creatura peccatrice, possa esercitare il potere di veto sui piani dell’Onnipotente Dio, è in stridente contrasto con l’idea biblica della Sua incommensurabile esaltazione con la quale Egli è estraneo a tutte le debolezze dell’umanità. Il fatto che i piani degli uomini non siano sempre portati a compimento è causato dalla mancanza di potere, o mancanza di saggezza, o entrambe. Ma poiché Dio è illimitato in queste e in tutte le atre risorse, nessuna emergenza imprevista può mai sorgere. Per Lui le cause di cambiamento non esistono. Presumere che il Suo piano fallisca e che Egli si sforzi senza alcun risultato significa ridurLo al livello delle Sue creature e farne tutt’altro che un Dio.
2. La Condizione di Totale Impotenza dell’Uomo
Quando leggiamo le opere dei vari scrittori Arminiani, sembra che il loro primo e forse più serio errore sia che non danno sufficiente importanza alla ribellione peccaminosa e separazione spirituale della razza umana da Dio che avvenne con la caduta di Adamo. Alcuni la trascurano del tutto, mentre per altri sembra essere un evento lontano nel tempo che ha scarsa influenza oggi sulle vite delle persone. Ma a meno che non insistiamo sulla realtà di quella separazione spirituale da Dio, e sui disastrosi effetti che essa ha avuto sull’intera razza umana, non saremo mai in grado di prendere atto della nostra reale condizione o del nostro bisogno di un Redentore.
Forse ci aiuterà a renderci conto più chiaramente di che cosa la condizione dell’uomo caduto realmente sia se la confrontiamo con quella degli angeli caduti. Gli angeli furono creati prima dell’uomo, e ogni angelo fu messo alla prova come un essere individuale, personale e morale. Questo fu evidentemente una prova di pura obbedienza, come fu quella di Adamo. Alcuni angeli superarono la loro prova, per ragioni note pienamente solo a Dio, e, come risultato, furono confermati in uno stato di perfetta santità angelica, e sono adesso gli angeli eletti in cielo (I Ti. 5:21).4 Ma altri caddero e sono ora i demoni di cui leggiamo nelle Scritture, fra cui il diavolo è evidentemente quello più alto in rango fra quelli caduti.
In Giuda leggiamo che “Egli ha pure rinchiuso nelle tenebre dell’inferno con catene eterne, per il giudizio del gran giorno, gli angeli che non conservarono il loro primiero stato ma che lasciarono la loro propria dimora” (v. 6). E in II Pietro leggiamo che “Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li cacciò nel tartaro tenendoli in catene di tenebre infernali, per esservi custoditi per il giudizio” (2:4). Il diavolo e i demoni sono totalmente alienati da Dio, totalmente rivolti al peccato, e senza alcuna speranza di redenzione. Il loro destino è descritto da Cristo come essere gettati “nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt. 25:41).
Non c’è alcuna redenzione per gli angeli caduti. Lo scrittore dell’epistola agli Ebrei dice, “Infatti egli non si prende cura degli angeli, ma si prende cura della progenie di Abrahamo.” (2:16). Il loro destino è stabilito e certo. Per gli uomini e per gli angeli il castigo per aver peccato senza fine contro Dio è la punizione senza fine. Alcuni potrebbero tentare di far apparire Dio ingiusto per infliggere una pena senza fine per peccati commessi solo in questa vita. Ma gli uomini perduti e gli angeli perduti o demoni sono in ribellione senza fine contro Dio, e ricevono una punizione senza fine per quella ribellione.
Ma quando Dio creò l’uomo come creatura morale, Egli procedette con un piano diverso da quello usato con l’ordine angelico. Invece di creare tutti gli uomini allo stesso tempo e sottoporli a prova individualmente, Egli creò un uomo, con un corpo fisico, dal quale sarebbe discesa l’intera razza umana, e il quale, a motivo della sua unione con tutti quelli che sarebbero venuti dopo di lui, potesse essere ordinato come capo legale o federale e rappresentante dell’intera razza umana. Se avesse superato la prova, egli e tutti i suoi discendenti, suoi figli, sarebbero stati confermati nella santità e stabiliti in uno stato di beatitudine come erano i santi angeli.5 Ma se fosse caduto, come avevano fatto gli altri angeli, egli e la sua posterità sarebbero stati soggetti alla punizione eterna. Fu come se Dio avesse detto, “Questa volta, se dovesse entrare il peccato, facciamolo entrare in un uomo solo, così che anche la redenzione possa essere procurata da un uomo solo.”
Quindi Adamo nella sua posizione rappresentativa fu messo alla prova della pura obbedienza umana. Il castigo per la disobbedienza gli era stato chiaramente esposto: “E l’Eterno DIO comandò l’uomo dicendo: «Mangia pure liberamente di ogni albero del giardino; ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai»” (Ge. 2:16-17).
Di conseguenza, la pena esplicitamente dichiarata per il peccato era la morte—esattamente la stessa pena che era stata inflitta agli angeli che caddero. Come con gli angeli, era puramente una prova per vedere se l’uomo sarebbe stato o meno un soggetto obbediente nel regno del cielo. Fu una prova perfettamente equa, semplice, spiegata chiaramente, molto in favore di Adamo, per la quale non avrebbe avuto scuse se avesse disobbedito.
Ma, tragedia delle tragedie, Adamo cadde. E l’intera razza umana cadde rappresentata in lui. Le conseguenze del suo peccato sono tutte comprese nel termine morte, nel suo senso più ampio. Fu principalmente una morte spirituale, o separazione da Dio, che era stata minacciata. Adamo non morì fisicamente prima dei 930 anni dopo la caduta. Ma era spiritualmente estraniato da Dio e morì spiritualmente nello stesso istante in cui peccò. E da quel momento la sua vita divenne un’incessante marcia verso la tomba. L’uomo in questa vita non è andato così lontano nelle vie del peccato come hanno fatto il diavolo e i demoni, perché egli riceve ancora molte benedizioni attraverso la grazia comune, come la salute, il benessere, la famiglia e gli amici, le bellezze della natura, ed è ancora circondato da molte influenze che lo trattengono.6 Ma è su quella strada. E se non viene controllato, l’uomo alla fine diventerà totalmente malvagio come i demoni. Nel suo stato caduto egli ha paura di Dio, prova a fuggire da Lui, e letteralmente lo odia, come fanno i demoni.7 Se fosse lasciato a se stesso rimarrebbe in quella condizione per sempre, perché come è scritto “Non c’è alcun giusto, neppure uno. Non c’è alcuno che abbia intendimento, non c’è alcuno che ricerchi Dio” (Ro. 3:10-11). Nulla, assolutamente nulla, tranne un atto soprannaturale di Dio può salvarlo da quella condizione. Quindi se deve essere salvato, Dio deve prendere l’iniziativa, deve pagare la pena per lui, deve mondarlo dalla sua colpa, e così ristabilirlo nella santità e nella rettitudine.
E questo è esattamente quello che Dio fa. Egli sovranamente prende un uomo dal regno di Satana, e lo mette nel regno dei cieli. Quelli sono gli eletti di cui si parla almeno 25 volte nelle Scritture: Mt. 24:22: “ma a motivo degli eletti quei giorni saranno abbreviati” (nella distruzione di Gerusalemme).8 I Ts. 1:4: “conoscendo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione.” Ro. 11:7: “gli eletti l’hanno ottenuto, e gli altri sono stati induriti.” Ro. 8:33: “Chi accuserà gli eletti di Dio?”; e molti altri.
La Bibbia ci dice che Dio ha salvato una moltitudine della razza umana dalla pena dei loro peccati. Perché potesse completare questo compito, Cristo, la seconda Persona della Trinità, prese su di Sè la natura umana attraverso il miracolo della nascita da una vergine, e nacque nella razza umana come nasce un qualunque bambino normale. Dio quindi si incarnò, divenne uno di noi. Gesù visse tra gli uomini una vita perfettamente priva di peccato come rappresentante del suo popolo, si pose sotto la Sua stessa legge, e soffrì nella Sua propria Persona la pena che Dio aveva prescritto per il peccato. Nella Sua vita senza peccato Egli rispettò perfettamente la legge di Dio che Adamo aveva infranto, e guadagnò così la perfetta rettitudine per il Suo popolo e con quella procurò per essi il diritto ad entrare in cielo. Quello che Lui patì, come una Persona dal valore e dalla dignità infiniti, fu un giusto equivalente di ciò che il Suo popolo avrebbe sofferto in un’eternità all’inferno. In questa maniera Egli liberò il Suo popolo dalla legge del peccato e dalla morte. E come i frutti di quell’opera redentiva sono applicati a quelli che dal Padre sono stati dati al Figlio, essi sono chiamati rigenerati dallo Spirito Santo, cioè, resi vivi spiritualmente, nati di nuovo.
Paolo esprime questa grande verità quando nell’epistola ai Romani scrive:
Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, così la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato; perché, fino a che fu promulgata la legge, il peccato era nel mondo; ora il peccato non è imputato se non vi è legge; ma la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, che è figura di colui che doveva venire. La grazia però non è come la trasgressione; se infatti per la trasgressione di uno solo quei molti sono morti, molto più la grazia di Dio e il dono per la grazia di un uomo, Gesù Cristo, hanno abbondato verso molti altri. Riguardo al dono, non è avvenuto come per quell’uno che ha peccato, perché il giudizio produsse la condanna da una sola trasgressione, ma la grazia produsse la giustificazione da molte trasgressioni. Infatti, se per la trasgressione di quell’uno solo la morte ha regnato a causa di quell’uno, molto di più coloro che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell’uno, che è Gesù Cristo. Per cui, come per una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure con un solo atto di giustizia la grazia si è estesa a tutti gli uomini in giustificazione di vita. Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori, così ancora per l’ubbidienza di uno solo i molti saranno costituiti giusti (Ro. 5:12-19).
Fino a quando non si capisce il contrasto fra il primo e il secondo Adamo, non si è in grado di capire il sistema Cristiano. E scrivendo ai santi che erano ad Efeso, Paolo disse, “Egli ha vivificato anche voi, che eravate morti nei falli e nei peccati,” E continua dicendo che noi:
eravamo per natura figli d’ira, come anche gli altri. Ma Dio, che è ricco in misericordia per il suo grande amore con il quale ci ha amati, anche quando eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo (voi siete salvati per grazia), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù, per mostrare nelle età che verranno le eccellenti ricchezze della sua grazia con benignità verso di noi in Cristo Gesù. Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno si glori. Noi infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le buone opere che Dio ha precedentemente preparato, perché le compiamo (Ef. 2:1-10).
Nella teologia Cristiana esistono tre separati e distinti atti d’imputazione. In primo luogo, il peccato di Adamo è imputato a tutti noi, suoi figli, ovvero ci è messo in conto in modo forense così che ne siamo reputati responsabili e ne soffriamo le conseguenze. Questa è comunemente nota come la dottrina del Peccato Originale. In secondo luogo, e nella stesso identico modo, il nostro peccato viene imputato a Cristo perché ne soffra le conseguenze. E in terzo luogo, la rettitudine di Cristo è imputata a noi e ci garantisce l’ingresso in cielo. Ovviamente, noi non siamo più personalmente colpevoli del peccato di Adamo di quanto Cristo sia personalmente colpevole del nostro peccato, o di quanto siamo personalmente meritevoli per la Sua rettitudine. In ognuno di questi casi si tratta di una convenzione forense. Noi riceviamo la salvezza da Cristo esattamente nello stesso modo in cui riceviamo la condanna e la rovina da Adamo. In ognuno di questi casi si ha il risultato conseguente a motivo della stretta unione ufficiale che esiste fra le persone coinvolte. Rifiutare uno qualunque di questi tre passi significa rifiutare una parte essenziale del sistema Cristiano.
Di conseguenza, vediamo il parallelo assoluto tra Adamo e Cristo in materia di salvezza. Nei passaggi menzionati prima Paolo usa una frase dopo l’altra mettendo in rilievo il fatto che non siamo semplicemente malati, o spiritualmente maldisposti, ma spiritualmente morti. Cristo stesso disse, “se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio” (Gv. 3:3). E di nuovo Egli disse, “Perché non comprendete il mio parlare? Perché non potete ascoltare la mia parola” (Gv. 8:43). L’uomo non rigenerato non può vedere il regno di Dio, né può ascoltare con discernimento spirituale le parole dette a riguardo, tanto meno può giungervi da solo. Se fossimo stati lasciati a noi stessi, noi, come gli angeli caduti, non ci volgeremmo mai a Dio.
Un persona morta spiritualmente non può darsi da sè la vita spirituale più di quanto una persona morta fisicamente non possa darsi da sè la vita fisica. Questo richiede un atto soprannaturale da parte di Dio. Entriamo nella famiglia di Dio nello stesso modo in cui entriamo nella nostra famiglia umana, nascendovi. Con quell’atto soprannaturale Dio stesso, attraverso lo Spirito Santo, sovranamente ci porta fuori dal regno di Satana e ci pone nel Suo regno spirituale con una rinascita spirituale.
E una volta nati nel regno di Dio, non possiamo mai diventare non-nati. Poiché fu necessario un atto soprannaturale per portarci in uno stato di vita spirituale, sarebbe necessario un altro atto del genere per portarci fuori da quello stato. Ne consegue l’assoluta certezza che quelli che sono stati rigenerati e che quindi sono diventati veramente Cristiani non perderanno mai la loro salvezza, ma saranno provvidenzialmente preservati dalla potenza di Dio attraverso tutte le prove e le difficoltà di questa vita e saranno condotti nel regno dei cieli. “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna, e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.” (Gv. 5:24). “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura” (II Co. 5:17). “Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti; e nessuno le può rapire dalla mano del Padre mio” (Gv. 10:27-29). Questa è nota come la dottrina della sicurezza eterna o perseveranza dei santi.
Il dono della vita eterna non è conferito a tutti gli uomini, ma solo a coloro che Dio sceglie. Questo non significa che chiunque voglia essere salvato ne sia escluso, perché l’invito è “E chi ha sete, venga; e chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita” (Ap. 22:17). Il fatto è che una persona morta spiritualmente non può volere di venire. “Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira” (Gv. 6:44). Solo quelli che sono risuscitati (resi spiritualmente vivi) dallo Spirito Santo avranno mai quella volontà o desiderio. Questi nelle Scritture sono chiamati gli eletti. Ma, contrariamente a questi, c’è un altro gruppo che possiamo chiamare i non-eletti. Riguardo a loro, il Prof. Floyd Hamilton ha scritto molto appropriatamente:
Tutto quello che Dio fa è di lasciarli da soli e consentire loro di seguire le loro vie senza interferenze. E’ la loro natura di essere malvagi, e Dio semplicemente ha preordinato di lasciare quella natura immutata. Il quadro spesso dipinto dagli oppositori del Calvinismo, di un Dio crudele che rifiuta di salvare tutti quelli che vogliono essere salvati, è una rozza caricatura. Dio salva tutti quelli che vogliono essere salvati, ma nessuno la cui natura non sia stata cambiata vuole essere salvato.9
3. L’Opera di Redenzione di Cristo
Non ci viene detto perché Dio non salva tutta l’umanità quando tutti sono ugualmente immeritevoli, e quando il sacrificio sul Calvario fu quello di una Persona di infinito valore, ampiamente sufficiente a salvare tutti gli uomini se Dio l’avesse desiderato. Ma le Scritture ci dicono che non tutti saranno salvati. Tuttavia, possiamo dire che la redenzione, che fu realizzata ad un costo enorme per Dio stesso, è di Sua proprietà, e che Egli ha la libertà di farne l’uso che preferisce. Nessun uomo può avanzare alcun diritto su di essa. Ci viene ripetutamente detto che la salvezza è per grazia. E la grazia è il favore mostrato a chi non lo merita, anche a chi meriterebbe il contrario. Se una qualunque parte della salvezza dell’uomo fosse a motivo delle sue proprie buone opere, allora veramente ci sarebbe una differenza fra gli uomini, e quelli che hanno risposto alla offerta di grazia potrebbero giustamente puntare l’indice sdegnoso contro i perduti e dire, “Voi aveste le stesse possibilità che ebbi io. Io accettai, ma voi rifiutaste. Quindi non avete scusa alcuna.” Ma no. Dio ha predisposto questo sistema in modo che quelli che sono salvati possano solo essere grati che Dio li abbia salvati.
Non è in nostro diritto di chiedere perché Dio fa ciò che fa, poiché la Scrittura dichiara:
Piuttosto chi sei tu, o uomo, che disputi con Dio? La cosa formata dirà a colui che la formò: “Perché mi hai fatto così?” Non ha il vasaio autorità sull’argilla, per fare di una stessa pasta un vaso ad onore e un altro a disonore? E che dire se Dio, volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta pazienza i vasi d’ira preparati per la perdizione? E questo per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso dei vasi di misericordia, che lui ha già preparato per la gloria, cioè noi che egli ha chiamato, non solo fra i Giudei ma anche fra i gentili? (Ro. 9:20-24).
Solo il Calvinista sembra prendere seriamente la caduta dell’uomo. Una corretta valutazione della caduta e della presente condizione senza speranza dell’uomo è l’elemento mancante in tanto pensiero, insegnamento e predicazione di oggi. L’Arminianesimo è in serio errore nel presumere che l’uomo avrebbe una capacità sufficiente di voltarsi verso Dio se solo lui lo volesse. Il Calvinista sottolinea che l’uomo non è semplicemente malato o indisposto o ha solo bisogno del giusto incentivo, ma che è spiritualmente morto, e che l’opera redentiva di Cristo non rende la salvezza semplicemente una possibilità astratta tale che tutti gli uomini possano voltarsi a Dio se lo vogliono. Il Calvinista sostiene che la redenzione fu un’opera oggettiva compiuta nella storia che rimosse tutte le barriere legali contro coloro i quali essa sarebbe stata applicata, e che sarebbe stato seguito dall’opera dello Spirito Santo nell’applicare soggettivamente i meriti di quella redenzione ai cuori di coloro per i quali essa fu divinamente intesa.
Richiamiamo nuovamente l’attenzione ad uno dei versi più importanti nella Scrittura riguardante il tema della salvezza: “Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira” (Gv. 6:44). Un altro come questo è: “Tutto quello che il Padre mi dà verrà a me; e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori” (Gv. 6:37). E ai Cristiani di Corinto, Paolo scrive: “Or l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché sono follia per lui, e non le può conoscere, poiché si giudicano spiritualmente” (I Co. 2:14).
E come fa Dio a portare gli eletti ad esercitare la fede? La risposta è: Nella rigenerazione lo Spirito Santo vince il cuore dell’uomo a Sè, e impartisce all’uomo una nuova natura che ama la rettitudine e odia il peccato. Egli non costringe l’uomo contro la sua volontà, ma lo rende amorevole e spontaneamente obbediente alla Sua volontà. Quando il Signore Gesù apparve all’incallito persecutore Saulo mentre era sulla via di Damasco, egli divenne immediatamente obbediente alla volontà del Signore. “Il tuo popolo si offrirà volenteroso nel giorno del tuo potere;” dice il Salmista (110:3). Così Dio fornisce al suo popolo il desiderio di venire. Quell’atto da parte di Dio, nella natura sub-conscia dell’uomo, è conosciuto come rigenerazione, o come una nuova nascita, o essere nati di nuovo. Quando un uomo riceve così una nuova natura, egli reagisce secondo quella natura, come fanno tutte le creature di Dio. Egli quindi esercita la fede e compie buone opere caratteristiche del ravvedimento come la vigna produce naturalmente i grappoli. Mentre prima il peccato era il suo elemento naturale, ora la santità diviene il suo elemento naturale – non istantaneamente, perché egli ha ancora dei residui della vecchia natura, e finché rimane in questo mondo egli si trova ancora in un ambiente peccaminoso. Ma poiché la sua nuova natura è libera di esprimersi egli cresce in rettitudine; gode nel leggere la parola di Dio, nel pregare, e nell’avere comunione con gli altri Cristiani.
Noi quindi dobbiamo scegliere fra una redenzione d’alta efficienza che è perfettamente compiuta, o una redenzione di ampia estensione che è compiuta in modo imperfetto. Non possiamo avere entrambe. Se avessimo entrambe avremmo la salvezza universale. Ma l’Arminiano estende la salvezza in modo così ampio che per quanto concerne il suo effetto reale, essa ha praticamente nessun valore tranne quello di un esempio di dedizione altruistica. Il Dott. B. B. Warfield usava un’immagine molto semplice per presentare questa verità. Egli diceva che la redenzione è come l’impasto di una torta – più la stendi e più sottile diventa. E l’Arminiano, nel renderla applicata a tutti gli uomini, riduce la sua efficacia così tanto che praticamente non è più una redenzione.
Inoltre, dire che Dio abbia posto i peccati di tutti gli uomini in Cristo significherebbe che per quanto riguarda quelli che sono perduti Egli punirebbe i loro peccati due volte, una volta in Cristo, e poi di nuovo in essi. Certamente questo sarebbe ingiusto. Se Cristo ha pagato il debito, essi sono liberi, e lo Spirito Santo con assoluta certezza li porterebbe alla fede e al ravvedimento. Se la redenzione fosse davvero illimitata, significherebbe che Cristo morì per una moltitudine la cui sorte era già stata determinata, che si trovavano già all’inferno nel momento in cui Egli soffrì. Se quella redenzione semplicemente annullò la sentenza che gravava sull’uomo in modo da fornirgli una nuova possibilità se avesse esercitato la fede e l’obbedienza, significherebbe che Dio lo stava mettendo nuovamente alla prova come lo era stato il suo antenato Adamo. Ma quel genere di prova fu tentato ed ebbe il suo risultato molto tempo fa, perfino in condizioni di gran lunga più favorevoli. Portata alla sua logica conclusione, la teoria della redenzione universale conduce ad assurdità.
Dovremmo ricordare che la sofferenza di Cristo nella Sua natura umana, appeso sulla croce per quelle sei ore, non fu principalmente fisica, ma mentale e spirituale. Quando gridò “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Egli stava letteralmente soffrendo le pene dell’inferno. Perché quello è essenzialmente ciò che l’inferno è, la separazione da Dio, separazione da tutti ciò che è buono e desiderabile. Una tale sofferenza è oltre la nostra comprensione. Ma poiché Egli soffrì come una persona divina-umana, la Sua sofferenza fu un giusto equivalente per tutto ciò che il Suo popolo avrebbe sofferto per l’eternità all’inferno.
In realtà, l’uomo redento guadagna di più attraverso la redenzione in Cristo di quanto abbia perso per la caduta di Adamo. Perché nell’incarnazione Dio venne letteralmente nel genere umano e prese la natura umana su di Lui, la quale natura Cristo nel Suo corpo glorificato manterrà per sempre, e evidentemente Egli sarà l’unico Dio visibile che vedremo in cielo. Pietro ci dice che noi siamo “partecipi della natura divina” (II Pietro 1:4); e Paolo dice che noi siamo “eredi di Dio, e coeredi con Cristo” (Ro. 8:17). Pensateci! Partecipi della natura divina, e coeredi con Cristo! Quale maggiore benedizione avrebbe mai potuto Dio conferirci? Come tali siamo superiori agli angeli, perché essi sono designati nella Scrittura solo come messaggeri di Dio, Suoi servitori.
Alla fine l’Arminiano si trova di fronte precisamente allo stesso problema del Calvinista – quel problema più ampio del perché un Dio di infinita santità e potenza permetta il peccato. Nel nostro stato di conoscenza attuale possiamo solo fornire una risposta parziale. Ma il Calvinista affronta quel problema, riconosce la dottrina Scritturale che tutti gli uomini ebbero in Adamo la loro possibilità giusta e favorevole, che Dio ora salva per grazia alcuni della progenie decaduta mentre lascia gli altri liberi di seguire la propria via peccaminosa che si sono scelti e manifesta la Sua giustizia nella loro punizione. Ma avendo ammesso la preconoscenza, l’Arminiano non ha alcuna spiegazione del perché Dio di proposito e deliberatamente crea quelli che Lui sa che si perderanno e trascorreranno l’eternità all’inferno.
Ad ogni modo, riguardo al problema del male, possiamo dire che Dio ha creato questo mondo come un teatro nel quale Egli avrebbe potuto dimostrare la Sua gloria, i Suoi meravigliosi attributi perché fossero veduti e ammirati da tutte le Sue creature—il Suo essere, saggezza, potenza, santità, giustizia, bontà, e verità. Qui ci occupiamo principalmente della Sua giustizia.
La giustizia di Dio richiede che la bontà sia premiata e che il peccato sia punito. Ed è necessario che il peccato sia punito quanto la bontà sia premiata. Dio sarebbe ingiusto se fallisse nel fare una delle due cose. Quindi Egli creò gli uomini e gli angeli non come robot che avrebbero automaticamente prodotto buone opere come una macchina produce bulloni o lattine, che non merita nessun premio, ma come liberi agenti morali, a Sua propria immagine, capaci, in Adamo prima della caduta, di scegliere fra il bene e il male. Egli manifesta la sua giustizia verso coloro che si è proposto di salvare nella grazia premiandoli per le buone opere che si trovano in Cristo loro salvatore e messe loro in credito, confermandoli nella santità, e accogliendoli in cielo. Ed Egli manifesta la Sua giustizia verso coloro ai quali si è proposto di passare oltre per la loro volontaria perseveranza nel peccato.
Similmente, se il peccato fosse stato escluso, non avrebbe potuto esserci alcuna adeguata rivelazione dei più gloriosi attributi di Dio, grazia, misericordia, amore e santità, come sono dimostrati nella Sua redenzione dei peccatori. Ricordiamoci che gli angeli nel cielo si guadagnarono la salvezza attraverso il patto d’opere, osservando la legge di Dio. Come nel Caso di Adamo, ad essi furono promessi certi premi se avessero obbedito. Essi obbedirono, e furono confermati nella santità. Non hanno sperimentato la salvezza per grazia.10 C’è un vecchio inno che dice, “Quando canto la storia della redenzione, gli angeli piegano le loro ali ed ascoltano.” E così sarà nell’ultimo contrasto tra uomini e angeli.
Da qui la spiegazione del peccato è che Dio lo permette, ma lo controlla e lo domina per la Sua propria gloria. Se il peccato fosse stato escluso dalla creazione quei gloriosi attributi non avrebbero mai potuto essere dimostrati adeguatamente davanti al Suo universo intelligente di uomini ed angeli, ma per la maggior parte sarebbe rimasto per sempre nascosto nelle profondità della natura divina.
4. La Preconoscenza di Dio
L’evangelico Arminiano riconosce che Dio ha la preconoscenza, e che quindi Egli è in grado di predire gli eventi futuri. Ma se Dio preconosce ogni evento futuro, allora quell’evento è altrettanto fissato e certo che se fosse preordinato. Perché la preconoscenza implica la certezza, e la certezza implica la preordinazione. L’evangelico Arminiano non nega che ci sia una cosa come l’elezione a salvezza, perché non può liberarsi delle parole “eletto” e “elezione”, che ricorrono circa venticinque volte nel Nuovo Testamento. Ma prova a distruggere la forza di queste parole dicendo che l’elezione è basata sulla preconoscenza, che Dio guarda lungo l’ampio viale del futuro e vede quelli che risponderanno alla Sua offerta di grazia, e così li elegge.
Ma nel riconoscere la preconoscenza, l’Arminiano fa una concessione fatale. Parlando figurativamente, egli si taglia da solo la gola, per la semplice ragione che come Dio prevede quelli che saranno salvati, Egli vede anche quelli che saranno perduti! Perché, allora, Egli crea quelli che saranno perduti? Certamente Egli non ha alcun obbligo di crearli. Non c’è alcun potere al di fuori di Lui che lo costringa a farlo. Se Lui vuole che tutti gli uomini siano salvati e sta sinceramente provando a salvare tutti gli uomini, potrebbe almeno evitare di creare quelli che, se creati, certamente saranno perduti.
L’Arminiano non può coerentemente sostenere la preconoscenza di Dio e allo stesso tempo negare le dottrine dell’elezione e della predestinazione. La domanda rimane: Perché Dio crea quelli che Lui sa che andranno all’inferno? Sarebbe pura stoltezza per Lui desiderare di salvare e provare a salvare quelli che Egli sa che si perderanno. Sarebbe per Lui come impegnarsi per scopi contrastanti con Lui stesso. Anche un uomo ha maggior buon senso che provare a fare ciò che sa di non poter fare. L’Arminiano non ha altra alternativa che negare la preconoscenza di Dio – e a quel punto ha solo un Dio limitato, ignorante, finito, che in realtà non è affatto Dio nel vero senso della parola. Se l’elezione è basata sulla preconoscenza, questo la rende così vuota di significato che diventa più causa di confusione che di illuminazione. Perché anche riguardo agli eletti, che senso ha per Dio eleggere quelli che Lui sa che si eleggeranno da soli? Questo sarebbe semplicemente puro nonsenso.
5. I Passi Universalistici
Probabilmente la difesa più plausibile per l’Arminianesimo si trova nei passaggi universalistici della Scrittura. Tre sono quelli più citati: II Pietro 3:9, “Non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano al ravvedimento”; I Ti. 2:4, [Dio nostro Salvatore] “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati, e vengano a conoscenza della verità”; e I Ti. 2:5-6, “… Gesù Cristo, che diede se stesso come riscatto per tutti.”
Riguardo a questi versi dobbiamo tenere a mente che, come abbiamo detto precedentemente, Dio è l’assoluto e sovrano Governante del cielo e della terra, e non dobbiamo mai pensare che Egli desideri o si sforzi di fare ciò che sa che non farà. Agire diversamente sarebbe per Lui agire stoltamente. Dal momento che la Scrittura ci dice che alcuni uomini si perderanno, II Pietro 3:9 non può significare che Dio stia sinceramente desiderando o si stia sforzando di salvare ogni singolo uomo. Perché se fosse la Sua volontà che ogni individuo del genere umano sia salvato, neanche una sola anima sarebbe perduta, “Perché chi può resistere alla Sua volontà?” (Ro. 9:19).
Questi versi semplicemente insegnano che Dio è benevolente, e che Egli non si compiace della sofferenza delle sue creature più di quanto un padre umano si compiaccia nella punizione che a volte deve infliggere a suo figlio. La parola “volontà” è usata con significati differenti nella Scrittura rispetto alle nostre conversazioni ordinarie. Qualche volta è usata nel senso di “desiderio” o “fine”. Un giudice retto non vuole (desidera) che alcuno sia impiccato o condannato alla prigione, tuttavia egli vuole (pronuncia la sentenza) che la persona colpevole sia punita. Nello stesso senso e per sufficienti ragioni un uomo potrebbe volere la rimozione di un arto o di un occhio, anche se certamente non lo desidera.
Gli Arminiani insistono che in II Pietro 3:9 le parole “alcuno” e “tutti” si riferiscono a tutta l’umanità senza eccezione. Ma è importante prima di tutto vedere a chi quelle parole erano rivolte. Nel primo verso del capitolo 1, troviamo che l’epistola è indirizzata non all’umanità intera, ma ai Cristiani: “… a coloro che hanno ricevuto in sorte una fede preziosa quanto la nostra.” E in un verso precedente (3:1), Pietro si era rivolto a quelli a cui stava scrivendo con “Carissimi.” E quando guardiamo al verso nella sua interezza, e non semplicemente alla seconda metà, troviamo che in primo luogo non è affatto un verso che riguarda la salvezza, ma la seconda venuta! Inizia dicendo “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa” (singolare). Quale promessa? Ce lo dice il verso 4: “la promessa della sua venuta.” Il riferimento è alla Sua seconda venuta, quando verrà per il giudizio, e gli empi periranno in un lago di fuoco. Il verso si riferisce ad un gruppo limitato. Dice che il Signore “è paziente verso di noi”, i Suoi eletti, molti dei quali non sono ancora stati rigenerati, e quindi non sono ancora giunti al ravvedimento. Quindi possiamo appropriatamente leggere il verso 9 come segue: “Il Signore non ritarda riguardo alla sua promessa come alcuni pensano, ma è paziente verso di noi, non volendo che alcuno di noi perisca, ma che tutti noi veniamo al ravvedimento.”11
Riguardo a I Ti. 2:4, 6 “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità … il quale ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti” è spesso usato con significati diversi. Spesse volte significa non tutti gli uomini senza eccezione, ma tutti gli uomini senza distinzione—Ebrei e Gentili, schiavi e liberi, uomini e donne, ricchi e poveri. E in I Ti. 2:4-6 è chiaramente usato in quel senso.12 Per molti secoli gli Ebrei erano stati, con poche eccezioni, i destinatari esclusivi della grazia salvifica di Dio. Erano diventati il popolo più intensamente nazionalista e intollerante del mondo. Invece di riconoscere la loro posizione come rappresentanti di Dio davanti a tutti i popoli del mondo, si erano presi quelle benedizioni per loro stessi. Anche i primi Cristiani per un certo periodo erano inclini ad appropriarsi della missione del Messia solo per loro stessi. La salvezza dei Gentili era un mistero che non era noto in altre epoche (Ef. 4:6; Cl. 1:27). L’esclusivismo farisaico era così rigido che i Gentili erano chiamati immondi, inferiori, peccatori dei Gentili, perfino cani; e non era lecito per un Ebreo starne in compagnia o avere affari di sorta con i Gentili (Gv. 4:9; At. 10:28; 11:3). Dopo che un Ebreo ortodosso era stato fuori al mercato dove era venuto a contatto con Gentili, era considerato impuro (Mc. 7:4). Dopo che Pietro aveva predicato al Centurione Romano Cornelio e agli altri riuniti in casa sua, fu severamente censurato dalla Chiesa di Gerusalemme, e possiamo quasi udire il sussulto di meraviglia quando, dopo che Pietro ebbe detto loro cosa era accaduto, essi dissero, “Dio dunque ha concesso il ravvedimento anche ai gentili per ottenere la vita!” (Atti 11:18), ovvero, non ad ogni individuo nel mondo, ma ugualmente ai Giudei come ai Gentili. Usata in questo senso la parola “tutti” non ha alcun riferimento ad individui, ma semplicemente all’umanità in generale.
Quando viene detto di Giovanni Battista che “E tutto il paese della Giudea e quelli di Gerusalemme andavano a lui, ed erano tutti battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati” (Mc. 1:5), noi sappiamo che non ogni individuo rispose così. Leggiamo che dopo che Pietro e Giovanni ebbero guarito lo zoppo alla porta del tempio, “tutti glorificavano Dio per ciò che era accaduto” (At. 4:21). Gesù disse ai suoi discepoli che essi sarebbero stati “odiati da tutti gli uomini” a motivo del Suo nome (Lu. 21:17). E quando Gesù disse, “Ed io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me” (Gv. 12:32), Egli certamente non intendeva che ogni singolo individuo dell’umanità sarebbe stato attirato. Quello che intendeva era che Giudei e Gentili, uomini di tutte le nazioni e razze, sarebbero state attirate a Lui. E questo è ciò che vediamo accadere realmente.
In I Co. 15:22 leggiamo, “Perché, come tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo.” Questo verso è spesso citato dagli Arminiani per dimostrare la redenzione illimitata o universale. Questo verso è dal famoso capitolo di Paolo sulla resurrezione, e il contesto rende chiaro che egli non stia parlando della vita in quest’epoca, sia essa fisica o spirituale, ma della vita di resurrezione. Cristo è il primo ad essere entrato nella vita di risurrezione, poi, quando Egli verrà, anche il Suo popolo entrerà nella vita di resurrezione. E quello che Paolo dice è che in quel momento una gloriosa vita di resurrezione diventerà realtà, non per tutta l’umanità, ma per coloro che sono in Cristo. E questo punto è illustrato dal ben noto fatto che la il genere umano cadde in Adamo, che servì come capo federale e rappresentante. Quello che Paolo effettivamente dice è questo: “Perché come tutti quelli nati in Adamo muoiono, così tutti quelli che sono nati di nuovo in Cristo saranno resuscitati.” Il verso 22. quindi, non si riferisce a qualcosa del passato, né a qualcosa del presente, ma a qualcosa del futuro; e non ha alcuna conseguenza speciale nella controversia Calvinista-Arminiana.
Gli altri due versi che sono spesso citati in difesa dell’Arminianesimo sono “Ecco, io sto alla porta e busso, se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me” (Ap. 3:20); e “… e chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita” (Ap. 22:17). Questo invito generale viene esteso a tutti gli uomini. Potrebbe essere, e spesso è, il mezzo che lo Spirito Santo usa per far sorgere in certi individui il desiderio di salvezza mentre Egli manifesta la Sua potenza soprannaturale di rigenerarli. Ma questi versi, presi da soli, non riescono a prendete in considerazione la verità che è giù stata esposta in questo articolo, che l’uomo caduto è spiritualmente morto, e che come tale egli è totalmente incapace di rispondere all’invito come lo sono gli angeli caduti o i demoni. L’uomo caduto è morto spiritualmente tanto quanto Lazzaro era morto fisicamente finché Gesù lo chiamo a voce alta, “Lazzaro, vieni avanti,” e al Fariseo Nicodemo, “se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio” (Gv. 3:3). E di nuovo, Egli disse ai Farisei, “Perché non comprendete il mio parlare? Perché non potete ascoltare la mia parola” (Gv. 8:43). Senza l’assistenza divina nessuno può udire l’invito o manifestare la volontà di venire a Cristo.
L’affermazione che Cristo morì per “tutti” è resa ancor più chiara dal canto che i redenti intonano davanti al trono dell’Agnello: “Tu sei stato ucciso, e col tuo sangue ci hai comprati a Dio da ogni tribù, lingua, popolo e nazione” (Ap. 5:9). Spesse volte la parola “tutti” deve essere intesa come tutti gli eletti, tutta la Sua Chiesa, tutti quelli che il Padre ha dato al Figlio, come dice Cristo, “Tutto quello che il Padre mi dà verrà a me” (Gv. 6:37), ma non come tutti gli uomini universalmente ed ogni singolo uomo individualmente. La schiera dei redenti sarà composta di uomini da tutte le classi e condizioni di vita, di principi e di contadini, di ricchi e di poveri, schiavi e liberi, maschi e femmine, Giudei e Gentili, uomini di tutte le nazioni e tribù. Questo è il vero universalismo della Scrittura.
6. I Due Sistemi Contrapposti
Abbiamo detto che il Cristianesimo giunge alla sua più piena espressione nella Fede Riformata. Il grande vantaggio della Fede Riformata è che nello schema dei Cinque Punti del Calvinismo viene manifestato chiaramente ciò che la Bibbia insegna riguardo alla via di salvezza. Solo quando queste verità sono viste come un insieme e in relazione l’una all’altra si può veramente comprendere o apprezzare il sistema Cristiano in tutta la sua forza e bellezza.
La ragione per cui così tanti Cristiani hanno solo una fede debole, e che così tante chiese presentano solo una forma superficiale di Cristianesimo, è che non vedono mai il sistema nella sua coerenza logica. Non è sufficiente per il Cristiano che si professa tale sapere che Dio lo ama e che i suoi peccati sono stati perdonati. Dovrebbe sapere come e perché la sua redenzione è stata realizzata e come è stata resa efficace. E questo è espresso in maniera sistematica nei Cinque Punti del Calvinismo.
Storicamente, i Cinque Punti del Calvinismo sono stati sostenuti dalle chiese Presbiteriane e Riformate e da molti Battisti, mentre nella sostanza i Cinque Punti dell’Arminianesimo sono stati sostenuti dalle chiese Metodiste e Luterane e anche da molti Battisti.
I Cinque Punti del Calvinismo possono essere facilmente ricordati se associati alla parola T-U-L-I-P:
T – Total Inability [Incapacità Totale]
U – Unconditional Election [Elezione Incondizionata]
L – Limited Atonement [Redenzione Limitata]
I – Irresistible (Efficacious) Grace [Grazia Irresistibile (Efficace)]
P – Perseverance of the Saints [Perseveranza dei Santi]
Il seguente materiale, tratto da Romans: An Interpretive Outline (Romani: uno schema interpretativo), di David N. Steele e Curtis Thomas, ministri Battisti a Little Rock, Arkansas, contrappone i Cinque Punti del Calvinismo ai Cinque Punti dell’Arminianesimo nella forma più chiara e concisa che sia riuscito a trovare. E’ anche incluso come Appendice ne The Reformed Doctrine of Predestination (La Dottrina Riformata della Predestinazione), del presente autore. Ognuno di questi libri è pubblicato da Presbyterian and Reformed Publishing Co, Phillipsburg, N.J.
I “CINQUE PUNTI” DELL’ARMINIANESIMO
1. Libero Arbitrio o Capacità Umana
Anche se la natura umana fu seriamente colpita dalla caduta, l’uomo non è stato lasciato in uno stato di totale impotenza spirituale. Dio per grazia rende capace ogni peccatore di pentirsi e di credere, ma Egli non interferisce con la libertà dell’uomo. Ogni peccatore possiede un libero arbitrio, e il suo destino eterno dipende da come egli lo usa. La libertà dell’uomo consiste nella sua capacità di scegliere il bene invece del male nelle questioni spirituali; la sua volontà non è schiava della sua natura peccatrice. Il peccatore ha il potere di cooperare con lo Spirito di Dio ed essere rigenerato o di resistere alla grazia di Dio e perdersi. Il peccatore perduto ha bisogno dell’assistenza dello Spirito, ma non è necessario che sia rigenerato dallo Spirito prima che possa credere, perché la fede è un atto dell’uomo e precede la nuova nascita. La fede è il dono del peccatore a Dio; è il contributo dell’uomo alla salvezza.
2. Elezione Condizionata
La scelta di Dio di certi individui per la salvezza prima della fondazione del mondo fu basata sulla Sua previsione che essi avrebbero risposto alla Sua chiamata. Egli selezionò solo quelli che sapeva avrebbero creduto da soli al vangelo. L’elezione quindi fu determinata o condizionata da ciò che l’uomo avrebbe fatto. La fede che Dio previde e su cui fondò la Sua scelta non fu data al peccatore da Dio (non fu creata dalla potenza di rigenerazione dello Spirito Santo) ma fu esclusivamente il risultato della volontà dell’uomo. Fu lasciata interamente all’uomo la decisione di chi avrebbe creduto e quindi di chi sarebbe stato eletto a salvezza. Dio scelse quelli che Egli previde avrebbero, per il loro esclusivo libero arbitrio, scelto Cristo. In questo modo, la scelta di Cristo compiuta dal peccatore, e non la scelta del peccatore compiuta da Dio, è la causa ultima di salvezza.
3. Redenzione Universale o Generale
L’opera redentiva di Cristo rese possibile ad ognuno di essere salvato ma non rese sicura la salvezza per nessuno. Anche se Cristo morì per tutti gli uomini e per ogni individuo, solo coloro che credono in Lui vengono salvati. La Sua morte permise a Dio di perdonare i peccatori a condizione che credessero, ma nella realtà non eliminò i peccati di nessuno. La redenzione di Cristo diviene efficace solo se l’uomo sceglie di accettarla.
4. E’ possibile resistere efficacemente allo Spirito Santo
Lo Spirito chiama interiormente tutti quelli che sono chiamati esteriormente dall’invito del vangelo; Egli fa tutto ciò che può per condurre ogni peccatore alla salvezza. Ma poiché l’uomo è libero, questi può resistere con successo alla chiamata dello Spirito. Lo Spirito non può rigenerare il peccatore finché questi non crede; la fede (che è il contributo dell’uomo) segue e rende possibile la nuova nascita. Così, il libero arbitrio dell’uomo limita lo Spirito nell’applicazione dell’opera salvifica di Cristo. Lo Spirito Santo può attrarre a Cristo solo quelli che Gli permettono di agire in loro. Finché i peccatori non rispondono, lo Spirito non può dare la vita. La grazia di Dio, quindi, non è invincibile; ad essa può essere, e spesso viene, opposta resistenza ed è contrastata dall’uomo.
5. Scadere dalla Grazia
Coloro che credono e sono veramente salvati possono perdere la loro salvezza se non sono capaci di alimentare la fede, etc.
Non tutti gli Arminiani concordano su questo punto; alcuni hanno sostenuto che i credenti sono eternamente sicuri in Cristo – che una volta che il peccatore è rigenerato, questi non può mai perdersi.
Secondo l’Arminianesimo:
La salvezza è portata a compimento attraverso lo sforzo combinato di Dio (il quale prende l’iniziativa) e dell’uomo (il quale deve rispondere) – essendo la risposta dell’uomo il fattore determinante. Dio ha reso disponibile la salvezza per ognuno, ma questo Suo rendere disponibile diventa efficace solo per coloro che, per il loro proprio libero arbitrio, “scelgono” di cooperare con Lui e accettano la Sua offerta di grazia. Nel momento cruciale, la volontà dell’uomo gioca un ruolo decisivo; quindi l’uomo, e non Dio, determina chi riceverà il dono della salvezza.
I “CINQUE PUNTI” DEL CALVINISMO
1. Totale Incapacità o Totale Depravazione
A causa della caduta, l’uomo è incapace da solo di credere al vangelo e salvarsi. Il peccatore è morto, cieco, e sordo alle cose di Dio; il suo cuore è ingannevole e disperatamente corrotto. La sua volontà non è libera, ma è asservita alla sua natura malvagia, quindi, egli non riuscirà a – e in realtà non potrà – scegliere il bene invece del male nella sfera spirituale. Di conseguenza, serve molto di più dell’assistenza dello Spirito per condurre un peccatore a Cristo – è necessaria una rigenerazione con la quale lo Spirito vivifica il peccatore e gli dà una nuova natura. La fede non è qualcosa con cui l’uomo contribuisce alla salvezza ma è essa stessa una parte del dono di Dio per la salvezza – è il dono di Dio al peccatore, non il dono del peccatore a Dio.
2. Elezione Incondizionata
La scelta di Dio di certi individui per la salvezza prima della fondazione del mondo fu basata unicamente sulla Sua sovrana volontà. La Sua scelta di particolari peccatori non fu basata su nessuna prevista risposta di obbedienza da parte loro, come la fede, il pentimento, etc. Al contrario, Dio dà la fede e il ravvedimento ad ogni individuo da Lui selezionato. Questi atti sono il risultato, non la causa della scelta di Dio. L’elezione quindi non fu determinata o condizionata da alcuna qualità virtuosa o atto previsto nell’uomo. Quelli che Dio sovranamente elesse Egli li conduce per la potenza dello Spirito ad accettare volontariamente Cristo. Così la scelta del peccatore da parte di Dio, e non la scelta di Cristo da parte del peccatore, è la causa ultima della salvezza.
3. Redenzione Particolare o Limitata
L’opera redentiva di Cristo fu progettata per salvare gli eletti soltanto e per loro rese effettivamente sicura la salvezza . La sua morte fu l’assolvimento sostitutivo della pena per il peccato al posto di alcuni specifici peccatori. Oltre ad eliminare i peccati del Suo popolo, la redenzione di Cristo assicurò ogni cosa necessaria per la loro salvezza, inclusa la fede che li unisce a Cristo. Il dono della fede viene applicato infallibilmente dallo Spirito a tutti coloro per i quali morì Cristo, garantendo quindi la loro salvezza.
4. La Chiamata Efficace dello Spirito o Grazia Irresistibile
Oltre alla chiamata generale alla salvezza che è fatta ad ognuno che ascolta il vangelo, lo Spirito Santo estende agli eletti soltanto una speciale chiamata interiore che inevitabilmente li conduce alla salvezza. La chiamata interiore (che è operata solo negli eletti) non può essere respinta; essa produce sempre la conversione. Per mezzo di questa chiamata speciale lo Spirito attrae i peccatori irresistibilmente a Cristo. Egli non è limitato nella Sua opera di applicare la salvezza dalla volontà dell’uomo, né Egli dipende dalla cooperazione dell’uomo per il successo. Lo Spirito per grazia porta il peccatore eletto a cooperare, a credere, a pentirsi, a venire liberamente e volontariamente a Cristo. La grazia di Cristo, quindi, è invincibile; essa non fallisce mai nel produrre la salvezza di coloro ai quali è estesa.
5. Perseveranza dei Santi
Tutti quelli che sono scelti da Dio, redenti da Cristo, e che ricevono la fede dallo Spirito sono salvati in eterno. Essi sono preservati nella fede dalla potenza del Dio Onnipotente e quindi perseverano fino alla fine.
Secondo il Calvinismo:
La salvezza è portata a compimento dalla potenza illimitata del Dio Trino. Il Padre scelse un popolo, il Figlio morì per loro, lo Spirito Santo rende la morte di Cristo efficace portando gli eletti alla fede e al ravvedimento, quindi determinando in essi l’obbedienza volontaria al vangelo. L’intero processo (elezione, redenzione, rigenerazione) è l’opera di Dio ed è per sola grazia. Così Dio, non l’uomo, determina chi sarà il destinatario del dono della salvezza.
Tradotto da Andrea Suraci, 2007.
Fonte: http://www.reformed.org/calvinism/trf/index.html
Per altre risorse in italiano, clicca qui.
(Tutte le note sono state aggiunte e non fanno parte del testo originale)